domenica 26 febbraio 2023

CANTILENA DEL COSMO PIO - versi inediti di Bianca Mannu

 

     



1

In poche case con fiori nei cortili 

un pugno d’abitanti dai gesti gentili 

stanno stretti in silenzio robusto

praticato e offerto in olocausto                                              

all’alterna voracità dei tagliaerba.

Se oggi canta il tuo – il mio starà in riserva

domani il mio canterà il canto della cerva:

brani classici.

2

Le “domus” lievitando sui bassi atavici

o dal suolo issandosi come cespi strabici 

flirtano coi cirri dagli occhi dell’altana  

e all’ospite stupito fanno moine con le verande

dove insuperbita ristagna l’aria rusticana.

3

Ciascuna casa ha la sua castellana

che spazza e sciorina le lenzuola:     

un poco oscilla tra l’essere La Fata

e ben figurare nel ruolo di Befana.

Stessa lei che cura le rose dell’aiola

e per profitto - mai per minimo diletto -

il retro del cortile coltiva da ortolana.

4

I triangoli di prato sul suolo di prospetto -

li rade lei al noto modo inglese

suonando civilmente a turni e intese

la musica del tagliaerba tecnoevo.

Perché così va il trend nel nostro bel paese.

Andrà così finché il seccume del primevo

– Dio guardi! - non torni ad avanzar pretese

sull’uliveto, sulla vigna ed il maggese …

5

Andrà così finché la Fata o la Befana


deciderà di piantare tutto in asso -

di uscire nauseata dal budino

mollare l’orto il prato ed il bucato

piantare il perbenismo crasso

e l’imposto uggioso femminino

scagliare con impeto nel fosso!

6


Prevale invece il vezzo dell’abusata usanza

indotta dalla fisima di ubbidire alla natura 

dove si giura che regni sacra la costanza.

 Pur menomato d’ampiezza e di virtù – il prato

 sta lì come ci fosse sempre stato

 e non ricorda il ruolo antico di pastura  

 aspira a definirsi emblema di onoranza.

7

Malignino pure i lividi vicini

stupiscano gli alieni ficcanaso

 e sulla sua pelle ogni cane invidioso

si gratti la molestia di certi brufolini –

benigno rimasuglio trasformato

d’obliate zuffe per abigeato.

8

Non si sa più tra queste case

se nell’antico s’accendessero contese

tra i comiti del Re con spada e cappa –

e i contadini digiuni con la zappa.

Ai primi: titoli d’acque terre con armenti -

anche di braghe gl’infimi mancanti

vincolati a pigliar mai mercede

e loro stirpi mai poter mutar di sede.

9

Ma i miti abitanti di questo paese

ancora tengono  nove candele accese

a Santu Jacu - mediatore presso Dio

della storica miracolosa clonazione

dei bruti agresti a umana condizione.

10

Verdeggia intanto l’autunno solatio sulla collina

la pioggia irride l’aridità che altrove uccide.

 E ride d’acqua e sole la lucida berlina

dietro il cancello a spirali stile liberty -

ride dall’ultima volta che inghiottì

un pieno favoloso di benzina

nel bel mezzo della guerra in Ukraina.

11

Qualcosa d’altro e di natura nuova

all’occhio altrui porge e nasconde:

cosa trabocchi e qual ritorno d’onda viaggi

tra il nido di coppo e la leggera alcova?

Che pietra s’abbatta sui petrosi staggi?

Spire a tranci opprimono tetti e logge?

O sono anticipi di originali fogge?

Dentoni a schiera: gale per gronde?

Segnali uscenti a piccole e medie onde

dall’interno di certe grandi uova

di fasciame murario e ferree sponde.          

Ogni uovo vale una teca in prova

che - in maschera - arcani privilegi cova?

12

Il curioso –  da fuori – tenta intravedere -

ma estrapola il niente o raffigura il dentro

per analogia con quanto crede di sapere.

Il serio cerca e trova - pare portento

e insieme scoperta d’inattesa  bizzarria.

E scaglie trova! - di luci nette e toni décapés

sfuggiti e miscelati da intagli a “gelosia”

degli ampi schermi di metallo brûlé :

sarà l’ultima trovata  di chi ha lanciato

il probabile trendy in “stile intimité”?

13

Allo zenit il sole inonda campi e strade:

nulla si muove e al vento manca il fiato.

Una coppia di tortore soltanto

lancia di cuore il suo amoroso canto

- Shi Shin Pin! – esclama lei

- Dìmmì di sì! – risponde lui

- Sì tì dìssi -  ancora lei

E il dramma batte ancora sul tre

 in-de-fi-ni-ta-men-te!

14

Similmente i notiziari TV

ripetono con enfasi meccanica

i luoghi comuni e le vecchie novità

per i marziani distratti di quaggiù

assenti per affari o per lavoro

oppure occupati a compulsare

le lunatiche classifiche del calcio

in un momento di casuale intralcio


ai tassativi ritmi della produzione.

15

Ma verso l’ora del meriggiare aromatico

dei cibi posti a sfrigolare con l’erbatico -


quasi risposta a irrefrenabile richiamo -

si volge al desco ogni esausto Adamo.

E ancora ostaggio della gualcita tuta

o della divisa d’ufficio che non muta

- un felide smunto ed affamato –

aggredisce furioso quanto sta nel piatto:

ingollando  un boccone dopo l’altro

respira grosso e mai gli sembra tanto.

16

Entrato in fase di masticamento

il suo occhio da grifagno

si fa molle si fa stagno

indi strabuzza - fiammella al vento -

alfine illanguidisce per incanto

indi sta chiuso nell’abbraccio santo.

17

Non   è l’abbraccio di Santu Jacu

non è l’abbraccio di Gesù

ma di un narcos molto antico

molto più vecchio di Belzebù.

Il suo nome suona Morfeo

e non è  pezzo da museo

autentico nume – incorporeo illusionista -

che il bene umano mai perde di vista.

Nume che ottunde con coltri d’ovatta

i troppi bailamme della giornata -

che attenua la vista – rallenta il cuore –

asciuga il pianto su lutti e terrore.

18

Nelle brume di Morfeo

sembra ieri e l’altro ieri

il tempo d’ogni oggi

E d’ogni stagione  - questa pare

proprio la copia originale.

 

 


Nota dell'autrice

 Ringrazio i siti generosi che hanno donato foto e immagini. 

La ratio del villaggio globale si attorce in eterna emergenza senza capirla e capirsi, dunque senza imboccare la  via di una discorsività non guerreggiata.