lunedì 26 ottobre 2015

Storia senza storia - giocatina inedita di Bianca Mannu

Dentro casa a porta chiusa- 
mentre gatto fa le fusa -
una maga fa le carte
e non comunica la sorte
Una radio a onde corte
da notizie dritte e storte
una radio a onde medie
parla e canta per le sedie
una radio un suono irradia
modulando sua frequenza
dalla scansia della credenza.
In attesa sta la maga
che le paghino la paga
non buscata col cristallo
ma sudata su ogni callo
di pedoni doloranti
restituiti ai piedi santi
Con la crisi in certi casi
si sorvola e si fa stasi
Con la stasi e il contenimento
ecco pronto il licenziamento
Maga gioca scarta e spera
“male” - dice sua interna sfera
Or l’attesa si prolunga
Maga teme non le giunga
la sua paga e già mugugna
Allora il gioco lei prolunga
Lo prolunga fino a notte
Eran poche e son finite
le provviste crude e cotte
nel finale di partita
Dite voi che siete pronte
se la storia trova ponte
o se invece ricomincia
Quante storie avete viste
come questa vuota e triste?
-Maledetto sia il destino
che si veste da assassino!
Con solenne imprecazione
sminuisci la tensione
credi aver messo cavezza
alla strozza di salvezza.

Noticina
 Non si può essere sempre tristi e seccati perché le difficoltà sociali aumentano, perché i politici fanno i comodi propri e tentano di governare dividendo la società in frammenti contrapposti. Si ha bisogno talvolta di giocare e sorridere, malgrado i lutti. L'uso della parola creativa, del segno grafico, rendono possibile interpretare aspetti reali in chiave fiabesca o mitica o paradossale, senza comode elusioni.
Qualcuno osserverà: " Ma questa non è poesia e non è arte figurativa". Sicuramente un po' di ragione ce l'ha. Ma non me ne faccio un problema vitale. 
Non sono affatto una patita di Alloween. la "giocatina" in versi  e rime è nata per suggerimento delle parole che andavano a richiamarsi a vicenda nel modo che vedete, in un tempo e contesto lontano da ogni riferimento ad Alloween. La difficoltà di trovare immagini adeguate alla canzoncina, senza quell'allegria di maniera, imposta dalla ricorrenza divenuta commerciale, mi hanno forzato a pasticciare nel modo che vedete.
In Gran Bretagna la ricorrenza non era nata con quest'impronta, ma come rito collettivo apotropaico.
Comunque buon Alloween a tutti. (B.M.)




sabato 17 ottobre 2015

Un pensiero di Nelo Risi e alcune sue poesie


Dunque la poesia può benissimo disporsi sul crinale tra la gioiosa fissazione contemplativa e l'impatto, con la stessa temerità con cui si prende atto di una ferita o del suo cicatrizzarsi, con ciò che ci pare esterno, legato al conoscere, al sentire il conoscere come cosa che ti concerne, ti chiama in causa, si presenta come tuo problema.
Nelo Risi, morto a 95 anni, nel 2015, è vivissimo. Eccone alcune.

Le muse sono stanche
Abbiamo la poesia che meritiamo
tutta di serie tutta di comodo
così servile! a portata di guanto
perché teme la stretta di mano,
sporca quel tanto che muova il censore
una poesia per signore sole
o vagamente maschile, che sopravvive
in un'era di rampe e di scosse.

Telegiornale 
Stando nel cerchio d'ombra
come selvaggi intorno al fuoco
bonariamente entra in famiglia
qualche immagine di sterminio.
Così ogni sera si teorizza
la violenza della storia.

