sabato 28 ottobre 2023

Verbi e di-verbi: Lettera al guerriero - di Bianca Mannu in Sulla go...

Verbi e di-verbi: Lettera al guerriero - di Bianca Mannu in Sulla go...:   Un desiderio d’alba nuova congelato nell’intima sutura del corpo con la mente sanguinando vive in quest’adesso di polvere - di sab...

Lettera al guerriero - di Bianca Mannu in Sulla gobba del tempo (antologia di 4 Autori -2017)

 


Un desiderio d’alba nuova

congelato nell’intima sutura

del corpo con la mente

sanguinando vive

in quest’adesso di polvere - di sabbia -

di voci abbaianti e grinte ottuse -

di cieli infranti precipitare orrendamente

su ogni palpito di vita

 

L’ora e il suo futuro - diamante nero -

ritorna simile al passato

come se quel suo orrore

non potesse trovare sepoltura

ma coprisse maledicendo

dal suo marcio sudario

ogni fraternità possibile

Tempo presente: luogo dell’assurdo

 

Si sopravvive - quando si sopravvive -

come in un cattivo sogno -

quasi che le ragioni postume

di coloro che non poterono mostrarle

si fossero animate nei viventi

come sete d’ inestinguibile vendetta

contro chi forse

altre colpe coltivava

contro chi non traeva dalle ecatombi

giovamento

 

Un’ingiustizia enorme pretende acquetarsi

in omologa ingiustizia

Per questa via il tempo della vita

- d'ogni vita - 

rimane incatenato all’angoscia del possibile:

coltivi la paura e la stordisci

danzando il sabba della morte

 

Quando il silenzio tornerà nella canna

del tuo mostruoso carro

o dentro la fusoliera del tuo moderno bombardiere -

quando il silenzio salirà dai cimiteri -

sarà ancora la voce flebile del vento

a farti tremare di paura

o guerriero d’una cattiva patria.

 

 Nota - Qualche gruppo ha tentato di usare la posizione antimusulmana di Oriana Fallaci come vessillo pro Israele nella guerra di ritorsione anti Palestina/Hamas  in corso. Errore.   Ogni Autore scrive più e meglio di quanto la sua emozione e posizione momentanea consentano. Israele assomiglia molto, oggi, a una repubblica confessionale con evidenti venature suprematiste. Le Volontarie e i Volontari pro Palestinesi poveri (impoveriti e defraudati) assomigliano molto alle dame di carità inglesi verso operai e operaie durante la seconda fase di industrializzazione, cioè una facciata salva cattive coscienze.

Mi documento sul sito “Open Edition”- Journals sulla posizione della Fallaci nel suo libro

Trascrivo il seguente passo   

"Nonostante il carattere persistente e duraturo del mito del guerriero, Fallaci lo scompone con l’arma del logos ovvero dell’argomentazione razionale e logica. È un compito attribuito in maniera corale, oltre che all’autrice stessa (narratore) e all’intelletto in generale (figura del Professore, emblema dello studioso). Inoltre, hanno voce in capitolo alcuni importanti rappresentanti dell’esercito stesso nonché, cosa interessante, gli individui marginalizzati e periferici sia nella struttura romanzesca sia quella sociale (soldato omosessuale e soldati semplici). La decostruzione del mito del guerriero si effettua per mezzo di alcune strategie quali la critica della guerra contrastata dall’elogio della vita, la contestazione della professione di soldato e la messa in ridicolo del culto del fallo, strategie che ora si cercherà di analizzare." 

La "cattiva patria" è la mitologia che anima le "ideologie patriottiche" di tutti i quadranti del pianeta. (bm)

 

martedì 10 ottobre 2023

ARSA in Dove trasvola il falco Ed.Thoth - Bianca Mannu

 Arsa



Arsa e  muta pencola

fuori dal tempo

una larva di storia

tra schegge  e scorie

                                        incompatibili

 

                                Come un fuori  la guardo

                            devastarmi dentro

                            col calcagno di fuoco

                        premuto

                         sulla  mia leggerezza


   
          



  

lunedì 2 ottobre 2023

Vertigine - graffito in Quot dies - Bianca Mannu

 VERTIGINE

 

Ritagliava uno spazio

d’orrore euclideo

sotto i passi …

Come un pane,

azzimo e raffermo,

il colle, camuffato

nella precarietà perenne

dei nuovi abituri,

di colpo mostrava

- sfacciatamente glauca -

la mollica a perpendicolo

su un fondo d’acqua

ruvida di sassi

verdemente lanuginosi

d’umida vecchiezza.

