lunedì 25 settembre 2023

Verbi e di-verbi: Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bian...

Verbi e di-verbi: Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bian...:     CATTIVA INFINITA’   E allora sì, cattiva infinità di sbattimenti d’imposte, fracasso di stoviglie in acquai su sciacquio inegual...

Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bianca Mannu



  CATTIVA INFINITA’

 E allora sì,

cattiva infinità di

sbattimenti d’imposte,

fracasso di stoviglie in acquai

su sciacquio ineguale

d’acqua fuggente

che scioglie – raccoglie,

nel risucchio d’un gorgo,

vane, taciute voglie;

rombi – sibili d’automi

domesticamente selvaggi,

brontolii di casseruole

con scoppiettii di fiamma,

gorgogli di solite pentole,

rumori di cocci incrostati,

strofinii di rudi posate

su fondi ingobbiti di teglie,

scampanellate irritanti,

squilli pungenti,

sibilanti messaggi,

stridenti passaggi

dai toni sommessi

agli scoppi di voce

in frastuono d’odori

tra gelidi umori,

immediati rossori,

subitanei pallori,

vergogne fissate

nel cibo sul piatto

e, con esso, ingoiate.

 


sabato 2 settembre 2023

Il signor Vannacci - Bianca Mannu

 Di lui molti, come me, non sapevano l’esistenza, tampoco erano informati della sua condizione di alto graduato delle Forze Armate Italiane. Adesso sanno e so.

 Egli, per via di una forte pulsione comunicativa e plausibilmente regolativa del disordine imperante, ha dato alle stampe un libro con cui ha voluto annunciare la sua  “nuova” Weltanschauung.

Sono stata costretta, persino io che non esisto sotto spoglie pensanti, a sorbirmi la noiosa ridda delle reazioni e interpretazioni al neon dei mass media, Costituzione italiana alla mano, ora rivisitata con le lenti della sinistra, ora ripassata per gli astigmatismi imbarazzati della destra. Per colmo di bizzarria, la destra del Ministro Crosetto, presa alla sprovvista, ha minacciato la degradazione dell’alto militare, mentre la destra di Salvini gli ha  offerto il meglio: la  candidatura alle europee.

Il Presidente della Repubblica gli ha lanciato di striscio un fervorino dissuasivo, ma pacifico e paterno.

Non mi soffermo sulle dichiarazioni soft dei professori di diritto, di alcuni magistrati in pensione, né sui reportage di certi giornalisti entusiasti del successo del libro al botteghino. Manco avesse riscritto La teoria delle monadi, per ricordare  agli umani del ventunesimo secolo che “il possibile” è per loro del tutto fuori portata.

Egli si volta semplicemente indietro e prende a sistemare la pericolante situazione delle cose capovolte secondo la ratio del mondo d’una volta, dove l'evidenza perpetuata e  nobilitata dalla tradizione indicava il “noi”, dotato d'infule sacre, idonei a delimitare tempo e spazio a tutti gli “altri”.

A questo punto dell’infinita diatriba mediatica suscitata dal libro di Vannacci, mi sento tirata per i capelli a dire ciò che segue, forte della mia debolezza in titoli e stellette, ma d’anni ricca e di quelle esperienze che segnano la discrepanza tra la pietraia dogmatica gradita a “lor signori” e il mio alieno dovervi tirare i passi evitando possibilmente di soccombervi.   Sfugge al sig. Vannacci la conclamata evidenza che neppure il mondo minerale permane in assoluta staticità, come ben sappiamo.

Il fatto è che il delirio del potere alimenta il volere di imbragare corpo e mente a tutti coloro che il potere non l’hanno. Come?

Con l’impoverimento, la colpevolizzazione, la paura servile: «Sei disoccupata, sei occupata e povera? Mica vero! Intanto mangi meglio dei ricchi, perché hai la furbizia di “vendemmiare” gli orti di straforo e  i bidoni dei mercati,  campi troppo a lungo e perciò costi, sei molle, pigra, manchi d’inventiva e di spirito di adattamento, sei un peso sociale. Vuoi vivere a spese dell’erario, eh?» (Ho usato il femminile perché non esclude)

E si fomenta il senso di disprezzo per i gruppi  di cittadini bisognosi di sostegno, come se l’erario (il monte del gettito e le risorse di stato) sia il miracoloso frutto del capitale esosamente accumulato dai magnati (in buona parte stipato nei caveaux dei paradisi fiscali) e non il frutto del lavoro umano estratto in forma di profitto, di mancate garanzie, gravato di tasse sul salario e sui consumi, per servizi sociali non erogati. (Cito Caivano per mille e mille altri inferni).  

