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martedì 7 luglio 2015
Letture difficili e intriganti- approccio 4 di B. Mannu ad alcuni testi di Slavoj Žižek,
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Filosofia

sabato 4 luglio 2015
Letture difficili e intriganti- approccio 3 a citate opere di Slavoj Žižek a cura di B. Mannu
In parziale riferimento alla complessa articolazione tra la sfera delle esistenze materiali e quella della simbolizzazione, senza poter entrare nel merito dei complicati teoremi e ragionamenti che Žižek distende attraversando gli immensi campi del pensiero filosofico, scientifico e artistico, e un po’ collegandomi alle precedenti esposizioni, cercherò di ripartire dal seguente quesito: il mondo immateriale delle idee e quello materiale delle cose naturali fisiche si parlano o non si parlano?
Una prima risposta suona grosso modo così.
La totalità-mondo risulta del tutto inaccessibile e noi manchiamo
sempre e per sempre il bersaglio della conoscenza di quanto starebbe dietro
l’apparenza fenomenica. Perciò possiamo parlare in termini di verità relativamente
alle nozioni parziali e temporanee relative a quanto la soggettività umana è in
grado di cogliere mediante le sue categorie. Esse ci forniscono solo una schedatura
fenomenologica. La verità circa il Tutto sotteso ai fenomeni ci è preclusa. E si
può dire che questa posizione corrisponde alla concezione kantiana e ai suoi
prosecutori. E a questo punto il nostro
Autore sottolinea che la pretesa di parlare o di far parlare il Tutto in prima
persona è un distorsione ideologica che esige un Garante/Dio esterno al
processo teoretico
Si dà, però, una risposta alternativa. Alcuni
pensatori, scienziati, filosofi e teorici psicanalisti, per esempio Deleuze e
Lacan, interlocutori preferiti di Žižek, sostengono che “la cosa là fuori” non
è affatto scritta nel linguaggio dei numeri o di altri concetti e che sarebbe
nostro compito di decrittarla, come argomentava Galileo. Ma “La cosa là fuori”
non bussa tutta intera, avanza per elementi parziali, come cosa simbolicamente
opaca, e poiché non trova la sua casella simbolica, crea problemi di natura
logica e linguistica. Quando i problemi, diciamo d’incasellamento si
accumulano, irrompe nella continuità discorsiva ideologica come non-senso, come
elemento linguistico paradossale che si inserisce negli interstizi, nelle
discrasie tra significati e significazioni interompendone il flusso e segnando
l’emergere di un nuovo o possibile significato, il quale venendo in superficie
e configurandosi come paradosso, scombina l’assetto esistente delle
concatenazioni, definisce un nuovo campo di significati, e, se vince la
partita, torce e assoggetta a sé quelli vecchi. Ma tutto questo non avviene
pianamente, come la vicenda di Galileo insegna, il quale ha dovuto inventarsi
filosofo per tentare la difesa della sua
teoria astronomica. Come dire che ha dovuto compiere un intervento di
natura politica nell’ambito delle scienze fisico-astronomiche, in
quanto il Padrone del discorso era appunto il Sant’Uffizio, il quale è rimasto
molto offeso per essere definito “Simplicio”.
E questo è come dire che gli effetti di verità si ottengono comunque a
livello della discorsività, la quale però, in certe condizioni, ha mezzi molto
convincenti, come appena detto e avviene come avvenne nella vita di Galileo.
Si prospetta però
anche una terza possibilità, ossia che la verità parli di persona? La
risposta per bocca del Freud/Lacan di Žižek e di Žižek stesso mi appare grosso
modo così «Sì, qualcosa emerge dal coacervo materiale, manifestandosi come
sintomo, qualcosa che emerge come problema, come quasi-parola che stride, come
istanza che richiede un lavoro di trasformazione e pretende di prevalere
acquisendo, per così dire, esistenza importuna e semiclandestina per il tramite
di un individuo umano.
