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giovedì 1 settembre 2022

Musetto rosa confetto - inedita di Bianca Mannu


 


Questa è la foto di Musetto.








Di settembre a fine mese

con il sole alto nel ciel
sulla piazza del paese
toh un micino grande così … (come un pollice)

Nella mano lo teneva
una vecchia in bigodì,
che per niente lo donava …
Ecco, magari a questa qui!

Mi dispiace - disse dama –
voglio un uomo notte e dì!
A gemella sopraggiunta
lo propose lì per lì.

Per lui chiese un buon lettino
ed un pasto a mezzodì.
Chiuso in seno, la maghella
solo in casa spacchettò.

 Ma lui pianse a più non posso:
- Voglio un fosso, voglio un fosso
per buttarmici e morir!
- Col  musetto da confetto
e i guantini da paggetto?-
Tu felice vivrai qui!

 Pur spiacente fino all’osso –
lei lo inonda col suo amor.
Con carezze e chicche lesse
lo consola un minutin.

Lui non sa di certe messe:
soffia e graffia la nonnì.
- Non importa, ti perdono!-

disse lei convinta, sì.
Dopo il pasto caldo e buono,
mi vorrai per la tua “vie”!

 Lui negava: no che no.
Lei a ribattere che sì …
Su quel sì della vecchina
è la storia a continuar!

 E procede  a fasi alterne:
suo durar sembra … fatal!

Noticina- E' possibile, mentre il mondo va quasi a fuoco e i più seri sembrano prendere gusto all'orrendo e folle giuoco  della guerra (a chi mostrare poi il lurido straccio delle vittorie?), che tu, B.M., vecchia di quattro ventenni che mai  furono umani e pacifici, impieghi il tuo poco tempo a rievocare l'inizio della tua storia col tuo gatto, articolando i versi sui ritmi della  marcia di Kurt Weill nel L'opera da tre soldi dello scrittore comunista tedesco Bertolt Brecht? Mi sono divertita a cantare, magari stonando.  Sì, è possibile e me lo merito, avendo dato e poco preso. Del resto la reazione verso il ricupero di una tranquilla e paziente animalità, può dire ancora qualcosa a questo mondaccio tronfio, che ritrova la faccia tosta di inchinarsi davanti a un nemico dichiarato e perseguito, il comunista sconfitto Gorbaciov, dopo averlo irriso e condannato a condividere l'irrilevanza tragica e temporanea del suo paese. Forse Gorbaciov ha voluto scommettere (era un ingenuo, uno sciocco?)sulla possibilità d'un'etica alta che gli attuali celebratori non meritavano e non meritano. 

venerdì 29 aprile 2022

Non hanno lo stesso colore - versi inediti di Bianca Mannu - riproposta per il 1° Maggio


Come non tutti - lui lei omo ermafrodito o trans – voi -

col sudore che vi scorre lungo le sopracciglia a grotta

sopra gli occhi intenti dietro la mani laboriose -

avete nozione di come il tempo vi consumi

secondo motivi incompatibili?

Sì - voi che avete scaldato i banchi della scuola

e quelli della chiesa - alla messa e al Dies irae -

voi che avete ascoltato o letto il racconto

d’un ente misterioso: di un senzafaccia

sulle ossa bianche come calce apparire

in  forma di sincope o spavento a decretarvi

la fine della gita in faticosa valle – voi

fortunati morirete vecchi e umani 

sul vostro giaciglio abituale - col prete

in stola ad amministrarvi l’olio santo

e a convincervi in extremis – data improbabile

ogni altra soluzione - che un mondo di là

vi aspetta migliore di questo immiserito

all’insopportabile gravezza del respiro.

Succede invece ad altri - solerti e maledetti -

di sapere in un lampo che “vivere” è ben diverso

che aspettare l’oltraggio della maschera di Atropo sul letto.

Ecco per costoro i “compiti in classe” giornalieri:

sul campo con le falciatrici e i rostri del trattore –

in cantiere tra schiacciasassi betoniere e gru –

 in fabbrica a scherzare coi forni e con le trance

ma anche con rulli ed orditoi della gentile tessitura ...

Proditoria registra il tuo profitto un’infinita solitudine di luce:

bianca e netta da ogni sacramento – spogliata dal

dovere di conferire un supplemento di prova

o un iter di nuovo apprendistato.

