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domenica 14 agosto 2022

Flussi icone illusioni - inedita di Bianca Mannu

 Preambolino - Che cos'è? -si chiederà qualcuno già annoiato dopo le prime righe. Ciascuno decida per sé quel che si aspetta, vede o nega. Niente immagini. Intraducibilità iconica, per quel che mi riguarda. Sono il mio sguardo e il mio idioma a pesca in questo nostro "fumo". Questo sarebbe stato il titolo riassuntivo, ma poteva sembrare parola inadeguata.(B. M.)


Flussi icone illusioni  

 

Icona di flussi anonimi  -
il principe della contrada social
abita più mercati –
si vende a like monetizzabili
in siti/bancarelle di materia volatile -
esibisce come fregi
d’etica cutanea i nei
(da noi plurali astutamente camuffati
come insopportabili quando – spontanei –
deformano il liscio nitore
del vagheggiato nostro piglio …)
Li accogliamo  invece come raggi
riflessi dei suoi pregi:
solo così li amiamo su noi 
come emblemi di nobiltà … morale.
                                                                               
La Star del gruppo - in apparente
continuità di flusso e di radianza -
vive il suo ruolo social
in quella lontananza
da cui i devoti si lasciano irraggiare –
vive nel mistico divario
tra intermittenze di comete aliene
e fulvi ardori del suo presunto sprazzo.
E di ciò parendo munifico signore – il muser -
dispensa ai suoi fidenti
come doni cose-non-cose :
cenni - portamenti - entità fumose
in qualità di emissioni semiotiche
d'induzioni pragmatiche
viaggianti - cangianti - effondenti
perciò a rischio costante
d’imprevedibile volatilizzazione:
dipartita mediatica
con trapasso apatico.


(La tragedia e la morte
attraversano in onde corte
solo il privato spazio individuale:
solo lì – anzi qui – tu – influencer - collassi
senza fiamma e tutto solo -
bruciando a luci spente – trapassi). 

Solo lì – anzi qui – tu annerita stella –
senza fiamma tutta sola collassi -
bruciando a luci spente – trapassi.
Ma la rete altre frequenze tesse …
altre – inattese! - allestisce … messe!
E in questo tramutare – di te 
(chi sei mai? – comprato-
venduto- usato come fonte –
trasformato in ponte
per gente senza fronte) - di te
non resta ad indicare un vuoto
né una ninfea né un pallido loto
non la traccia d’una home
con facce divelte
o l’espiantata addome -
assente pure  l’ombra macilenta
d’una vuota cantina spenta.


Ecco – trasfusa tritata e confusa
nella congerie della fisicità
la pretesa traccia di spiritualità -
mentre ritti si sta
sull’apparente morbido crinale
della salute corporale –
ecco l’esperienza evanescente ! 
Di colpo pare perso
l’antico senso sotteso
all’innata propensione alla “supinità”:
come se dormire non avesse
attinenza alcuna col morire
e dunque si fosse destinati
in forma d’indefinibili entità
a un’aerea pellegrina eternità.
Invece siamo densi
( sciocchi e talvolta melensi) -
siamo di quel fango che ha paura
di esaminarsi addosso
e sapere che terra e lacrime
stanno impastati per carne e osso …
Eppure  quando il cielo nostro
sciorina col vento un drappo azzurro
o sballotta un nuvolo buzzurro -
ci pare tale … un precipitar di masso!
E ci pare – provenendo  da Dio –
ultimativo monito di scasso.

 


sabato 8 giugno 2019

Quot dies - poesia edita di Bianca Mannu nella raccolta omonima


QUOT DIES

 
Processione di giorni crocifissi
alla fretta meridiana del pasto
che nulla concede a melopèe
conviviali di drammi abusati.

Tempo contratto sul filo di bava:
crinale che incide e sutura
i due lobi coscritti del giorno.

Giorni somiglianti ad altri giorni
come chiodi ad altri chiodi
alla bocca della stessa chiodaia.

E, inospiti, sgranano …
Dissimile è il rosario dei pensieri
Sorti agli estremi taglienti …
… degli orli.

Una pace cattiva li esala
e li intesse di silenzi petrosi
con l’ansito assiduo degli occhi
inselvati in un “oltre” profano.




