domenica 27 febbraio 2022

NESSUNA FESTA -- di Bianca Mannu

 Tre primule, sì, o sorelle, ma nessuna festa.
Quanto è antico - mi chiedo - il seme del “femminismo”? C’è stata una sorta di “paleofemminismo”?- insisto.
Forse s’era formato di nascosto un seme storico, ma nessuno sapeva se esistesse davvero, se potesse dare frutti e riprodursi; tanto meno se si potesse attribuirgli un nome. Eppure, a leggere le tracce trasfuse nei racconti degli aedi, esperti frequentatori degli antichi clan di Aristoi greci e asiatici, qualcosa di paragonabile a un seme s’era forse formato e dormiva sonni pesanti da cui forse sarà schizzato per brevi e strani segnali sonnambolici. Gli indovini avranno certo preconizzato i suoi casuali episodi luttuosi per attribuirli all’ira d’una qualche deità scontenta. 
 
Ma il nome di questo  fantomatico seme dovette attendere forse più di tremila anni per catapultarsi, con varie piroette, dal dialetto medico, alle ironiche e sprezzanti battute scritte a stampa da un Autore, stimato grande penna, per andare a deporre qualche spora sul più fertile e inquieto universo storico-sociale dell’evo contemporaneo, quello che iniziava con l’assalto alla Bastiglia il 14 luglio del 1789.
Chi in quel momento occupava quel ribollente universo?
Nobili e alto clero, certamente e, si sa, i rappresentanti del Terzo e anche del Quarto Stato: Girondini, Giacobini, Foglianti e una miriade  di partiti anche in lotta acerrima fra loro, perché in quell’ombelico di mondo, che era la Francia, sembravano scaturite con urgenza vitale le condizioni per il sovvertimento dell’ordine cosmico.
Sì, c’erano tutti loro coi loro tragici compiti, nei quali si trovarono variamente implicate, e non meno arrabbiate, le cittadine francesi del Terzo e Quarto stato, les femmes.
Gli altri, les philosophes, gli illuministi già passati a miglior vita, antesignani del catastrofico mutamento,  avevano lavorato così bene il terreno per la Rivoluzione giuridica sociale e politica, ma avevano speso pochissimi pensieri e ancor meno inchiostro per la sorte del quinto stato, les femmes.
Invece lei, Marie, alias Olympe De Gouges, nel 1791 – in piena Rivoluzione pubblicò La dichiarazione dei  diritti della donna e della cittadina come prosecuzione della smemorata Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, rimasta muta sulla componente femminile. Ritenuta girondina, Olympe fu ghigliottinata nel 1793.
Com’è noto, i movimenti giovani sono gracili e devono mordere molta polvere prima di divenire passabilmente maturi. Nei momenti di stanca scompaiono dalle superfici e tornano al nutrimento placentare.

Ma noi, ora viventi, che siamo il loro non proprio felice futuro, ancora sentiamo sul collo il fiato pesante del padre despota, sia pure ammorbidito, perché costretto periodicamente ad allentare le maglie del castello.
Eh, sì, la guerra di Troia ritorna di continuo all’ordine del giorno, come brutalmente  siamo appena stati informati. E allora, alt!, maschi alle armi, femmine alla più difficile cura di tutti, e a sostituirli nelle officine, nei campi, negli uffici. Chi pagherà il salatissimo conto, comunque vada? 
Per via della poca luce che lo sguardo riesce a posare sul buio dell’antico, si può credere di captare sporadici sentori di Paleofemminismo. (Ecco mi sono presa questa libertà!) Paleofemminismmo recessivo e cortigiano nelle vicende mitiche dell’arcaismo greco, arrivate a noi tramite l’epopea omerica e il teatro tragico antico. E mi sembra che il cordone ombelicale, tra quello e l'attuale oligarca,  resista.
Ancora adesso che il patriarcato globale è dovuto scendere a patti con frange meno timide di femminismo,  oscilliamo tra lealtà semiconscia per l’usato e volontà di rivolta contro, tra acquiescenza e insofferenza verso l’ambiguità insistente e immanente del potere patriarcale.

