Il/la poeta non è sempre quell'essere leggero, e anche un po' enfatico, che guarda la propria anima bella o meno bella.Come tutti gli umani soffre di cose anche molto terrestri. Spesso il poeta, o chi vuole sentirsi tale, arriva tardi (Hegel lo diceva della filosofia) sugli eventi e piange o sorride quando tutto ha già avuto luogo in quel luogo controverso e difficile che è la"realtà". Spesso neppure si accorge - in senso squisitamente linguistico-poetico, preso com'è, sempre in sede poetante, dai suoi fantasmi intimi - che anche il suo dramma personale ha legami strettissimi coi drammi di tutti gli altri, dei diversi, degli incomprensibili, degli assurdi., e che ciò che dice prenderebbe senso se egli/ella si facesse intellettualmente e affettivamente carico di questo legame invisibile, ma profondissimo.
Nell'usare quel motto come titolo, credo si capisca che ho voluto alludere, piuttosto che all'assurdità di esso in quell'orribile contesto di ostentato annientamento ora già inscritto negli annali della storia europea, ma all'effetto beffardamente sottile (ma non tanto) con cui risuona a fronte delle focalizzazioni che la parola - la mia, certo non esaustiva- effettua sul contesto civile vivente, quello che tuttavia si autodefinisce e si proclama democratico e si fregia di voler vigilare sulla tutela dei diritti umani universali.
Nel nome di questi diritti cominciò la nostra contemporaneità storica; ma è nella dimensione di questo OGGI, -che si estende come un incubo nello spazio e nel tempo straniato, commisurato sul metro del profitto espropriabile - a essere posta in mortale pericolo la liberazione degli umani dal lavoro come coazione e come deprivazione, come controllo esteriore e assoggettamento, come privilegio-diritto di alcuni di sancire la non-vita di altri, come perno su cui determinare secondo "l'utile" l'autoannientamento psicologico degli individui "inutili". B.M.
ARBEIT MACHT FREI (ultima tranche)
Viste
dal prisma sociopolitico
Ma dopo
il secondo grande crack
a molte
pance fatte vuote
la
questione lavoro
puoi
fargliela ingoiare
come
liberalizzazione
come nuovo senso del progresso
come
acquisto di speciale privilegio
come
acquisito di merito… segreto
Questa!
la promozione
dell’individuo-
risorsa
o
dell’oggetto-lavoro
travestito
da persona
Sostenga
in cambio- con acquiescenza-
in tutti
i micronesimi quozienti
di questo
giorno biblico
della
postindustrializzazione -
la libera
lievitazione
del
premiale frutto
in conto
profitto
e in
conto capitale
fino a
che ne tracima tanto
quanto
nella pancia di Moloch
ci può
stare
e un poco
-ma poco!- tracimare
sulle
esistenze accidentali
dei nuovi
disuniti proletari
Forse
sarà meglio darne loro
solo l’impressione -
per
lubrificare a costo minimo
la
sinergia degli apparati “strumentali”
produttivi
dell’utile
in
volatile forma di valore
E sia
come la promessa
d’una
nuova manna
avaramente
misurata
sul nastro semovente
delle
mense aziendali dismesse
per gli
sciami ridotti
degli umani
prescelti
studiatamente
ammansiti
politicamente
aproblematici -
flessibili
- comprimibili a vista
dell’interesse
capitale.
Voci
di coro
“Ascolta
–o poeta –
come
sia pacioso
l’ottimismo
sotteso
del
futuro ipotetico
rinviabile
ad libitum!”
Dramma
del rentier
Pure la
fede prende a traballare
sulle
scosse degli smagriti esiti
delle
giocate finanziarie
tosto
evaporate in fumus o vacuum
che -
com’è noto – genera terrore
Neppure
sospetti o ingenuo giocatore
che le
tue quote di gioco
costate
una fortuna e tante vite
abbiano
subito - col medesimo gioco –
in più
ameni siti altro trasloco
Ti brucia
– o virtuale/o solido rentier-
quel
segno meno che volta
in
stupidi cartigli ogni tuo bene –
quello
reale e il tanto perseguito.
Ti brucia
come ferita viva sulla carne
l’effetto
del miracolo mancato
lo senti
come sangue che fugge
dalle tue
magre veglie sbalordite
l’avverti
come sangue che suppura
nei tuoi
fetidi incubi notturni
Torna in
forma di doviziosa sorte
al tuo
esultante figlioccio
questa
tua pecuniaria“morte”.
Voci
di coro
“Cosi
sta scritto sotto
la
“fraterna” morale
tra
formiche e cicale.
Giosciua
tentò elevarla
a
spirito d’amore
ma
sbagliò di gente
e
morì forse per niente”.
Epilogo
politico-giuridico
Ora il
grifo basso sordamente
i tanti
umani assiema
in troppo
umani armenti
tra
acredine violenta
e imbelle
remissione
Siamo
decisi a mutare ragione?
E invece
– no.
E
ricomincia la solita… canzone
del
politico d’occasione
Voci
di coro
“Ma…
e l’operaio? il dipendente?
E quelli che l’assenza di lavoro
condanna all’impellenza?
A che pro cultura e scienza?”
- chiede il poeta balbuziente
Una
faccia bolsa e quadra
che fa
dei venti un vento e solo evento
alla luce
d’una telecamera
davanti
al servo microfono:
“Chi? Lui/lei/ciò?” ammicca
“Hanno mica voce
e
importanza ?-dileggia- quasi niente!
Mettiamo
in mezzo
un fatto
distraente
cablato stile
“guerra fredda”
o anche
il decrepito nuovo
tamtam
con voto promissorio…
ci vuole
niente a esser convincente”
Tutto
esiste già come corrente
Lui parla
e non inventa niente
Parla a
mille echi
e a mille
ripetenti
pasciuti
e plaudenti
Sparacchia
intorno con burbanza
alludendo
a quelli della contraddanza
“Se per
caso insistono a negare
e al
creativo mio innovare
resistono volendo questionare -
con un
colpo di penna
in codice
di legge
come regolare procedura esecutiva
statuirò
che…
non esistono!”
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