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martedì 7 luglio 2015

Letture difficili e intriganti- approccio 4 di B. Mannu ad alcuni testi di Slavoj Žižek,

Invito gli amici lettori interessati agli argomenti filosofici emersi dalla lettura dei citati testi di Slavoj Žižek, di mettere in sequenza i 4 articoli pubblicati su questo blog e magari leggerli di seguito. 
 Come predetto essi sono ben lontani dal presentarsi come una sintesi completa di quei testi. Non sono certa, ma spero che la mia lettura abbia colto qualche tratto non marginale, dei tanti problemi trattati dal pensatore sloveno.
   
Va rimarcato a questo punto che il discorso di Žižek coinvolge almeno tre grandi correnti di pensiero che pescano in uno stesso nodo teorico: la teoria critica dell’economia politica di K. Marx con le teorie critiche dell’ideologia ad opera di altri pensatori marxisti (Althusser) e non,  la dialettica hegeliana e il pensiero degli ermeneuti post hegeliani, le teorie dell’inconscio freudiano con gli sviluppi lacaniani e della linguistica contemporanea e in particolare con gli studi deuleziani (G. Deuleuze, La logica del senso). Tutte e tre queste correnti di pensiero, spiega diffusamente il Nostro, hanno subito varie estrapolazioni, torsioni e rettifiche snaturanti e/o equivocanti, a causa dell’uso dell’una contro l’altra nella lotta politico-ideologica in campo teorico, anche, e sopra tutto, in campo politco-sociale, ma anche lo stesso Žižek le pone momentaneamente in contrasto fra loro per inquisirle, torchiarle, farne uscire il massimo di verità possibile  e cercarne nelle viscere logiche gli elementi che suonano come  un possibile o eventuale denominatore comune, da lanciare o rilanciare nella cultura europea militante  per una nuova prassi alternativa al mercatismo liberista e alla perversione asociale.  
A esaminare le citate prospettive ciascuna con gli strumenti concettuali delle altre, e con la visione delle conseguenze politico-pratiche attualmente osservabili, il Filosofo sloveno evidenzia le prove della possibilità che esse rappresentino un’amplissima e profondissima rivoluzione in atto in tutto l’universo teorico che una volta era designato come campo delle scienze umane a fondazione ontologica e storicistica. E avanza ragionevoli ipotesi che la loro libera e diffusa riconsiderazione, con i necessari approfondimenti e innovazioni, costituisce il terreno per la fondazione di una democrazia autentica, geograficamente ampia, emancipata dalle pretese del pensiero unico liberista che ci vuole proni agli interessi di un’economia di mercato e di un’economia finanziaria sempre più impermeabile ai bisogni sociali mondiali e a un bisogno di senso che fatica moltissimo a imboccare la via di un sistema simbolico non asservito ai poteri costituiti.
Va detto che in un altro saggio del 2007, La fragilità dell’assoluto, Žižek rivendica a favore del Cristianesimo la potenza emancipatrice sepolta sotto la sua pesante tradizione pretesca e imperiale. Quella radice, ancora pulsante e viva in una società multiculturale come quella europea, s’incontra realmente e profondamente con le istanze altrettanto vive della tradizione marxista. Questo incontro arricchito dei citati apporti del pensiero teorico potrebbe costituire la “risorsa capace di produrre la più strabiliante rivoluzione spirituale (e quindi politica) che ci sia dato di augurarci”.(Osservo che nel 2007, anno di pubblicazione della citata opera, papa Francesco non si era ancora profilato all’orizzonte. Invece oggi si può felicemente considerare anche questa giuntura!)
Il punto di vista liberamente ecclettico del Filosofo funziona da antidoto alla banalizzazione falsamente godereccia, ma tragicamente vuota di senso di una cultura dal respiro corto e senza orizzonti, che tende a deprimere le energie creative e  a sciupare le intelligenze.
Contrariamente a quanti accreditano l’idea della morte della politica, a causa  della irruzione diretta in essa e nelle sue istituzioni dei poteri economico-finanziari, i quali vogliono decidere di tutto, quasi come i quadri di staliniana (e non solo staliniana)  memoria, il nostro Autore rileva la necessità e la possibilità di una politica, non solo  autentica, ma dirimente rispetto alla forsennata accumulazione privata di capitali  e alla montante pressione depauperante a danno delle classi lavoratrici, una politica partecipata  che non è e non può esser quella che langue asservita alle lobbies, ma attenta  alla salvaguardia della natura, che produca  buona e diffusa cultura, raccolga alla fattiva consapevolezza i cittadini.
Il senso della politica si decide in una lotta che si accende in campo sociale, ma anche ricupera i suoi spazi di efficacia e penetrazione nel campo dei differenti livelli e regioni della discorsività. Questi campi sono lo spazio dell’Ideologia nel quale si struttura la coscienza personale e psico-sociale degli individui, sia come falsa coscienza che come coscienza  più o meno consapevole, ma dove si dispongono e delineano istanze di verità, le quali prendono statuti e trovano il loro banco di prova nell’ambito dei discorsi scientifici e filosofici, non chiusi nel loro isolamento scolastico, ma nell'intreccio e confronto incessante tra loro e anche con quanto emerge, non pienamente simbolizzato, dalla prassi sociale.

