A scuola da Žižek
Mi propongo di
scrivere qualche riga di riferimento ad alcuni saggi di Slavoj Žižek.
Intanto chi è Slavoj
Žižek?
Vado a rilevare i
suoi dati dal ripiego di copertina di un suo libro particolarmente impegnativo:
L’oggetto sublime dell’ideologia
alla terza edizione (2012)
Nato a Lubiana nel
1949…”è fra i più innovativi pensatori del nostro tempo. Insegna nella sua
città natale e in molti atenei americani e europei”.
Autore di moltissimi
saggi, tra cui Organi senza corpi,(2012),
ha appena pubblicato i primi due tomi del suo capolavoro filosofico “Meno di niente”, di cui ancora niente
so.
Perché evocare questi
suoi saggi assai complessi – e di cui in
verità non potrei riferire granché, data la mia poca perizia filosofica?
Intanto ci provo perché
credo che il caso giochi un ruolo importante anche negli incontri migliori. E
io sono molto contenta di essere incappata a naso nei suoi titoli e quindi in
qualcuno dei suoi libri che si sono subito rivelati difficili, concettosi, ma
anche ricchissimi di riferimenti e di modi interessanti di considerare questioni anche molto concrete.
Penso che non
bisogna soggiacere alla nostra pigra ignoranza di persone comuni, costantemente
inadeguate alla condizione adulta. La mania dilagante di praticare sport di
ogni genere, anche pericolosi o estremi, a fronte della fobia o del rifiuto a misurarsi
con le meno ovvie articolazioni del pensiero, indicano quanto meno una sorta di
immaturità umana, che certo torna comoda a coloro che su tale immaturità
fondano il loro potere. Ma l’indeterminatezza dell’essere umano consente
inversioni di rotta, se volute.
Proprio Žižek, in Organi senza corpi dice, ma io lo
ripeto semplificando a mio modo, che l’essere umano sprigiona una quantità di
energia sessuale in eccesso, tale che il suo straripamento in ambiti confinanti
comporta la produzione indiscriminata di significati metaforici e allusivi. Il
suo eccesso deriva da un’impasse strutturale per cui essa non raggiunge mai il
proprio obiettivo, ossia la piena quiete, in quanto la sua realizzazione
richiede la partecipazione dell’altro, comportando per tale fatto, una non perfetta
sincrasia. Insomma è a partire dalla sessualità, dal suo non restare interna a
se stessa, che prende a strutturarsi il
linguaggio. Dislocandosi oltre il corpo mediante l’organo simbolicamente
divelto, desessualizzato, il fallo di castrazione, funge da significante
vuoto (organo senza corpo), ossia da elemento fantasmatico, neutro, il quale costituisce
il punto d’incrocio tra le serie non corrispondenti biunivocamente dei significanti e quella
dei significati.
Se, a causa
dell’eccedenza della sessualità oltre il suo luogo, tutto diviene allusivamente
sesso, allora ciò che è per natura neutro può essere sessualizzato. Infatti nel
momento in cui il fallo divelto
circola come significante, può farlo in quanto deterritorializzato, cioè
privato del significato sessuale e carpito entro l’ordine simbolico che, pur
sorgendo dal corpo, non è corporeo. Per contro un’attività asessuale, neutra,
si sessualizza nel momento in cui “non
riesce a conseguire il suo obiettivo asessuale e s’intrappola nel circolo
vizioso della ripetizione fine a se stessa” e “cominciamo a godere proprio
della ripetizione «disfunzionale» di questo gesto e con ciò sospendiamo il suo
servire a qualcosa.”
Che cosa significa questo? Io, per il mio modesto comprendonio,
lo traduco cosi: scrivere lettere al mio
uomo lontano mi piace perché in tal modo mantengo viva la relazione. Se nel
frattempo la relazione si è sfaldata e se, pur essendo finito il motivo per
scrivere, io continuo a farlo, è perché ci ho preso gusto, mi sono innamorata
della scrittura a prescindere.
Accade un po’ la
stessa cosa (attenzione: l’esempio è mio!) al feticista, il quale, per un
inghippo o trauma nella sfera della sessualità, sposta la sua libido,
liberandola dalla fascinazione verso i requisiti sessuali del partner e dirigendola
sugli oggetti che hanno rappresentato o sono contigui a quei requisiti, i quali ora attirano per
se stessi, sono cioè il vero oggetto dell’investimento libidico del feticista.
Ho volutamente
estrapolato, fra i tanti, questo aspetto della trattazione, per dire che forse
è il caso di tentare letture impegnative allo scopo di maturare e imparare a
pensare e ad argomentare. Magari ci innamoriamo di un certo tipo di testo a
prescindere dall’utile ricavabile. Godiamo nel leggere testi impegnativi.
Mi sembra, dunque, che un po’ di audacia consenta di conseguire qualche sensibilità, se non vere
e proprie conoscenze, permetta di deporre qualche pregiudizio o luogo comune
che ci fa gattini ciechi in preda a comportamenti compulsivi indotti, che ci fa
succubi di narrazioni depistanti rispetto all’esercizio, certo difficile e
faticoso, dell’intelletto su problemi che ci riguardano, che ci attraversano,
persino, rimanendo ignorati.
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