mercoledì 29 marzo 2023

 

martedì 26 luglio 2022

Vibrazioni - versi inediti di Bianca Mannu



Vibra di cromo il giallo euclideo

indosso alle scarpate vergini.

Severe fioriture – albini grumi –

vestono gli ulivi di canizie

che il vento – pettinando - depone

sulle zolle già rasate e smosse

dentro recinti riassestati

a scongiuro di fiammifere intenzioni.

Verzicando in silenzio

spiattellano alla precocità

della calura i loro pampini dentati

le vigne in parata sulle zolle -

d’ogni altro stelo ossessivamente ripulite - 

aleggiano come ombrelli

i loro palmi tra le spire

dei cirri e su corimbi neonati

che già cullano umorali eventi.

Immensi e sonoramente atavici

sfilano nel vespro i greggi:

smagrite perché di vello

hanno i pastori denudato le bestie -

lunghi musi penitenti

nel saio assottigliato

color dell’acqua sporca.

Dimessa veste conviene

forse a questa stasi: covato

“en plaine air” il tramenio della fatica

si spinge l’occhio esoso al frutto

che un poco sguscia dall’ambigua

digitalità di Crono e molto oscilla

 sulla stadera indecifrabile di Ade.  

Noticina o piccola premessa di ordine personale - Data la mia età o, forse, la mia noia verso un presente che non si decide a passare per incontrarsi faccia a faccia con una più consapevole logica, ho diradato la mia navigazione in fb e persino la mia attività in questo blog. Però penso e scrivo ancora testardamente. Il luogo dove attualmente risiedo s'impone alla mia riflessione emotiva; questa, incurante della poeticità generalmente praticata, si fa strada verso una parola che vorrebbe essere qualcosa di più elaborato rispetto, sia al pianto nostalgico per un eden perduto, quanto un dire cauto verso il sorriso di chi si esalta compiacendosi di dar voce al bello assoluto. Altresì rivendico la distanza  da  una nota spese o da un promemoria per gli acquisti: cerco di ricuperare la carica simbolica della mitologia per alludere al nostro dramma attuale.  (BM)

giovedì 23 marzo 2023

Da Bianca Mannu per “D’oro e di cemento”- romanzo di Maria Rosa Giannalia


 

 

Da Bianca Mannu per “D’oro e di cemento”- romanzo di Maria Rosa Giannalia

D’oro e di cemento: titolo icastico e bellissimo perché sintesi granitica del romanzo di Maria Rosa Giannalia , nel suo riferimento veritiero alla vicenda storica e sociale che ha interessato la Sicilia occidentale nella seconda metà del Novecento. Anche solo per questo, il romanzo si staglia come opera di realismo letterario, senza farsi cronaca o indulgere alla coreografia poliziesca, invalsa in opere di genere.

Il tessuto narrativo si snoda coniugando l’uso perfetto dell’italiano con il sottofondo melodico e iterativo del siciliano, anche al netto dei richiami dialettali che connotano specificatamente, prima  gli anni immaturi,  poi i momenti psicologici e le temperie umorali giovanili, e, dopo ancora, i discorsi interiori e l’interlocuzione, viepiù distante e critica, del protagonista narratore con il suo mentore (il “parrino” Michele) e infine quella con il giudice istruttore (presenza assente, come un Dio senza deità).

Lo stile narrativo, davvero particolare e significativo, si fa mondo e risuona  come una musica che si articoli su tonalità diverse  e variazioni a strappi, ottenuti dall’emersione brusca di motti e proverbi dialettali, punti sintomatici del granitico legame etico culturale limitato e denso di ambiguità , cui  Mimmino è costretto ad appoggiarsi  non avendo potuto beneficiare di modelli culturali di confronto prima e fuori dal suo precoce ingaggio nel mestiere.  Su quel magro sostrato   va  a stagliarsi il conflitto interiore del protagonista alle prese con le istanze educative primigenie credule e gli effetti  ambivalenti, tra fascinazione e coercizione, del mondo fisicamente incombente, reale e ambiguo.