sabato 4 luglio 2015

Letture difficili e intriganti- approccio 3 a citate opere di Slavoj Žižek a cura di B. Mannu

In parziale riferimento alla complessa articolazione tra la sfera delle esistenze materiali e quella della simbolizzazione, senza poter entrare nel merito dei complicati teoremi e ragionamenti che Žižek distende attraversando gli immensi campi del pensiero filosofico, scientifico e artistico, e un po’ collegandomi  alle precedenti esposizioni, cercherò di ripartire dal seguente quesito: il mondo immateriale delle idee e quello materiale delle cose naturali fisiche si parlano o non si parlano?

 Una prima risposta suona grosso modo così.
La totalità-mondo risulta del tutto inaccessibile e noi manchiamo sempre e per sempre il bersaglio della conoscenza di quanto starebbe dietro l’apparenza fenomenica. Perciò possiamo parlare in termini di verità relativamente alle nozioni parziali e temporanee relative a quanto la soggettività umana è in grado di cogliere mediante le sue categorie. Esse  ci forniscono solo una schedatura fenomenologica. La verità circa il Tutto sotteso ai fenomeni ci è preclusa. E si può dire che questa posizione corrisponde alla concezione kantiana e ai suoi prosecutori.  E a questo punto il nostro Autore sottolinea che la pretesa di parlare o di far parlare il Tutto in prima persona è un distorsione ideologica che esige un Garante/Dio esterno al processo teoretico
 Si dà, però, una risposta alternativa. Alcuni pensatori, scienziati, filosofi e teorici psicanalisti, per esempio Deleuze e Lacan, interlocutori preferiti di Žižek, sostengono che “la cosa là fuori” non è affatto scritta nel linguaggio dei numeri o di altri concetti e che sarebbe nostro compito di decrittarla, come argomentava Galileo. Ma “La cosa là fuori” non bussa tutta intera, avanza per elementi parziali, come cosa simbolicamente opaca, e poiché non trova la sua casella simbolica, crea problemi di natura logica e linguistica. Quando i problemi, diciamo d’incasellamento si accumulano, irrompe nella continuità discorsiva ideologica come non-senso, come elemento linguistico paradossale che si inserisce negli interstizi, nelle discrasie tra significati e significazioni interompendone il flusso e segnando l’emergere di un nuovo o possibile significato, il quale venendo in superficie e configurandosi come paradosso, scombina l’assetto esistente delle concatenazioni, definisce un nuovo campo di significati, e, se vince la partita, torce e assoggetta a sé quelli vecchi. Ma tutto questo non avviene pianamente, come la vicenda di Galileo insegna, il quale ha dovuto inventarsi filosofo per tentare la difesa della sua  teoria astronomica. Come dire che ha dovuto compiere un intervento di natura politica nell’ambito delle scienze fisico-astronomiche, in quanto il Padrone del discorso era appunto il Sant’Uffizio, il quale è rimasto molto offeso per essere definito “Simplicio”.  E questo è come dire che gli effetti di verità si ottengono comunque a livello della discorsività, la quale però, in certe condizioni, ha mezzi molto convincenti, come appena detto e avviene come avvenne nella vita di Galileo.
Si prospetta però anche una terza possibilità, ossia che la verità parli di persona? La risposta per bocca del Freud/Lacan di Žižek e di Žižek stesso mi appare grosso modo così «Sì, qualcosa emerge dal coacervo materiale, manifestandosi come sintomo, qualcosa che emerge come problema, come quasi-parola che stride, come istanza che richiede un lavoro di trasformazione e pretende di prevalere acquisendo, per così dire, esistenza importuna e semiclandestina per il tramite di un individuo umano.
