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venerdì 3 luglio 2015

"L'ape e l'architetto" - Per diffondere il ricordo di Marcello Cini

Ecco come il passato anticipa il presente.
Chi è Marcello Cini ? Se n'è parlato nel 3° programma della radio.
Wikipedia pubblica alcuni elementi biografici. Ne copio alcuni.
Marcello Cini (Firenze, 29 luglio 1923[1]  Roma, 22 ottobre 2012) è stato un fisico e ambientalista italiano, impegnato in attività di ricerca nell'ambito delle particelle elementari, della meccanica quantistica e dei processi stocastici.
È stato professore emerito all'Università La Sapienza di Roma, chiamato da Edoardo Amaldi nel 1957 per la cattedra di Istituzioni di Fisica teorica e in seguito di Teorie quantistiche . È stato inoltre vicedirettore della rivista internazionale "Il Nuovo Cimento".
Dagli anni settanta ha accompagnato questa attività con studi di storia della scienza e di epistemologia, e interventi su varie riviste e sul quotidiano "Il manifesto", di cui fu tra i fondatori, scelta che gli costò la radiazione dal Partito Comunista Italiano nel 1970.
Nel 1967 fece parte del Tribunale Russell sui diritti dell'uomo, visitando il Vietnam durante la guerra e testimoniando le atrocità belliche.
È stato direttore della rivista SE/scienza esperienza fondata da Giulio Maccacaro.
Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo l'Ape e l'Architetto (1976) (scritto insieme a Giovanni Ciccotti, Michelangelo De Maria e Giovanni Jona-Lasinio), Il paradiso perduto(1994), Dialoghi di un cattivo maestro (2001).
Ha ricevuto il premio Nonino 2004 "A un maestro italiano del nostro tempo".
È morto nel 2012, all'età di 89 anni[2].
Cini viene ricordato per la sua battaglia volta ad analizzare i modi con i quali la ricerca scientifica è condizionata nelle sue decisioni e scelte di fondo dalla intromissione del capitale privato, che trasforma ogni prodotto della mente in merce.  
Riporto qui di seguito alcuni stralci tratti da un articolo di Scienza in Rete
Per quanto possa sembrare strano, immaginandolo dall’Italia di oggi, c’è stato un tempo in cui la pubblicazione di un libro poteva avere la capacità di catalizzare il dibattito intellettuale per settimane, anche al di fuori delle mura degli ambienti accademici. L’esercizio di immaginazione si fa poi quasi intollerabile all’idea che, almeno una volta, trentacinque anni fa, il libro che per un determinato periodo polarizzò le discussioni su giornali e riviste sia stato una raccolta di saggi a tema scientifico: un’opera apertamente tecnica, sul rapporto tra scienza e società.
Un passaggio del libro che invece rimane subito impresso per chiarezza e lungimiranza è quello in cui Cini riporta un suo intervento risalente a otto anni prima, al 1968, e dove in poche righe prevede e anticipa lo sviluppo di personal computer e informatica, capendo il ruolo di primo piano che essi avranno nella società che verrà e avanzandone da subito un’aspra critica: 
Io sono abbastanza convinto che nei prossimi venti o trenta anni avremo uno sviluppo dell’industria dei calcolatori derivante dall’aumento del consumo privato del calcolatore, esattamente analogo a quello che è stato il consumo privato dell’automobile […]. Questo sviluppo introdurrà forme di selezione ulteriore, di asservimento ulteriore, di competizione ulteriore, di imprigionamento dell’uomo in una logica sempre più inesorabile, dovute soprattutto al consumo privato. È chiaro che questa è un’industria che, se dal punto di vista economico può veramente dare uno sviluppo al sistema del tutto analogo a quello della motorizzazione privata, si presta a dare al singolo un consumo che lo asservisce, lo narcotizza, lo droga.
In anticipo sui tempi è anche l’analisi critica sul profitto che il capitalismo punta e punterà a trarre dalle merci immateriali. Se è vero che già in quegli anni, negli Stati Uniti, le ricerche finanziate dai privati superavano per la prima volta quelle foraggiate da fondi federali, è però solo nel 1980 che il mercato si imporrà davvero come terzo protagonista nel dialogo tra scienza e società. In quell’anno, infatti, si avranno i primi brevetti  a protezione della proprietà intellettuale su tecniche scientifiche (come quella di clonazione del DNA ricombinante) e addirittura su organismi viventi, come quella che il Patent and Trademark Office (PTO) statunitense concederà su un batterio geneticamente modificato. Gli autori avevano tuttavia già allora chiaro come il sistema capitalistico negasse ogni differenza tra beni materiali e immateriali, riducendo l’informazione a merce.