Lei non verrà come Sorella Morte – lenta

e in gramaglie francescane – a segnare

il commiato dell’uomo  con l’umano.

Invece sarà bianca: un foro glauco

su una coscienza dislocata sulla tovaglia

immacolata di un banchetto vegano.

Nota - Parlare di morti bianche significa che l'ipocrisia è al potere. Significa che una società è incapace di riconoscere e attribuire le responsabilità per i modi con cui viene richiesto erogato e gestito il lavoro, il quale viene valutato e concepito come cosa contabile e commercialmente valutabile; come cosa scissa dalla persona che, per sua condizione sociale, non può gestire e controllare le logiche e i modi della sua erogazione e destinazione.(BM)

 La ripropongo come segno e memoria della Festa Internazionale del Lavoro. Tristemente il lavoro si tramuta spesso in situazione mortifera per il lavoratore. Ma oggi più che mai il lavoro più favorito sembra quello capace di mandare a morte migliaia di vite umane, mettere in discussione la civiltà dell'umana convivenza e mandare gambe all'aria ogni civile manufatto e ogni giusta preoccupazione risanatrice verso la Terra che ci ospita e che risulta molto devastata e a rischio grave. Credo che almeno la terza parte degli otto miliardi circa di viventi potrebbero - incrociando le braccia per un'ora - costringere i guerrafondai di ogni sito a sedersi - disarmati e senza divise - attorno a un tavolo per stabilire nell'immediato ogni conflitto armato e produrre un organismo terzo, senza possibilità di veti da parte di nessuno, che vigili e coordini le discussioni per un nuovo e diverso ordine mondiale. Dite che sogno? Sì; da ottant'anni. (B. M.) 



 

giovedì 25 novembre 2021

Tu, bijou - inedita di Bianca Mannu - Per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.





                                      Tu, bijou

 

Caramellina, hm! Caramellina mia!

Già inventata e vestita come lui 

crede di volere fin da ieri

quando succhiava al seno

col latte di sua madre

il gusto del futuro desiderio 

Tu- invece - “sans souci”

tu - che dicono mancante di concetto -

tu - nata per dispetto alla madre

sognante una procura

col sigillo d’un re –

un re di nobile casato –

sia pure d’orizzonte limitato …

Tu – nata contro la voglia del padre

di guardarsi nello specchio replicato

da un Delfino vergato

che ascenderà rampante

a un trono più  … importante!

Tu -  entità mutante

 in bestiola seducente -

già loquace sgambetti

– perle/ rose/confetti -

tra le braccia di papà.

Incredibilmente fresca –

spuntata a sorpresa

dal riso d’una nuvola –

tu mattutina allodola -

tu goccia curiosa

del mondo di quaggiù -

sognavi e ancora sogni

   che il Destino oppure il Fato

t’abbia scelto e designato

da sempre  e per l’eterno

sulla Terra e nell’Averno

   al ruolo vivente di bijou.

Molto bene ora sai tu

come finisce il decoro

     che decorare non può più.  



 Nota - La cultura dell'immagine. Le donne, specialmente giovani e belle, diventano oggetti decorativi. Quasi inavvertitamente si finisce per cancellare nell'immagine la donna reale. Talora la stessa donna reale mostra, in vari casi, di aver difficoltà a distinguere il suo essere reale, nodo di problemi e relazioni complesse, con l'immagine fissa, depurata della fisicità e della psiche viventi. L'immagine raggruma ed eccede. A ben riflettere è la proiezione astratta di desideri, concezioni, finalità, costruiti altrove e per scopi anche molto diversi da quelli che le immagini sembrano rappresentare. 

Che cosa volevo significare partendo dalle immagini che invadono lo sfondo fisico in cui ci muoviamo? Volevo far notare che siamo tanto colpiti stravolti e contemporaneamente anche attratti dall'orrore per l'irreversibilità dell'atto di violenza, che culmina con l'aggressione fisica, da avere difficoltà a ravvisare il filo tenace della continuità che collega quell'atto alle negazioni, alle denigrazioni e omissioni di rispetto quotidiani, reiterati in un' atmosfera di tolleranza silenziosa che rasenta la rassegnazione e la cecità.     

La violenza si alimenta di quotidianità malate che si vivono come questioni banali che, forse, non bisogna enfatizzare e forse - crediamo - di poter anche ignorare per evitarci il dolore, la mortificazione che salta fuori di brutto quando interroghiamo dappresso la nostra quotidianità relazionale.