In quell’iride cieca

precipitava per l’aperto ciglio

un’angusta misura d’assoluto:

obliqua aleggiò l’ombra

d’un possibile volo …

- Un balzo, poi … più niente.

E la madre, grande,

si stagliò nera sull’orlo

e follemente giocò

con la vertigine bianca

della bimba senza gridi.

lunedì 25 settembre 2023

Verbi e di-verbi: Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bian...

Verbi e di-verbi: Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bian...:     CATTIVA INFINITA’   E allora sì, cattiva infinità di sbattimenti d’imposte, fracasso di stoviglie in acquai su sciacquio inegual...

Cattiva infinità - graffito in versi liberi - Bianca Mannu



  CATTIVA INFINITA’

 E allora sì,

cattiva infinità di

sbattimenti d’imposte,

fracasso di stoviglie in acquai

su sciacquio ineguale

d’acqua fuggente

che scioglie – raccoglie,

nel risucchio d’un gorgo,

vane, taciute voglie;

rombi – sibili d’automi

domesticamente selvaggi,

brontolii di casseruole

con scoppiettii di fiamma,

gorgogli di solite pentole,

rumori di cocci incrostati,

strofinii di rudi posate

su fondi ingobbiti di teglie,

scampanellate irritanti,

squilli pungenti,

sibilanti messaggi,

stridenti passaggi

dai toni sommessi

agli scoppi di voce

in frastuono d’odori

tra gelidi umori,

immediati rossori,

subitanei pallori,

vergogne fissate

nel cibo sul piatto

e, con esso, ingoiate.

 


sabato 2 settembre 2023

Il signor Vannacci - Bianca Mannu

 Di lui molti, come me, non sapevano l’esistenza, tampoco erano informati della sua condizione di alto graduato delle Forze Armate Italiane. Adesso sanno e so.

 Egli, per via di una forte pulsione comunicativa e plausibilmente regolativa del disordine imperante, ha dato alle stampe un libro con cui ha voluto annunciare la sua  “nuova” Weltanschauung.

Sono stata costretta, persino io che non esisto sotto spoglie pensanti, a sorbirmi la noiosa ridda delle reazioni e interpretazioni al neon dei mass media, Costituzione italiana alla mano, ora rivisitata con le lenti della sinistra, ora ripassata per gli astigmatismi imbarazzati della destra. Per colmo di bizzarria, la destra del Ministro Crosetto, presa alla sprovvista, ha minacciato la degradazione dell’alto militare, mentre la destra di Salvini gli ha  offerto il meglio: la  candidatura alle europee.

Il Presidente della Repubblica gli ha lanciato di striscio un fervorino dissuasivo, ma pacifico e paterno.

Non mi soffermo sulle dichiarazioni soft dei professori di diritto, di alcuni magistrati in pensione, né sui reportage di certi giornalisti entusiasti del successo del libro al botteghino. Manco avesse riscritto La teoria delle monadi, per ricordare  agli umani del ventunesimo secolo che “il possibile” è per loro del tutto fuori portata.

Egli si volta semplicemente indietro e prende a sistemare la pericolante situazione delle cose capovolte secondo la ratio del mondo d’una volta, dove l'evidenza perpetuata e  nobilitata dalla tradizione indicava il “noi”, dotato d'infule sacre, idonei a delimitare tempo e spazio a tutti gli “altri”.