 Però questa terza possibilità fa tutt’uno con la seconda precedente, perché la totalità del mondo non  si  presenta di persona, bensì tramite il qualcosa senza luogo (ciò che non ha collocazione nei significati esistenti) Questo qualcosa più che nascere come cosa che dice nasce come cosa che prova a dire o  che denuncia ed annuncia, un qualcosa che irrompe e fa reagire a muraglia i vecchi  fantasmi simbolico-linguistici. (I muri e le muraglie, sia fisicamente costruite che solo minacciate-progettate, sono anche il sintomo tetragono di un reale che oppone resistenza) .
In questo senso, dichiara Žižek, Gesù è «Uno di questi oggetti che parlano… le sue parole sono un ottimo esempio di quell’”Io, la verità, parlo” che si profila in coincidenza con la morte del Grande Altro/Dio».
Ossia la comparsa di Cristo nella storia, il suo dire e il suo dover morire a causa del senso misconosciuto/rifiutato del suo dire/fare, indicherebbe che la presunta e biblica presenza-parola garante di Dio-Verità assoluta, (infeudata a un Padrone: Sinedrio, Sapere Autoritario, per esempio) diventa da quel momento impossibile.
Dunque resta esclusa l’intromissione del Testimone-Dio o Grande Altro a garanzia d’una presunta rivelazione totale del mondo là fuori sempre uguale a se stesso. E correlativamente risulterebbe inadeguata l’idea che l’attività sia una componente esclusiva della soggettività umana, ciò che riproporrebbe l’idea di una Mente attiva e ordinatrice, opposta alla fissità materiale delle cose.
Forse sarebbe il caso di sostenere l’ipotesi, dice Žižek,  che il faticoso procedere del divenire scientifico, interrogato filosoficamente e dunque politicamente, a parziale rettifica della curvatura ideologica fuorviante, sia la sola verità possibile, mai esaustiva e completa, perché la così detta realtà stessa è un movimento di elementi materiali e di pensiero, perché “il Reale non è semplicemente esterno al Simbolico, ma è, piuttosto, il Simbolico stesso privo della propria esternalità, della sua eccezione fondante”.  Eccezione fondante che, se ho ben capito, è l’interruzione della chiusura ideologica ad opera del Reale non ancora simbolizzato che s’impone nella forma di elemento sintomatico.
 In L’oggetto sublime dell’ideologia Žižek riferisce che Lacan ha attribuito a Marx l’invenzione della nozione di sintomo. E dedica a questo tema un intero capitolo per dimostrare che Lacan asserendo quanto sopra non ha fatto una battuta di spirito, ma una deduzione teorica ben fondata, a dimostrazione che i tempi dell’invenzione e della ricerca si possono incrociare in modo sorprendente indicando la distribuzione ineguale dei campi di ricerca scientifica, la  quale in fondo dice la verità nello scoprire  che non c’è nessuna identità negli oggetti e nei soggetti e che  non esiste una garanzia preliminare sulle connessioni e sugli effetti retroattivi di un concetto.
Dunque, se ho capito una briciola di tutta la complessa sequenza logica che attraversa i saggi menzionati, il mondo monolitico al quale chiedo se davvero corrisponde alle idee che me ne sono fatta o che mi hanno infilato è solo effetto di una distorsione a livello della struttura ideativa, ineliminabile come struttura, ma rettificabile nei suoi effetti.