 

mercoledì 24 marzo 2021

Guerra ... purchessia - inedita di Bianca Mannu

    
Guerra … purchessia!
 
Hai un cognome strano! –
 è un pretoriano d’oggidì
                      venuto ad apostrofarmi
da sotto i galloni del kepì
« Ecco …  - ride per allettarmi - 
ecco  una stellina gialla
t’appunto sul pastrano»
 
Ed io: - Rifiuterei il galano ...
« Niente di personale – dice -
solo un piccolo segnale
per i distinti da implicare
in questa  - qui o là – semplice
 guerra universale -
impossibile glissare!»

Sarò merla o gazza?
 - Ora con la stellina finto oro (!) -
e il nome un po’ balzano 
… in quale guerra m’insinuo
con gli attributi di razza?
« Aspetta un semestrano
ché ti spedisco a Gaza!»
 
Penso:- Con gli occhi a mandorla
e la pelle tinta d’Africa
potrei fingermi creola
ma penserei che la metrica
dell’idioma mio parlato
non corrisponda al fatto
 
Ecco - perciò stesso
sarò statua di gesso
davanti al quesito censorio
del milite littorio
Se fossi come non vorrei e sono
mi darebbero della poco di buono
sarei spinta giù con acribia
in fondo al rione Carestia 

E dopo – se un po’ ci pensi –
dubito che scamperei alla follia
d’esser preda della guerra a pezzi
o della guerra  … purchessia
 
È stato per astratta remissione
nella seconda ventina
del secolo ventesimo:
meno che ragazzina
sullo scalino dell’ impossibile
privo di proporzione
e di coerenza matematica …
Vi sono rimasta statica:
una briciola indefinibile -
una cosa pulsante
 
andata ad arrestarsi
per inerzia sull’ orlo beante
del buco madornale
dell’irragione generale :
Anno 1939:
bellicista arrogante!
Era greve  - armato 
fino all’ultimo dente -
un rullo semovente -
 un’immane mitraglia
caricata per lasciare il niente
ed offrire la Terra alla gentaglia


Pure l’orrore procede
per respiri ed apnee:
bisogna che fino alla noia
ce lo raccontiamo – o mondo boia -
con molto suo contorno
l’inferno ed il ritorno
perché abbia anche senso
l’estremo nostro giorno.
 
Noticina - La guerra riduce tutto a una contemporaneità da incubo e infatti la guerra iniziata nel 1917 non si è mai conclusa. Bisogna che non perdiamo di vista la sua subdola diffusione anche nei nostri trascurati quartieri. Tra poco sarà aprile e il suo simbolico 25. Esso ritorna per parlare dell'adesso.(BM) 
 
  
 
 
 
 
 

 

mercoledì 27 gennaio 2021

Giornata della Memoria : In quadri - inediti di Bianca Mannu


 Nota - La documentazione storica, la letteratura e la poesia, (per il tramite dei suoi grandi Testimoni - cito per tutti Primo Levi), la pubblicistica sulla ricerca storica, la cinematografia, il teatro, la riflessione filosofica, la musica (col ricupero e la diffusione di quanto anche in condizioni di prigionia si produsse e fu memorizzato) sono la materia fondamentale su cui fondare la nostra memoria. Le Istituzioni statuali hanno il dovere di valorizzare ulteriormente e diffondere tali produzioni, così come di cercare nella contemporaneità i nessi viventi con quella memoria. E ciò viene fatto, malgrado le costrizioni della pandemia. 

Ma l'esercizio della memoria non può essere un rituale volto al passato. Ci sono, nella nostra vita quotidiana tutti i motivi per la nostra vigilanza sulle Shoah del momento presente, che sembrano e non sono meno orride, solo perché l'assetto mondiale attuale ha spezzettato le guerre e le persecuzioni e per un po' le porta sotto i nostri sguardi distratti, quasi incalliti alla sopportazione dei misfatti quotidiani. Chi sono gli espropriati, i perseguitati, le vittime designate del nostro tempo? Quelli che - nel tratto che i nostri occhi si prendono per tergere la sclera - sono già cancellati in un silenzio di spalle sollevate? Non si tratta di commemorare con poesie e racconti inventati per un contesto che risulta- ovviamente - appreso, distante dal vissuto immediato  e consegnato a una nicchia storica. E' troppo facile gridare adesso contro le leggi razziali del 1938! Ci sono milioni di bambini che muoiono di fame, che ammalano e che non possono essere curati, perché sembra primario il business dei medicinali... 

