Invito gli amici lettori interessati agli argomenti filosofici emersi dalla lettura dei citati testi di Slavoj Žižek, di mettere in sequenza i 4 articoli pubblicati su questo blog e magari leggerli di seguito.
Come predetto essi sono ben lontani dal presentarsi come una sintesi completa di quei testi. Non sono certa, ma spero che la mia lettura abbia colto qualche tratto non marginale, dei tanti problemi trattati dal pensatore sloveno.
Va rimarcato a
questo punto che il discorso di Žižek coinvolge almeno tre grandi correnti di
pensiero che pescano in uno stesso nodo teorico: la teoria critica
dell’economia politica di K. Marx con le teorie critiche dell’ideologia ad
opera di altri pensatori marxisti (Althusser) e non, la dialettica hegeliana e il pensiero degli
ermeneuti post hegeliani, le teorie dell’inconscio freudiano con gli sviluppi
lacaniani e della linguistica contemporanea e in particolare con gli studi
deuleziani (G. Deuleuze, La logica del
senso). Tutte e tre queste correnti di pensiero, spiega diffusamente il
Nostro, hanno subito varie estrapolazioni, torsioni e rettifiche snaturanti e/o
equivocanti, a causa dell’uso dell’una contro l’altra nella lotta
politico-ideologica in campo teorico, anche, e sopra tutto, in campo
politco-sociale, ma anche lo stesso Žižek le pone momentaneamente in contrasto
fra loro per inquisirle, torchiarle, farne uscire il massimo di verità possibile e cercarne nelle viscere logiche gli elementi
che suonano come un possibile o eventuale
denominatore comune, da lanciare o rilanciare nella cultura europea militante per una nuova prassi alternativa al mercatismo
liberista e alla perversione asociale.
A esaminare le
citate prospettive ciascuna con gli strumenti concettuali delle altre, e con la
visione delle conseguenze politico-pratiche attualmente osservabili, il
Filosofo sloveno evidenzia le prove della possibilità che esse rappresentino
un’amplissima e profondissima rivoluzione in atto in tutto l’universo teorico
che una volta era designato come campo delle scienze umane a fondazione
ontologica e storicistica. E avanza ragionevoli ipotesi che la loro libera e
diffusa riconsiderazione, con i necessari approfondimenti e innovazioni,
costituisce il terreno per la fondazione di una democrazia autentica, geograficamente
ampia, emancipata dalle pretese del pensiero unico liberista che ci vuole proni
agli interessi di un’economia di mercato e di un’economia finanziaria sempre
più impermeabile ai bisogni sociali mondiali e a un bisogno di senso che fatica
moltissimo a imboccare la via di un sistema simbolico non asservito ai poteri
costituiti.
Va detto che in un
altro saggio del 2007, La fragilità
dell’assoluto, Žižek rivendica a favore del Cristianesimo la potenza
emancipatrice sepolta sotto la sua pesante tradizione pretesca e imperiale.
Quella radice, ancora pulsante e viva in una società multiculturale come quella
europea, s’incontra realmente e profondamente con le istanze altrettanto vive
della tradizione marxista. Questo incontro arricchito dei citati apporti del
pensiero teorico potrebbe costituire la “risorsa capace di produrre la più
strabiliante rivoluzione spirituale (e quindi
politica) che ci sia dato di augurarci”.(Osservo che nel 2007, anno di
pubblicazione della citata opera, papa Francesco non si era ancora profilato
all’orizzonte. Invece oggi si può felicemente considerare anche questa
giuntura!)
Il punto di vista
liberamente ecclettico del Filosofo funziona da antidoto alla banalizzazione
falsamente godereccia, ma tragicamente vuota di senso di una cultura dal
respiro corto e senza orizzonti, che tende a deprimere le energie creative
e a sciupare le intelligenze.
Contrariamente a
quanti accreditano l’idea della morte
della politica, a causa della
irruzione diretta in essa e nelle sue istituzioni dei poteri
economico-finanziari, i quali vogliono decidere di tutto, quasi come i quadri
di staliniana (e non solo staliniana)
memoria, il nostro Autore rileva la necessità e la possibilità di una politica, non solo autentica, ma dirimente rispetto alla
forsennata accumulazione privata di capitali
e alla montante pressione depauperante a danno delle classi lavoratrici,
una politica partecipata che non è e
non può esser quella che langue asservita alle lobbies, ma attenta alla salvaguardia della natura, che produca buona e diffusa cultura, raccolga alla
fattiva consapevolezza i cittadini.
Il senso della
politica si decide in una lotta che si accende in campo sociale, ma anche
ricupera i suoi spazi di efficacia e penetrazione nel campo dei differenti
livelli e regioni della discorsività. Questi campi sono lo spazio dell’Ideologia nel quale si struttura la
coscienza personale e psico-sociale degli individui, sia come falsa coscienza che come coscienza più o meno consapevole, ma dove si dispongono
e delineano istanze di verità, le quali prendono statuti e trovano il loro banco
di prova nell’ambito dei discorsi scientifici e filosofici, non chiusi nel loro
isolamento scolastico, ma nell'intreccio
e confronto incessante tra loro e anche con quanto emerge, non pienamente simbolizzato, dalla prassi sociale.
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