Però questa terza possibilità fa tutt’uno con
la seconda precedente, perché la totalità del mondo non si
presenta di persona, bensì tramite il qualcosa senza luogo
(ciò che non ha collocazione nei significati esistenti) Questo qualcosa più che
nascere come cosa che dice nasce come cosa che prova a dire o che denuncia ed annuncia, un qualcosa che
irrompe e fa reagire a muraglia i vecchi
fantasmi simbolico-linguistici. (I muri e le muraglie, sia fisicamente
costruite che solo minacciate-progettate, sono anche il sintomo tetragono di un
reale che oppone resistenza) .
In questo senso,
dichiara Žižek, Gesù è «Uno di questi oggetti che parlano… le sue parole sono
un ottimo esempio di quell’”Io, la verità, parlo” che si profila in
coincidenza con la morte del Grande Altro/Dio».
Ossia la comparsa di
Cristo nella storia, il suo dire e il suo dover morire a causa del senso
misconosciuto/rifiutato del suo dire/fare, indicherebbe che la presunta e
biblica presenza-parola garante di Dio-Verità assoluta, (infeudata a un
Padrone: Sinedrio, Sapere Autoritario, per esempio) diventa da quel momento
impossibile.
Dunque resta esclusa
l’intromissione del Testimone-Dio o Grande Altro a garanzia d’una presunta
rivelazione totale del mondo là fuori sempre uguale a se stesso. E
correlativamente risulterebbe inadeguata l’idea che l’attività sia una
componente esclusiva della soggettività umana, ciò che riproporrebbe l’idea di
una Mente attiva e ordinatrice, opposta alla fissità materiale delle cose.
Forse sarebbe il
caso di sostenere l’ipotesi, dice Žižek,
che il faticoso procedere del divenire scientifico, interrogato
filosoficamente e dunque politicamente, a parziale rettifica della curvatura
ideologica fuorviante, sia la sola verità possibile, mai esaustiva e completa,
perché la così detta realtà stessa è un movimento di elementi materiali e di
pensiero, perché “il Reale non è semplicemente esterno al Simbolico, ma è,
piuttosto, il Simbolico stesso privo della propria esternalità, della sua
eccezione fondante”. Eccezione fondante
che, se ho ben capito, è l’interruzione della chiusura ideologica ad opera del
Reale non ancora simbolizzato che s’impone nella forma di elemento sintomatico.
In L’oggetto
sublime dell’ideologia Žižek riferisce che Lacan ha attribuito a Marx
l’invenzione della nozione di sintomo. E dedica a questo tema un intero
capitolo per dimostrare che Lacan asserendo quanto sopra non ha fatto una
battuta di spirito, ma una deduzione teorica ben fondata, a dimostrazione che i
tempi dell’invenzione e della ricerca si possono incrociare in modo
sorprendente indicando la distribuzione ineguale dei campi di ricerca
scientifica, la quale in fondo dice la
verità nello scoprire che non c’è
nessuna identità negli oggetti e nei soggetti e che non esiste una garanzia preliminare sulle
connessioni e sugli effetti retroattivi di un concetto.
Dunque, se ho capito
una briciola di tutta la complessa sequenza logica che attraversa i saggi
menzionati, il mondo monolitico al quale chiedo se davvero corrisponde
alle idee che me ne sono fatta o che mi hanno infilato è solo effetto di una
distorsione a livello della struttura ideativa, ineliminabile come
struttura, ma rettificabile nei suoi effetti.
