Hai un cognome strano! –
È un pretoriano d’oggidì
venuto ad apostrofarmi
da sotto i galloni del kepì
« Ecco … - ride per allettarmi -
ecco - una stellina bruna
t’appunto sul pastrano … »
Ed io: - Rifiuterei il galano
« Niente di personale – dice
-
solo un piccolo segnale
per i distinti da implicare
in questa - qui o là –
semplice guerra universale -
impossibile glissare»
Sarò merla o gazza?
-
Ora con la stellina di bronzo
e il nome un po’ balzano …
… in quale guerra m’insinuo
con gli attributi di razza?
« Aspetta un semestrino
ché ti spedisco a Gaza!»
Penso:- Con gli occhi a mandorla
e la pelle tinta d’Africa
potrei fingermi creola
ma penserei che la metrica
dell’idioma mio parlato
non corrisponda al fatto
Ecco - perciò stesso
sarò statua di gesso
davanti al quesito censorio
dell’odierno milite littorio
Se fossi come non vorrei e sono
mi darebbero della poco di buono
sarei spinta giù con acribia
in fondo al rione Carestia
Se andassi a finire a Gaza
in piena pandemia
riceverei il vaccino tuttavia
e - non per i miei occhi a mandorla -
sarei cacciata via
perché avrei compiuto
- in anni - ottanta primavere!-
sbagliando d’epoca e di geografia
Dopo tutto – se un po’ ci pensi
e comunque io mi dichiari -
dubito che scamperei alla follia
d’esser preda della guerra a pezzi
o della guerra … purchessia
Una metafora, certamente, ma che allude non troppo esilmente, al ritorno del già accaduto, come se fosse impossibile superare un'efferatezza senza causarne un'altra con nuove vittime non colpevoli. A meno che non si voglia sostenere che le genia delle antiche vittime abbia acquisito per l'eternità il diritto di rivalersi su coloro che la casuale indifferenza "dei salvati" abbandona al volere oppressivo dei nuovi padroni. (bm)
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