 

venerdì 19 giugno 2015

Letture difficili e intriganti- Approccio 2 di B. Mannu

Premessa e promemoria di oggi


Invitare amici e lettori a misurarsi con buone letture per ricavarne buone informazioni e anche stimoli a proseguire la propria formazione è forse un atto presuntuoso, se si ferma a un semplice invito. Altro è sfidare la difficoltà nella speranza di raccontare a me stessa alcune delle cose dette magistralmente da un altro, in questo caso, dal filosofo sloveno S. Žižek  . Qualcuno potrebbe obiettare: perché non lo fai in privato? E io rispondo che scrivere un blog è un atto politico. E il mio atto politico consiste, non solo nello scrivere e pubblicare versi e prosa narrativa, ma anche leggere in pubblico e cavarne quel po' che le mie forze consentono.Infatti la mia non è affatto una lettura sistematica, ma un viaggio molto interessante, ancorché impervio e non sequenziale dentro questi libri per meglio vedere al di fuori. Rammento le opere:
L'oggetto sublime dell'ideologia, - Ponte alle Grazie 2014
Organi senza corpi - La suola di Pitagora editrice
La fragilità dell'assoluto - 2007

A scuola da Slavoj Žižek


 Proporre al non-specialista di alcunché, quale io sono come tanti, di misurarsi con la complessità dei problemi del mondo attuale, implica indicare, come dicevamo, una necessità che è essenziale e vitale per ogni uomo: levarsi sopra la semplice, ma irrecusabile animalità.
Riconoscerci umani significa sapere e potere non appiattirci sulla condizione minima inscritta nel genoma. Data la nostra naturale indeterminazione,  occupiamo una frontiera dove l’animalità  è suscettibile di “trasustanziazione” (cfr. Žižek) a livello di “spirito” o, se si vuole, di spiritualità.
Con questo Ž. non invita a riconoscere o ad abbracciare una fede nella trascendenza o immanenza divina per ricuperare per l’animale uomo una dimensione, più che nobile, divina, quanto un suggerimento, forse, a considerare che quanto facciamo inconsciamente in risposta alla nostra natura animale, possiamo farlo meglio attivando consciamente le nostre potenzialità.
A partire dall’accoglimento - che sappiamo ambivalente - della nostra irrecusabile finitezza, sapendo che il nostro ingresso nel mondo (quello vissuto e percorso come esterno e quello vissuto come interno) è già da sempre involto e ci coinvolge nel sistema simbolico e che, per quanto si sia convinti che il mondo ci si pari contro come un Tutto Altro, abbiamo da prendere coscienza ancora che quanto vi accade e ci coinvolge esige di  divenire pensabile, ossia altro rispetto alla sua e nostra consistenza materiale, ma ad essa articolato.

  È in questo ambito ideologico, appunto, che vengono a strutturarsi, tramite i linguaggi, le nostre esperienze e i loro effetti introiettivi e proiettivi. Niente può attraversare o insediarsi in noi come immagine o pensiero, se non tramite i fantasmi/parola con cui riempire  le nostre lacune; e questi spesso si rivelano fallaci e inadeguati.
 I testi di Žižek menzionati analizzano i movimenti e le complicanze  del processo cui ho appena accennato. Il lettore comune come me ne segue con molta difficoltà le combinazioni. Esse corrispondono a logiche non meccaniche e comunque  non perspicue.  La circolarità tautologica che s’instaura al livello dell’ideologia  può comportare il totale o parziale fallimento della nostra presa sulle cose e su noi medesimi.

Certo, a questo punto dovrei desumere una definizione minima di che cosa s’intenda con la parola ideologia. Ma la difficoltà fa davvero tremare le vene e i deboli polsi filosofici. Con acerba e presuntuosa riduzione direi che ideologia è tutto il sistema di rappresentazioni, di idee, di enunciati-valore e di simboli in cui si condensa la cultura di una società in un certo tempo storico; e si potrebbe persino aggiungere che essa ne rappresenta il carattere. Ma rimanderei alla lettura di un breve saggio molto limpido Sull’Ideologia  di L. Althusser(1976), certa che Žižek non me ne vorrebbe, anzi. Il filosofo franco-algerino - benché non riesca a essere convincente, secondo Žižek, circa la descrizione del modo con  cui avverrebbe la sussunzione dell’individuo a soggetto assoggettato all'ideologia -  individua e analizza gli aspetti materiali e ingiuntivi degli apparati ideologici. Lettura molto istruttiva e accessibile, perché la sua analisi riguarda i supporti materiali e il carattere organizzato dell'ideologia.
Dovrei per un senso di trasparenza dire che cosa s'intende per tautologia. In un enunciato,ad esempio il cerchio è rotondo, il significato del secondo lemma  "rotondo" ripete ciò che è inscritto nel concetto di cerchio.

