In parziale riferimento alla complessa articolazione tra la sfera delle esistenze materiali e quella della simbolizzazione, senza poter entrare nel merito dei complicati teoremi e ragionamenti che Žižek distende attraversando gli immensi campi del pensiero filosofico, scientifico e artistico, e un po’ collegandomi alle precedenti esposizioni, cercherò di ripartire dal seguente quesito: il mondo immateriale delle idee e quello materiale delle cose naturali fisiche si parlano o non si parlano?
Una prima risposta suona grosso modo così.
La totalità-mondo risulta del tutto inaccessibile e noi manchiamo
sempre e per sempre il bersaglio della conoscenza di quanto starebbe dietro
l’apparenza fenomenica. Perciò possiamo parlare in termini di verità relativamente
alle nozioni parziali e temporanee relative a quanto la soggettività umana è in
grado di cogliere mediante le sue categorie. Esse ci forniscono solo una schedatura
fenomenologica. La verità circa il Tutto sotteso ai fenomeni ci è preclusa. E si
può dire che questa posizione corrisponde alla concezione kantiana e ai suoi
prosecutori. E a questo punto il nostro
Autore sottolinea che la pretesa di parlare o di far parlare il Tutto in prima
persona è un distorsione ideologica che esige un Garante/Dio esterno al
processo teoretico
Si dà, però, una risposta alternativa. Alcuni
pensatori, scienziati, filosofi e teorici psicanalisti, per esempio Deleuze e
Lacan, interlocutori preferiti di Žižek, sostengono che “la cosa là fuori” non
è affatto scritta nel linguaggio dei numeri o di altri concetti e che sarebbe
nostro compito di decrittarla, come argomentava Galileo. Ma “La cosa là fuori”
non bussa tutta intera, avanza per elementi parziali, come cosa simbolicamente
opaca, e poiché non trova la sua casella simbolica, crea problemi di natura
logica e linguistica. Quando i problemi, diciamo d’incasellamento si
accumulano, irrompe nella continuità discorsiva ideologica come non-senso, come
elemento linguistico paradossale che si inserisce negli interstizi, nelle
discrasie tra significati e significazioni interompendone il flusso e segnando
l’emergere di un nuovo o possibile significato, il quale venendo in superficie
e configurandosi come paradosso, scombina l’assetto esistente delle
concatenazioni, definisce un nuovo campo di significati, e, se vince la
partita, torce e assoggetta a sé quelli vecchi. Ma tutto questo non avviene
pianamente, come la vicenda di Galileo insegna, il quale ha dovuto inventarsi
filosofo per tentare la difesa della sua
teoria astronomica. Come dire che ha dovuto compiere un intervento di
natura politica nell’ambito delle scienze fisico-astronomiche, in
quanto il Padrone del discorso era appunto il Sant’Uffizio, il quale è rimasto
molto offeso per essere definito “Simplicio”.
E questo è come dire che gli effetti di verità si ottengono comunque a
livello della discorsività, la quale però, in certe condizioni, ha mezzi molto
convincenti, come appena detto e avviene come avvenne nella vita di Galileo.
Si prospetta però
anche una terza possibilità, ossia che la verità parli di persona? La
risposta per bocca del Freud/Lacan di Žižek e di Žižek stesso mi appare grosso
modo così «Sì, qualcosa emerge dal coacervo materiale, manifestandosi come
sintomo, qualcosa che emerge come problema, come quasi-parola che stride, come
istanza che richiede un lavoro di trasformazione e pretende di prevalere
acquisendo, per così dire, esistenza importuna e semiclandestina per il tramite
di un individuo umano.
Però questa terza possibilità fa tutt’uno con
la seconda precedente, perché la totalità del mondo non si
presenta di persona, bensì tramite il qualcosa senza luogo
(ciò che non ha collocazione nei significati esistenti) Questo qualcosa più che
nascere come cosa che dice nasce come cosa che prova a dire o che denuncia ed annuncia, un qualcosa che
irrompe e fa reagire a muraglia i vecchi
fantasmi simbolico-linguistici. (I muri e le muraglie, sia fisicamente
costruite che solo minacciate-progettate, sono anche il sintomo tetragono di un
reale che oppone resistenza) .
In questo senso,
dichiara Žižek, Gesù è «Uno di questi oggetti che parlano… le sue parole sono
un ottimo esempio di quell’”Io, la verità, parlo” che si profila in
coincidenza con la morte del Grande Altro/Dio».
Ossia la comparsa di
Cristo nella storia, il suo dire e il suo dover morire a causa del senso
misconosciuto/rifiutato del suo dire/fare, indicherebbe che la presunta e
biblica presenza-parola garante di Dio-Verità assoluta, (infeudata a un
Padrone: Sinedrio, Sapere Autoritario, per esempio) diventa da quel momento
impossibile.
Dunque resta esclusa
l’intromissione del Testimone-Dio o Grande Altro a garanzia d’una presunta
rivelazione totale del mondo là fuori sempre uguale a se stesso. E
correlativamente risulterebbe inadeguata l’idea che l’attività sia una
componente esclusiva della soggettività umana, ciò che riproporrebbe l’idea di
una Mente attiva e ordinatrice, opposta alla fissità materiale delle cose.
Forse sarebbe il
caso di sostenere l’ipotesi, dice Žižek,
che il faticoso procedere del divenire scientifico, interrogato
filosoficamente e dunque politicamente, a parziale rettifica della curvatura
ideologica fuorviante, sia la sola verità possibile, mai esaustiva e completa,
perché la così detta realtà stessa è un movimento di elementi materiali e di
pensiero, perché “il Reale non è semplicemente esterno al Simbolico, ma è,
piuttosto, il Simbolico stesso privo della propria esternalità, della sua
eccezione fondante”. Eccezione fondante
che, se ho ben capito, è l’interruzione della chiusura ideologica ad opera del
Reale non ancora simbolizzato che s’impone nella forma di elemento sintomatico.
In L’oggetto
sublime dell’ideologia Žižek riferisce che Lacan ha attribuito a Marx
l’invenzione della nozione di sintomo. E dedica a questo tema un intero
capitolo per dimostrare che Lacan asserendo quanto sopra non ha fatto una
battuta di spirito, ma una deduzione teorica ben fondata, a dimostrazione che i
tempi dell’invenzione e della ricerca si possono incrociare in modo
sorprendente indicando la distribuzione ineguale dei campi di ricerca
scientifica, la quale in fondo dice la
verità nello scoprire che non c’è
nessuna identità negli oggetti e nei soggetti e che non esiste una garanzia preliminare sulle
connessioni e sugli effetti retroattivi di un concetto.
Dunque, se ho capito
una briciola di tutta la complessa sequenza logica che attraversa i saggi
menzionati, il mondo monolitico al quale chiedo se davvero corrisponde
alle idee che me ne sono fatta o che mi hanno infilato è solo effetto di una
distorsione a livello della struttura ideativa, ineliminabile come
struttura, ma rettificabile nei suoi effetti.
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