21  (da Pensieri elementari)
Quando il pensiero era ancora 
buona moneta di scambio
Misier Marco Polo mercante di Vinegia
percorse con umiltà la Cina
curioso delle cose che sono pel mondo
e ne tenne massimo conto

Oggi che il pensiero
è trasformato in merce
anche un cretino può viaggiare
dichiarando al suo ritorno che ottocento
milioni di gialli o rossi (come la mettiamo?)
non sono poi da sottovalutare

20 (da Pensieri elementari)
Negare quello che sappiamo
come se non ci riguardasse,
non inquietare il prossimo
e tanto meno se stessi, 
creare un diversivo
senza allarmi né scosse,
Non venire mai al punto -
perché in qualche modo si viva!
Ecco il comandamento nuovo.


venerdì 9 ottobre 2015

Da IL SILENZIO SCOLORA - silloge di poesie di Bianca Mannu

Rose rosse









Recise – cinque – rosse
a fiammeggiare
per due sere o poco più
entro la presunta aureola
che il lume della lampada
verserebbe sull’intimo
drappeggio della tavola –
se sulle guance e in cuore
già non fossi accesa tu


Cinque rose rosse
a bagnare di porpora
un alone d’attesa
esposto tra la fronte
e l’ombra delle ciglia
dove trascorre appena
un guizzo ratto e lieve –
il ritmo del cuore
fa premura all’accidia
del tempo incatenato
alla parabola del sole

Ma di cinque – come di molte
rose – l’ardore presto nereggia

Gualcisce la bella veste
e nell’onta della necrosi s’umilia
Cinque fulvo-vellutate rose
arrossarono un tenero richiamo
rutilarono appena una promessa
Tempo scaduto!
Hai gettato nel pattume
anche il ricordo?

domenica 4 ottobre 2015

Lo sguardo del poeta classico - inedita di Bianca Mannu









Dove giace - Poeta - il cristallino abisso
con che ricami su semplice carta
l’anima schietta e alma di natura
senza un eccesso colmo di sciagura?

Com’è che fra le dita e soave penna
ti nasce calmo incontro d’acqua e vento
che intreccia nodi di giocoso intento
invece d’evolversi  in empio sconcerto ?

Com’è che il lustro canuto della luna
come prece  muta travedi d’angeli
che sfuma? Infra stelle: quiete divina!

Un niente d’aria in figure s’accoglie
come vaghe  trame d’ali e lune
carpite al nulla e tramutate in canto.



Noticina. Sonetto in endecasillabi sciolti. 

Mi verrebbe voglia di chiedere all'eventuale lettore: "Dove sta l'intruso?"

martedì 29 settembre 2015

Rottamazioni di Bianca Mannu

Rottamazioni per ridere un po'.
Rottamazioni

…una bocca che boccheggia
una stringa che non stringe
una mano che respinge
un motto che motteggia
una ruota che non ruota
un quadrato che non quadra
un partito che non parte …
Via! mettili da parte
come vecchie prove d’arte
da spedire sopra Marte
Ma se Marte ti martella
puoi celarlo nella cella
e sia rete reticente
tra l’onesto e il delinquente
che attraversi la tua mente
Metti ben le cose a posto
se non vuoi pagarne il costo
Se è autunno pensa al mosto
che ribolle dentro i tini
Ti prepara aceti e vini
per scaldare pancia e cuore
ben sapendo che si muore
che si muore di fatica
che si muore di dolore
che si muore di risate
che si muore di pedate
che si muore come capita –
è la vita che precipita -
che si muore con il cuore
che si muore di tumore
che si muore per scasezza
di cibarie oppur d’amore
E si muore di moria
per troppo cuore tuttavia.




mercoledì 23 settembre 2015

Progenie di Ciclopi - di Bianca Mannu

Stralcio della raccolta ancora inedita Dove trasvola il falco

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Io - una di voi- ho mantecato
 e cotto il “pane nostru sin' e sale”,
lo “ zichi”, e il “pane salìu”
ho cotto del Campidano
e a milioni le “spianate”
delle cento città montane.

Le mie con le vostre mani –
officina d'alimenti essenziali
e di succedanei cibi
nelle frequenti carestie.

Io con voi - donne dei villaggi alti –
gli uomini dietro le bestie
spersi sui monti o vaganti
fra le stoppie ardenti delle piane -
noi- a scardassare ispide lane

 a filare e a tingere - noi –
 a disporre orditi e trame
per dar voce alle spole
dei silenti telai - noi sempre -

tessile industria di sussistenza.

