venerdì 15 marzo 2024

Come so fare io - versi inediti di Bianca Mannu

 








Solo  come so fare io

- le gambe spesse di  vecchia –

striscio sbilenca

dentro quel triangolo di luce

che allora ci appaiava

 

E siamo là  tu ed io

a trafficare con parole irte

sui pavimenti a intagli

colposamente striduli

per le sante geometrie

dei nostri insorditi ego

 

Siamo là senza stupore

 forse sospinti da un vento coercitivo

dentro una faglia dello spazio

verso uno spettro allucinante  

del tempo sotterrato …

 

… Là a circumnavigare nel buio

 gli aguzzi speroni

d’un abbordabile abbraccio

che invece sguscia morganatico

in brume di dissensi

e ancora rivela  

nelle sciabiche d’onda

gli inganni dello specchio 

 

Perché? Perché - da questo

silenzio d’ulivi ed erbe nere

affogati nella notte senza stelle -

torno  da «novia» a calpestare

con le mie vecchie gambe

quel pavimento sghembo

senza inondarlo di schianto

del deluso e reciproco furore

che numinoso ci disfece

come la fiamma sulla cera?

 

Chi sa perché torno

e ritorno in un “sempre là”?

Là - dove anche tu saturnio

accendi la tua  secca brina

disfacendo la tua assenza

 






E sempre e ancora là

sotto i miei occhi nuovi

prende a scintillare

il tremulo lucore d’un film

che abbiamo girato insieme

in un falso magico ieri

d’un secolo o due … Chi sa?

 

 

 

 

 




lunedì 11 marzo 2024

Altra me - versi inediti di Bianca Mannu

 

Altra me


Mio sonno - mia anima tremula  - 

credeva


 alle corazze

alle selve d’alabarde

erette a difesa

del cuore pulsante

 

 La cifra segreta del dire

 ha preso stanza

dentro la verga

da dove erompe

parendo viva

 

Ma nel mio cuore acefalo

inebetisce

come la lingua

nell’eccesso di saliva

Nota - Anche questa piccola composizione è una metafora. Non una metafora del mio io psicologico o affettivo, ma l'allusione traslata alla condizione e volontà di esistenza soggettiva femminile resistente, con fatica, agli effetti pervasivi della configurazione culturale del mainstream. Va da sé che tale condizione valga anche per maschi non maschilisti, critici verso le posture personali e sociali aggressive e grettamente mercantili. Siamo pers un' one fortemente lacerate  e consapevoli di doverci misurare con le antinomie coscienziali (amarissimo sale della libertà possibile) e le massicce ipocrisie dei macchinismi padronali capaci di avvelenare i pozzi del pensare, del nominare, del conoscere e giudicare, di cui non possiamo cessare  di alimentarci pur cercando di elaborare le necessarie antitossine. (bima)         

domenica 25 febbraio 2024

Guerra ... purchessia - versi inediti di Bianca Mannu

 

Hai un cognome strano! –

È un pretoriano d’oggidì

venuto ad apostrofarmi

da sotto i galloni del kepì

« Ecco …  - ride per allettarmi - 

ecco - una stellina bruna

t’appunto sul pastrano … »

 

Ed io: - Rifiuterei il galano

« Niente di personale – dice -

solo un piccolo segnale

per i distinti da implicare

in questa  - qui o là –

semplice guerra universale -

impossibile glissare»

 

Sarò merla o gazza?

 - Ora con la stellina di bronzo

e il nome un po’ balzano …

… in quale guerra m’insinuo

con gli attributi di razza?

« Aspetta un semestrino

ché ti spedisco a Gaza!»

 

Penso:- Con gli occhi a mandorla

e la pelle tinta d’Africa

potrei fingermi creola

ma penserei che la metrica

dell’idioma mio parlato

non corrisponda al fatto

 

Ecco - perciò stesso

sarò statua di gesso

davanti al quesito censorio

dell’odierno milite littorio

Se fossi come non vorrei e sono

mi darebbero della poco di buono

sarei spinta giù con acribia

in fondo al rione Carestia 


Se andassi a finire a Gaza

in piena pandemia

riceverei il vaccino tuttavia

e  - non per i miei occhi a mandorla -

sarei cacciata via

perché avrei compiuto

- in anni - ottanta primavere!-

sbagliando d’epoca e di geografia

 

Dopo tutto – se un po’ ci pensi  

e comunque io  mi dichiari -

dubito che scamperei alla follia

d’esser preda della guerra a pezzi

o della guerra  … purchessia

 

sabato 20 gennaio 2024

GIRAVOLTA - inediti di Bianca Mannu

 




Una giravolta del tempo

arriva così:

un ansare di vento

dalle cime alle gole dei colli

strappa alla spossata pagina

lo straniante congedo dalle cose

(cose solite e insolite

senza più domande) in

Spoglia d’autunno

di sé indolente

per altrui sensi “cosa/cose”

in ordinari frammenti.