A questo punto dell’infinita diatriba mediatica suscitata dal libro di Vannacci, mi sento tirata per i capelli a dire ciò che segue, forte della mia debolezza in titoli e stellette, ma d’anni ricca e di quelle esperienze che segnano la discrepanza tra la pietraia dogmatica gradita a “lor signori” e il mio alieno dovervi tirare i passi evitando possibilmente di soccombervi.   Sfugge al sig. Vannacci la conclamata evidenza che neppure il mondo minerale permane in assoluta staticità, come ben sappiamo.

Il fatto è che il delirio del potere alimenta il volere di imbragare corpo e mente a tutti coloro che il potere non l’hanno. Come?

Con l’impoverimento, la colpevolizzazione, la paura servile: «Sei disoccupata, sei occupata e povera? Mica vero! Intanto mangi meglio dei ricchi, perché hai la furbizia di “vendemmiare” gli orti di straforo e  i bidoni dei mercati,  campi troppo a lungo e perciò costi, sei molle, pigra, manchi d’inventiva e di spirito di adattamento, sei un peso sociale. Vuoi vivere a spese dell’erario, eh?» (Ho usato il femminile perché non esclude)

E si fomenta il senso di disprezzo per i gruppi  di cittadini bisognosi di sostegno, come se l’erario (il monte del gettito e le risorse di stato) sia il miracoloso frutto del capitale esosamente accumulato dai magnati (in buona parte stipato nei caveaux dei paradisi fiscali) e non il frutto del lavoro umano estratto in forma di profitto, di mancate garanzie, gravato di tasse sul salario e sui consumi, per servizi sociali non erogati. (Cito Caivano per mille e mille altri inferni).  

Il gap sociale isola i periferici nativi e si combina, complicandosi, con quello razziale così da scatenare guerre tra poveri, foriere della depressione sociale, della subalternità culturale e dell’annientamento sistematico dei soccombenti designati.

Vecchia storia, ma sempre pericolosamente attuali i suoi lieviti. In Germania uno dei lieviti fu un libello intitolato Mein Kampf di Adolf Hitler, che indicò  la minoranza ebraica responsabile della sconfitta della Prima Guerra Mondiale e del conseguente disastro economico; poi con la stessa logica furono perseguite sia le altre minoranze etniche che quelle politiche e religiose.

Anche noi italiani, in scarpe di cartone e vecchi moschetti ad armacollo, antesignani dei Nazi, abbiamo a suo tempo biecamente e stupidamente assunto atteggiamenti primatisti e orrendamente persecutori verso le popolazioni delle colonie e, in patria, contro i dissidenti politici e altre minoranze.

Proprio non abbiamo bisogno di un MEIN KAMPF, né vecchio né nuovo in formato sedici.

Dopo quella carneficina senza valori e senza onore quale fu la II Guerra Mondiale nessuno, nessun umano gallonato o meno, dovrebbe avere l’ardire  di sostenere il proprio diritto ad aggiungere nefandezze a quelle già giudicate dalla storia, né spacciare come diritto di libera espressione il denegato primatismo socioculturale sotto l’ombrello della Costituzione democratica e repubblicana d’Italia

Nessuno ha più il diritto e l’occhio bronzeo per permettersi di stilare la nota dei belli, dei buoni, dei bravi, dei comme il faut , dei sempre salvati, di “noi” contro “loro” spinti sulla strada della degradazione.

Non è sufficiente darsi il titolo di Solone per diventare credibile. 

Bisogna studiarlo davvero il pensiero filosofico nel suo emergere, nel suo articolarsi politico, nel suo complicarsi con le istanze di classe, nel suo variare,  rettificarsi e persino autoconfutarsi, prima di proporsi a testimone impossibile di una irragione  artatamente costruita.  

Giordano Bruno, panteista assoluto fino ad attingere il più puro confine materialista (come Benedetto Spinoza), fu sostenitore della, allora “pericolosa”, concezione copernicana, come fu elaboratore di altre straordinarie intuizioni. Egli, come Galileo, era in anticipo sul tempo persistente degli indiscutibili dogmi e ha pagato sul rogo il diritto di discutere il Sapere del Potere di  allora.  Avere la tempra umana e filosofica di un Bruno!

