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mercoledì 4 marzo 2015

Tra le nebbie di ieri e di oggi, un pensiero personale sull’immagine che ci vede donne in cammino



Il cammino delle donne nella storia? "Cammino" implica un andare verso, come se davvero la specie Homo e poi quella Sapiens sapiens e poi quella parte della specie Sapiens sapiens foemina, custode inerme dell'evento terrifico e osceno della morte (menarca e parto all'insegna del sangue)  - e perciò deprivata di e esclusa da l'amministrazione del sacro, del sé e del potere - avesse chiaro, fin dalla sua notte, un proprio fine...
Neppure adesso la gente femmina sa i suoi sé, né dove cammini bene non sa, né con chi e per chi, come neppure i suoi omologhi maschi. Diciamo che avanza e arretra, ristagna inquieta attraversata com'è dai contrasti di classe e di cultura; inciampa sui simulacri che la abitano, s'interroga, forse per interposte persone, su  come fabbricarsi i ruoli da comprimaria in un mondo che rumina e violentemente risponde senza corrispondersi... 
I "Fogli d'album" sorvolano un cielo molto perturbato, sono il sogno appiccicato  dentro le nostre palpebre tatuate, infibulate durante rituali inventati da sedicenti dei che scambiarono per scettro un pene vacillante.
Perché ci raffiguriamo come se fossimo dentro un quadro simile a quello - Quarto stato - di Giuseppe Pellizza da Volpedo, come se fossimo il quinto stato
Siamo prese forse dal parossismo della gioia onirica che sovrappone alle parti un tutto che non c'è? Celebriamo forse la nostra forzata esclusione, come se l'avessimo scelta e fosse il monumento della nostra ambita identità?