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domenica 20 settembre 2015

Dal romanzo DA NONNA ANNETTA di Bianca.Mannu



Dal capitolo AROMA DI COTOGNE
Io non so se fu allora o dopo, se era autunno o altra stagione … Se il tavolo parato con luminosa tovaglia e vino rosso in caraffa era il tavolo apparecchiato per quella volta oppure no. So che nella mia mente esiste, al momento, un raccordo preferenziale e fluido tra quanto appena descritto e una seconda rete di percezioni e immagini; ma come se tutto il movimento, invece di essere definito e discreto, fosse durato e continuasse a durare indefinitamente …
Colpita da un odore penetrante e repentino che aveva invaso la “lolla”, mi avvolgevo meglio nel drappo guardando dai buchi dei nodi che fissavano le roselline. Snif snif; fango di gora e feccia di vino. Snif snif, sigaro toscano e muffa. Snif snif, cacca di pecora e piscio di gatto … Dietro zia Dora, che emergeva dalla mescita forbendosi le mani sui lembi della pettorina e chiamando a gran voce la madre, sopraggiungeva lui, zio Ernesto. Caracollava nello spazio libero, improvvisamente angusto della “lolla”, come un cinghiale appena sbucato da una forra, volgeva attorno il suo muso scuro e irsuto di setole rosse grugnendo a gran voce: “Bona festa, gomai Annetta!” e, adocchiata libera la colonnetta portaoggetti, vi deponeva con inattesa delicatezza un piccolo cesto coperto di frasche. Poi si voltava e vedendo il mio corpo infagottato bofonchiava: “Gesus! Unu pippiu dromìu” e, quasi di scatto, senza aspettare risposta, con un rapido dietro-front si precipitava giù per i gradini appena guadagnati. Zia Dora gli andava dietro strillandogli di fermarsi, così che nonna Annetta, messa sull’avviso dal vocio, irrompeva da sinistra per la porta della cucina marciando sulle sue alte polacche, una cocca del grembiule sollevata su un fianco, pronta a bloccarlo. Dovendo inseguirlo, lo chiamava a mezza voce in modo imperioso.

Lui s’arrestava di là, oltre il banco della mescita tra la vociante compagnia dei bevitori, lei di qua, composta e severa davanti allo scaffale dei liquori. E già gli allungava sul banco il bicchierino dell’Anisette, colmo. Come magnetizzato, egli si voltava, si avvicinava al banco, curvava religiosamente l’ispido capo sul bicchierino, poggiava i palmi delle sue zampe ai lati del piccolo calice come un prete che officiasse e sorbiva socchiudendo gli occhi e facendo tremolare i baffi. Poi, come volesse pigliare tra pollice e indice le ali di una delicata farfalla, rapidamente afferrava e vuotava il bicchiere arrovesciando il capo all’indietro. Ne seguiva un “grazias” e un goffo inchino. Mia nonna riempiva ancora il calice. E intanto che lui ne sgargarozzava il contenuto facendo scintillare i suoi occhietti, lei gli allungava ben avvolta in carta di giornale una bottiglia di quello buono per  “gomai Delfina, chi de parti nostra s’arregallidi”.

NOTA Traduco nell'ordine le espressioni in idioma sardo-campidanese
Bona festa...= buona festa, comare Annetta
Gesus,unu pip....= Gesù, un bimbo che dorme! Go 
....chi de parti nostra s'arregallidi = per comare Delfina da parte nostra perché si prenda cura di sé. 






venerdì 18 settembre 2015

I RACCONTI DI BIANCA di Bianca Mannu- brano

Fiela

(La migliore medicina)