Dunque mi chiedo e chiedo a chiunque: è libero il Nostro Generale di aprire una campagna ideologica a favore del discrimine sociale, dell’odio primatista omofobo e del ripristino dell’ordinamento familistico patriarcale.

Rispondo no; né lui, né altri da posizioni di potere.

Come privato cittadino, forse sì, ma con un po’di grano salis, se possibile. Del resto l'arringa da rasoterra fa meno spettacolo.

Comunque fare campagna ideologica sulla base di un sentire personale rivolto a dileggio delle persone del mondo civile prossimo o lontano, è detestabile. Oltre che sbagliato, è privo di senso perché ridicolo.

E allora, se proprio senti di odiare, odia il furto, odia l’imbroglio, odia l’inganno e il tradimento, odia l’omicidio, odia la dissimulazione, odia la stupidità interessata, odia la superficialità, odia la furbizia malevola, odia l’indifferenza. Odia l’atto spregevole, ma salva le persone senza rango, specialmente le donne, perché possono  concepire le vie migliori in direzione di un mondo più giusto, più disposto al rispetto e alla pacifica convivenza fra preziose diversità non imposte

mercoledì 29 marzo 2023

 

martedì 26 luglio 2022

Vibrazioni - versi inediti di Bianca Mannu



Vibra di cromo il giallo euclideo

indosso alle scarpate vergini.

Severe fioriture – albini grumi –

vestono gli ulivi di canizie

che il vento – pettinando - depone

sulle zolle già rasate e smosse

dentro recinti riassestati

a scongiuro di fiammifere intenzioni.

Verzicando in silenzio

spiattellano alla precocità

della calura i loro pampini dentati

le vigne in parata sulle zolle -

d’ogni altro stelo ossessivamente ripulite - 

aleggiano come ombrelli

i loro palmi tra le spire

dei cirri e su corimbi neonati

che già cullano umorali eventi.

Immensi e sonoramente atavici

sfilano nel vespro i greggi:

smagrite perché di vello

hanno i pastori denudato le bestie -

lunghi musi penitenti

nel saio assottigliato

color dell’acqua sporca.

Dimessa veste conviene

forse a questa stasi: covato

“en plaine air” il tramenio della fatica

si spinge l’occhio esoso al frutto

che un poco sguscia dall’ambigua

digitalità di Crono e molto oscilla

 sulla stadera indecifrabile di Ade.  

Noticina o piccola premessa di ordine personale - Data la mia età o, forse, la mia noia verso un presente che non si decide a passare per incontrarsi faccia a faccia con una più consapevole logica, ho diradato la mia navigazione in fb e persino la mia attività in questo blog. Però penso e scrivo ancora testardamente. Il luogo dove attualmente risiedo s'impone alla mia riflessione emotiva; questa, incurante della poeticità generalmente praticata, si fa strada verso una parola che vorrebbe essere qualcosa di più elaborato rispetto, sia al pianto nostalgico per un eden perduto, quanto un dire cauto verso il sorriso di chi si esalta compiacendosi di dar voce al bello assoluto. Altresì rivendico la distanza  da  una nota spese o da un promemoria per gli acquisti: cerco di ricuperare la carica simbolica della mitologia per alludere al nostro dramma attuale.  (BM)

giovedì 23 marzo 2023

Da Bianca Mannu per “D’oro e di cemento”- romanzo di Maria Rosa Giannalia


 

 

Da Bianca Mannu per “D’oro e di cemento”- romanzo di Maria Rosa Giannalia

D’oro e di cemento: titolo icastico e bellissimo perché sintesi granitica del romanzo di Maria Rosa Giannalia , nel suo riferimento veritiero alla vicenda storica e sociale che ha interessato la Sicilia occidentale nella seconda metà del Novecento. Anche solo per questo, il romanzo si staglia come opera di realismo letterario, senza farsi cronaca o indulgere alla coreografia poliziesca, invalsa in opere di genere.