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venerdì 19 giugno 2015
Letture difficili e intriganti- Approccio 2 di B. Mannu
Premessa e promemoria di oggi
Invitare amici e lettori a misurarsi con buone letture per ricavarne buone informazioni e anche stimoli a proseguire la propria formazione è forse un atto presuntuoso, se si ferma a un semplice invito. Altro è sfidare la difficoltà nella speranza di raccontare a me stessa alcune delle cose dette magistralmente da un altro, in questo caso, dal filosofo sloveno S. Žižek . Qualcuno potrebbe obiettare: perché non lo fai in privato? E io rispondo che scrivere un blog è un atto politico. E il mio atto politico consiste, non solo nello scrivere e pubblicare versi e prosa narrativa, ma anche leggere in pubblico e cavarne quel po' che le mie forze consentono.Infatti la mia non è affatto una lettura sistematica, ma un viaggio molto interessante, ancorché impervio e non sequenziale dentro questi libri per meglio vedere al di fuori. Rammento le opere:
L'oggetto sublime dell'ideologia, - Ponte alle Grazie 2014
Organi senza corpi - La suola di Pitagora editrice
La fragilità dell'assoluto - 2007
A scuola da Slavoj Žižek
Proporre al non-specialista di alcunché, quale
io sono come tanti, di misurarsi con la complessità dei problemi del mondo
attuale, implica indicare, come dicevamo, una necessità che è essenziale e vitale
per ogni uomo: levarsi sopra la semplice, ma irrecusabile animalità.
Riconoscerci umani
significa sapere e potere non appiattirci sulla condizione minima inscritta nel
genoma. Data la nostra naturale indeterminazione, occupiamo una frontiera dove l’animalità è suscettibile di “trasustanziazione” (cfr.
Žižek) a livello di “spirito” o, se si vuole, di spiritualità.
Con questo Ž. non invita a riconoscere o ad abbracciare una fede nella
trascendenza o immanenza divina per ricuperare per l’animale uomo una dimensione, più che nobile, divina, quanto un suggerimento, forse, a considerare che quanto
facciamo inconsciamente in risposta alla nostra natura animale, possiamo farlo
meglio attivando consciamente le nostre potenzialità.
A partire
dall’accoglimento - che sappiamo ambivalente - della nostra irrecusabile
finitezza, sapendo che il nostro ingresso nel mondo (quello vissuto e percorso
come esterno e quello vissuto come interno) è già da sempre involto e ci
coinvolge nel sistema simbolico e che, per quanto si sia convinti che il mondo
ci si pari contro come un Tutto Altro, abbiamo da prendere coscienza
ancora che quanto vi accade e ci coinvolge esige di divenire pensabile, ossia altro rispetto alla
sua e nostra consistenza materiale, ma ad essa articolato.
È in
questo ambito ideologico, appunto, che vengono a strutturarsi, tramite i
linguaggi, le nostre esperienze e i loro effetti introiettivi e proiettivi. Niente
può attraversare o insediarsi in noi come immagine o pensiero, se non tramite i
fantasmi/parola con cui riempire le
nostre lacune; e questi spesso si rivelano fallaci e inadeguati.
I testi di Žižek menzionati analizzano i
movimenti e le complicanze del processo cui
ho appena accennato. Il lettore comune come me ne segue con molta difficoltà le
combinazioni. Esse corrispondono a logiche non meccaniche e comunque non perspicue. La circolarità tautologica che s’instaura al
livello dell’ideologia può comportare il
totale o parziale fallimento della nostra presa sulle cose e su noi medesimi.
Certo,
a questo punto dovrei desumere una definizione minima di che cosa s’intenda con
la parola ideologia. Ma la difficoltà fa davvero tremare le
vene e i deboli polsi filosofici. Con acerba e presuntuosa riduzione direi che ideologia
è tutto il sistema di rappresentazioni, di idee, di enunciati-valore e di
simboli in cui si condensa la cultura di una società in un certo tempo storico;
e si potrebbe persino aggiungere che essa ne rappresenta il carattere. Ma
rimanderei alla lettura di un breve saggio molto limpido Sull’Ideologia di L.
Althusser(1976), certa che Žižek non me ne vorrebbe, anzi. Il filosofo
franco-algerino - benché non riesca a essere convincente, secondo Žižek,
circa la descrizione del modo con cui avverrebbe la sussunzione dell’individuo a soggetto assoggettato all'ideologia - individua
e analizza gli aspetti materiali e ingiuntivi degli apparati ideologici. Lettura
molto istruttiva e accessibile, perché la sua analisi riguarda i supporti materiali e il carattere organizzato dell'ideologia.