Un altro elemento strutturale e di notevole efficacia realistica è la considerevole competenza e disinvoltura con cui l’Autrice entra e ci conduce nel cerchio professionale  di Michele e del giovanissimo Mimmino. Forte di questa conoscenza (quasi diretta), Giannalia rende linguisticamente palpabile (senza mai indurre alla noia) la ratio edile dentro la vita del protagonista, raccontando come  ne diriga i sogni, ne motivi le fatiche, ne giustifichi le scelte “amicali” e i cogenti legami d’interesse e fedeltà al gruppo e ai capi, insieme con l’accoglimento  dei rischi immediati e possibili, peraltro pensati come controllabili ad libitum, per via della divisione dei compiti operativi nell’ambito della cosca stessa, come l’Autrice sottolinea.

  In effetti è  proprio la forma mentis acquisita tramite la pratica edile  e il caotico portato culturale di riferimento (ostaggio di parecchie confusioni concettuali, come quella  tra timidità caratteriale di una persona e la presunta mitezza/bontà, ritenuta  inossidabile perché costitutiva) a suscitare in Mimmino il progetto allettante -  da prospettare all’uomo d’onore di una cosca esistente, ma ancora di poco respiro -  circa la possibile trasformazione degli agrumeti in aree edificabili, con esiti molto remunerativi nei convincenti precalcoli.       

In effetti il romanzo,  condotto in punta di una ben calibrata prosa narrativa, è il percorso di educazione e autoeducazione di Mimmino. Entità umana nell’albore della vita, si presenta segnato dal sentimento d’ingenua identificazione con l’alter ego Michele, il buono . Ecco Mimmino, adolescente operaio dipendente e povero, affidato a se stesso,  ricco di desideri, sogni, e afflitto da piccole scaramucce interiori; lo ritroviamo quasi maturo, sguarnito di veri fondamenti umani, preso nei tentativi ben poco fruttuosi di corrispondere a  una ideale consistenza fondata sulla bravura professionale; eccolo ancora librarsi,  nel segno della promozione del sé e dell’ego, per proporsi a un mondo ristretto di figure dalle referenze ambigue, mettendo in gioco la sua professionalità, ma sopra tutto la sua aperta compatibilità morale verso l’avidità altrui, peraltro paludata d’affabilità e d’intenzioni coperte, di cui già aveva indiretta esperienza; infine  eccolo disfarsi di ogni autocontrollo volitivo e  propendere per la facile accettazione della via breve delle collusioni e delle prevaricazioni, verso la scalata economica e il successo sociale …

 Come cieco e sordo, precipita nella polvere della caduta, nella irrefutabile condizione del proprio fallimento umano  e della contestuale carcerazione … Il carcere, sola casella sanzionatrice del suo crollo. Guardarsi denudato di colpo, non solo imputato, ma proprio amputato dell’aureola dell’onorabilità umana e dell’amabilità familiare, per l’eternità della vita  e della già iniziata nuova generazione.

Infine il maturo Mimmino si avverte privo anche del minimo desiderio di adire a una sorta di ricupero sociale mediante la dissociazione e la delazione. Il ricorso a tale pratica tribunalizia significherebbe potersi tirar fuori a buon mercato dalle responsabilità assunte con le proprie scelte e assicurarsi una sorta di sussistenza oscurata e protetta a carico della comunità sociale indistinta. Ora la sua maturazione fulminea si commisura con l’impraticabilità personale di una tale opzione: i fatti non si possono né disfare né bypassare. I fatti sono le tessere episodiche e parziali di un sistema di relazioni irriducibile alla partizione degli umani in schiera dei buoni e in quella dei cattivi, oppure nella distinzione tra chi ce l’ha fatta senza incidenti di percorso e appare a sé e a tutti come “a posto”, e chi  – fallito per colpa orrenda e per hybris – non potrà mai guardarsi allo specchio o negli occhi del proprio figlio, né tollerare una specie di morte civile a stipendio garantito.   

