Considero che a marzo i temi della
“questione femminile” tornano per qualche giorno alla ribalta mediatica, dove
sembra stancamente ripetersi il rito della donna tuttofare, santificata a
parole e perciò meglio ingannata. Questo rito festivo, ora molto banalizzato e
commercializzato, serve anche a far calare un siparietto attivatore e complice
della distrazione sonnambolica sulla condizione femminile, ponendo l’accento
sulle macroscopiche discrasie che affliggono i paesi, diciamo culturalmente non
occidentalizzati. Come se da noi, nell’Occidente, detto democratico e super industrializzato,
avessimo conquistato davvero la parità di genere.
Riprendiamo i riferimenti
extralinguistici di una parola: MASCHILISMO, entrata ormai nel vocabolaro
quotidiano.
Mica è sempre esistita questa
parola! Anche se l’effetto linguistico è
proprio quello risultante dalla sua
codifica.
Incardinata nel sistema dei suoni, dei
segni, della morfologia, della sintassi, dei significati e delle loro
relazioni, dei riferimenti e delle pratiche attinenti - è come vi fosse da sempre inscritta e, come
tale, suscettibile di usi retroattivi, fattuali e ipotetici, la parola «MASCHILISMO»
è invece figlia della storia recente, anzi attuale e già misconosciuta o dimenticata.
Compare assai tardi rispetto alla
nozione di «FEMMINISMO», a torto ritenuta di significato opposto e quasi da
esso derivata.
Andiamo per gradi.
Una prima definizione riguarda il FEMMINISMO
come movimento politico, culturale e sociale, che pone in discussione gli
esistenti rapporti di potere tra i sessi.
La nascita di tale movimento conosce
alcuni antefatti durante la Rivoluzione Francese, ma vede il proprio sviluppo
teorico e pratico durante l’800 in Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia.
In realtà sarebbe corretto parlare di «femminismi» tenendo conto della variegatura delle posizioni
assunte nei diversi contesti e tempi dalle sue maggiori rappresentanti.
Cito testualmente da Wichipedia:
“Le
origini del termine “femminismo” si possono rintracciare in due ambiti diversi:
·
all’interno della letteratura medica francese, in cui veniva
usato per riferirsi a un indebolimento del corpo maschile;
·
nel contesto delle mobilitazioni per il diritto di voto
in Francia.”
Hubertine Auclert lo utilizzò nella sua
rivista <La Citoyenne> il 13 febbraio del 1881.
Nel citato sito Internet potete trovare
un’ampia documentazione storico teorica del movimento femminista in Europa e nel mondo, nelle sue diverse fasi
di sviluppo, espansione, riflusso e intrecci con altre battaglie civili e
politiche.
Che ne è dell’accezione «MASCHILISMO»?
Di certo non è un movimento, né un
partito politico, né un’associazione o un’entità che si sia data un nome o un
simbolo per contestare o realizzare
alcunché.
Allora bisogna ragionarci un po’ su.
Intanto il suffisso «ismo» indica che il
termine non fa riferimento a una condizione naturale, ma a una
posizione ideologica, culturale, politica. E, sotto questo riguardo, sembra
omologo a «FEMMINISMO».
Ma come abbiamo accertato, quest’ultimo
termine fa riferimento a eventi e atteggiamenti storicamente inediti che hanno
dato vita a veri e propri sommovimenti organizzati di persone, volti a denunciare la crisi e/o a scuotere
certi assetti sociali consolidati mediante lotte molto concrete, talvolta
drammatiche e sanguinose.
Perché questa differenza nei riferimenti
fattuali?
L’origine o passaggio dalle culture matriarcali alle
culture androcentriche o patriarcali si perde nella notte dei tempi. E su tale
tema la parola specifica spetta alle scienze antropologiche, capaci forse
di dar voce a tracce molto ambigue e obsolete.
Noi, civiltà del simbolo, abbiamo
conosciuto solamente ordinamenti sociali
economici e giuridici fondati sulla centralità del patriarca, sulla
subordinazione ad esso della soggettività femminile, fino alla perdita di ogni
forma di auto percezione indipendente.
La civiltà androcentrica non si è
definita come tale, si è ritenuta, anzi si è posta e imposta come «la civiltà»
tout court, senza limitazioni e aggettivazioni.
Agli albori della divisione sociale del
lavoro, le donne costituivano il gruppo sociale già discriminato e privato
dell’immagine autoctona della propria soggettività. Così parrebbe.
