Da Bianca Mannu per “D’oro e di cemento”- romanzo di
Maria Rosa Giannalia
D’oro e di cemento: titolo icastico e bellissimo perché
sintesi granitica del romanzo di Maria Rosa Giannalia , nel suo riferimento
veritiero alla vicenda storica e sociale che ha interessato la Sicilia occidentale
nella seconda metà del Novecento. Anche solo per questo, il romanzo si staglia
come opera di realismo letterario, senza farsi cronaca o indulgere alla coreografia
poliziesca, invalsa in opere di genere.
Il tessuto narrativo si snoda coniugando l’uso perfetto dell’italiano
con il sottofondo melodico e iterativo del siciliano, anche al netto dei
richiami dialettali che connotano specificatamente, prima gli anni immaturi, poi i momenti psicologici e le temperie
umorali giovanili, e, dopo ancora, i discorsi interiori e l’interlocuzione, viepiù
distante e critica, del protagonista narratore con il suo mentore (il “parrino”
Michele) e infine quella con il giudice istruttore (presenza assente, come un
Dio senza deità).
Lo stile narrativo,
davvero particolare e significativo, si fa mondo e risuona come una musica che si articoli su tonalità
diverse e variazioni a strappi, ottenuti
dall’emersione brusca di motti e proverbi dialettali, punti sintomatici del
granitico legame etico culturale limitato e denso di ambiguità , cui Mimmino è costretto ad appoggiarsi non avendo potuto beneficiare di modelli culturali
di confronto prima e fuori dal suo precoce ingaggio nel mestiere. Su quel magro sostrato va a
stagliarsi il conflitto interiore del protagonista alle prese con le istanze
educative primigenie credule e gli effetti
ambivalenti, tra fascinazione e coercizione, del mondo fisicamente
incombente, reale e ambiguo.
Un altro elemento strutturale e di notevole efficacia realistica
è la considerevole competenza e disinvoltura con cui l’Autrice entra e ci
conduce nel cerchio professionale di
Michele e del giovanissimo Mimmino. Forte di questa conoscenza (quasi diretta),
Giannalia rende linguisticamente palpabile (senza mai indurre alla noia) la
ratio edile dentro la vita del protagonista, raccontando come ne diriga i sogni, ne motivi le fatiche, ne
giustifichi le scelte “amicali” e i cogenti legami d’interesse e fedeltà al
gruppo e ai capi, insieme con l’accoglimento dei rischi immediati e possibili, peraltro
pensati come controllabili ad libitum, per via della divisione dei compiti
operativi nell’ambito della cosca stessa, come l’Autrice sottolinea.
In effetti è proprio la forma mentis acquisita tramite la
pratica edile e il caotico portato
culturale di riferimento (ostaggio di parecchie confusioni concettuali, come
quella tra timidità caratteriale di una
persona e la presunta mitezza/bontà, ritenuta inossidabile perché costitutiva) a suscitare
in Mimmino il progetto allettante - da
prospettare all’uomo d’onore di una cosca esistente, ma ancora di poco respiro
- circa la possibile trasformazione
degli agrumeti in aree edificabili, con esiti molto remunerativi nei convincenti
precalcoli.
In effetti il romanzo, condotto in punta di una ben calibrata prosa
narrativa, è il percorso di educazione e autoeducazione di Mimmino. Entità
umana nell’albore della vita, si presenta segnato dal sentimento d’ingenua
identificazione con l’alter ego Michele, il buono . Ecco Mimmino, adolescente
operaio dipendente e povero, affidato a se stesso, ricco di desideri, sogni, e afflitto da
piccole scaramucce interiori; lo ritroviamo quasi maturo, sguarnito di veri
fondamenti umani, preso nei tentativi ben poco fruttuosi di corrispondere a una ideale consistenza fondata sulla bravura
professionale; eccolo ancora librarsi, nel
segno della promozione del sé e dell’ego, per proporsi a un mondo ristretto di
figure dalle referenze ambigue, mettendo in gioco la sua professionalità, ma sopra
tutto la sua aperta compatibilità morale verso l’avidità altrui, peraltro paludata
d’affabilità e d’intenzioni coperte, di cui già aveva indiretta esperienza;
infine eccolo disfarsi di ogni autocontrollo
volitivo e propendere per la facile
accettazione della via breve delle collusioni e delle prevaricazioni, verso la
scalata economica e il successo sociale …
Come cieco e sordo, precipita nella polvere della
caduta, nella irrefutabile condizione del proprio fallimento umano e della contestuale carcerazione … Il carcere,
sola casella sanzionatrice del suo crollo. Guardarsi denudato di colpo, non
solo imputato, ma proprio amputato dell’aureola dell’onorabilità umana e
dell’amabilità familiare, per l’eternità della vita e della già iniziata nuova generazione.
Infine il maturo Mimmino si
avverte privo anche del minimo desiderio di adire a una sorta di ricupero
sociale mediante la dissociazione e la delazione. Il ricorso a tale pratica
tribunalizia significherebbe potersi tirar fuori a buon mercato dalle
responsabilità assunte con le proprie scelte e assicurarsi una sorta di
sussistenza oscurata e protetta a carico della comunità sociale indistinta. Ora
la sua maturazione fulminea si commisura con l’impraticabilità personale di una
tale opzione: i fatti non si possono né disfare né bypassare. I fatti sono le
tessere episodiche e parziali di un sistema di relazioni irriducibile alla
partizione degli umani in schiera dei buoni e in quella dei cattivi, oppure
nella distinzione tra chi ce l’ha fatta senza incidenti di percorso e appare a
sé e a tutti come “a posto”, e chi –
fallito per colpa orrenda e per hybris – non potrà mai guardarsi allo specchio o
negli occhi del proprio figlio, né tollerare una specie di morte civile a stipendio
garantito.
Qui l’Autrice, nei panni
interiori di Mimmino, dimostra una sottigliezza concettuale e argomentativa, che
sembra lambire il margine delle teorie eticopolitiche volte alla ricerca
teorica e pratica delle palingenesi umane sistemiche … L’apocalisse o la
rinascita – pensa Mimmino - o è per tutti
o non è, poiché le “verità” parziali sono farsa, accomodamenti vani, incapaci
di sradicare i mali sociali e di bonificare profondamente le coscienze
individuali; meno che mai quelle che sono rimaste consapevolmente invischiate
per ignoranza, avidità e senso di prepotenza, in segrete pratiche di potere e
torti umani insuperabili .
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