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sabato 28 ottobre 2023

Verbi e di-verbi: Lettera al guerriero - di Bianca Mannu in Sulla go...

Verbi e di-verbi: Lettera al guerriero - di Bianca Mannu in Sulla go...:   Un desiderio d’alba nuova congelato nell’intima sutura del corpo con la mente sanguinando vive in quest’adesso di polvere - di sab...

Lettera al guerriero - di Bianca Mannu in Sulla gobba del tempo (antologia di 4 Autori -2017)

 


Un desiderio d’alba nuova

congelato nell’intima sutura

del corpo con la mente

sanguinando vive

in quest’adesso di polvere - di sabbia -

di voci abbaianti e grinte ottuse -

di cieli infranti precipitare orrendamente

su ogni palpito di vita

 

L’ora e il suo futuro - diamante nero -

ritorna simile al passato

come se quel suo orrore

non potesse trovare sepoltura

ma coprisse maledicendo

dal suo marcio sudario

ogni fraternità possibile

Tempo presente: luogo dell’assurdo

 

Si sopravvive - quando si sopravvive -

come in un cattivo sogno -

quasi che le ragioni postume

di coloro che non poterono mostrarle

si fossero animate nei viventi

come sete d’ inestinguibile vendetta

contro chi forse

altre colpe coltivava

contro chi non traeva dalle ecatombi

giovamento

 

Un’ingiustizia enorme pretende acquetarsi

in omologa ingiustizia

Per questa via il tempo della vita

- d'ogni vita - 

rimane incatenato all’angoscia del possibile:

coltivi la paura e la stordisci

danzando il sabba della morte

 

Quando il silenzio tornerà nella canna

del tuo mostruoso carro

o dentro la fusoliera del tuo moderno bombardiere -

quando il silenzio salirà dai cimiteri -

sarà ancora la voce flebile del vento

a farti tremare di paura

o guerriero d’una cattiva patria.

 

 Nota - Qualche gruppo ha tentato di usare la posizione antimusulmana di Oriana Fallaci come vessillo pro Israele nella guerra di ritorsione anti Palestina/Hamas  in corso. Errore.   Ogni Autore scrive più e meglio di quanto la sua emozione e posizione momentanea consentano. Israele assomiglia molto, oggi, a una repubblica confessionale con evidenti venature suprematiste. Le Volontarie e i Volontari pro Palestinesi poveri (impoveriti e defraudati) assomigliano molto alle dame di carità inglesi verso operai e operaie durante la seconda fase di industrializzazione, cioè una facciata salva cattive coscienze.

Mi documento sul sito “Open Edition”- Journals sulla posizione della Fallaci nel suo libro

Trascrivo il seguente passo   

"Nonostante il carattere persistente e duraturo del mito del guerriero, Fallaci lo scompone con l’arma del logos ovvero dell’argomentazione razionale e logica. È un compito attribuito in maniera corale, oltre che all’autrice stessa (narratore) e all’intelletto in generale (figura del Professore, emblema dello studioso). Inoltre, hanno voce in capitolo alcuni importanti rappresentanti dell’esercito stesso nonché, cosa interessante, gli individui marginalizzati e periferici sia nella struttura romanzesca sia quella sociale (soldato omosessuale e soldati semplici). La decostruzione del mito del guerriero si effettua per mezzo di alcune strategie quali la critica della guerra contrastata dall’elogio della vita, la contestazione della professione di soldato e la messa in ridicolo del culto del fallo, strategie che ora si cercherà di analizzare." 