Dovrei per un senso di trasparenza dire che cosa s'intende per tautologia. In un enunciato,ad esempio il cerchio è rotondo, il significato del secondo lemma "rotondo" ripete ciò che è inscritto nel concetto di cerchio.
Voglio indicare rapidamente che la nozione di ideologia, pur non mostrando
collegamenti evidenti con la materialità produttiva che fonda l’esistenza dei
gruppi sociali, è così tanto importante che nei conflitti bellici i
belligeranti, non solo mirano alla distruzione dell’economia e delle risorse materiali
del rispettivo nemico, ma cercano di minare in tutti i modi la persistenza e la
funzione totalizzante del suo sistema ideologico, il quale agisce da
riferimento identitario e quindi da collante sociale.
Attualmente,
altro esempio, nella lotta mondiale per la supremazia
politico-economica, l’ideologia occidentale si contrappone a quella
mediorientale e viceversa, sotto l’effetto totalizzante delle religioni e delle
morali politiche. L’attacco ideologico reciproco tende a tagliare i collettori
motivazionali dell’identità e dell'unità "spettrali" del gruppo avverso esponendolo
alla rottura dello specchio, cioè a una sorta di morte per dissolvimento della
propria immagine.
Il fantasma
ideologico, che dal di fuori entra dentro la coscienza individuale formandola, è
precostituito e costitutivo della così detta identità personale, è ineliminabile: in altri termini ci preesiste il mondo e le strutture incorporee che ce lo introducono simbolicamente,
ci preesistono i codici delle lingue, la messe dei significati e delle
significazioni.
Però mai questa
complessa impalcatura prassica (guida e sollecita azioni) e simbolica è
terra di nessuno, mai neutra, essa è già da sempre occupata da
qualcuno, per esempio, da un Patriarca o da un Padrone (il Grande Altro, il
grande Super Io), è attraversata da tensioni e resistenze
irriducibili all’uno; è tuttavia permeabile e mobile come complesso macchinico produttore di ambiguità contraddizioni, gerarchie di poteri, presieduto da una (o più) entità che enunciando ordina,
obbliga, accoglie, esclude, elabora,
inventa, falsa, distorce, complica e ci costituisce come soggetti, come io
assoggettati, e riproietta nel così detto mondo materiale i suoi prodotti. Quello che noi indichiamo come
mondo materiale, altro rispetto agli
io, non è intanto a sua volta
tetragono, ma spugnoso, padronale, prassico e occulto produttore di materiali
simbolici.
In parole
forse troppo semplici il luogo dell’ideologia
è quello dell’Autorità, e il luogo dove gli interessi innominabili si
presentano come garanzia di giustizia, equanimità, verità, bene supremo, eccetera.
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lunedì 15 giugno 2015
Letture difficili e intriganti- Approccio 1 di B. Mannu
A scuola da Žižek
Mi propongo di
scrivere qualche riga di riferimento ad alcuni saggi di Slavoj Žižek.
Intanto chi è Slavoj
Žižek?
Vado a rilevare i
suoi dati dal ripiego di copertina di un suo libro particolarmente impegnativo:
L’oggetto sublime dell’ideologia
alla terza edizione (2012)
Nato a Lubiana nel
1949…”è fra i più innovativi pensatori del nostro tempo. Insegna nella sua
città natale e in molti atenei americani e europei”.
Autore di moltissimi
saggi, tra cui Organi senza corpi,(2012),
ha appena pubblicato i primi due tomi del suo capolavoro filosofico “Meno di niente”, di cui ancora niente
so.
Perché evocare questi
suoi saggi assai complessi – e di cui in
verità non potrei riferire granché, data la mia poca perizia filosofica?
Intanto ci provo perché
credo che il caso giochi un ruolo importante anche negli incontri migliori. E
io sono molto contenta di essere incappata a naso nei suoi titoli e quindi in
qualcuno dei suoi libri che si sono subito rivelati difficili, concettosi, ma
anche ricchissimi di riferimenti e di modi interessanti di considerare questioni anche molto concrete.
