Perché la terra
giace
nella propria
arsura,
con tutte le
sue nuvole
e il tempo
allucinato
dimentica
di scandire
il suo fluire
astratto.
L'immenso
giorno
cuoce
il mio grido
rarefatto
e l'eco del
conforme
dilaga
senza scampo
su un me
pellegrino
claudicante
sulle tracce
d'un dio che
- per semplice
ferocia-
si ritrae.
M'ingarbuglia
in perduti
passi
la
commisurazione utopica
del suo diniego
m'affligge
la presunzione
d'una meta
celata dietro a
una parola frusta
o – peggio –
appostata
nell'atterrito
non luogo
che m'impasta
di cenere
la bocca.
Noticina- La silloge intitolata Fabellae uscita nel 2006 è fuori commercio. Se troverò un nuovo editore presso il quale pubblicare una nuova silloge di poesie recenti la inserirò fra quelle.
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