La "cattiva patria" è la mitologia che anima le "ideologie patriottiche" di tutti i quadranti del pianeta. (bm)

 

martedì 10 ottobre 2023

ARSA in Dove trasvola il falco Ed.Thoth - Bianca Mannu

 Arsa



Arsa e  muta pencola

fuori dal tempo

una larva di storia

tra schegge  e scorie

                                        incompatibili

 

                                Come un fuori  la guardo

                            devastarmi dentro

                            col calcagno di fuoco

                        premuto

                         sulla  mia leggerezza


   
          



  

lunedì 2 ottobre 2023

Vertigine - graffito in Quot dies - Bianca Mannu

 VERTIGINE

 

Ritagliava uno spazio

d’orrore euclideo

sotto i passi …

Come un pane,

azzimo e raffermo,

il colle, camuffato

nella precarietà perenne

dei nuovi abituri,

di colpo mostrava

- sfacciatamente glauca -

la mollica a perpendicolo

su un fondo d’acqua

ruvida di sassi

verdemente lanuginosi

d’umida vecchiezza.

In quell’iride cieca

precipitava per l’aperto ciglio

un’angusta misura d’assoluto:

obliqua aleggiò l’ombra

d’un possibile volo …

- Un balzo, poi … più niente.

E la madre, grande,

si stagliò nera sull’orlo

e follemente giocò

con la vertigine bianca

della bimba senza gridi.

lunedì 25 settembre 2023

Verbi e di-verbi: Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bian...

Verbi e di-verbi: Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bian...:     CATTIVA INFINITA’   E allora sì, cattiva infinità di sbattimenti d’imposte, fracasso di stoviglie in acquai su sciacquio inegual...

Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bianca Mannu



  CATTIVA INFINITA’

 E allora sì,

cattiva infinità di

sbattimenti d’imposte,

fracasso di stoviglie in acquai

su sciacquio ineguale

d’acqua fuggente

che scioglie – raccoglie,

nel risucchio d’un gorgo,

vane, taciute voglie;

rombi – sibili d’automi

domesticamente selvaggi,

brontolii di casseruole

con scoppiettii di fiamma,

gorgogli di solite pentole,

rumori di cocci incrostati,

strofinii di rudi posate

su fondi ingobbiti di teglie,

scampanellate irritanti,

squilli pungenti,

sibilanti messaggi,

stridenti passaggi

dai toni sommessi

agli scoppi di voce

in frastuono d’odori

tra gelidi umori,

immediati rossori,

subitanei pallori,

vergogne fissate

nel cibo sul piatto

e, con esso, ingoiate.

 


sabato 2 settembre 2023

Il signor Vannacci - Bianca Mannu

 Di lui molti, come me, non sapevano l’esistenza, tampoco erano informati della sua condizione di alto graduato delle Forze Armate Italiane. Adesso sanno e so.

 Egli, per via di una forte pulsione comunicativa e plausibilmente regolativa del disordine imperante, ha dato alle stampe un libro con cui ha voluto annunciare la sua  “nuova” Weltanschauung.

Sono stata costretta, persino io che non esisto sotto spoglie pensanti, a sorbirmi la noiosa ridda delle reazioni e interpretazioni al neon dei mass media, Costituzione italiana alla mano, ora rivisitata con le lenti della sinistra, ora ripassata per gli astigmatismi imbarazzati della destra. Per colmo di bizzarria, la destra del Ministro Crosetto, presa alla sprovvista, ha minacciato la degradazione dell’alto militare, mentre la destra di Salvini gli ha  offerto il meglio: la  candidatura alle europee.

Il Presidente della Repubblica gli ha lanciato di striscio un fervorino dissuasivo, ma pacifico e paterno.

Non mi soffermo sulle dichiarazioni soft dei professori di diritto, di alcuni magistrati in pensione, né sui reportage di certi giornalisti entusiasti del successo del libro al botteghino. Manco avesse riscritto La teoria delle monadi, per ricordare  agli umani del ventunesimo secolo che “il possibile” è per loro del tutto fuori portata.

Egli si volta semplicemente indietro e prende a sistemare la pericolante situazione delle cose capovolte secondo la ratio del mondo d’una volta, dove l'evidenza perpetuata e  nobilitata dalla tradizione indicava il “noi”, dotato d'infule sacre, idonei a delimitare tempo e spazio a tutti gli “altri”.

A questo punto dell’infinita diatriba mediatica suscitata dal libro di Vannacci, mi sento tirata per i capelli a dire ciò che segue, forte della mia debolezza in titoli e stellette, ma d’anni ricca e di quelle esperienze che segnano la discrepanza tra la pietraia dogmatica gradita a “lor signori” e il mio alieno dovervi tirare i passi evitando possibilmente di soccombervi.   Sfugge al sig. Vannacci la conclamata evidenza che neppure il mondo minerale permane in assoluta staticità, come ben sappiamo.