La società patriarcale si rappresentava e ha continuato a
rappresentarsi come olistica fino allo sviluppo del Capitalismo, allorché, per
impulso coercitivo a liberare le forze produttive cristallizzate nel vecchio
ordinamento feudale, ha scoperchiato il vaso di Pandora, che ora, a singhiozzi, tenta di richiudere o
di controllare.
In quelli e in questi moti di rinnovata lotta delle classi,
di emergenza di nuove soggettività variamente organizzate, il movimento delle
donne non poteva non trovare la via per emergere e intessere con l’assetto
preesistente rapporti assai articolati e
ambivalenti e anche lottare duramente contro di esso e contro i suoi ordinamenti.
Come sempre le lotte si sviluppano a
vari livelli: dall’astrazione teorica alla concretezza corporea e viceversa, in
faticosi intrecci, nei quali i corpi dei singoli soggetti/persona sono
coinvolti, attraversati e feriti non solo dalle tensioni liberatorie e/o
assoggettanti, ma dalle insidie, anche fisiche, che i lottanti mettono in
campo.
Le parole in uso assumono allora una
valenza importante, altre vengono forgiate sul campo, perché siano incisive o
pregne del significato e della tensione del momento. I movimenti progressisti
hanno bisogno specialmente di parole rivelatrici di verità trascurate …
Andando alla ricerca di documentazioni
sulla parola «MASCHILISMO», mi riesce
solo di puntare la piccola luce della mia debole pila su vapori di lotta ancora
caldi e fumanti, benché col fiato corto del riflusso …
Inequivocabilmente avverto il tono del
dispregio che incrocia quello dell’arroganza per quanto ha la pretesa di voler
sopravvivere alla propria già decretata morte storica e per quanto spinge per
dare fiato alla propria esigenza vitale …
La parola «MASCHILISMO» pare esser nata
nel fuoco della battaglia nella quale molte donne, armate della scoperta di una
soggettività possibile, si sono rivoltate ai loro antichi focolari …
vogliose d’un’umanità meno schiacciata sul disegno di un’ insormontabile
impronta animalesca … ancorché dipinta di sacro per meglio incutere la fissità
panica dell’assoluto.
Scoperta di una soggettività che attende
la sua ripresa, la sua riattivazione;
perché le cose della storia non sono mai assodate per sempre.
Modestamente, com’è giusto che sia, mi
sono piegata sul dizionario dell’uso, quello formato da vari e pesanti volumi …
Accanto alle sue notazioni
terminologiche vedo un (CO) come comune
e una data: 1937… Data del conio? C’entrano in qualche modo i
futuristi?
E dopo la parola capofila, ecco una
piccola teoria di termini derivati e
contratti, con «ista», «ismo», «istico»
in coda, e quasi tutti accompagnati da numeri che sembrano date della nostra era
cristiana … Sono quelle date che scendono sui piedi del secolo passato e che ci
hanno conosciuto già adulti?
Sì, credo proprio che la parola «MASCHILISTA»
e i suoi derivati siano il segno di una lotta, tutt’altro che relegata alla
lingua, la quale attende ancora di svilupparsi e portarsi a compimento.
In questo vespro della democrazia
italiana, in cui il vecchio e il becero si spaccia per nuovo, e il buono non ha
avuto abbastanza vita da produrre i suoi frutti, tutti i gatti sembrano bigi e
impegnati a strapparsi i bocconi reciprocamente, e che non sia dato niente
altro alla platea degli italiani viventi se non di assistere a questo desolante
spettacolo... Ebbene, su questo
palcoscenico, femminismo e maschilismo
sembrano potersi disporre in semplice funzione oppositiva, come due
astrazioni prive d’anima e confuse dalla nebbia esalante dalla palude dell’esistente … che appare, ma non è
affatto, neutra.
Più d’uno, capitano o centurione, con
facile “benaltrismo”, continua a ingannarsi, specialmente a ingannare, inducendo l’idea che i diritti
civili siano inconciliabilmente alternativi rispetto a quelli economici e
viceversa. Non diamogli credito: non è disinteressato. Ricordiamoci che nel
frattempo i cesari distruggono i
presupposti materiali e umani per gli
uni e per gli altri.
Che fare?
Dovremmo rammentarci anche che il cesare
di turno ha solo il fiato che gli diamo.
E ha nessuna importanza se il suo cognome inizi con R o B o X, mentre importa
che si dichiarino FEMMINISTI (e di quale femminismo!) uomini di potere che si
circondano di figure femminili ancillari,
le quali tornano buone per rappresentare invece la presunta,
culturalmente imposta e psicologicamente introiettata minorità costitutiva intellettuale
e sociale del genere femminile.
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