venerdì 12 giugno 2020

Nel buio di Dio - testo inedito di Bianca Mannu



Noticina – Una fiaba triste a memoria di questo triste evento che ne replica altri, inenarrabili.  Com’è possibile credere alla menzogna  secondo la quale, qualora tu venga preso e ucciso dalla legge nella persona  di una pattuglia di poliziotti, la colpa è solo tua e l’esito te lo sei cercato? Conta niente se quasi il 50% di una popolazione mista è considerato fonte di criminalità? E com’è che quella di pelle nera  è formata dai più poveri ammassati nei ghetti?

Nel buio di Dio

O vecchio Dio - chi glauco e canuto
ti dipinse il volto - la tua deità
restrinse in un modello ambiguo
e me – come Nonhomo - rinchiuse
in questa scorza  corvina
a indelebile marchio di ferino
A prova riluce ancora sulla pelle
l’ancestrale obbligo allo stento

Non più celato  –  ma sempre delittuoso –
il pur nero capriccio insiste ostinato
a uscire dalla negazione
per conseguire l’umano nelle sue pendici -
spoglia perduta nell’inganno d’inizio
Mai l’esule schiatta degli Albini –
smemorati e alieni di loro tristi eventi –
tanto ha deriso ed è ferocemente avversa
a così paradossale sogno!

In un giorno come tanti - negligenza
e pandemico squallore segnano
d’un assurdo più assurdo
l’esistenza dei molti bipedi destinati
alle ripetute scazzottate di “no”
disposti dai poteri in repliche
 di controlli e scremature …

Un acquario d’ombre - la città -
Stomaci vuoti febbri solitudini
medicina esosa e tanta morte …
velocemente ratificata …  in prosa
È già stampato nei cervelli omologati
lo stereotipo più comune e fastidioso
inconfondibile per ceto ed etnia:
a sciolti drappelli sciama scazzato
“in bambola” dagli slum delle periferie

Frizza l’aria ferma delle brulle strade
armate di sbirri macchinati
esperti di caccia - celeri a spiccare
dai soggetti più smarriti e offesi
 inconfutabili indizi e “prove”
per possibili incriminazioni

Eccola!Una lava si getta su me inerte 
che un po’ sono strippato – vuote le mani
e molli – ché un po’ paio allupato  …
… una  lava! d’un lento insopportabile –
più nera del mio nero umore
più nera dell’improvviso mio terrore
dietro la coda mozza del mio …carrr… burrr…atorrreee

Spietatamente rauco il risucchio
costretto a conficcarsi nella strozza
 e a spaccare le ghirbe – subito pazze - del corpo …
 Morire – Dio! – Dura a lungo  morire
 perché il cervello non ci crede –
non vuole ubbidire al comando
d’un ginocchio sul collo - e “conosce” …
Conosce? - Dio! Cos’è “conoscere”?

Non passa luce - nessuna nobiltà
scintilla nello sgranare una per una
l’infinita sequela distruttiva
di cellule di sangue e d’organi inquieti
in un corpo repentinamente  ai ceppi
- indocile resiste perché vivo -
mentre vorresti già da morto
esser passato oltre la dogana

Adesso - a forza privato di respiro -
sono al Tuo Buio giunto – arriva a me
dal mondo il mio nerume in suono
come un sole che grida nascendo
nuovo e virulento dalla bruna terra
Piangerei – se potessi – la sventura
di non essere presente di persona

Simile in nulla è l’opulento
Ufficio in terra consacrata
alla mia sporca vita! 
Stava in quest’ultimo esproprio
forse celato dei miei vuoti giorni
il senso - che mi chiama in causa
senza riguardarmi?

E qui - nel tuo Altrove di nulla - sparisce
come di ragione – il me Altro di niente
con l’io Primo che ancora si consuma bianco …
Tutto qui torna uguale all’indicibile
- né hai tu viso mani barba ed età 
     (così la cosa inscatolata sotto il mio nome!)
di cui si possa da questa Buia Soglia
ad alcuno - per vero - raccontare.