Che atteggiamento assumiamo, oggi, nei confronti delle diaspore che attraversano un'Europa quasi sorda e i suoi popoli chiusi nelle proprie paure e nei propri egoismi? Giorno della memoria è la coscienza critica da usare con lucida razionalità e cuore partecipe verso le inadempienze, le chiusure e gli affarismi del nostro tempo. Ricordiamoci che ci furono e ci sono molti gruppi etnici che subiscono quello che subirono ebrei, zingari, e altri popoli di diversi continenti, settant'anni or sono. 

Basandomi su questo genere di considerazioni e sentendomi concittadina dei viventi calpestati, non spezzo lance poetiche per quelli che già furono vittime e che, consapevoli, soffrirono e morirono affidandoci, col loro ricordo, l'impegno a non permettere repliche. Io mi chiedo che cosa o chi sono io, adesso, a chi mi voglio accostare, quali casi e ragioni hanno fatto sì che io sopravvivessi, senza meriti.

 Ecco, per chi voglia, la mia memoria di allora, testimone di quella casualità che decise fossi piccola  e fossi tra coloro che non furono oggetto di pogrom.         

1 - Quadri di storia patria 


Della razza iniziava appena la buriana
ma noi non avevamo il naso a uncino:
ci credevamo nati dal ceppo latino
e di entrare in Asse per virtù romana
 
Doti? Stimate meno che patacche
dal crucco  smargiasso - come poi si seppe –
che dopo il ‘18 si credette ariano
per stare al pari del bianco americano
 
Il nostro Lui - uscito maestro dalla scuola -
non volendo nel parlare parere fioco
gridò per un decennio a squarciagola
 
Fattosi di Cesare delfino e dux
s’insediò sopra tutti in alto loco
indi per poco fu maestro ai crucchi
 
E fu la guerra dei fascisti ciuchi.
Allora per forza toccò alla ciurma
degli animali sani bandir la schiuma
dei fascisti insani e cacciar dall'Italia 
cani nazisti e abbaianti crucchi .
 
2 - Quadri d’infanzia   

Io minuscola e presa in altra cura
immersa nel tempo di guaste stagioni
guizzavo sul suolo creduto a mia misura
sotto i baleni e in ambiti prigioni          
 
Un po’ di valle e un po’ di monte:   
uno sfondo per ubicare
il corpo mio d’infante
poco oltre il cortile familiare …
 
Più mitico ancora delle Colonne d’Ercole
il caso mi donò - con la voce paterna -
il “mare” in figura ed in parola nobile
con alone affettuoso di lucerna.
 
Per essa - dipinta come la madia
d’azzurro innocente giù in cucina –
s’apri di valli una felice Arcadia
sparsa di gente quieta e cittadina.
 
Un boato lacerò questa mia fola.
Dal cielo: “Bombe!” urlò tra la gragnuola
fuggendo a frotte scalza nella notte
la gente ansante verso boschi e grotte.

Me spaurita - issata su due braccia -
presi sonno come legno sul mare  -
sparso di fuochi e guizzi di lampare -
che col silenzio cedeva su bonaccia.

Nella veglia a sprazzi ricordavo
confusamente di tremare
spiando in cielo false stelle 
e l’aria ascoltando paventare
l’arrivo alto e orrido  di quelle!

 
 
3 - Ciò che resta …

Esistere per noi e me
- scarsi di corpo e magri indizi
d’anima in un culo di mondo –
pur nell’oscuro spavento
di mire ed abusi detonanti
dagli inspiegati Altrove -
… esistere era bazzicare “liberi”
tra il brullo monte delle capre
e uno spicchio appena ilare di valle:
china d’erbe  sotto l’incombere -
ignoto e a strappi - dell’ inferno …
 
Era come antiche lepri esistere! -
o tortore o pernici o persino faine -
ignare di doppiette spietate tra le siepi …
Ad ogni schiocco era un filare a vanvera
a scrollarsi l’ottuso panico dal cuore
aizzato dalla memoria immemore
che calcola prima d’ogni matematica
 
Scansarsi per un riflesso tanto antico
da sembrar connaturato al vivo:
scansare fossi d’ombra
e sfuggire all’ammicco d’ogni luce
irrigidirsi al pulsare timido di foglie …
Scansarsi sempre  non sapendo da che -
mingere panico – ma credersi … salvati
nel dare uno strillo fuor dalla paura

