domenica 22 maggio 2022

Fiaba triste - inedita di Bianca Mannu


 

Una mattina il sole fece l’occhietto

all’uomo con gli stracci e lui non si levò

Col suo più lungo raggio - il sole

frugò tra l’erba dell’aiola:

perché tinto di rosso  vide il sasso.

Con quel rosso il sasso si spiegò.

Arrivarono uomini in divisa:

confusione tanta anziché no.

Al sasso fu data la qualifica di arma:

ma chi nella notte quell’arma sollevò?

Interrogato - il vento rispose “niente so”.

Al sole né quesito né risposta

proprio razionale non sembrò.

Morta – per sé con voce calma

allungando i raggi commentò

 disponendosi a calare …

“Neppure il sole ci sta più con la testa!”

deplorò un brandello di straccio

rimasto a penzolare tra il cespo

di fiori bianchi dell’unico oleandro nano

che dava il suo amaro a una pattuglia d’api.

“La testa ci sta, ma è sbagliata la lettura

del commento: morta  è la verità

ancora prima del colpo di teatro”-

Così pareva che il sole rispondesse.

Ma era l’effetto d’un cirro agitato e scuro

che il vento lanciava sul disco allucinato.

Così fu stabilito e rubricato.

Eppure il guizzo della nuvoletta

con roco accento affiorante dalla pancia

sembrava a pochi umani sentenziare:

“Solo chi ha ben vissuto può morire

e muore vagliandone il perché.

Tanti di noi umani – svuotato il cranio

da ogni accurata riflessione -

tremiamo ad ogni schiocco -

ma morire non possiamo:

da sempre morti siamo!”

 


giovedì 5 maggio 2022

Nientificazione / Soglia e soglie - poesia inedita di Bianca Mannu

 


Nientificazione

 

Sulla soglia d’un paesaggio

fintamente usuale

lievita spettrale

il suo fondo disastrato:

lì mi blocca lo sgomento

per il mio inutile cimento

per la mia onirica insistenza

nel tentare d’afferrare qualche istanza

su cui issarmi in trasparenza

dal mio caos esistenziale

 

Mi sveglio per abitudine ancestrale

sull’incipiente ritorno della luce

che – presumo a caso – cuce e ricuce -

raccolti dal pantano –

alcuni sensi laceri

d’un tempo precristiano

e intrugli di frantumi

in malsicuri barlumi

di cristianesimo nostrano

 

Cerco nell’orcio d’un antico garbuglio

la perdurante sodezza d’una parola d’ordine

che ripristini l’argine all’odierno subbuglio …

E invece mi tremano in disordine

voci straniere e insensate -

nella foresta vergine

di prode scalcagnate

 

Vivendo così dove gli enti

e i quadri del vedere –

parendo fedeli documenti

in date timbri e firme di accreditamenti -

mentono da filibustiere –

assumi per vero ed essenziale

solo il tuo ultimo raschio catarrale


In questa soglia di dormiveglia -

che a tratti mi nega la fede

anche sulla fisicità della soglia

sotto malfermo piede -

incappo nell’esperienza

della massima stranianza

 

Da qui ricade frammisto

di sudore all’umido fluente

oltre l’intimo abisso

questo residuo di niente.






Mininota - Beh, penso non sia necessario nessun commento: che mi riferisca all'oggi mi pare evidente, come risulti lapalissiana la propensione a negare cittadinanza a ogni ideologia minimizzante.(B.M.)