Qui l’Autrice, nei panni interiori di Mimmino, dimostra una sottigliezza concettuale e argomentativa, che sembra lambire il margine delle teorie eticopolitiche volte alla ricerca teorica e pratica delle palingenesi umane sistemiche … L’apocalisse o la rinascita – pensa Mimmino - o è per tutti  o non è, poiché le “verità” parziali sono farsa, accomodamenti vani, incapaci di sradicare i mali sociali e di bonificare profondamente le coscienze individuali; meno che mai quelle che sono rimaste consapevolmente invischiate per ignoranza, avidità e senso di prepotenza, in segrete pratiche di potere e torti umani insuperabili .

 

domenica 26 febbraio 2023

CANTILENA DEL COSMO PIO - versi inediti di Bianca Mannu

 

     



1

In poche case con fiori nei cortili 

un pugno d’abitanti dai gesti gentili 

stanno stretti in silenzio robusto

praticato e offerto in olocausto                                              

all’alterna voracità dei tagliaerba.

Se oggi canta il tuo – il mio starà in riserva

domani il mio canterà il canto della cerva:

brani classici.

2

Le “domus” lievitando sui bassi atavici

o dal suolo issandosi come cespi strabici 

flirtano coi cirri dagli occhi dell’altana  

e all’ospite stupito fanno moine con le verande

dove insuperbita ristagna l’aria rusticana.

3

Ciascuna casa ha la sua castellana

che spazza e sciorina le lenzuola:     

un poco oscilla tra l’essere La Fata

e ben figurare nel ruolo di Befana.

Stessa lei che cura le rose dell’aiola

e per profitto - mai per minimo diletto -

il retro del cortile coltiva da ortolana.

4

I triangoli di prato sul suolo di prospetto -

li rade lei al noto modo inglese

suonando civilmente a turni e intese

la musica del tagliaerba tecnoevo.

Perché così va il trend nel nostro bel paese.

Andrà così finché il seccume del primevo

– Dio guardi! - non torni ad avanzar pretese

sull’uliveto, sulla vigna ed il maggese …

5

Andrà così finché la Fata o la Befana


deciderà di piantare tutto in asso -

di uscire nauseata dal budino

mollare l’orto il prato ed il bucato

piantare il perbenismo crasso

e l’imposto uggioso femminino

scagliare con impeto nel fosso!

6


Prevale invece il vezzo dell’abusata usanza

indotta dalla fisima di ubbidire alla natura 

dove si giura che regni sacra la costanza.

 Pur menomato d’ampiezza e di virtù – il prato

 sta lì come ci fosse sempre stato

 e non ricorda il ruolo antico di pastura  

 aspira a definirsi emblema di onoranza.

7

Malignino pure i lividi vicini

stupiscano gli alieni ficcanaso

 e sulla sua pelle ogni cane invidioso

si gratti la molestia di certi brufolini –

benigno rimasuglio trasformato

d’obliate zuffe per abigeato.

8

Non si sa più tra queste case

se nell’antico s’accendessero contese

tra i comiti del Re con spada e cappa –

e i contadini digiuni con la zappa.

Ai primi: titoli d’acque terre con armenti -

anche di braghe gl’infimi mancanti

vincolati a pigliar mai mercede

e loro stirpi mai poter mutar di sede.

9

Ma i miti abitanti di questo paese

ancora tengono  nove candele accese

a Santu Jacu - mediatore presso Dio

della storica miracolosa clonazione

dei bruti agresti a umana condizione.

10

Verdeggia intanto l’autunno solatio sulla collina

la pioggia irride l’aridità che altrove uccide.

 E ride d’acqua e sole la lucida berlina

dietro il cancello a spirali stile liberty -

ride dall’ultima volta che inghiottì

un pieno favoloso di benzina

nel bel mezzo della guerra in Ukraina.

11

Qualcosa d’altro e di natura nuova

all’occhio altrui porge e nasconde:

cosa trabocchi e qual ritorno d’onda viaggi

tra il nido di coppo e la leggera alcova?

Che pietra s’abbatta sui petrosi staggi?

Spire a tranci opprimono tetti e logge?

O sono anticipi di originali fogge?