Triste oggidì: apprendi con stupore 
che non bastò la fifa in quelle ore:
farsi eredi d’un archiviato figuro
è come battere fuori tempo
su uno scassatissimo tamburo.


mercoledì 25 novembre 2020

- Foemina - inedita di Bianca Mannu


Foemina

                                                                       Senza  volerlo

                nacque

Nel nascere  bagnò

con l’urina 

il suo primo vagito

Padre e madre

si tennero avvertiti

ch’era – pazienza! - una bambina

dalla naia indenne

non dalle trappole bastarde …

 

Così padre e madre

si spartirono a quarti

mezza gioia acerba:

che lei potesse eludere

la sorte trepidante e obliqua

tesa a misura di lumi sospesi

come doni feroci

all’ala notturna della morte

 

Lei - esclusa la tiepida poppata  -

di gioia non ne ebbe alcuna –

solo il morso freddo d’un febbraio

di piombo e di mitraglia

E non s’avvide dell’ottuso gioco

dell’alternativa avara

 

Per una ed altre lei

scampate alla mattanza universale

la morte sarebbe arrivata

in mimesi – senza bagliori – in vita

e a poco a poco

 


 

Noticina - Un mio testo, di qualche anno fa, rielaborato al di fuori delle occasioni esterne. Benché i rituali abbiano la loro importanza, non li amo. Non amo nemmeno gli accenti vittimistici, perché sembrano attribuire fatalità e inamovibilità a condizioni diffuse, sottilissime, dall'apparenza psicologica anodina, ma ambiguamente costrittive perché si presentano come libere scelte. Esse sono iscritte in un clima generale, che trova nella sordità giuridica, politica, sociale e culturale la perpetuazione della più ancestrale demarcazione della perseguita e organizzata minorità femminile. 

Non ascoltarti, o donna, quando più rassomigli alle immagini che ti vengono proposte come autentiche, come  tue con l'approvazione generale. Usa il senso critico, anche quando ami.




Simbolo matematico di infinito, tanto simile al simbolo scelto per rappresentare la femminilità contemporanea. 

domenica 26 gennaio 2020

Colonna infame - testo in versi di Bianca Mannu - inedito

Sentirsi e ritenersi simile in tutto e per tutto agli sfortunati che pernottano sotto lo splendido colonnato del Bernini.
Sono stata e sono solo più fortunata per avere sulla testa un tetto infinitamente più umile, ma più riservato, frutto di un lavoro modesto, non ben remunerato, ma che non ha conosciuto interruzioni nocive.
So dell'impegno del Papa e dei suoi vescovi collaboratori. Tuttavia mi riesce difficile sopportare questa realtà che, senza che si possa elevare un dito o chiamare in causa uno o più responsabili, genera milioni e milioni di poveri, come se ci fosse in natura un meccanismo perverso. Meccanismo, sì, ma orribilmente umano e con conseguenze così oceaniche da non poter offrire speranze di risoluzione, a meno che il mondo stesso non si faccia capace di affrontare efficacemente e positivamente il PROBLEMA.
Sentendomi insetto di fronte ad esso, sento un po' come mia la pelle dei poveri e degli impoveriti, e forse in parte miei i loro sentimenti. Dico quanto segue per ricordare come furono espropriate alcune popolazioni centro europee e gruppi umani ideologicamente connotati come alieni e pericolosi, ma rivolgo la memoria a questo presente fastidioso ricacciato nel silenzio o in una visibilità di comodo.

Colonna infame

Ombre di lacerti indegni
ci struggiamo - sparsi –
col grugno basso-
come se faccia
fosse  muso e ringhiasse …
… e certo digrigna -
tra cattivi denti - odio
e inconfessabile vergogna.

A incrociarci
riflessi nel disgusto
della gente perbene
c’incalza la fame
e l’animo canino
rimediato nei vicoli

Cuocere d’infamia
è compensare
con la breve pace
dello stomaco
l’ urto osceno
delle differenze

Scema da noi
l’insegna dell’umano
come abito
che si disfi
sulla pelle
 
Il freddo ci caccerà
dai luoghi
illuminati a giorno 
frequentati
da quelli che si lavano
da quelli che dormono
sui letti
Ci spingerà a  rannicchiarci
negli ipogei dimenticati    
rasentando i cigli
dei suburbi

Estiveremo  solitari
come i cani abbandonati
dai vacanzieri
accanto agli sfiati torridi
dei tombini
e ruberemo l’acqua
alle fontane

Tremerà d’orrore
e di facile consolazione
la comitiva dei turisti
sfiorando la cresta d’ombra
che ci raggruma
in crosta infetta
a deturpare
la faccia irriverente

del giorno.