 



lunedì 20 maggio 2019

Macchinismo - inedita di Bianca Mannu


Macchinismo
Scrosciano le ferraglie sulle gomme:
una statale appena - sognandosi autostrada -
ferocemente scuoia i suoi budelli …
Avvolge di furia indietro
la sua di piombo lunga
faccia in stato di fusione

Tra rombi e strida
la sua mascella si mantiene ortogonale
ai raggi della stella meridiani
ostentando proterva la squisita insegna
dell’artificio umano

Nessuna affinità con l’innocenza assassina
dell’acqua stravolta e senza sguardo
figlia di terra che strapiomba
in teoremi d’obliato senso

Scroscia e stride indiscussa
l’arroganza piena d’occhi invece
del nostro  familiare manufatto
che ci traveste da dei
pronti al misfatto.
  
Scroscia e stride vellicando
il fondo del diaframma viscerale
sulle nostre paure addormentate
dentro i crani disattivi
blindati in credenze … d’arredo

Sbraita oltre gli orli degli sperefundos [1]
l’arroganza – gasata e tronfia –
del Divus Tecnologicus –
pastore di customer senz’anima
                                  
Suonano ignote  in quei baratri
delle nostre sciagure multiformi sirene
e di cani abbandonati arbitrarie
echeggiano canee
allo scoccare d’ogni solstizio estivo

Svegliarsi – addormentarsi - svegliarsi
ri-addormentarsi e ri-svegliarsi
(orribile  nenia pendolare) nella gola degli urti
tra i fumi dell’attrito e il singhiozzo dei clacson –

tra ermetici silenzi e il pulsare dei fari –
tra le sirene perforanti e l’intervallo infetto
trafitto da voci – quasi pigolii  pungenti
di atterrati moribondi e redivivi  gementi

 L’archiviazione postuma procede segnando
sul conto delle funeste coincidenze
l’ennesimo misfatto - quasi che
un possente vulnus - forse più ineluttabile
della gagliarda perfidia personale -
sia fatalmente inscritto nell’umano come tale

Così ogni figlio di madre bipede –
senza più domande – impara  sul campo
a scassare gli ingranaggi della vita
a spostarli sul gaudioso menù dell’idiozia
e ad archiviare esiti simili perversi
quali prodotti di detta variabile spettrale 
che cade pronta da un cielo sempre verticale

a imprimere  il suo definitivo  ruggito
a calcoli … già perfetti! – … A meno che Allah -
o chi ne ostenti la procura -  
se ne attribuisca cura e “merito”!




[1]Dal Sardo  = precipizio, dirupo. (N.d.A.) 

Notarella -Non ho l’abitudine né la presunzione di commentare in versi la cronaca del giorno. Ma come ogni poeta/scrittore o, se preferite, battitore libero (Quanto mai suddita d’un genere, la lingua!), battitore libero di testi, tasti ed erbe di brughiera, esposta (bando alla concordanza!) al cipiglio  di scettrati e coronati, degna del segno meno  - con cui si decorano “les femmes” d’ogni  classe – sono porosa a quanto vortica d’intorno, specialmente agli effetti di certi meccanismi.
Oggi apprendendo svolgimento ed esito, debitamente filmati e postati sui social, della folle corsa di due ultratrentenni Peter Pan, sono tornata a questo mio testo, il cui senso mi auguro venga colto nella sua allusiva esorbitanza dal gesto richiamato. (BM)

domenica 21 aprile 2019

Mitica Resistenza - inedita di Bianca Mannu

Mitica R.  

Da bambina la conobbi in foto
che sorrideva – mitica –
a una primavera in grigio

Di lei – si diceva – s’erano innamorati
come di una bella Circe
sciami di giovani che chiusero la guerra

Alquanti perciò dormivano
eterni ragazzi
sotto alle croci nella terra

Di lei si malignò per lungo tempo
come di una bella indocile
che a tanti disse no

Ora si curva il mio canuto capo
sull’impietrito onore
ma non trova asilo
nel più antico rancore.