Dentoni a schiera: gale per gronde?

Segnali uscenti a piccole e medie onde

dall’interno di certe grandi uova

di fasciame murario e ferree sponde.          

Ogni uovo vale una teca in prova

che - in maschera - arcani privilegi cova?

12

Il curioso –  da fuori – tenta intravedere -

ma estrapola il niente o raffigura il dentro

per analogia con quanto crede di sapere.

Il serio cerca e trova - pare portento

e insieme scoperta d’inattesa  bizzarria.

E scaglie trova! - di luci nette e toni décapés

sfuggiti e miscelati da intagli a “gelosia”

degli ampi schermi di metallo brûlé :

sarà l’ultima trovata  di chi ha lanciato

il probabile trendy in “stile intimité”?

13

Allo zenit il sole inonda campi e strade:

nulla si muove e al vento manca il fiato.

Una coppia di tortore soltanto

lancia di cuore il suo amoroso canto

- Shi Shin Pin! – esclama lei

- Dìmmì di sì! – risponde lui

- Sì tì dìssi -  ancora lei

E il dramma batte ancora sul tre

 in-de-fi-ni-ta-men-te!

14

Similmente i notiziari TV

ripetono con enfasi meccanica

i luoghi comuni e le vecchie novità

per i marziani distratti di quaggiù

assenti per affari o per lavoro

oppure occupati a compulsare

le lunatiche classifiche del calcio

in un momento di casuale intralcio


ai tassativi ritmi della produzione.

15

Ma verso l’ora del meriggiare aromatico

dei cibi posti a sfrigolare con l’erbatico -


quasi risposta a irrefrenabile richiamo -

si volge al desco ogni esausto Adamo.

E ancora ostaggio della gualcita tuta

o della divisa d’ufficio che non muta

- un felide smunto ed affamato –

aggredisce furioso quanto sta nel piatto:

ingollando  un boccone dopo l’altro

respira grosso e mai gli sembra tanto.

16

Entrato in fase di masticamento

il suo occhio da grifagno

si fa molle si fa stagno

indi strabuzza - fiammella al vento -

alfine illanguidisce per incanto

indi sta chiuso nell’abbraccio santo.

17

Non   è l’abbraccio di Santu Jacu

non è l’abbraccio di Gesù

ma di un narcos molto antico

molto più vecchio di Belzebù.

Il suo nome suona Morfeo

e non è  pezzo da museo

autentico nume – incorporeo illusionista -

che il bene umano mai perde di vista.

Nume che ottunde con coltri d’ovatta

i troppi bailamme della giornata -

che attenua la vista – rallenta il cuore –

asciuga il pianto su lutti e terrore.

18

Nelle brume di Morfeo

sembra ieri e l’altro ieri

il tempo d’ogni oggi

E d’ogni stagione  - questa pare

proprio la copia originale.

 

 


Nota dell'autrice

 Ringrazio i siti generosi che hanno donato foto e immagini. 

La ratio del villaggio globale si attorce in eterna emergenza senza capirla e capirsi, dunque senza imboccare la  via di una discorsività non guerreggiata. 



 

sabato 10 dicembre 2022

Lei andava - inedita di Bianca Mannu

 



Lei andava – un petalo bianco

nel vento –

aleggiava sbandando - il cuore

in fermento –

nel sole – all’incontro

della sua primavera.

 

Dal calamo casto disciolta -

smarriva

turgore e profumo -  sconvolta

annusava

nell’aria l’autunno -

intriso di cenere e fumo.




Noticina- Ringrazio di cuore Pinterest

per questo prelievo. (bm) 








MUSICA CLASSICA - Il meglio

martedì 20 settembre 2022

IL DIO TRAVICELLO - inedita di Bianca Mannu



Il chiasso del mondo e della gente
(usiamo lamentare) ci avvolge e ci distrae -
eppure proprio noi - che siamo la sorgente -
per comodo egoismo le assegniamo
una Fonte – di natura e meriti divini -
da cui scaturiscono i differenti destini  
della colorata e varia umanità.