Il fatto è che il delirio del potere alimenta il volere di imbragare corpo e mente a tutti coloro che il potere non l’hanno. Come?

Con l’impoverimento, la colpevolizzazione, la paura servile: «Sei disoccupata, sei occupata e povera? Mica vero! Intanto mangi meglio dei ricchi, perché hai la furbizia di “vendemmiare” gli orti di straforo e  i bidoni dei mercati,  campi troppo a lungo e perciò costi, sei molle, pigra, manchi d’inventiva e di spirito di adattamento, sei un peso sociale. Vuoi vivere a spese dell’erario, eh?» (Ho usato il femminile perché non esclude)

E si fomenta il senso di disprezzo per i gruppi  di cittadini bisognosi di sostegno, come se l’erario (il monte del gettito e le risorse di stato) sia il miracoloso frutto del capitale esosamente accumulato dai magnati (in buona parte stipato nei caveaux dei paradisi fiscali) e non il frutto del lavoro umano estratto in forma di profitto, di mancate garanzie, gravato di tasse sul salario e sui consumi, per servizi sociali non erogati. (Cito Caivano per mille e mille altri inferni).  

Il gap sociale isola i periferici nativi e si combina, complicandosi, con quello razziale così da scatenare guerre tra poveri, foriere della depressione sociale, della subalternità culturale e dell’annientamento sistematico dei soccombenti designati.

Vecchia storia, ma sempre pericolosamente attuali i suoi lieviti. In Germania uno dei lieviti fu un libello intitolato Mein Kampf di Adolf Hitler, che indicò  la minoranza ebraica responsabile della sconfitta della Prima Guerra Mondiale e del conseguente disastro economico; poi con la stessa logica furono perseguite sia le altre minoranze etniche che quelle politiche e religiose.

Anche noi italiani, in scarpe di cartone e vecchi moschetti ad armacollo, antesignani dei Nazi, abbiamo a suo tempo biecamente e stupidamente assunto atteggiamenti primatisti e orrendamente persecutori verso le popolazioni delle colonie e, in patria, contro i dissidenti politici e altre minoranze.

Proprio non abbiamo bisogno di un MEIN KAMPF, né vecchio né nuovo in formato sedici.

Dopo quella carneficina senza valori e senza onore quale fu la II Guerra Mondiale nessuno, nessun umano gallonato o meno, dovrebbe avere l’ardire  di sostenere il proprio diritto ad aggiungere nefandezze a quelle già giudicate dalla storia, né spacciare come diritto di libera espressione il denegato primatismo socioculturale sotto l’ombrello della Costituzione democratica e repubblicana d’Italia

Nessuno ha più il diritto e l’occhio bronzeo per permettersi di stilare la nota dei belli, dei buoni, dei bravi, dei comme il faut , dei sempre salvati, di “noi” contro “loro” spinti sulla strada della degradazione.

Non è sufficiente darsi il titolo di Solone per diventare credibile. 

Bisogna studiarlo davvero il pensiero filosofico nel suo emergere, nel suo articolarsi politico, nel suo complicarsi con le istanze di classe, nel suo variare,  rettificarsi e persino autoconfutarsi, prima di proporsi a testimone impossibile di una irragione  artatamente costruita.  

Giordano Bruno, panteista assoluto fino ad attingere il più puro confine materialista (come Benedetto Spinoza), fu sostenitore della, allora “pericolosa”, concezione copernicana, come fu elaboratore di altre straordinarie intuizioni. Egli, come Galileo, era in anticipo sul tempo persistente degli indiscutibili dogmi e ha pagato sul rogo il diritto di discutere il Sapere del Potere di  allora.  Avere la tempra umana e filosofica di un Bruno!

Dunque mi chiedo e chiedo a chiunque: è libero il Nostro Generale di aprire una campagna ideologica a favore del discrimine sociale, dell’odio primatista omofobo e del ripristino dell’ordinamento familistico patriarcale.

Rispondo no; né lui, né altri da posizioni di potere.

Come privato cittadino, forse sì, ma con un po’di grano salis, se possibile. Del resto l'arringa da rasoterra fa meno spettacolo.

Comunque fare campagna ideologica sulla base di un sentire personale rivolto a dileggio delle persone del mondo civile prossimo o lontano, è detestabile. Oltre che sbagliato, è privo di senso perché ridicolo.

