lunedì 29 maggio 2017

Dillo a un Sikh - inedita composizione in versi di Bianca Mannu








Dillo a un Sikh


 Dillo a un Sikh
quali sono i Nostri Valori -
dillo ai suoi conterranei
sparati come tralci avventizi
dal vento dell’urgenza
sui  campi dell’Agro
sulle piane di Partenope
sugli orti Cisalpini

Chiedigli se son leggere
le dieci ore più quattro -
quando la sorte vuole -
alla pioggia  al sole e a ogni tempo
dalle albe incolori
al sangue dei tramonti
con niente nella pancia
e la ganascia del doping
a stringere il cervello

Tu dici che canta
quando inginocchiato
strappa alla terra
tuberi e carote?
E quando conosce l’aspro
dell’uva e dell’oliva
chissà che musica coltiva?
Dico che il suo corpo canta
come una ferita tutto
e sogna sua interinale
assenza dalla vita

Assenza provvisoria - certo -
da una vita che - pur di sterco -
frequenta assidua la speranza
e questa conferisce all’esistenza
il tempo di  continuare in stand bay
e ammortizzare i guai da surmenage …
Quando la vita ha un solo lancio
anche il più sporco strame per giaciglio
se non è mano amica è almeno gancio
cui sospendere ciò che - o uomo d’opera –
solamente tuo rimane inesorabile:
il duro esito del giorno

Invece tu - uomo del capitale -
che prescindi dall’umano altrui
scomputi ciò che ti conviene:
la cosa-lavoro - quella che mercanteggi -
e che a te poco o niente parendo
per eccesso di mercantile offerta
la natura a dare frutti induce
E mentre attendi ti scotta il tempo:
incalzi al moto i suoi sfinteri
per  accrescere  il tuo utile in saccoccia
ma i rigori a saldo lasci altrui.

Del bracciante - il cui sudore
che a tuo favore provocato ti ripugna -
quasi nulla sai che non sia sua fame
e su quella mandi a schiacciare il piede -
non il tuo stiloso  e così ben calzato! –
ma quello chiodato d’un vile caporale.

Forse quel cristo  crocifisso
alla sua condizione di operaio 
 si sarà chiesto    
per un meriggio intero
 e per successivi mille
imbevuti all’osso di sgobbo
di strappi e contumelie                         
di qual delitto mai
e di qual vita obliata
voglia emendarlo il dio

Ma - come tutti gli dei -
neppure il suo risponde
Altrove guarda forse 
o altri suoi Valori raccomanda
oppure nel suo ombelico stesso
coglie la fuga d’ogni umano senso
Non c’è modo e non c’è verso
un Sikh da solo - come ogni uomo inerme -
si sente e campa
tra sottosuolo umano e fango
come poco più che un verme -
disprezzato.

Gridalo, Sikh, gridalo forte
insieme ai tuoi fratelli neri
incattiviti sui  campi del Salento
briachi di fatica
a smaltire gli ergastula diurni
dentro infernali tendopoli …
Gridatelo anche voi
operai tarantini intossicati
che morite a poco a poco
nei paradisi dei vostri letti
e tutti voi dispersi e soli
a sfangare la vita lottando
con un qualche marchingegno traditore
soffiatelo con la forza dei tornado
dentro le orecchie dei professori ISTAT
che
pure consunta ogni marcata essenza agglutinante
siete magari folla - sfilacciata e spersa -
d’umani  tristi e vivi come truppa inerme
a guerra persa.



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