Voglio indicare rapidamente che la nozione di ideologia, pur non mostrando collegamenti evidenti con la materialità produttiva che fonda l’esistenza dei gruppi sociali, è così tanto importante che nei conflitti bellici i belligeranti, non solo mirano alla distruzione dell’economia e delle risorse materiali del rispettivo nemico, ma cercano di minare in tutti i modi la persistenza e la funzione totalizzante del suo sistema ideologico, il quale agisce da riferimento identitario e quindi da collante sociale.
Attualmente, altro esempio, nella lotta mondiale per la supremazia politico-economica, l’ideologia occidentale si contrappone a quella mediorientale e viceversa, sotto l’effetto totalizzante delle religioni e delle morali politiche. L’attacco ideologico reciproco tende a tagliare i collettori motivazionali dell’identità e dell'unità "spettrali" del gruppo avverso esponendolo alla rottura dello specchio, cioè a una sorta di morte per dissolvimento della propria immagine.

 Ma quel che risulta più difficile da capire è il come e il perché della curvatura  che questo diaframma ideologico imprime al nostro rapporto col mondo e con la natura–mondo di cui siamo composti.
Il fantasma ideologico, che dal di fuori entra dentro la coscienza individuale formandola, è precostituito e costitutivo della così detta identità personale, è ineliminabile: in altri termini ci preesiste il mondo e le strutture incorporee che ce lo introducono simbolicamente, ci preesistono i codici delle lingue, la messe dei significati e delle significazioni. 
Però mai questa complessa impalcatura prassica (guida e sollecita azioni) e simbolica è  terra di nessuno, mai neutra, essa è già da sempre occupata da qualcuno, per esempio, da un Patriarca o da un Padrone (il Grande Altro, il grande Super Io), è attraversata da tensioni e resistenze irriducibili all’uno; è tuttavia permeabile e mobile come complesso macchinico produttore di ambiguità contraddizioni, gerarchie di poteri, presieduto da una (o più) entità che enunciando ordina, obbliga,  accoglie, esclude, elabora, inventa, falsa, distorce, complica e ci costituisce come soggetti, come io assoggettati, e riproietta nel così detto mondo materiale i suoi  prodotti. Quello che noi indichiamo come mondo materiale, altro rispetto agli io, non è intanto a sua volta tetragono, ma spugnoso, padronale, prassico e occulto produttore di materiali simbolici.
In parole forse troppo semplici  il luogo dell’ideologia è quello dell’Autorità, e il luogo dove gli interessi innominabili si presentano come garanzia di giustizia, equanimità, verità, bene supremo, eccetera.


lunedì 15 giugno 2015

Letture difficili e intriganti- Approccio 1 di B. Mannu

A scuola da Žižek


Mi propongo di scrivere qualche riga di riferimento ad alcuni saggi di Slavoj Žižek.
Intanto chi è Slavoj Žižek?
Vado a rilevare i suoi dati dal ripiego di copertina di un suo libro particolarmente impegnativo: L’oggetto sublime dell’ideologia alla terza edizione (2012)
Nato a Lubiana nel 1949…”è fra i più innovativi pensatori del nostro tempo. Insegna nella sua città natale e in molti atenei americani e europei”.
Autore di moltissimi saggi, tra cui Organi senza corpi,(2012), ha appena pubblicato i primi due tomi del suo capolavoro filosofico “Meno di niente, di cui ancora niente so.
Perché evocare questi suoi saggi assai complessi – e di cui in verità non potrei riferire granché, data la mia poca perizia filosofica?