E allora, se proprio senti di odiare, odia il furto, odia l’imbroglio, odia l’inganno e il tradimento, odia l’omicidio, odia la dissimulazione, odia la stupidità interessata, odia la superficialità, odia la furbizia malevola, odia l’indifferenza. Odia l’atto spregevole, ma salva le persone senza rango, specialmente le donne, perché possono  concepire le vie migliori in direzione di un mondo più giusto, più disposto al rispetto e alla pacifica convivenza fra preziose diversità non imposte

mercoledì 29 marzo 2023

 

martedì 26 luglio 2022

Vibrazioni - versi inediti di Bianca Mannu



Vibra di cromo il giallo euclideo

indosso alle scarpate vergini.

Severe fioriture – albini grumi –

vestono gli ulivi di canizie

che il vento – pettinando - depone

sulle zolle già rasate e smosse

dentro recinti riassestati

a scongiuro di fiammifere intenzioni.

Verzicando in silenzio

spiattellano alla precocità

della calura i loro pampini dentati

le vigne in parata sulle zolle -

d’ogni altro stelo ossessivamente ripulite - 

aleggiano come ombrelli

i loro palmi tra le spire

dei cirri e su corimbi neonati

che già cullano umorali eventi.

Immensi e sonoramente atavici

sfilano nel vespro i greggi:

smagrite perché di vello

hanno i pastori denudato le bestie -

lunghi musi penitenti

nel saio assottigliato

color dell’acqua sporca.

Dimessa veste conviene

forse a questa stasi: covato

“en plaine air” il tramenio della fatica

si spinge l’occhio esoso al frutto

che un poco sguscia dall’ambigua

digitalità di Crono e molto oscilla

 sulla stadera indecifrabile di Ade.  

Noticina o piccola premessa di ordine personale - Data la mia età o, forse, la mia noia verso un presente che non si decide a passare per incontrarsi faccia a faccia con una più consapevole logica, ho diradato la mia navigazione in fb e persino la mia attività in questo blog. Però penso e scrivo ancora testardamente. Il luogo dove attualmente risiedo s'impone alla mia riflessione emotiva; questa, incurante della poeticità generalmente praticata, si fa strada verso una parola che vorrebbe essere qualcosa di più elaborato rispetto, sia al pianto nostalgico per un eden perduto, quanto un dire cauto verso il sorriso di chi si esalta compiacendosi di dar voce al bello assoluto. Altresì rivendico la distanza  da  una nota spese o da un promemoria per gli acquisti: cerco di ricuperare la carica simbolica della mitologia per alludere al nostro dramma attuale.  (BM)

giovedì 23 marzo 2023

Da Bianca Mannu per “D’oro e di cemento”- romanzo di Maria Rosa Giannalia


 

 

Da Bianca Mannu per “D’oro e di cemento”- romanzo di Maria Rosa Giannalia

D’oro e di cemento: titolo icastico e bellissimo perché sintesi granitica del romanzo di Maria Rosa Giannalia , nel suo riferimento veritiero alla vicenda storica e sociale che ha interessato la Sicilia occidentale nella seconda metà del Novecento. Anche solo per questo, il romanzo si staglia come opera di realismo letterario, senza farsi cronaca o indulgere alla coreografia poliziesca, invalsa in opere di genere.

Il tessuto narrativo si snoda coniugando l’uso perfetto dell’italiano con il sottofondo melodico e iterativo del siciliano, anche al netto dei richiami dialettali che connotano specificatamente, prima  gli anni immaturi,  poi i momenti psicologici e le temperie umorali giovanili, e, dopo ancora, i discorsi interiori e l’interlocuzione, viepiù distante e critica, del protagonista narratore con il suo mentore (il “parrino” Michele) e infine quella con il giudice istruttore (presenza assente, come un Dio senza deità).

Lo stile narrativo, davvero particolare e significativo, si fa mondo e risuona  come una musica che si articoli su tonalità diverse  e variazioni a strappi, ottenuti dall’emersione brusca di motti e proverbi dialettali, punti sintomatici del granitico legame etico culturale limitato e denso di ambiguità , cui  Mimmino è costretto ad appoggiarsi  non avendo potuto beneficiare di modelli culturali di confronto prima e fuori dal suo precoce ingaggio nel mestiere.  Su quel magro sostrato   va  a stagliarsi il conflitto interiore del protagonista alle prese con le istanze educative primigenie credule e gli effetti  ambivalenti, tra fascinazione e coercizione, del mondo fisicamente incombente, reale e ambiguo.