Il tessuto narrativo si snoda coniugando l’uso perfetto dell’italiano con il sottofondo melodico e iterativo del siciliano, anche al netto dei richiami dialettali che connotano specificatamente, prima  gli anni immaturi,  poi i momenti psicologici e le temperie umorali giovanili, e, dopo ancora, i discorsi interiori e l’interlocuzione, viepiù distante e critica, del protagonista narratore con il suo mentore (il “parrino” Michele) e infine quella con il giudice istruttore (presenza assente, come un Dio senza deità).

Lo stile narrativo, davvero particolare e significativo, si fa mondo e risuona  come una musica che si articoli su tonalità diverse  e variazioni a strappi, ottenuti dall’emersione brusca di motti e proverbi dialettali, punti sintomatici del granitico legame etico culturale limitato e denso di ambiguità , cui  Mimmino è costretto ad appoggiarsi  non avendo potuto beneficiare di modelli culturali di confronto prima e fuori dal suo precoce ingaggio nel mestiere.  Su quel magro sostrato   va  a stagliarsi il conflitto interiore del protagonista alle prese con le istanze educative primigenie credule e gli effetti  ambivalenti, tra fascinazione e coercizione, del mondo fisicamente incombente, reale e ambiguo.

Un altro elemento strutturale e di notevole efficacia realistica è la considerevole competenza e disinvoltura con cui l’Autrice entra e ci conduce nel cerchio professionale  di Michele e del giovanissimo Mimmino. Forte di questa conoscenza (quasi diretta), Giannalia rende linguisticamente palpabile (senza mai indurre alla noia) la ratio edile dentro la vita del protagonista, raccontando come  ne diriga i sogni, ne motivi le fatiche, ne giustifichi le scelte “amicali” e i cogenti legami d’interesse e fedeltà al gruppo e ai capi, insieme con l’accoglimento  dei rischi immediati e possibili, peraltro pensati come controllabili ad libitum, per via della divisione dei compiti operativi nell’ambito della cosca stessa, come l’Autrice sottolinea.

  In effetti è  proprio la forma mentis acquisita tramite la pratica edile  e il caotico portato culturale di riferimento (ostaggio di parecchie confusioni concettuali, come quella  tra timidità caratteriale di una persona e la presunta mitezza/bontà, ritenuta  inossidabile perché costitutiva) a suscitare in Mimmino il progetto allettante -  da prospettare all’uomo d’onore di una cosca esistente, ma ancora di poco respiro -  circa la possibile trasformazione degli agrumeti in aree edificabili, con esiti molto remunerativi nei convincenti precalcoli.       

In effetti il romanzo,  condotto in punta di una ben calibrata prosa narrativa, è il percorso di educazione e autoeducazione di Mimmino. Entità umana nell’albore della vita, si presenta segnato dal sentimento d’ingenua identificazione con l’alter ego Michele, il buono . Ecco Mimmino, adolescente operaio dipendente e povero, affidato a se stesso,  ricco di desideri, sogni, e afflitto da piccole scaramucce interiori; lo ritroviamo quasi maturo, sguarnito di veri fondamenti umani, preso nei tentativi ben poco fruttuosi di corrispondere a  una ideale consistenza fondata sulla bravura professionale; eccolo ancora librarsi,  nel segno della promozione del sé e dell’ego, per proporsi a un mondo ristretto di figure dalle referenze ambigue, mettendo in gioco la sua professionalità, ma sopra tutto la sua aperta compatibilità morale verso l’avidità altrui, peraltro paludata d’affabilità e d’intenzioni coperte, di cui già aveva indiretta esperienza; infine  eccolo disfarsi di ogni autocontrollo volitivo e  propendere per la facile accettazione della via breve delle collusioni e delle prevaricazioni, verso la scalata economica e il successo sociale …

 Come cieco e sordo, precipita nella polvere della caduta, nella irrefutabile condizione del proprio fallimento umano  e della contestuale carcerazione … Il carcere, sola casella sanzionatrice del suo crollo. Guardarsi denudato di colpo, non solo imputato, ma proprio amputato dell’aureola dell’onorabilità umana e dell’amabilità familiare, per l’eternità della vita  e della già iniziata nuova generazione.

