giovedì 30 dicembre 2021

Sognare d’autunno - inedita di Bianca Mannu

Sogni. Gemmare sogni come foglie

decidue - palpitanti sulle soglie

d’un giorno breve di novembre

che riverso si scioglie nelle ombre


Raccoglierli inumiditi sulle corde

dei fili tesi tra le parole sorde -

quasi rondini in procinto di partire -

per negare al vissuto d’ingiallire.





 

mercoledì 15 dicembre 2021

Quasi favola - apologo di Bianca Mannu


Per flâneurs e flâneuses, la Natura – questo cerchio che ci sovrasta e comprende – è fonte di meraviglie e sorprese, anche perché noi, gente di scuola, siamo (fortunatamente per noi) esonerati dal misurarci con lei dal lato lavorativo. Prendiamo la penna e non il vomere, per non citare che un esempio. La Natura, anche quando la sappiamo violata e ferita, si riprende i suoi spazi, se lasciata all’immensa memoria della sua temporalità. Così ci pare e ci fa  comodo credere.                                                                                                                      

Ti svegli un mattino e trovi la rugiada sulle vecchie stoppie degli sterri. E non vedi ancora la peluria verdolina che contende d’un niente la preminenza del giallo ocra delle dure zolle, che l’estate usava come lenti ustorie per comunicare al mondo il suo governo. Talvolta  l’autunno – persino troppo generoso – ci regala/propina piogge e piovaschi. E ci lava del ricordo sbracato del solleone – assunto al tempo (impersonale magia del mercato e dei suoi agenti!) come promotore di spot pubblicitari di marine azzurrissime, popolate di fanciulle con l’ombelico all’aria e finanche coi capezzoli ventosi, al cielo erti. ( Si avverte che i commissionari – forse anonimi come il padronato delle multinazionali– siano certamente maschi? O sono femmine per maschi? Il focus è sicuramente maschiocentrico.)

Sono le autunnali baruffe d’aria a farci trovare altra misura. Con tuoni gioviali o con refoli sottili sciamanti dalle rotonde nuvolette, l’autunno (concetto molto mobile) ci conduce, per successive velature e tramite un solicello saltellante, al suo colpo di teatro: fondali e quinte da sogno ospitano défilé che s’imbevono di trasparenze blu.

Non è trascorsa un’era eppure cercherai invano di scorgere l’ocra gialla dell’enfasi solare … Son nate case intanto, sì, coi tetti nuovi ed i camini pretenziosi, ma in mezzo a orti di erbe nuove e senza nome, tenere e felici come spose.

Case nuove, sì, ma in assenza di bambini neri o giallini, in presenza – forse virtuale – di pochi bianchini inviati in culla a stare chiusi in asili sorvegliati.  Così il silenzio nel giorno spalancato è pressoché assoluto e garantito. E i cani – solitari dentro le stole d’erba inglese – si sentono oberati dall’eccesso di quiete. Si chiamano allora l’un l’altro, sia pure flebilmente (perché, quando il silenzio è troppo grande, persino i cani stanno a cuccia intimiditi!) per essere sicuri di essere vivi, benché con l’obbligo di guardia.

E le auto? Dall’alba all’aurora in fuga verso i parcheggi cittadini – scivolano silenziose sull’asfalto sdraiato, per gusto e per modestia, sotto i pini e all’ombra chiara degli ulivi. Dopo di ciò detta Natura - tramite stormi di merli e di cornacchie che, con una corte infinita di passeri e fringuelli, non disdegnano di frequentare in comunella i campi - si impadronisce dello spazio e del suo compatto silenzio.

E non voglia il cielo che un giorno o una sera, questa Natura, tramite la sua immensa corte d’alberi, d’uccelli, d’insetti e di cani alla catena, sbarri la strada ai pendolari di ritorno proibendo loro l’ingresso perché sprovvisti di greenpass.