venerdì 18 settembre 2015

I RACCONTI DI BIANCA di Bianca Mannu- brano

Fiela

(La migliore medicina)


 Quando era apparsa sopra di me la faccia di Suora Santina, avevo sentito che potevo girare gli occhi da una parte all’altra, ma non muovevo lingua e bocca, e non muovevo mani ed ero solo occhi. Invece udivo: Fiela, Fiela, e ho visto la mano, mano che toccava la mia fronte, le mie labbra. E a un certo punto sentivo la fronte, le labbra, le guance, la lingua, che cominciano a muoversi e comincio a sentire qualcosa di tiepido, un qualcosa che mi piace, un sapore, un sapore che fa il giro della stanza dove sta la lingua e poi comincia a scendere e a toccare luoghi lontani che non sapevo e saliva anche verso il naso – questo lo so dove sta. Ecco c’era il naso che annusava ciò che veniva da dentro e quella cosa che annusavo saliva piano piano dentro la testa e si spargeva dappertutto … Ah, ah, oh, oh, come sull’altalena, quando ho imparato a salirvi senza paura. Mi stavo, mi stavo … “scongelando”!
Allora non avrei saputo come dirlo, ma dopo ogni volta, uscendo dal buio e dalla trappola, è stato come vedere e sentire il solletico che fa il ghiaccio che si scioglie. E’ stato bello. Mi piaceva essere Fiela e abitare tutto il mio spazio dentro: mi allungavo, mi allargavo, andavo verso l’alto con un po’ di fatica per provare il piacere di scendere in fondo e appiattirmi sul luogo dove stavo poggiata. Stavo su un letto. E Suora Santina spariva  e riappariva e poi altre facce, altre mani, altri odori. Per quel che ne so, credo di essere nata così. E da lì sono scesa per andare nel refettorio, nel cortile, nella cappella, dove Suor Maria e Suora Annunziata cantavano e ancora  cantano il rosario con una voce che faceva e fa addormentare. 


"Mediante l’ampio uso del monologo interiore e del flusso di coscienza, interiorizzata e fatta propria la lezione della narrativa novecentesca, da Svevo a Pirandello, a Joyce a Proust, i personaggi, e con loro l’autrice, procedono in una continua ricerca di trasformare in meglio il senso della propria vita."- Prefazione di Katia Deborah Melis

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