Infine il maturo Mimmino si avverte privo anche del minimo desiderio di adire a una sorta di ricupero sociale mediante la dissociazione e la delazione. Il ricorso a tale pratica tribunalizia significherebbe potersi tirar fuori a buon mercato dalle responsabilità assunte con le proprie scelte e assicurarsi una sorta di sussistenza oscurata e protetta a carico della comunità sociale indistinta. Ora la sua maturazione fulminea si commisura con l’impraticabilità personale di una tale opzione: i fatti non si possono né disfare né bypassare. I fatti sono le tessere episodiche e parziali di un sistema di relazioni irriducibile alla partizione degli umani in schiera dei buoni e in quella dei cattivi, oppure nella distinzione tra chi ce l’ha fatta senza incidenti di percorso e appare a sé e a tutti come “a posto”, e chi  – fallito per colpa orrenda e per hybris – non potrà mai guardarsi allo specchio o negli occhi del proprio figlio, né tollerare una specie di morte civile a stipendio garantito.   

Qui l’Autrice, nei panni interiori di Mimmino, dimostra una sottigliezza concettuale e argomentativa, che sembra lambire il margine delle teorie eticopolitiche volte alla ricerca teorica e pratica delle palingenesi umane sistemiche … L’apocalisse o la rinascita – pensa Mimmino - o è per tutti  o non è, poiché le “verità” parziali sono farsa, accomodamenti vani, incapaci di sradicare i mali sociali e di bonificare profondamente le coscienze individuali; meno che mai quelle che sono rimaste consapevolmente invischiate per ignoranza, avidità e senso di prepotenza, in segrete pratiche di potere e torti umani insuperabili .

 

domenica 26 febbraio 2023

CANTILENA DEL COSMO PIO - versi inediti di Bianca Mannu

 

     



1

In poche case con fiori nei cortili 

un pugno d’abitanti dai gesti gentili 

stanno stretti in silenzio robusto

praticato e offerto in olocausto                                              

all’alterna voracità dei tagliaerba.

Se oggi canta il tuo – il mio starà in riserva

domani il mio canterà il canto della cerva:

brani classici.

2

Le “domus” lievitando sui bassi atavici

o dal suolo issandosi come cespi strabici 

flirtano coi cirri dagli occhi dell’altana  

e all’ospite stupito fanno moine con le verande

dove insuperbita ristagna l’aria rusticana.

3

Ciascuna casa ha la sua castellana

che spazza e sciorina le lenzuola:     

un poco oscilla tra l’essere La Fata

e ben figurare nel ruolo di Befana.

Stessa lei che cura le rose dell’aiola

e per profitto - mai per minimo diletto -

il retro del cortile coltiva da ortolana.

4

I triangoli di prato sul suolo di prospetto -

li rade lei al noto modo inglese

suonando civilmente a turni e intese

la musica del tagliaerba tecnoevo.

Perché così va il trend nel nostro bel paese.

Andrà così finché il seccume del primevo

– Dio guardi! - non torni ad avanzar pretese

sull’uliveto, sulla vigna ed il maggese …

5

Andrà così finché la Fata o la Befana


deciderà di piantare tutto in asso -

di uscire nauseata dal budino

mollare l’orto il prato ed il bucato

piantare il perbenismo crasso

e l’imposto uggioso femminino

scagliare con impeto nel fosso!

6


Prevale invece il vezzo dell’abusata usanza

indotta dalla fisima di ubbidire alla natura 

dove si giura che regni sacra la costanza.

 Pur menomato d’ampiezza e di virtù – il prato

 sta lì come ci fosse sempre stato

 e non ricorda il ruolo antico di pastura  

 aspira a definirsi emblema di onoranza.

7

Malignino pure i lividi vicini

stupiscano gli alieni ficcanaso

 e sulla sua pelle ogni cane invidioso

si gratti la molestia di certi brufolini –

benigno rimasuglio trasformato

d’obliate zuffe per abigeato.

8

Non si sa più tra queste case

se nell’antico s’accendessero contese

tra i comiti del Re con spada e cappa –

e i contadini digiuni con la zappa.