Intanto ci provo perché credo che il caso giochi un ruolo importante anche negli incontri migliori. E io sono molto contenta di essere incappata a naso nei suoi titoli e quindi in qualcuno dei suoi libri che si sono subito rivelati difficili, concettosi, ma anche ricchissimi di riferimenti e di modi interessanti di  considerare questioni anche molto concrete.
Penso che non bisogna soggiacere alla nostra pigra ignoranza di persone comuni, costantemente inadeguate alla condizione adulta. La mania dilagante di praticare sport di ogni genere, anche pericolosi o estremi, a fronte della fobia o del rifiuto a misurarsi con le meno ovvie articolazioni del pensiero, indicano quanto meno una sorta di immaturità umana, che certo torna comoda a coloro che su tale immaturità fondano il loro potere. Ma l’indeterminatezza dell’essere umano consente inversioni di rotta, se volute.
Proprio Žižek, in Organi senza corpi dice, ma io lo ripeto semplificando a mio modo, che l’essere umano sprigiona una quantità di energia sessuale in eccesso, tale che il suo straripamento in ambiti confinanti comporta la produzione indiscriminata di significati metaforici e allusivi. Il suo eccesso deriva da un’impasse strutturale per cui essa non raggiunge mai il proprio obiettivo, ossia la piena quiete, in quanto la sua realizzazione richiede la partecipazione dell’altro, comportando per tale fatto, una non perfetta sincrasia. Insomma è a partire dalla sessualità, dal suo non restare interna a se stessa, che prende  a strutturarsi il linguaggio. Dislocandosi oltre il corpo mediante l’organo simbolicamente divelto, desessualizzato, il fallo di castrazione, funge da significante vuoto (organo senza corpo), ossia da elemento fantasmatico, neutro, il quale costituisce il punto d’incrocio tra le serie non corrispondenti biunivocamente dei significanti e quella dei significati.
Se, a causa dell’eccedenza della sessualità oltre il suo luogo, tutto diviene allusivamente sesso, allora ciò che è per natura neutro può essere sessualizzato. Infatti nel momento in cui il fallo divelto circola come significante, può farlo in quanto deterritorializzato, cioè privato del significato sessuale e carpito entro l’ordine simbolico che, pur sorgendo dal corpo, non è corporeo. Per contro un’attività asessuale, neutra, si sessualizza nel momento in cui  “non riesce a conseguire il suo obiettivo asessuale e s’intrappola nel circolo vizioso della ripetizione fine a se stessa” e “cominciamo a godere proprio della ripetizione «disfunzionale» di questo gesto e con ciò sospendiamo il suo servire a qualcosa.”
Che cosa significa  questo? Io, per il mio modesto comprendonio, lo traduco cosi:  scrivere lettere al mio uomo lontano mi piace perché in tal modo mantengo viva la relazione. Se nel frattempo la relazione si è sfaldata e se, pur essendo finito il motivo per scrivere, io continuo a farlo, è perché ci ho preso gusto, mi sono innamorata della scrittura a prescindere.
Accade un po’ la stessa cosa (attenzione: l’esempio è mio!) al feticista, il quale, per un inghippo o trauma nella sfera della sessualità, sposta la sua libido, liberandola dalla fascinazione verso i requisiti sessuali del partner e dirigendola sugli oggetti che hanno rappresentato o sono contigui a quei requisiti, i quali ora attirano per se stessi, sono cioè il vero oggetto dell’investimento libidico del feticista.
Ho volutamente estrapolato, fra i tanti, questo aspetto della trattazione, per dire che forse è il caso di tentare letture impegnative allo scopo di maturare e imparare a pensare e ad argomentare. Magari ci innamoriamo di un certo tipo di testo a prescindere dall’utile ricavabile. Godiamo nel leggere testi impegnativi.

Mi sembra, dunque, che un po’ di audacia  consenta  di conseguire qualche sensibilità, se non vere e proprie conoscenze, permetta di deporre qualche pregiudizio o luogo comune che ci fa gattini ciechi in preda a comportamenti compulsivi indotti, che ci fa succubi di narrazioni depistanti rispetto all’esercizio, certo difficile e faticoso, dell’intelletto su problemi che ci riguardano, che ci attraversano, persino, rimanendo ignorati.