 Quando era apparsa sopra di me la faccia di Suora Santina, avevo sentito che potevo girare gli occhi da una parte all’altra, ma non muovevo lingua e bocca, e non muovevo mani ed ero solo occhi. Invece udivo: Fiela, Fiela, e ho visto la mano, mano che toccava la mia fronte, le mie labbra. E a un certo punto sentivo la fronte, le labbra, le guance, la lingua, che cominciano a muoversi e comincio a sentire qualcosa di tiepido, un qualcosa che mi piace, un sapore, un sapore che fa il giro della stanza dove sta la lingua e poi comincia a scendere e a toccare luoghi lontani che non sapevo e saliva anche verso il naso – questo lo so dove sta. Ecco c’era il naso che annusava ciò che veniva da dentro e quella cosa che annusavo saliva piano piano dentro la testa e si spargeva dappertutto … Ah, ah, oh, oh, come sull’altalena, quando ho imparato a salirvi senza paura. Mi stavo, mi stavo … “scongelando”!
Allora non avrei saputo come dirlo, ma dopo ogni volta, uscendo dal buio e dalla trappola, è stato come vedere e sentire il solletico che fa il ghiaccio che si scioglie. E’ stato bello. Mi piaceva essere Fiela e abitare tutto il mio spazio dentro: mi allungavo, mi allargavo, andavo verso l’alto con un po’ di fatica per provare il piacere di scendere in fondo e appiattirmi sul luogo dove stavo poggiata. Stavo su un letto. E Suora Santina spariva  e riappariva e poi altre facce, altre mani, altri odori. Per quel che ne so, credo di essere nata così. E da lì sono scesa per andare nel refettorio, nel cortile, nella cappella, dove Suor Maria e Suora Annunziata cantavano e ancora  cantano il rosario con una voce che faceva e fa addormentare. 


"Mediante l’ampio uso del monologo interiore e del flusso di coscienza, interiorizzata e fatta propria la lezione della narrativa novecentesca, da Svevo a Pirandello, a Joyce a Proust, i personaggi, e con loro l’autrice, procedono in una continua ricerca di trasformare in meglio il senso della propria vita."- Prefazione di Katia Deborah Melis

mercoledì 16 settembre 2015

Voglio cullarti - Da IL SILENZIO SCOLORA di Bianca Mannu



 


Voglio cullarti

Voglio cullarti nel grembo del cuore -
Intanto che le spire il tempo avvolge -
Rapaci - sulle nostre albe veloci.
Gemma ai piedi del tuo silenzio e -
Inattesa - sorge … altra primavera?
Le nostre cime appaia. Di bianco poi
Infiora - come se di mandorli antichi
Ospiti prodighi fossimo di vita.
 


*Ho cercato di riposare dopo una certa fatica compositiva. E allora mi son detta che avrei postato qualcosa di leggero e di antico, cioè qualche verso allusivo di una stagione archiviata come un tempo felice dell'innamoramento.
Sorpresa! Non esiste. Il sentimento che abita questi versi vagheggia il suo possibile corrispettivo, ma s'imbatte in un silenzio che allude alla sua impossibilità. B. M. 

sabato 5 settembre 2015

Arbeit macht frei - Apologo inedito di Bianca Mannu

Nota -Cari amici lettori curiosi, oggi, adesso, propongo il quarto e ultimo pezzo di Arbeit macht frei. Ma prima ho necessità di spendere qualche parola. 
Il/la poeta non è sempre quell'essere leggero, e anche un po' enfatico, che guarda la propria anima bella o meno bella.Come tutti gli umani soffre di cose anche molto terrestri. Spesso il poeta, o chi vuole sentirsi tale, arriva tardi (Hegel lo diceva della filosofia) sugli eventi e piange o sorride quando tutto ha già avuto luogo in quel luogo controverso e difficile che è la"realtà". Spesso neppure si accorge - in senso squisitamente linguistico-poetico, preso com'è, sempre in sede poetante, dai suoi fantasmi intimi - che anche il suo dramma personale ha legami strettissimi coi drammi di tutti gli altri, dei diversi, degli incomprensibili, degli assurdi., e che ciò che dice prenderebbe senso se egli/ella si facesse intellettualmente e affettivamente carico di questo legame invisibile, ma profondissimo. 
Nell'usare quel motto come titolo, credo si capisca che ho voluto alludere, piuttosto che all'assurdità di esso in quell'orribile contesto di ostentato annientamento ora già inscritto negli annali della storia europea, ma all'effetto beffardamente sottile (ma non tanto) con cui risuona a fronte delle focalizzazioni che la parola - la mia, certo non esaustiva-  effettua sul contesto civile vivente, quello che tuttavia si autodefinisce e si proclama democratico e si fregia di voler vigilare sulla tutela dei diritti umani universali. 
Nel nome di questi diritti cominciò la nostra contemporaneità storica; ma è nella dimensione di questo  OGGI, -che si estende come un incubo nello spazio e nel tempo straniato, commisurato sul metro del profitto espropriabile - a essere posta in mortale pericolo la liberazione degli umani dal lavoro come coazione e come deprivazione, come controllo esteriore e assoggettamento, come  privilegio-diritto di alcuni di sancire la non-vita di altri, come perno su cui determinare  secondo "l'utile" l'autoannientamento  psicologico  degli individui "inutili".  B.M.