Penso che non
bisogna soggiacere alla nostra pigra ignoranza di persone comuni, costantemente
inadeguate alla condizione adulta. La mania dilagante di praticare sport di
ogni genere, anche pericolosi o estremi, a fronte della fobia o del rifiuto a misurarsi
con le meno ovvie articolazioni del pensiero, indicano quanto meno una sorta di
immaturità umana, che certo torna comoda a coloro che su tale immaturità
fondano il loro potere. Ma l’indeterminatezza dell’essere umano consente
inversioni di rotta, se volute.
Proprio Žižek, in Organi senza corpi dice, ma io lo
ripeto semplificando a mio modo, che l’essere umano sprigiona una quantità di
energia sessuale in eccesso, tale che il suo straripamento in ambiti confinanti
comporta la produzione indiscriminata di significati metaforici e allusivi. Il
suo eccesso deriva da un’impasse strutturale per cui essa non raggiunge mai il
proprio obiettivo, ossia la piena quiete, in quanto la sua realizzazione
richiede la partecipazione dell’altro, comportando per tale fatto, una non perfetta
sincrasia. Insomma è a partire dalla sessualità, dal suo non restare interna a
se stessa, che prende a strutturarsi il
linguaggio. Dislocandosi oltre il corpo mediante l’organo simbolicamente
divelto, desessualizzato, il fallo di castrazione, funge da significante
vuoto (organo senza corpo), ossia da elemento fantasmatico, neutro, il quale costituisce
il punto d’incrocio tra le serie non corrispondenti biunivocamente dei significanti e quella
dei significati.
Se, a causa
dell’eccedenza della sessualità oltre il suo luogo, tutto diviene allusivamente
sesso, allora ciò che è per natura neutro può essere sessualizzato. Infatti nel
momento in cui il fallo divelto
circola come significante, può farlo in quanto deterritorializzato, cioè
privato del significato sessuale e carpito entro l’ordine simbolico che, pur
sorgendo dal corpo, non è corporeo. Per contro un’attività asessuale, neutra,
si sessualizza nel momento in cui “non
riesce a conseguire il suo obiettivo asessuale e s’intrappola nel circolo
vizioso della ripetizione fine a se stessa” e “cominciamo a godere proprio
della ripetizione «disfunzionale» di questo gesto e con ciò sospendiamo il suo
servire a qualcosa.”
Che cosa significa questo? Io, per il mio modesto comprendonio,
lo traduco cosi: scrivere lettere al mio
uomo lontano mi piace perché in tal modo mantengo viva la relazione. Se nel
frattempo la relazione si è sfaldata e se, pur essendo finito il motivo per
scrivere, io continuo a farlo, è perché ci ho preso gusto, mi sono innamorata
della scrittura a prescindere.
Accade un po’ la
stessa cosa (attenzione: l’esempio è mio!) al feticista, il quale, per un
inghippo o trauma nella sfera della sessualità, sposta la sua libido,
liberandola dalla fascinazione verso i requisiti sessuali del partner e dirigendola
sugli oggetti che hanno rappresentato o sono contigui a quei requisiti, i quali ora attirano per
se stessi, sono cioè il vero oggetto dell’investimento libidico del feticista.
Ho volutamente
estrapolato, fra i tanti, questo aspetto della trattazione, per dire che forse
è il caso di tentare letture impegnative allo scopo di maturare e imparare a
pensare e ad argomentare. Magari ci innamoriamo di un certo tipo di testo a
prescindere dall’utile ricavabile. Godiamo nel leggere testi impegnativi.
Mi sembra, dunque, che un po’ di audacia consenta di conseguire qualche sensibilità, se non vere
e proprie conoscenze, permetta di deporre qualche pregiudizio o luogo comune
che ci fa gattini ciechi in preda a comportamenti compulsivi indotti, che ci fa
succubi di narrazioni depistanti rispetto all’esercizio, certo difficile e
faticoso, dell’intelletto su problemi che ci riguardano, che ci attraversano,
persino, rimanendo ignorati.
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