Qualche soggetto s'affaccia
alla pupilla del suo dio contando
un po’ sulla propiziazione accorta
accumulata dai suoi avi
per aver infierito meno sugli schiavi
ed ora completa in moneta la sostanza
per avere in terra e in cielo
la certezza d’abitare un'alta stanza.

La sorte si prospetta ancora buona –
avendo esperito agio e salvazione - 
alla categoria dei benpensanti
agiati che si reputa innocente
ed è convinta che il buon dio –
fermo e paziente sulla soglia dell’estuario
l’aspetti sorridente e persino un po' gregario.
Accenna ad arretrare un po’ negli alti Elisi
per accordare altri svaghi secolari
all'uomo tale - diciamo non probo
ma all'apparenza moderato -
regalandogli altra scorta di buon fiato.

I pochi malpensanti – per davvero 
pochi onestamente dichiarati – 
fanno a buon diritto patti con i diavoli - 
anche patti capestro per i diavoli indigenti -
ma a fini pedagogici ... diciamoli innocenti

Ben altri accordi fanno con entità eminenti 
con cui concertano porzioni e stili di potere 
in raffinate sale d’ipogei pressurizzati 
in elisi terracquei d’incenso profumati.
Per le diavolerie di serie 
basta la luce del sole 
le terrene risorse e gli umani sudori.
 
A strangolare “i costi del lavoro” – 
travestimento anodino del mostruoso 
scarto tra le classi - e “dare ossigeno all’economia” 
 – privatissima accumulazione -  
lavora anonimamente la Concorrenza 
che risulta efficacissima nel limitare 
il tempo della vita alle misere persone.

Molte  isolate – altre  in groviglio                                 
s’assiepano anzitempo alla divina Foce -
trovandosi svuotate del gheriglio
vanno esibendo i rinsecchiti gusci
della consunta primigenia noce …
Per un dio solo? Esorbitante numero di bucce!

Meglio di ogni dio lavorano i marosi - 
Con più efficacia estrattiva opera 
la virtù schiavistica di paramafiosi -
businessman camerati di Soloni 
addetti  al compito di pareggiare 
il saldo dell’occulta ottima resa 
con l’imprescindibile logica d’impresa.
                                       
Avviene anche così – il passo pare lieve - 
che di coloro deputati a vita breve 
non si pensa poi un gran bene – 
anzi si pensa abbiano anima da iene: 
non tutti – no! - ma più d’uno certamente  
per rabbia accenderebbe – come niente – 
un falò di frasche – a scoppiettare ardente - 
per friggervi sopra senza rimorsi e in fretta 
il più meschino  dei tanti concorrenti.

Così colui che sulla fiaba dell’accesso ai cieli 
ci aveva posato un poco la  berretta – 
con la sola ostilità del  fraterno sentimento
non si guadagna l’eternità d’inferno - 
avendola già vissuta sulla terra  -
ma si gioca il placebo divino immantinente
avendolo  appena scorto come espressione 
di rassicurante e collusivo compatimento.

Noticina di B.M. 

È pleonastico sottolineare la citazione di "Il Re Travicello" di Giuseppe Giusti . Ma è lontano il mio genere di sguardo. Sì, guardando alla politica, abbiamo avuto in questo quarto di secolo XXI, diversi re travicelli, talvolta acclamati in "libere" elezioni, talaltra "imposti" dall'assetto ricattatorio dei poteri mondiali, nei quali volenti o no siamo implicati. Altra volta l'arrivo di una specie di re travicello appare casuale solo perché gli intrecci sono molteplici e la confusione massima, dovuta all'intrecciarsi di problemi socio-politici non affrontati. Allora il re travicello di turno è la rappresentazione totemica delle complicazioni reali e dello stato di angoscia diffuso che ne deriva. Lodi e atti di culto precedono la prova. Gli esiti sono sempre fallimentari o deleteri. La scoordinazione bottegaiola di diversi partiti e le loro categorie obsolete dissimulano i guadagni dei profittatori, sostenitori coperti degli stessi. Nel frenetico movimento che agita poteri e moltitudini, ciascuno tenta di assicurarsi, non un senso, ma scappatoie per chiudere in qualche modo il giorno d'ogni giorno, nel palpabile smarrimento di ogni senso sociale e d'ogni volizione etica scevra da ipocrisia. Questa viene maneggiata come un vantaggioso passepartout, persino verso l'Ente presunto divino (per chi se lo raffigura), il quale  nell'immagine comune risulta colluso o corruttibile.

