Da qualche tempo - intanto che
spennello -
tengo per compagna un’
insciallata scura
in un brandello di vecchio
quotidiano
«Quest’impronta da strega
m’invaghisce!»
Così …
l’ ho crocifissa al muro di
sinistra
a portata d’occhi e di
consultazione.
Frequentarne il piglio è come
sostare
sulla soglia d’un uscio appena
schiuso.
Ne spira un flusso di nobiltà
plebea
unito a un senso di ruvida beltà
spoglia dell’evidenza del
sorriso.
Ma ne traluce gioventù matura
come una mica d’oro nella roccia.
Nessun altro fregio brilla
addosso a lei.
E - benché tagliata a mezzo busto
-
emerge dalla carta come viva.
A fissarla inquieta. Ma non cessa
d’incantare.
E mentre tace e insiste nel
tacere-
il suo silenzio intesse incroci
di discorso tenuti a bocca chiusa
in un idioma che sembra
familiare.
Ma il senso – viaggiando tra lo
sguardo
e il turgore castigato della
bocca -
sfugge alla rete delle
traduzioni.
In luogo di certa aura celestiale
comune alle Madonne col Bambino
lei mostra tratti di più antica
fattura-
dea pagana d’ ascendenza terragna
-
una Nostra Donna de Caput ‘e susu
…
Che sa
di tanche sperse in mezzo ai
monti
avversa i venti nelle sugherete
varca dirupi e piste di
cinghiali.
Governa i pozzi dell’acqua
lustrale
e vita e morte - senza
onnipotenza.Noticina - Fa parte di un lungo poemetto di circa 260 versi, scritto intorno al 2006 e facente parte di un'intera raccolta di poemetti che mi auguro di pubblicare a breve. Sono anche l'esito del mio ambivalente rapporto con la mia gente, la mia terra e specialmente il mio prendere le distanze da un folclore ingombrante, perché reso inautentico dal "mercato culturale".B.M.
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