 

mercoledì 26 settembre 2018

Tra invidia e invidia - inedita di Bianca Mannu




Invidia! La incontri ovunque
in tutti i "dove" almeno due esemplari  umani 
si commisurano rispetto a un terzo
cui sia affibbiato il ruolo di giudice
o quello di gratifica eventuale.
Alligna in simbiosi con l’ostentazione
contempla l’omologazione
riducendo l’umana varietà dell’essere
alla misura grama dell’avere.
Frequenta tutte le piazze
che dell’umana scorza
son vetrina …

Lei - l’invidia -in sosta ai crocicchi
si divide in quattro rimanendo la stessa
i suoi gradi declinando a raggio
secondo i simboli esibiti
dalle creature in transito
per provocarle reciprocamente
al graffio secco-amaro
dell’unghia introflessa
nel ciglio/specchio delle ciglia altrui

Perché l’invidia prende
in ciascuno di nascosto signoria
del profondo cuore del cervello
e calcola da lì
l’incalcolabile misura
di quanto l’assenza
presunta o vera d’un qualcosa
scavi
scavi in quel cuore stesso
un abisso di mancanza
che mai potrà essere colmato
se non col monte troppo alto
di beni da lui ambiti
ad altro suo simile attribuiti
e da se medesimo invidiati
in quell’uno
sentendosi al riguardo
privo e disgraziato.

Così – rimanendo segreta –
la cova ognuno
come un proprio malcelato sfregio
e la manda spedita ad altrui fregio 
pressoché denegato dal "beneficiario"
per paura di restarne
- per altrui unghia – deprivato.
Vuole persino il caso che –
fissandosi  a un soggetto
in forma di livore -
si faccia cormo d’un assillo
ispiratore  di rovinoso consiglio …

A me - che pure da capitali vizi -
come i più - non sono immune -
questa sorta d’invidia mi spaura
perché vive e fa vivere  in cecità
la  sua propria  visura.
L’umano che ne ammala
resta impedito di avvertire altra risorsa
di scoprire altro senso generale:
il suo incubo allatta
e mal facendo
di quel veleno schiatta.

Sana è l’invidia
- che chiamerei saggezza –
atta a saggiare sulle differenze
la grande mole delle simiglianze -
quella capace di pensiero dirimente
di progettualità compensativa:
a nessun navigante della vita
sia riservato il culo della stiva
o gli venga truccata la partita.

Un uomo valga un’uomina
e ciascuno per sue qualità
sia encomiato tanto
quanto blandamente riprovato
per sue innocenti pecche.
Altre parole lascio sulle secche
del moralismo sterile
e sogno altra possibile
filosofia sociale.   

Nota - Cresce il rancore e l'invidia sociale, sentenziano i Prof dell'ISTAT. È constatazione, è riprovazione? Mah. Forse è il modo dell'informazione a tradurre secondo categorie di senso comune spendibili nella vulgata. Se fosse possibile, magari per magia, invertire la condizione dei giudicanti  in soggetti di studio e di giudizio, potremo irridere gli esiti di così raffinate ricerche che periodicamente commentano la triste quotidianità di una quota  non piccola della popolazione italiana, quasi fosse quella stessa turba che attendeva il responso di Jahvè dalle mani di Mosè.  Una scienza contempla lo stato delle cose, le disaggrega, le concettualizza,le misura. Ma aiuta a mutarle, allorché si esprime o viene interpretata con categorie che, volendo apparire riassuntive, si presentano invece come giudizi di carattere etico? "Rancore", "invidia sociale" indicano stati emotivi e pulsioni di pertinenza soggettiva, vicini al colore della personalità individuale, la quale non è fonte, ma prodotto di un processo di controllo culturale e sociale già trasferito come valore a livello di  "dover essere" individuale in una condizione storico-sociale relativamente stabilizzata. Ma non possono dire nulla, se non esprimere il desiderio dei gruppi egemoni di controllare i movimenti sociali mediante imperativi etici guardiani o di pura facciata decorativa... Risultano insignificanti se trasferiti meccanicamente come griglie di ordine conoscitivo su macrosistemi sociali in movimento, nei quali sono all'opera forti categorie economiche che prevalgono, indirizzano e controllano il senso delle spinte sociali, regolano nei fatti e nelle opzioni i reali comportamenti dei singoli individui. 
Il testo qua sopra, che oso dire poetico con buona pace dei lirici assoluti, è una lettera aperta per chi voglia, assentendo o dissentendo, riflettere sul tema.
Nella strofa di chiusura ho introdotto un mio neologismo Uomina che forse non è bello, ma rivendica l'appartenenza del femminile alla specie homo al posto della parola "donna" che invece disegna verbalmente una stia in cui perpetuare l'apparteid storica del femminile. (B.M.)  