A me era dato un tempo
che aveva il fiato corto
della fatica giornaliera
dell’andare avanti

calciando sassi contundenti 
avvolti negli stracci logori
d’una assonnata compassione
che procedeva torpida
ed anche un po’ puttana
pronta al baratto
di pezzi d’anima e lumi di cervello

Sessant’anni di niente
per andare a cavallo d’una pertica
dal niente al nulla
come se avessi da sempre
 vissuto dormendo
tra gli stracci della culla



Nota - Perché mitica? Perché ero piccola ed ero sarda: un lichene su una costa d'arenaria. Mitica malgrado i libri di storia, mitica per via delle riduzioni, mitica per il suo cuore ideale ed etico-politico testimoniato dal tributo di sacrifici e di sangue, mitica per le immancabili aderenze con la sporca guerra alla quale fascismo e nazismo costrinsero i popoli. Mitica perché di nuovo i negazionisti sembrano avere il fiato degli addormentati sul cuscino deì leaderismi più sbracati, mitica perché "il prima noi" fa paio col "prima io" a giustificazione razionale (falsa razionalità!) ed etica perversa delle abissali differenze sociali, e si unisce a spregio della salvaguardia del pianeta. Mitica perché il sogno di Olimpia viene frequentemente tradito negli stadi. Mitica perché lo spirito gregario e semplicistico attraversa molti gangli istituzionali e la così detta "opinione pubblica" sembra avere sussurri di fronda e grondare fede mitologica in chi urla :io voglio, io faccio, io per tutti. E ogni riferimento a 360° non è casuale. (b.m) 
Nota II, riferibile a quest'autunno postelettorale del 2022 e dopo aver dovuto sopportare lo sconcertante e perfino buffonesco teatrino messo su da una nutrita parte dei politici nazionali. Come infinite altre volte, ho assistito alla commedia degli inganni, in cui parole e gesti  risultano merci di scambio per la messa in scena successiva. Cari comunicatori e non onesti chiosatori, inamidati Commessi istituzionali, siete l'immagine speculare d'un popolo confuso e incolto, al quale continuate a dare "circenses" al posto dell'essenziale. Ma nemmeno un popolo ingannato può considerarsi e dirsi innocente. (b. m.)     
  

lunedì 3 settembre 2018

Sarà l’alba … inedita di Bianca Mannu



Voglio sparare alla mia paura
colpirla al centro con l’acquisto …

Una Magnum adesso – pesante !-
corazza la pelle della mia paura

Il suo grugno vellica duro
il midollo del mio tremore
indicando l’impavida decisione dell’ impugnatura
che mi chiama allo specchio
perché io vi guardi – solido –
l’effigie stessa delle mia risolutezza
eretta a cippo della regola forte
del ferro e del paterno totem

Ora Lei sul comodino veglia 
- risolutamente tetragona e ferrigna –
l’arrivo e la durata (garantiti con l’acquisto)
del Mio Sonno regale

Intanto il mio me - incazzato fifone residuale –
allarga nottetempo  agli orecchi i padiglioni
fino a spiccare i bisbigli di finti tarli traditori
e certi passi felpati da bandito
sul prato connivente …

Forse il mio presunto amico Fido
si lascia subornare dalla polpetta
ammiccante da mano ignota
simile a quella che gli ho negato un giorno intero
per tenerlo vigile e pronto al latrato d’allarme
che squasserà il sonno Rem dei vicini
per scaraventarli brancicanti
verso la presa delle loro piccole Berette

Certamente la faccia nera d’un affamato ingordo
(sempre troppo nera o tinta d’empietà fosforescente)
ha ali enormi e un ventre immenso
nelle notti Rem - scure là fuori e fredde!-
dei regolari utenti dell’abbraccio di Morfeo

- Chi osa irrompere nella tardo-imperiale sonnolenza
 dei Giusti Cisalpini, Cispadani o figli di Partenos?

E ora qui - nell’immancabile cilecca
del quesito sospeso e senza ribattuta –
son mani destre, son le sinistre ad artigliare oggetti
che spennino la notte addormentata
perché sussulti e gridi
in uno scoppiettio  da film del Far West
sopra le sfumature di nero e i toni incerti
dei tratti dei periferici globali
sui cadaveri muti
e  sulle coscienze allucinate  

Sarà l’alba a dover guardare stordita
le tracce ingombranti delle sbornie
a sopportare il raccapriccio
che la lebbra eruttata dal sottosuolo
sulla pelle dell’anima  
strappa
alle sferzate della luce


Nota - Non abbiamo bisogno di armi per la difesa personale, non abbiamo bisogno di trasformare i nostri quartieri in trincee.   
  





lunedì 12 marzo 2018

Che specie d'amore - poesia edita in IL SILENZIO SCOLORA di Bianca Mannu



Insistendo sul tema DONNA - UOMA , uno sguardo al nodo, ritenuto perno della femminilità, in forma di interrogativo


CHE SPECIE D'AMORE ?