ARBEIT  MACHT FREI (ultima tranche)

Viste dal prisma sociopolitico

Ma dopo il secondo grande crack
a molte pance fatte vuote
la questione lavoro
puoi fargliela ingoiare
come liberalizzazione
come  nuovo senso del progresso 
come acquisto di speciale privilegio
come acquisito di merito… segreto 
Questa! la promozione
dell’individuo- risorsa
o dell’oggetto-lavoro
travestito da persona
Sostenga in cambio- con acquiescenza-
in tutti i micronesimi quozienti
di questo giorno biblico
della postindustrializzazione -
la libera lievitazione
del premiale frutto
in conto profitto
e in conto capitale
fino a che ne tracima tanto
quanto nella pancia di Moloch
ci può stare
e un poco -ma poco!- tracimare
sulle esistenze accidentali
dei nuovi disuniti proletari
Forse sarà meglio darne loro
 solo l’impressione -
per lubrificare a costo minimo
la sinergia degli apparati “strumentali”
produttivi dell’utile
in volatile forma di valore
E sia come la promessa
d’una nuova manna
avaramente misurata
sul nastro semovente
delle mense aziendali dismesse
per gli sciami ridotti
degli umani prescelti
studiatamente ammansiti  
politicamente aproblematici -
flessibili - comprimibili a vista
dell’interesse capitale.

Voci di coro
“Ascolta –o poeta –
come sia pacioso
l’ottimismo sotteso
nelle placide repliche
del futuro ipotetico
rinviabile ad libitum!”

Dramma del rentier 

Pure la fede prende a traballare
sulle scosse degli smagriti esiti
delle giocate finanziarie
tosto evaporate in fumus o vacuum
che - com’è noto – genera terrore
Neppure sospetti o ingenuo giocatore
che le tue quote di gioco
costate una fortuna e tante vite
abbiano subito - col medesimo gioco –
in più ameni siti altro trasloco
Ti brucia – o virtuale/o solido rentier-
quel segno meno che volta
in stupidi cartigli ogni tuo bene –
quello reale e il tanto perseguito.
Ti brucia come ferita viva sulla carne
l’effetto del miracolo mancato
lo senti come sangue che fugge
dalle tue magre  veglie sbalordite
l’avverti come sangue che suppura
nei tuoi fetidi incubi notturni
Torna in forma di doviziosa sorte
al tuo esultante figlioccio
questa tua pecuniaria“morte”.

Voci di coro
“Cosi sta scritto sotto
la “fraterna” morale
tra formiche e cicale.
Giosciua tentò elevarla
a spirito d’amore
ma sbagliò di gente
e morì forse per niente”.


