mercoledì 28 aprile 2021

Via così - inedita di Bianca Mannu

via 

ce ne andiamo così –

un po’ carcerati

un po’ assistiti e scomodi

e perciò

un po’ tanto redarguiti –

noi vecchi

foruncolosi nell’anima  e nel cuore

affaticati a involgerci

in una coperta

sempre troppo corta

 

ce ne andiamo così

come scrigni tarlati

in una notte

che ci ubriaca d’ansia -

che spandendosi

già non fa più male

                                                   

Nota - Sono anche io nella schiera dei vecchi, perciò sento di vivere - e guardare con una certa lucidità finché la mente lo consente - dall'interno questa condizione. Mai come nella nostra drammatica contemporaneità si è palesato il problema del come si conduce socialmente e psicologicamente questa condizione nel mondo contemporaneo. Questo mondo è preso nella pressa che trasforma il tempo in denaro, e perciò, allorché per necessità di evenienze temporali e usura, la persona non produce beni materiali mercificabili, si sente ed è vissuta, dalla società oppressa dalla competizione, come un vecchio mobile insensato nella sempre nuova (sic!) e frettolosa configurazione della vita che diciamo civile.  Uno stato particolarmente spinoso, anche se coperto da pietismi pseudo affettivi, che nei casi di emergenza tende a trasformarsi in "si salvi chi può". Il vecchio, specialmente se di famiglia povera, diventa più povero ancora, ancora più solo con la sua morte, a sigillo di una vita , spesso brutale per deprivazioni e negazioni.(BM)  

 

domenica 25 aprile 2021

Per sottolineare e ricordare il senso e il significato di Resistenza - a cura di B. Mannu


 Per Adolf Eichmann  

Corre libero il vento per le nostre pianure,   
Eterno pulsa il mare vivo alle nostre spiagge.
L’uomo feconda la terra, la terra gli dà fiori e frutti:
Vive in travaglio e in gioia, spera e teme, procrea dolci figli.

… E tu sei giunto, nostro prezioso nemico,
Tu creatura deserta, uomo cerchiato di morte.
Che saprai dire ora, davanti al nostro consesso?
Giurerai per un dio? Quale dio?
Salterai nel sepolcro allegramente?

O ti dorrai, come in ultimo l’uomo operoso si duole,
Cui fu la vita breve per l’arte sua troppo lunga,
Dell’opera tua trista non compiuta,
Dei tredici milioni ancora vivi?

O figlio della morte, non ti auguriamo la morte.
Possa tu vivere a lungo quanto nessuno mai visse:
Possa tu vivere insonne cinque milioni di notti,
E visitarti ogni notte la doglia di ognuno che vide
Rinserrarsi la porta che tolse la via del ritorno,
Intorno a sé farsi buio, l’aria gremirsi di morte.

Primo Levi - 20 luglio 1960


MEMORIA

Gli uomini vanno e vengono per le strade della città,
comprano libri e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso.
Ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
solo un po’ più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
Che spezzavano il pane e versavano il vino.
Se cammini per strada nessuno ti è accanto,se hai paura nessuno ti prende per mano.
E non è tua la strada, non è tua la città.
Non è tu a la città illuminata. La città illuminata è degli altri,
degli uomini che vanno e vengono, comprando cibi e giornali.
Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra
E guardare in silenzio il giardino nel buio.
Allora quando piangevo c’era la sua voce serena.
Allora quando ridevi c’era il suo sorriso sommesso.
Ma il cancello che a sera s’apriva resterà chiuso per sempre.
E deserta è la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.

Natalia Ginzburg


 Uscì la primavera

 Uscì la primavera dall’oscura/ notte d’aprile e rivedemmo il giorno./ In Piazza Tricolore, tutti intorno/ alla vecchia bandiera, i patrioti /— popolani ragazzi visi ignoti —/ uscivano dai libri delle scuole, dalle Cinque Giornate incontro al sole/ della mattina, incontro agli operai.

 Alfonso Gatto


NON PIANGERE COMPAGNO

Non piangere, compagno,
se m’hai trovato qui steso.
Vedi, non ho più peso
in me di sangue. Mi lagno
di quest’ombra che mi sale
dal ventre pallido al cuore,
inaridito fiore
d’indifferenza mortale.
Portami fuori, amico,
al sole che scalda la piazza,
al vento celeste che spazza
il mio golfo infinito.
Concedimi la pace dell’aria;
fa che io bruci ostia candida, brace
persa nel sonno della luce.
Lascia così che dorma: fermento
piano, una mite cosa
sono, un calmo e lento
cielo in me si riposa.

Davide Laiolo -Ulisse

Nota - Ho scelto queste fra le molte, tutte ispirate e bellissime, perché mi è parso giusto privilegiare testi di media lunghezza appartenenti ad alcuni di coloro che vissero sulla pelle la tragedia. Questi pochi prescelti parteciparono personalmente e secondo il proprio credo morale e politico alla lotta partigiana con impegno diretto e con scritti; e soffrirono nella vita le conseguenze di quelle situazioni terribili.