Sono un amore provvisorio?
Un amore da riempirci
i vuoti tempi dell’indugio –
un amore da sotterfugio?
Sono un amore clandestino –
un amore meschino 
un amore che non cresce
un amore che non riesce
a spiccare il volo
sono un amore da dopo lavoro ?
Sono un amore che non splende
uno che l’impazienza non accende?
Sono un amore che non scotta 
uno di quelli per cui non si lotta –
un amore limitato e stanziale
senza le ruote e senza le ali?
Sono un amore che non invischia –
uno di quelli per cui non si rischia ?
Dunque amore che non nuoce
che in capitolo non ha voce?
Sono un amore da gesuita –
un amore senza fatica
Ecco! Un amore razionale?
Un amore sono … serale !
Da consumarsi in tempi di noia –
un amore in salamoia!

Sono un amore senza parole 
senza sollazzi né capriole
Un amore non firmato
Un amore approssimato
Un amore da strade deserte 
Un amore a carte coperte
Sono un amore ad ore fisse
senza fervore e senza promesse
Sono un amore senza storia –
senza speranza e senza memoria
Sono amore provvisorio
che designi per ciò che non ha –
nessun nome – nessun futuro –
valore alcuno – per ora e qua.

Nota - Recentemente ho postato questa composizione in www.larecherche.it. corredandola poi con una nota di delucidazioni sui miei intenti, in dialogo con due commentatori nonché scrittori, che ringrazio di cuore: Alberto Becca e Klara Rubino. Mi sarebbe piaciuto riportare i due commenti,ma non sono autorizzata a farlo.
Riporto quella nota.
Una composizione del 2003 pubblicata nel 2004 e poi inserita in Il silenzio scolora del 2014. Uno sguardo, forse piuttosto un resoconto sintetico, necessitato dalla ineludibile scoperta di contare su un senso di sé contratto, sminuito. Condizione difficilmente sovrapponibile alla condizione di vittima del così detto femminicidio e degli altri abusi, su cui invece scorrono tuttora fiumi di pseudo versi commoventi, come se il problema risiedesse solo nelle sue più drammatiche apparenze.

Non amo attaccarmi alla cronaca, benché sappia che anch’essa mi concerne, ma ho elaborato antenne per avvertire, tra le maglie apparentemente anodine del quotidiano, personale e non, ciò che continua a sancire lo stato di subordinazione del femminile al maschile, non solo come status esterno ma come rocciosa interiorità speculare all’altro, sebbene non reciproca. Il profondo maschile continua a concepirsi superiore e mantiene la percezione di inferiorità del femminile; nella psicologia femminile il maschile resta sopravvalutato anche come forza deteriore, mentre il femminile permane sottovalutato, anche quando si perviene a una consapevolezza realistica del sé o quando, per sussulti di rivalsa, si perviene a un’auto-sopravvalutazione surrettizia... Il senso di impotenza o di potenza perversa, dunque di pericolo costante, elaborato fra baluardi visibili e invisibili del sociale e del culturale, permane come marchio ambiguo del femminile. Scoprire nel sentimento amoroso, o che viene spartito come tale, il varco psicologico costruito nei precordi, perciò totalizzante, mediante cui ci viene inoculata la minorità come genus, da analizzare e discutere, è stato per me un passo liberatorio, sia pure parziale. (Fine nota)
Aggiungo e cito dalla prefazioni rispettivamente di Maria Rosa Giannalia e di Carlo Onnis: 
"Il canto poetico qui infatti si dipana, non sommesso né dolce, ma impetuoso e coinvolgente nei toni fragorosi con i quali l'espressione del dolore s'innalza e sommerge il testo"
"Il suo affilato linguaggio giunge persino a sfiorare il sarcasmo pur di abolire il peso negativo... " 
Entrambi (e riassumo) ravvisano l'approdo a una marca stilistica che lancia il personale in una dimensione umana complessa e  distante da codici corrivi. E di questa LETTURA sono felicissima. (B. M.) 

