giovedì 20 ottobre 2016

Da "POESIE IMPOSSIBILI" - GUERRE E DESTINI - inedite di Bianca Mannu

Nota Le tragedie umane che ho davanti agli occhi, le mitragliate che ossessionano la mia impotenza, la sofferenza che mi dilania l'anima, la sorte dei bambini... C'è rabbia in me, non canto, né consolazione... So, credo di saper dire ciò che dico, ma non vi aspettate inni o peana...
Sono all'opera logiche folli e ci sono i responsabili: uomini, solo uomini che pretendono di trasformare ogni essere o ente in oggetto convertibile in altro per sé: godimento del puro potere.
















Guerre e destini

Nei sobborghi fangosi della terra
si alternano al potere soldataglia -
gallonati di pessima taglia -
paraventi di  occulti consiglieri
prezzolati  e gran filibustieri
che tramano blitz
e ogni sporca guerra.

Le nuove guerre – come le passate -
sfociano in conflitti per la supremazia.
Con  tenaci argomenti principiate e ribadite
contro i dubbiosi e gli oppositori.
Ancorché gonfiate e spacciate come irreversibili
sono ancora e sempre del tipo
“Armiamoci e partite”
Perché il vero segreto è questo:
portare al più presto
 l’inferno nel fronte avverso. 
E i fronti sono tanti
quanti gli interessi contrapposti.

   Sarà questo il prezzo per la pace del natio versante? 
Per la pace del tuo notturno sogno - forse. 
Ma quella che vivi  tutti i giorni è guerra strisciante.
Guerre quotidiane … -
quelle  accese a ridosso dei mercati -
quelle di famiglia – tra inquilini di casa – 
quelle tra dirimpettai delle vie più strette –
quelle tra le automobili e le biciclette –
quelle semaforiche tra veicoli – 
quelle razziali fantasiose e tremende
periodicamente fomentate  da partiti e da giornali – 
quelle di classe nebulose e complesse
attivate per aggiungere o sottrarre diritti alle masse -
quelle sottili e infine sanguinose
tra mariti e irriducibili spose
decise  a divenire indipendenti
– guerre vendute in forma di pettegolezzi
con i particolari in cronaca: nefandezze …
… Su tutte 
ci mette il segno orrido la ciurma 
degli illusi  e disgraziati e la policroma marmaglia
dei delinquenti d’ogni sorta e taglia.

Si scrive intanto sopra e tra le righe dei giornali
si divaga tra report e reality in TV 
che grandi e piccoli conflitti sono manna
per chi v’impegna ingenti capitali -
ma sono anche soluzioni
per i forzati di certe professioni. 
“Voce dal sen fuggita  al  vero ti condanna!”

E dunque - come al tempo degli antichi imperi –
si assoldano combattenti mercenari.
L’amor di patria – peana screditato  - ha smesso
 di uguagliare dentro ai petti l’erba voglio 
batte e ribatte invece nel cuor del portafoglio
e viaggia sull’abbondanza del bisogno.

Torme di umani in marcia: miseria generale. 
Ciascuno si sente infetto del problema personale. 
Il dorso sopra i visceri contratto a inutile difesa.
Sibillina o mortifera circola anonima -
in  agguato -  mista alle polveri l’offesa
 nel vento detonante.
Si sosta in cunicoli e in anfratti di muri per sfuggirle –
 si veglia in bilico sul piede della fuga
si trattiene il respiro sopra il lume cieco
della vita afflosciato sul suo minimo
dentro il sistema limbico …
Si sposta con le torme dei fuggiaschi
una miseria fetida di morte.
Di morte in morte riaffiora 
aggrappata alla creatura puntata sul resistere.

Spiaggiata in corpi esausti – arranca verso 
gli angoli d’un mondo che la teme
come se già non ci dormisse insieme …   
 Involta nelle pieghe ora più fruste 
di vesti scombinate da molteplici accidenti
 tuttavia dilaga oscenamente maschia
nel sole dei giardini
s’infratta nei timidi cespugli 
quasi a scansare l’evidenza
 che impone del derelitto la familiarità con l’indecenza.

 La città nobile scioglie nel frizzo mattutino 
tra eleganti palazzi il traffico operoso
e fluisce umanamente babelica 
intorno al suo epigastrio. 

 Ma a sera espone l’opulenza dei lumi
esulta di colori  e di profumi 
spumeggia di movida  espone sul passeggio
l’indifferenza felina dei carini e il loro futile corteggio.
Ecco l’immagine di copertina.

Ma - come la notte avanza incontro alle ore piccoline -
s’attenuano le luci e i belli 
tornano ad abitare i lussuosi ostelli.
Allora sono le ombre dei porticati e degli androni
a riempirsi di sbadigli sussurri e strabalzoni  …
È l’altra umanità che – suo malgrado –
occupa la lista d’ombra della quinta –
 che il nottambulo rasenta senza averla distinta –
 che l’ultimo galoppino delle pizze
annusa fuggendo verso il suo fastigio
gravido d’un domani che – già se lo figura -
 riserva solo qualche sfumatura di grigio.  
Luci basse in quarta di copertina.

Questi i destini!
Colpa di Giove - della Luna – dei Monsoni?  
Non divaghiamo in disutili questioni
che in questo buio denso
uccidono il gusto del dissenso
  
 Non  so se avete riflettuto -
come  tra ombra e sole  hanno intuito i saggi -
                 che la guerra fa da imbuto
e da tramoggia:
distrugge frange cerne …
oscuramente attua selezioni
mette ganasce alle contestazioni 
abilita i pochi a laute riscossioni.

“Disapprovare la guerra”
  è compito affibbiato 
a certa retorica dell’ipocrisia.
Comoda!
 Anestetizza i sintomi della sociale malattia.
Agli scarsi uffici della diplomazia
si addebita il sicuro collasso:
le trattative inciampano
su codicilli di sasso. 


La guerra è.






 


venerdì 7 ottobre 2016

Uno sguardo di bianca su "Isole e voci" di Maria Rosa Giannalia

È con questo titolo che la seconda raccolta di racconti di Maria Concetta Rosa Giannalia vede la luce.
Ma qui la semplice e gaia magia volta all’infanzia si muta in un discorso realistico, scorrevole e apparentemente senza preconcetta malizia, il quale, andando a frugare nello sciogliersi quotidiano del vivere, vi coglie l’inatteso, oppure il paradosso, o anche l’insensatezza; e questi tratti si manifestano variamente combinati con l’insormontabile solitudine e l’ambiguità degli esseri umani nell’ambito delle relazioni sociali e interpersonali.
Sono proprio le voci - nella loro normale sonorità che Maria Rosa, figlia naturale e adottiva di diverse isole, modula - non solo a specificare la geografia spaziale in cui  vuole introdurci, ma anche a inviarci gli echi d’un fondo umano oscuro e inquieto a lei noto. Esso si palesa simile, malgrado i diversi idiomi e i differenti localismi, e spesso larvato entro i connotati della banalità quotidiana. Anche quando il racconto comincia a dipanarsi da un evento apparentemente più drammatico, nasconde una verità più sottile e acre, che appare quasi di colpo ancorché sommessa e stemperata nei toni ingenui di un personaggio fanciullo, come in Tanino.
Le vicende narrate espongono un susseguirsi di situazioni, a partire da quelle in apparenza logiche o naturali fino a quelle che si svolgono sullo stretto limite dell’insensatezza. Più che volute, risultano subite da personaggi ordinari, i quali, così come vivono, si spengono nel progressivo annullamento di ogni senso del loro  passaggio, tranquillo o feroce o misero, nel mondo.