Un altro elemento strutturale e di notevole efficacia realistica è la considerevole competenza e disinvoltura con cui l’Autrice entra e ci conduce nel cerchio professionale  di Michele e del giovanissimo Mimmino. Forte di questa conoscenza (quasi diretta), Giannalia rende linguisticamente palpabile (senza mai indurre alla noia) la ratio edile dentro la vita del protagonista, raccontando come  ne diriga i sogni, ne motivi le fatiche, ne giustifichi le scelte “amicali” e i cogenti legami d’interesse e fedeltà al gruppo e ai capi, insieme con l’accoglimento  dei rischi immediati e possibili, peraltro pensati come controllabili ad libitum, per via della divisione dei compiti operativi nell’ambito della cosca stessa, come l’Autrice sottolinea.

  In effetti è  proprio la forma mentis acquisita tramite la pratica edile  e il caotico portato culturale di riferimento (ostaggio di parecchie confusioni concettuali, come quella  tra timidità caratteriale di una persona e la presunta mitezza/bontà, ritenuta  inossidabile perché costitutiva) a suscitare in Mimmino il progetto allettante -  da prospettare all’uomo d’onore di una cosca esistente, ma ancora di poco respiro -  circa la possibile trasformazione degli agrumeti in aree edificabili, con esiti molto remunerativi nei convincenti precalcoli.       

In effetti il romanzo,  condotto in punta di una ben calibrata prosa narrativa, è il percorso di educazione e autoeducazione di Mimmino. Entità umana nell’albore della vita, si presenta segnato dal sentimento d’ingenua identificazione con l’alter ego Michele, il buono . Ecco Mimmino, adolescente operaio dipendente e povero, affidato a se stesso,  ricco di desideri, sogni, e afflitto da piccole scaramucce interiori; lo ritroviamo quasi maturo, sguarnito di veri fondamenti umani, preso nei tentativi ben poco fruttuosi di corrispondere a  una ideale consistenza fondata sulla bravura professionale; eccolo ancora librarsi,  nel segno della promozione del sé e dell’ego, per proporsi a un mondo ristretto di figure dalle referenze ambigue, mettendo in gioco la sua professionalità, ma sopra tutto la sua aperta compatibilità morale verso l’avidità altrui, peraltro paludata d’affabilità e d’intenzioni coperte, di cui già aveva indiretta esperienza; infine  eccolo disfarsi di ogni autocontrollo volitivo e  propendere per la facile accettazione della via breve delle collusioni e delle prevaricazioni, verso la scalata economica e il successo sociale …

 Come cieco e sordo, precipita nella polvere della caduta, nella irrefutabile condizione del proprio fallimento umano  e della contestuale carcerazione … Il carcere, sola casella sanzionatrice del suo crollo. Guardarsi denudato di colpo, non solo imputato, ma proprio amputato dell’aureola dell’onorabilità umana e dell’amabilità familiare, per l’eternità della vita  e della già iniziata nuova generazione.

Infine il maturo Mimmino si avverte privo anche del minimo desiderio di adire a una sorta di ricupero sociale mediante la dissociazione e la delazione. Il ricorso a tale pratica tribunalizia significherebbe potersi tirar fuori a buon mercato dalle responsabilità assunte con le proprie scelte e assicurarsi una sorta di sussistenza oscurata e protetta a carico della comunità sociale indistinta. Ora la sua maturazione fulminea si commisura con l’impraticabilità personale di una tale opzione: i fatti non si possono né disfare né bypassare. I fatti sono le tessere episodiche e parziali di un sistema di relazioni irriducibile alla partizione degli umani in schiera dei buoni e in quella dei cattivi, oppure nella distinzione tra chi ce l’ha fatta senza incidenti di percorso e appare a sé e a tutti come “a posto”, e chi  – fallito per colpa orrenda e per hybris – non potrà mai guardarsi allo specchio o negli occhi del proprio figlio, né tollerare una specie di morte civile a stipendio garantito.   

Qui l’Autrice, nei panni interiori di Mimmino, dimostra una sottigliezza concettuale e argomentativa, che sembra lambire il margine delle teorie eticopolitiche volte alla ricerca teorica e pratica delle palingenesi umane sistemiche … L’apocalisse o la rinascita – pensa Mimmino - o è per tutti  o non è, poiché le “verità” parziali sono farsa, accomodamenti vani, incapaci di sradicare i mali sociali e di bonificare profondamente le coscienze individuali; meno che mai quelle che sono rimaste consapevolmente invischiate per ignoranza, avidità e senso di prepotenza, in segrete pratiche di potere e torti umani insuperabili .