domenica 25 giugno 2017

TRENO - inedita di Bianca Mannu

Treno.- Del pendolare, come sottotitolo.
Metafora di realtà che corrono, non solo su binari sbagliati, ma sulle nostre quotidiane contrade, e che, stolidamente, troppo presto rimuoviamo e mettiamo sul conto di quelli che non sono da reputarsi rilevanti, a differenza delle folle di celebratori di bellezze, già marmoree.  
Metafora fastidiosa che si ha fastidio a registrare come "poetica", è ovvio.
Ma che poeti sono quelli  che "sospirano" in "poetese" alla luna?
Credono di essere parenti del grande Recanatese, ma non sono minimamente comparabili al "pastore errante" che s'interroga sul senso dell'umana esistenza e persino su quello della cultura e della  storia.
Qui io pubblico per chi ha voglia di dare un'occhiata, senza mio profitto e con buona pace di editori
con la sciocca "puzzetta sotto il naso". - B.M.



Sfila uscendo dalla notte la cornuta ferrovia
Allunga del sole nuovo i riverberi fiammanti
e di suoi veli gloriosi avvolge un metallico pene
scagliato a trapassare spazi – a frazionare tempi.

Tu vecchio agricoltore – già sul campo
a sorvegliare la salute delle piante –
ne avverti lontana  la furia scalpitante
che d’un subito irrompe di persona
a mitragliare l’aria - a tentare la saldezza 
con cui ogni ulivo fa nodo con la terra.

Appassionato di rigogli e vitali grovigli
che connettono il cielo con la terra
neppure disdegni la foga
e l’agile scioltezza dell’umano: sei
intimo alla terra – a transumanze aduso.

Rulla mitraglia e scrolla il rettile d’acciai
rotando  su rotaie a sprizzare scintille
e tormentare gli smorti cespugli delle prode 
Corre all’indietro un mondo di cieli afosi
sugli ulivi canuti -sulle radure arse -  sui letti di pietraie
dove grida la sete inestinguibile dei giunchi.

 Retrocede la strada ferrata dilagando
in subitaneo silenzio la sua finta stoltezza.
E un qualcosa -  un residuo – un irreale oggetto
collassa -  punto nero di matita – e svanisce 
muto – come abraso da silenziose dita.

Ma tu flaneur – poeta del tempo evanescente –

tu ne scavalchi il tiro e sei davanti ad esso 
a impattarne di nuovo la misura
ad avvertirne l’avventarsi rabbioso
a immaginare il dipanarsi del moto
su  tondi piedi d’acciaio: ta ta ta tam!
ta ta ta tam!-tatam-tatam-tatam!

Salta sopra il tuo occhio etereo
ed esibisce per te il proprio  armato
ventre – impunemente! – e ti suona
un vibrato assillante: ta-tatà- tatam
ta-tatà-tatam tatam tatam tatam!
Iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!

Non c’è luogo nel tuo estro zelante
capace a contenere – a intercettare
il verticale intento della  corsa
a mancare l’abbraccio fisico letale
 l’obbligato squasso – il collass … sssss! 
Silenzio dall’abisso sparso al sole!





Taci! Taci! Taciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Ancora non tuo il dovere di elaborare
rabbia strazio e consolante pianto
né con scelte parole tessere corone
o stendere inopportuno manto.
 
Continua a vedere in apparente vita
quella corsa spararsi sulla piana
dimenando il carico di umani  scodellati
sopra le panche lucide per l’uso -
gli sguardi trasognati sui segmenti cavi
dei montanti – quasi favi – ripostigli -
giacigli neutri di pensieri erranti …

Dillo innocente il rettile rischioso
che corrisponde al mandato  di  investire -
 in altro tempo-oggetto -  questo di pendolari
tempo diseguale e fratto- costretto a rannicchiarsi
 per pudore di possibili sue pieghe sensuali
 sotto palpebre cadenti
o a posarsi come apatico ente sui poligoni
pulsanti dei cellulari …

Trattieni  o poeta sulla tua retina sognante
l’ombra di miti corpi abbandonati
al basculaggio delle notti brevi 
e dei giorni  antelucani
irti di dissonanti richiami
e di molesti gravami  -
eppure sugo dolce di vita …

E il mare ?– Di fuori - a oriente?
È poco più di un niente di seta
che tradisce appena il blu.