Una mattina il sole fece l’occhietto
all’uomo con gli stracci e lui non si levò
Col suo più lungo raggio - il sole
frugò tra l’erba dell’aiola:
perché tinto di rosso vide
il sasso.
Con quel rosso il sasso si spiegò.
Arrivarono uomini in divisa:
confusione tanta anziché no.
Al sasso fu data la qualifica di arma:
ma chi nella notte quell’arma sollevò?
Interrogato - il vento rispose “niente so”.
Al sole né quesito né risposta
proprio razionale non sembrò.
Morta – per sé con voce calma
allungando i raggi commentò
disponendosi a calare …
“Neppure il sole ci sta più con la testa!”
deplorò un brandello di straccio
rimasto a penzolare tra il cespo
di fiori bianchi dell’unico oleandro nano
che dava il suo amaro a una pattuglia d’api.
“La testa ci sta, ma è sbagliata la lettura
del commento: morta è la
verità
ancora prima del colpo di teatro”-
Così pareva che il sole rispondesse.
Ma era l’effetto d’un cirro agitato e scuro
che il vento lanciava sul disco allucinato.
Così fu stabilito e rubricato.
Eppure il guizzo della nuvoletta
con roco accento affiorante dalla pancia
sembrava a pochi umani sentenziare:
“Solo chi ha ben vissuto
può morire
e muore vagliandone il perché.
Tanti di noi umani –
svuotato il cranio
da ogni accurata riflessione -
tremiamo ad ogni schiocco -
ma morire non possiamo:
da sempre morti siamo!”
Il disegnino - ahimè - è mio, fotografato con la Fuji Film
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