Epilogo politico-giuridico

Ora il grifo basso sordamente
i tanti umani assiema
in troppo umani armenti
tra acredine violenta
e imbelle remissione
Siamo decisi a mutare ragione?
E invece – no.
E ricomincia la solita… canzone
del politico d’occasione

Voci di coro
 “Ma… e l’operaio?  il dipendente?
E quelli che l’assenza di lavoro
condanna all’impellenza?
A che pro cultura e scienza?”
- chiede il poeta balbuziente

Una faccia bolsa e quadra
che fa dei venti un vento e solo evento
alla luce d’una telecamera
davanti al servo microfono:
“Chi? Lui/lei/ciò?” ammicca
“Hanno mica voce
 e importanza ?-dileggia- quasi niente!
Mettiamo in mezzo
un fatto distraente
cablato stile “guerra fredda”
o anche il decrepito nuovo
tamtam con voto promissorio…
ci vuole niente a esser convincente”
Tutto esiste già come corrente
Lui parla e non inventa niente
Parla a mille echi
e a mille ripetenti
pasciuti e plaudenti
Sparacchia intorno con burbanza
alludendo a quelli della contraddanza
“Se per caso insistono a negare
e al creativo mio innovare
resistono volendo questionare -
con un colpo di penna
in codice di  legge
come regolare procedura esecutiva
statuirò che…
 non esistono!”


giovedì 3 settembre 2015

Arbeit macht frei- Apologo inedito di Bianca Mannu

L’Oggi

Il tempo dell’avvento dal ‘789  –
le guerre in mezzo come paravento -
durava fino all’oggi del ‘929…
Quando la borsa fece crack
più d’un signore conformista
ch’era rimasto nella pista
delle scommesse all’altrui scapito
commentò senza scomporsi:

Voci di coro
“Questo è un fatto naturale!
 Per quanto infausto sia l’ incidente
il progresso dell’ impresa individuale
sprona il furbo e l’intraprendente
mentre falcia l’ inetto e il perdente
Che ogni vivente pensi a sé
è l’invenzione più geniale che c’è
Il progresso va dove vuole andare!”

L’oggi – quello che continua nel subito -
prende posto in assoluto
sopra spazio e sopra tempo
che già erano esistenti
a misura delle genti
trae dai casi l’ordine del giorno
e lo affida alla rosa dei venti.
E si allunga (o si accorcia?) l’oggi
nell’adesso per la fretta
di restare lo stesso 
nell’accelerazione lineare -
mentre  tutto il peggio accade
e insiste a tempestare di lato
 e sopra la solita cortina di rumori
attutiti per arte per silenzio
 per fisica  distanza
e per la continua danza
dei messaggi divaganti
Restare! unico giorno uguale
rettilineo per sempre - frenetico
e issato a suono di fanfara
sull’incipit apotropaico 
del terzo  millennio –
era d’un cristo beffato e crocifisso -
per annunciare invece
l’immacolata concezione del profitto
con l’apoteosi misterica  e sacrale
della valenza pecuniaria
che  - senza dolore o affanno -
dicono partorisca altro valore
Ma se non figlia è danno!

Voci di coro
“Bisogna lavorare  lavorare
poco dormire magari saltare
domenica e colazione
L’uomo capitale
deve risparmiare
sul tuo salario
sul tuo orario
aumentando il cottimo
per arrivare all’ottimo
del suo profitto.


Alle fauci di Moloch

“Bisogna bisogna bisogna ” - mantra
che scorta l’incessante accolta
della “cosa” sostanziosa
per cui tanto è compressa la persona
Un dito astuto accenna a un’ora
che maliziosa come meta appare
tra il lusco e il brusco… fata morgana
e invece scampa nel suo farsi mora
che rapida in strani scricchiolii scolora …
Crack! Scrack! Crack
E allora nutrire ancora occorre
il nume  insaziabile dato per fecondo! 
Nutrirlo lautamente di “cose”
 come… il tempo/lavoro 
(ma liberato dalle voglie estrose
del suo scomodo gerente)
il tempo/consumo (fondato
sull’animale bisogno
che conferisce all’organizzazione
 lucro e potere da sogno)
 i tesori di Dite (si fa a cambio
coi morti - senza doverne lesinare)
e la signoria sulle persone
destinate per sorte ad eseguire
secondo la primigenia punizione.

Voci di coro
“Crack crack crack
Sali tu che scendo io-
ahi ahi ahi ahi!-
Ma intanto sempre io
resto nipote dello zio

Paperon dei Paperoni!”







Noticina- Seguira l'ultima tranche dell'apologo. B.M.