venerdì 21 aprile 2017

Una piccola dichiarazione "artistica" e politicamente umana di Bianca Mannu

Questo è il mio piccolo manifesto poetico-politico, che ,su un foglietto, da qualche anno, mi sta appeso difronte quando scrivo. Ciò che vi sta scritto e rappresentato si è agitato a lungo dentro di me. Ma come tutte le cose profonde e che si sono a lungo intessute con le anse cerebrali e le carni, ha impiegato tempo a configurarsi con l'apparente semplicità e immediatezza, quasi come una banalità.
B.M.  

domenica 12 marzo 2017

Forse fu Giove - tratta da Alluci scalzi - silloge poetica di Bianca Mannu

Breve considerazione. Quest'anno l'8 marzo si è svolto con una forte varietà di iniziative e con una specifica connotazione di lotta culturale-politica, con risvolti anche sindacali. E finalmente abbiamo avuto la sensazione che non fosse la stanca ripetizione di un rito. L'aspetto più immediato, e forse quello più direttamente connesso a una sensibilità diffusa, è quello contro il così detto femminicidio. Ma in qualche contesto si è percepita l'insistenza sulla spettacolarità dei fatti criminosi in ambito familiare, con una propensione al commento cronachistico suggerito dalle ricostruzioni televisive, e, ad opera della parola dei cosi detti esperti, abbiamo assistito a un'accentuazione dei connotati psichiatrici delle devianze caratteriali, tale che il legame con la quotidianità non criminale restava del tutto eclissata. In particolare veniva del tutto trascurato il nesso tra la natura ancora fortemente patriarcale e androgina del sistema storico-sociale esistente e i fatti aggressivi sulle figure femminili; e non si accennava minimamente all'importanza effettuale della trasmissione culturale e educativa, semiconsapevole o del tutto inconsapevole, dei modelli percettivi sui ruoli di genere, di cui le stesse donne, specialmente le madri, sono veicolo.

Nella cultura diffusa si continua a pensare, erroneamente, che l'elemento primario costitutivo del sociale sia l'individuo nel suo stato naturale di maschio o di femmina. Al contrario, è la forma sociale a decidere delle psicologie individuali e degli statuti che la società nel suo insieme conferisce loro. 

La composizione che segue, racconta metaforicamente come, tramite l'orientamento educativo specifico del soggetto femmina, si promuova anche la sua sussunzione - in posizione vicaria rispetto al legislatore maschio - sotto il ruolo di depositaria e guardiana dell'ordine stabilito. Detto altrimenti: io, femmina, sono testimone e custode della mia minorità.



Forse fu Giove


Forse fu Giove Compluvio -
con Eolo in combutta –
a spingermi
nell’alvo misterioso di Demetra -
giù giù - tra pietra e pietra

Certo fu lì che si disperse
l’ appetito studio per la frombola
a favore di quello per la "bambola"
Fu lì che una forma di telos -
ipogeica robusta e voluttuosa –
m’avvinse oscuramente
nell’arduo abc della creazione

Vi divento - tra presagio
di corpo ed agnizione -
docile grembo –
premuroso strumento -
per la specie e l’individuo -
e cane da branco persino -
se e quando occorre l’agio

E sono - già da sempre –presa
nell’enigmatico maneggio
che la natura intreccia
con le scaltre pretese
avanzate dai custodi di memoria
in nome e per conto della Storia

Eccomi dunque al compito
che mi pare persino un lieto gioco
che mi vede raccolta –
 in mano
l’ago il filo e qualche scampolo -
a fabbricarmi una Mariona
che m’assomigli un poco.