Primo Levi è stato partigiano. Catturato, visse il terribile internamento ad Auschwitz da cui tornò molto provato e fece della testimonianza lo scopo della sua vita.

Natalia Levi Ginzburg, di famiglia ebraica antifascista, moglie di Leone Ginzburg, intellettuale antifascista, morto nel '44 in seguito alle torture fasciste subite in carcere.  

Alfonso Gatto, intellettuale e poeta napoletano oltre che partigiano, le cui poesie dedicate alla Resistenza stanno per essere pubblicate e sono rimaste finora inedite.

Davide Laiolo, di estrazione contadina, nutre ambizioni  intellettuali. Attratto dall'ideologia fascista a cui aderì, scelse la carriera militare fino a quando nel momento cruciale della guerra( 25 luglio 1943, caduta del regime) decise di guadagnare la clandestinità contro l'incombente rafforzamento dell'Asse nazifascista sopra il suolo italiano. Scrisse anche "Il voltagabbana". 

Internet offre notizie e possibilità di approfondimenti. (B.M.)

domenica 11 aprile 2021

Un certo vento- inedita di Bianca Mannu

                                             

                                                       Un  

                                                                            certo                                                                                                                                                 vento                                 

 Labbri stretti

arpeggiava orizzontale
insidie vaporose
un certo vento
 
Obbediente a sé - il corpo d’aria -
mi trascorreva sulla pelle ottusa
insistendo sulla nota
dello stesso pentagramma
come se altra non fossi
che stoppia di campo
e non qual ero:
cucciola chiusa
in amato altrove
 
Ancora replica senza mutamento
il querulo soffio
 e non importa il luogo
e non importa la stagione
né quante ne possa io contare
in termini di solchi 
sul volto e sulla fronte
 
Mi geme ancora addosso
il suo compito lagnoso
e m’inquina di  carenza
l’obliosa mia latenza
 d’ogni senso
quando nell’animo
assomiglio a quella me
che non sapeva
 
E ancora arpeggia
tenere insidie vaporose
quel vento
puntando con la sincope
al cuore del risveglio
ghermendo per la gola
la mia cara alienazione
 
Lo sgomento del lutto
il miele ignaro d’una volta
insapora per sempre
 d’assenzio repentino:
 mitico nodo delle braccia
mitica età raccolta in occhi chiusi
per sempre cari
 - Assenti -
 
Mailnconia

Noticina - Ringrazio per la generosità chi ha accolto la richiesta del
prestito delle immagini.(BM) 

venerdì 2 aprile 2021

Pesce d'aprile in dono: Piccola scaldasogni - inedita di Bianca Mannu


Piccola scaldasogni

 Sogni. Fabbricavo sogni

lungo la soglia degli occhi
intanto che il sonno tardava
Balzava di colpo
il sonno indolente
sui costrutti negletti:
incompiuti frammenti
lasciati all’addiaccio

 

Nell’ombra residua -
al risveglio - pungenti
avvertivo le loro distanti
sporgenze incompiute
Gremita - la coclea uditiva
di zirli impazziti scoppiava

 
Sbarravo la fuga

a un soffio di piume
a pinza brandendo
quel niente sgomento
col pollice e un dito
appostato in foresta
di miei lunghi capelli
 
Alcuni dei molti abbozzati
castelli infilavo tra coltri
e su diacci cuscini
per ritrovarli la sera
accosciati e imperfetti
nell’identico freddo
di obliate lenzuola
coi velli di seta
disposti a corona
 
Ma il sole insistente
chiamava anche me
come fuori dal nido
gli uccelli. Al solo
sobbalzo del buio
tornavo all’uso serale
dell’officina dei sogni
ma ero ancora
incapace di fare
quei sogni  volare

Imbevuto di riti
e di giorni coscritti
tornava a scaldare
il mio corpo bambino
dei sogni d’ieri
inizi e giacigli
precipizi fasulli
ascese modeste
atterraggi campestri
su letti di spini e ginestre

Non avevano volto distinto
i miei sogni così fabbricati
Non avevano odore né tinte
non avevano mani né pelle
facevano lunghi sbadigli
e il suono piccino d’uccelli
nel nido - quando la madre
li avvolge con lane e fuscelli …
  
Aveva breve gittata
il mio fiato bambino:
soffiava e soffiava
ma nemmeno riusciva
a scaldare sul fondo
profondo del materasso 
i miei due piedini -
di gomma  nel giorno -
la sera di sasso.
  Noticina-Dedicata a tutti i nessuno che sognano senza contenuti, sognano e basta, perché è il solo modo di sottolineare quel che resta della propria umanità.(BM)