Il gap sociale isola i periferici nativi e si combina, complicandosi, con quello razziale così da scatenare guerre tra poveri, foriere della depressione sociale, della subalternità culturale e dell’annientamento sistematico dei soccombenti designati.

Vecchia storia, ma sempre pericolosamente attuali i suoi lieviti. In Germania uno dei lieviti fu un libello intitolato Mein Kampf di Adolf Hitler, che indicò  la minoranza ebraica responsabile della sconfitta della Prima Guerra Mondiale e del conseguente disastro economico; poi con la stessa logica furono perseguite sia le altre minoranze etniche che quelle politiche e religiose.

Anche noi italiani, in scarpe di cartone e vecchi moschetti ad armacollo, antesignani dei Nazi, abbiamo a suo tempo biecamente e stupidamente assunto atteggiamenti primatisti e orrendamente persecutori verso le popolazioni delle colonie e, in patria, contro i dissidenti politici e altre minoranze.

Proprio non abbiamo bisogno di un MEIN KAMPF, né vecchio né nuovo in formato sedici.

Dopo quella carneficina senza valori e senza onore quale fu la II Guerra Mondiale nessuno, nessun umano gallonato o meno, dovrebbe avere l’ardire  di sostenere il proprio diritto ad aggiungere nefandezze a quelle già giudicate dalla storia, né spacciare come diritto di libera espressione il denegato primatismo socioculturale sotto l’ombrello della Costituzione democratica e repubblicana d’Italia

Nessuno ha più il diritto e l’occhio bronzeo per permettersi di stilare la nota dei belli, dei buoni, dei bravi, dei comme il faut , dei sempre salvati, di “noi” contro “loro” spinti sulla strada della degradazione.

Non è sufficiente darsi il titolo di Solone per diventare credibile. 

Bisogna studiarlo davvero il pensiero filosofico nel suo emergere, nel suo articolarsi politico, nel suo complicarsi con le istanze di classe, nel suo variare,  rettificarsi e persino autoconfutarsi, prima di proporsi a testimone impossibile di una irragione  artatamente costruita.  

Giordano Bruno, panteista assoluto fino ad attingere il più puro confine materialista (come Benedetto Spinoza), fu sostenitore della, allora “pericolosa”, concezione copernicana, come fu elaboratore di altre straordinarie intuizioni. Egli, come Galileo, era in anticipo sul tempo persistente degli indiscutibili dogmi e ha pagato sul rogo il diritto di discutere il Sapere del Potere di  allora.  Avere la tempra umana e filosofica di un Bruno!

Dunque mi chiedo e chiedo a chiunque: è libero il Nostro Generale di aprire una campagna ideologica a favore del discrimine sociale, dell’odio primatista omofobo e del ripristino dell’ordinamento familistico patriarcale.

Rispondo no; né lui, né altri da posizioni di potere.

Come privato cittadino, forse sì, ma con un po’di grano salis, se possibile. Del resto l'arringa da rasoterra fa meno spettacolo.

Comunque fare campagna ideologica sulla base di un sentire personale rivolto a dileggio delle persone del mondo civile prossimo o lontano, è detestabile. Oltre che sbagliato, è privo di senso perché ridicolo.

E allora, se proprio senti di odiare, odia il furto, odia l’imbroglio, odia l’inganno e il tradimento, odia l’omicidio, odia la dissimulazione, odia la stupidità interessata, odia la superficialità, odia la furbizia malevola, odia l’indifferenza. Odia l’atto spregevole, ma salva le persone senza rango, specialmente le donne, perché possono  concepire le vie migliori in direzione di un mondo più giusto, più disposto al rispetto e alla pacifica convivenza fra preziose diversità non imposte