- le gambe spesse di vecchia –
striscio sbilenca
dentro quel triangolo di luce
che allora ci appaiava
E siamo là tu ed io
a trafficare con parole irte
sui pavimenti a intagli
colposamente striduli
per le sante geometrie
dei nostri insorditi ego
Siamo là senza stupore
forse sospinti da un vento coercitivo
dentro una faglia dello spazio
verso uno spettro allucinante
del tempo sotterrato …
… Là a circumnavigare nel buio
gli aguzzi speroni
d’un abbordabile abbraccio
che invece sguscia morganatico
in brume di dissensi
e ancora rivela
nelle sciabiche d’onda
gli inganni dello specchio
Perché? Perché - da questo
silenzio d’ulivi ed erbe nere
affogati nella notte senza stelle -
torno
da «novia» a calpestare
con le mie vecchie gambe
quel pavimento sghembo
senza inondarlo di schianto
del deluso e reciproco furore
che numinoso ci disfece
come la fiamma sulla cera?
Chi sa perché torno
e ritorno in un “sempre là”?
Là - dove anche tu saturnio
accendi la tua secca brina
disfacendo la tua assenza
E sempre e ancora là
sotto i miei occhi nuovi
prende a scintillare
il tremulo lucore d’un film
che abbiamo girato insieme
in un falso magico ieri
d’un secolo o due … Chi sa?