mercoledì 26 settembre 2018

Tra invidia e invidia - inedita di Bianca Mannu




Invidia! La incontri ovunque
in tutti i "dove" almeno due esemplari  umani 
si commisurano rispetto a un terzo
cui sia affibbiato il ruolo di giudice
o quello di gratifica eventuale.
Alligna in simbiosi con l’ostentazione
contempla l’omologazione
riducendo l’umana varietà dell’essere
alla misura grama dell’avere.
Frequenta tutte le piazze
che dell’umana scorza
son vetrina …

Lei - l’invidia -in sosta ai crocicchi
si divide in quattro rimanendo la stessa
i suoi gradi declinando a raggio
secondo i simboli esibiti
dalle creature in transito
per provocarle reciprocamente
al graffio secco-amaro
dell’unghia introflessa
nel ciglio/specchio delle ciglia altrui

Perché l’invidia prende
in ciascuno di nascosto signoria
del profondo cuore del cervello
e calcola da lì
l’incalcolabile misura
di quanto l’assenza
presunta o vera d’un qualcosa
scavi
scavi in quel cuore stesso
un abisso di mancanza
che mai potrà essere colmato
se non col monte troppo alto
di beni da lui ambiti
ad altro suo simile attribuiti
e da se medesimo invidiati
in quell’uno
sentendosi al riguardo
privo e disgraziato.

Così – rimanendo segreta –
la cova ognuno
come un proprio malcelato sfregio
e la manda spedita ad altrui fregio 
pressoché denegato dal "beneficiario"
per paura di restarne
- per altrui unghia – deprivato.
Vuole persino il caso che –
fissandosi  a un soggetto
in forma di livore -
si faccia cormo d’un assillo
ispiratore  di rovinoso consiglio …

A me - che pure da capitali vizi -
come i più - non sono immune -
questa sorta d’invidia mi spaura
perché vive e fa vivere  in cecità
la  sua propria  visura.
L’umano che ne ammala
resta impedito di avvertire altra risorsa
di scoprire altro senso generale:
il suo incubo allatta
e mal facendo
di quel veleno schiatta.

Sana è l’invidia
- che chiamerei saggezza –
atta a saggiare sulle differenze
la grande mole delle simiglianze -
quella capace di pensiero dirimente
di progettualità compensativa:
a nessun navigante della vita
sia riservato il culo della stiva
o gli venga truccata la partita.

Un uomo valga un’uomina
e ciascuno per sue qualità
sia encomiato tanto
quanto blandamente riprovato
per sue innocenti pecche.
Altre parole lascio sulle secche
del moralismo sterile
e sogno altra possibile
filosofia sociale.   

Nota - Cresce il rancore e l'invidia sociale, sentenziano i Prof dell'ISTAT. È constatazione, è riprovazione? Mah. Forse è il modo dell'informazione a tradurre secondo categorie di senso comune spendibili nella vulgata. Se fosse possibile, magari per magia, invertire la condizione dei giudicanti  in soggetti di studio e di giudizio, potremo irridere gli esiti di così raffinate ricerche che periodicamente commentano la triste quotidianità di una quota  non piccola della popolazione italiana, quasi fosse quella stessa turba che attendeva il responso di Jahvè dalle mani di Mosè.  Una scienza contempla lo stato delle cose, le disaggrega, le concettualizza,le misura. Ma aiuta a mutarle, allorché si esprime o viene interpretata con categorie che, volendo apparire riassuntive, si presentano invece come giudizi di carattere etico? "Rancore", "invidia sociale" indicano stati emotivi e pulsioni di pertinenza soggettiva, vicini al colore della personalità individuale, la quale non è fonte, ma prodotto di un processo di controllo culturale e sociale già trasferito come valore a livello di  "dover essere" individuale in una condizione storico-sociale relativamente stabilizzata. Ma non possono dire nulla, se non esprimere il desiderio dei gruppi egemoni di controllare i movimenti sociali mediante imperativi etici guardiani o di pura facciata decorativa... Risultano insignificanti se trasferiti meccanicamente come griglie di ordine conoscitivo su macrosistemi sociali in movimento, nei quali sono all'opera forti categorie economiche che prevalgono, indirizzano e controllano il senso delle spinte sociali, regolano nei fatti e nelle opzioni i reali comportamenti dei singoli individui. 
Il testo qua sopra, che oso dire poetico con buona pace dei lirici assoluti, è una lettera aperta per chi voglia, assentendo o dissentendo, riflettere sul tema.
Nella strofa di chiusura ho introdotto un mio neologismo Uomina che forse non è bello, ma rivendica l'appartenenza del femminile alla specie homo al posto della parola "donna" che invece disegna verbalmente una stia in cui perpetuare l'apparteid storica del femminile. (B.M.)  

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