Ai primi: titoli d’acque terre con armenti -

anche di braghe gl’infimi mancanti

vincolati a pigliar mai mercede

e loro stirpi mai poter mutar di sede.

9

Ma i miti abitanti di questo paese

ancora tengono  nove candele accese

a Santu Jacu - mediatore presso Dio

della storica miracolosa clonazione

dei bruti agresti a umana condizione.

10

Verdeggia intanto l’autunno solatio sulla collina

la pioggia irride l’aridità che altrove uccide.

 E ride d’acqua e sole la lucida berlina

dietro il cancello a spirali stile liberty -

ride dall’ultima volta che inghiottì

un pieno favoloso di benzina

nel bel mezzo della guerra in Ukraina.

11

Qualcosa d’altro e di natura nuova

all’occhio altrui porge e nasconde:

cosa trabocchi e qual ritorno d’onda viaggi

tra il nido di coppo e la leggera alcova?

Che pietra s’abbatta sui petrosi staggi?

Spire a tranci opprimono tetti e logge?

O sono anticipi di originali fogge?

Dentoni a schiera: gale per gronde?

Segnali uscenti a piccole e medie onde

dall’interno di certe grandi uova

di fasciame murario e ferree sponde.          

Ogni uovo vale una teca in prova

che - in maschera - arcani privilegi cova?

12

Il curioso –  da fuori – tenta intravedere -

ma estrapola il niente o raffigura il dentro

per analogia con quanto crede di sapere.

Il serio cerca e trova - pare portento

e insieme scoperta d’inattesa  bizzarria.

E scaglie trova! - di luci nette e toni décapés

sfuggiti e miscelati da intagli a “gelosia”

degli ampi schermi di metallo brûlé :

sarà l’ultima trovata  di chi ha lanciato

il probabile trendy in “stile intimité”?

13

Allo zenit il sole inonda campi e strade:

nulla si muove e al vento manca il fiato.

Una coppia di tortore soltanto

lancia di cuore il suo amoroso canto

- Shi Shin Pin! – esclama lei

- Dìmmì di sì! – risponde lui

- Sì tì dìssi -  ancora lei

E il dramma batte ancora sul tre

 in-de-fi-ni-ta-men-te!

14

Similmente i notiziari TV

ripetono con enfasi meccanica

i luoghi comuni e le vecchie novità

per i marziani distratti di quaggiù

assenti per affari o per lavoro

oppure occupati a compulsare

le lunatiche classifiche del calcio

in un momento di casuale intralcio


ai tassativi ritmi della produzione.

15

Ma verso l’ora del meriggiare aromatico

dei cibi posti a sfrigolare con l’erbatico -


quasi risposta a irrefrenabile richiamo -

si volge al desco ogni esausto Adamo.

E ancora ostaggio della gualcita tuta

o della divisa d’ufficio che non muta

- un felide smunto ed affamato –

aggredisce furioso quanto sta nel piatto:

ingollando  un boccone dopo l’altro

respira grosso e mai gli sembra tanto.

16

Entrato in fase di masticamento

il suo occhio da grifagno

si fa molle si fa stagno

indi strabuzza - fiammella al vento -

alfine illanguidisce per incanto

indi sta chiuso nell’abbraccio santo.

17

Non   è l’abbraccio di Santu Jacu

non è l’abbraccio di Gesù

ma di un narcos molto antico

molto più vecchio di Belzebù.

Il suo nome suona Morfeo

e non è  pezzo da museo

autentico nume – incorporeo illusionista -

che il bene umano mai perde di vista.

Nume che ottunde con coltri d’ovatta

i troppi bailamme della giornata -

che attenua la vista – rallenta il cuore –

asciuga il pianto su lutti e terrore.

18

Nelle brume di Morfeo

sembra ieri e l’altro ieri

il tempo d’ogni oggi

E d’ogni stagione  - questa pare

proprio la copia originale.

 

 


Nota dell'autrice

 Ringrazio i siti generosi che hanno donato foto e immagini. 

La ratio del villaggio globale si attorce in eterna emergenza senza capirla e capirsi, dunque senza imboccare la  via di una discorsività non guerreggiata.