                








































 

giovedì 1 settembre 2022

Musetto rosa confetto - inedita di Bianca Mannu


 


Questa è la foto di Musetto.








Di settembre a fine mese

con il sole alto nel ciel
sulla piazza del paese
toh un micino grande così … (come un pollice)

Nella mano lo teneva
una vecchia in bigodì,
che per niente lo donava …
Ecco, magari a questa qui!

Mi dispiace - disse dama –
voglio un uomo notte e dì!
A gemella sopraggiunta
lo propose lì per lì.

Per lui chiese un buon lettino
ed un pasto a mezzodì.
Chiuso in seno, la maghella
solo in casa spacchettò.

 Ma lui pianse a più non posso:
- Voglio un fosso, voglio un fosso
per buttarmici e morir!
- Col  musetto da confetto
e i guantini da paggetto?-
Tu felice vivrai qui!

 Pur spiacente fino all’osso –
lei lo inonda col suo amor.
Con carezze e chicche lesse
lo consola un minutin.

Lui non sa di certe messe:
soffia e graffia la nonnì.
- Non importa, ti perdono!-

disse lei convinta, sì.
Dopo il pasto caldo e buono,
mi vorrai per la tua “vie”!

 Lui negava: no che no.
Lei a ribattere che sì …
Su quel sì della vecchina
è la storia a continuar!

 E procede  a fasi alterne:
suo durar sembra … fatal!

Noticina- E' possibile, mentre il mondo va quasi a fuoco e i più seri sembrano prendere gusto all'orrendo e folle giuoco  della guerra (a chi mostrare poi il lurido straccio delle vittorie?), che tu, B.M., vecchia di quattro ventenni che mai  furono umani e pacifici, impieghi il tuo poco tempo a rievocare l'inizio della tua storia col tuo gatto, articolando i versi sui ritmi della  marcia di Kurt Weill nel L'opera da tre soldi dello scrittore comunista tedesco Bertolt Brecht? Mi sono divertita a cantare, magari stonando.  Sì, è possibile e me lo merito, avendo dato e poco preso. Del resto la reazione verso il ricupero di una tranquilla e paziente animalità, può dire ancora qualcosa a questo mondaccio tronfio, che ritrova la faccia tosta di inchinarsi davanti a un nemico dichiarato e perseguito, il comunista sconfitto Gorbaciov, dopo averlo irriso e condannato a condividere l'irrilevanza tragica e temporanea del suo paese. Forse Gorbaciov ha voluto scommettere (era un ingenuo, uno sciocco?)sulla possibilità d'un'etica alta che gli attuali celebratori non meritavano e non meritano. 

domenica 21 agosto 2022

amo il maestrale - versi inediti di Bianca Mannu


                                                                 








                                                                     e amo il maestrale

quando involve il vespro viola

e da quel lontano sito

prende fiato di mare

e rotolando per le plaghe

d’erbe morte e sassi

arriva a me – amorosa spiona –

stridendo allegro e sfrontato -

tra le stecche delle mie persiane

 

ancor più lo godo

quando tutti pori mi spalanca

per penetrarmi di sé

e cacciarne i fumi caldi

accaniti sulle mie più interne foglie

affiochite da una sete incapace

di valersi d’un’acqua

subitamente malevolmente

 calda e d’altri eccessi infetta     

 

tanto l’amo

e non gli ascrivo a colpa

i suoi impazziti soffi

sui più pazzi fuochi

bestialmente umani

 

e tanto l’amo

che sotto la sua danza indocile

- incurante sonno –

docilmente m’abbandono.


 











                                              👀 Ringrazio per queste splendide immagini (b.m.)