Non sappiamo, (io di certo non lo so) come sia avvenuto che il gruppo maschile della parentela arcaica abbia strappato per sé tutto il privilegio concepibile allora, inventato e volto a suo favore la pratica esoterica dell’accumulare, escludere custodire e usare memoria collettiva e  beni, amministrare sacro e profano secondo  criteri, ambiti e false garanzie  con cui le donne furono di sicuro raggirate e presto  immolate alla loro (e ancora nostra)  pochezza, gabellata come  nativa e insormontabile. Così il loro corpo (cioè nostro), solerte macchina umana di produzione di beni e di prole per via della potente e temibile fertilità, segnata da mestrui doglie e puerperi,  è stato violato e costretto a una gestione subordinata. Persino il pensiero femminile – umiliato alla stregua di neghittoso e mendace artifizio - fu sempre inquisito e abitato da altra voce, voce d’uomo o di deità misteriose. Così mi figuro sia stato stabilito lo statuto sacrificale dall’ordine maschile sul femminile.
E allora oggi penso a come sia stato agevole, nel chiuso dei piccoli clan, insinuare confini interni, regole diseguali e castighi, gerarchie di ruoli segreti, fingendoli  emanazioni di un “sotto” o di un “sopra” insondabile, deificato
Di sicuro le femmine parteggiavano, spesso  le une avverse alle altre, secondo la regola divide et impera del pater; ed altre ancora - malgrado i timori – stringere congiura per mandare ad effetto rivolte o delitti risolutori, talora sventati e soppressi nel sangue, “dimenticati.”
Il Paleofemminismo? Si può appena ipotizzarlo come episodica valvola  di sfogo.
Ma  continuo a domandarmi: « Perché  le donne si sono convinte di essere costituzionalmente minori, pur avendo sperimentato resistenza e prove di tante loro capacità? »
Mi rispondo: «Ammesso che ci sia stato un inizio, esso avrà avuto le stigmate della particolarità legata al gioco contestuale dei tempi e delle geografie…  Sappiamo oggi, “esperti ed esperte” di ruoli razziali e di classi, che il potere organizzato organizza a sua volta, servendosi dello stillicidio educativo precoce, della casualità favorevole  e della dissuasione violenta. 
E la dissuasione violenta si accompagna alla pregiudiziale magica, unita a importanti contrappesi di persuasione premiale verso le componenti alleate. L’elemento femminile con l’avanzare dell’età e la scomparsa del mestruo risulta alleabile all’uomo del potere. Il conseguimento di briciole di autorità  in sottordine, da parte di componenti escluse per casta dal potere apicale, diventa realizzazione del massimo grado di ruolo personale possibile: quello di comandare, controllare  e distribuire benefici e castighi in posizione vicaria sopra la servitù e gli immaturi. E a colmare la motivazione può configurarsi la possibilità di influenzare l’apice dell’autorità costituita.» (Non vi pare che tutto ciò accada sotto il nostro naso? Lo sguardo mi cade sullo specchio che il nostro Parlamento ci ha offerto la settimana scorsa !)
Leggendo gli antichi miti desumo briciole di vero: «La valvola di sfogo del dissenso femminile  – certamente parziale e sottoposta al pericolo di delazione – era attivabile, e forse più usata di quanto si racconta, mediante la disubbidienza delittuosa, l’inganno sentimentale, l’orditura complice di vendette e omicidi contro i capi del clan indeboliti. Ma a causa dell'inesperienza e per necessità di forze, si promuoveva la combutta coi maschi cadetti, e quindi ci si rassegnava all’immancabile ritorno del potere personale maschile».

Questa mia parabolica corsa retroattiva (facile!, per la verità) me la consente Omero e i tragici greci. Ripenso alla condizione di Penelope, sotto lo scacco dei pretendenti accaniti sulle sue sostanze. Lei che arzigogola l’inganno della tela e organizza la reggenza  clandestina del maschio Telemaco, inviato a sostenere 
l'esame di maturità e di attitudine al comando da parte di quelli che contavano al momento: di un Saggio e di due re sul trono. Paragoniamola con la situazione di Clitennestra decisa a vendicare l’immolazione fraudolenta di sua figlia Ifigenìa per mano di Agamennone, marito e padre della fanciulla, generale in capo della spedizione verso Troia. E costui, tornato troppo sicuro di sé, pensa a godere il possesso delle sue schiave favorite … L'azione politica non si presenta disunita da relazioni di ordine sessuale ...  Oreste farà strage della famiglia allargata e, unico, sopravvivrà.
Continuo la mia corsa. Di nuovo a Itaca. Ecco Odisseo, reduce di guerra e clandestino in patria. Con quale circospezione si maschera, e solo con grandissima cautela si rivela alla sua stessa moglie! Col figlio promosso all’esame di maturità governativa (nell’incontro segreto con i personaggi di spicco, tra cui Nestore/Atena) e  i servi più fidi ordisce le sequenze  d’avvio al tentativo di riprendersi il potere e sbarazzarsi dei Proci.

«Però - ribadisco fra me - la battaglia delle femmine era pur cominciata. Magari l’arte letteraria l’avrà rielaborata sul profilo del mito e della tensione narrativa, magari avrà enfatizzato la possibilità delle sue  sconfitte, ma quell’arte stessa ci racconta con spirito di verità che la determinazione battagliera delle donne era già germinata».

Però non riesco a gioire del presente o a sperare sul tempo prossimo: molte guerre di Troia sono in corso; e altre, che sembrano finite, continuano oltre la  procurata sordità da Primo Mondo. L’ultimo attacco, con i favori della pandemia, irrompe a scena aperta nel nostro centralissimo proscenio globale … Attivi e insolventi, diversi patriarchi di molto ambigue patrie ripetono antichi e minacciosi detti. Le madri costrette nei caveaux, le donne si ritrovano coriste di  piazza: unisono indistinguibile …Vorrei, credo che vorremmo celebrare quel famoso memoriale festivo che abbiamo pagato e ripagato con ripetute sofferenze e rovine … Memoriale, sì, dobbiamo sottolinearlo. Ma festa, no; non possiamo!