Su I racconti di Bianca EdizioniTHOTH
dice KatiaMelis
nella dotta prefazione al libro: “…Bianca Mannu pare rivendicare a sé, al suo
passato, al presente e al futuro di molte altre donne quel senso di libertà
fuori da ruoli precostituiti opprimenti, capaci di appiattire e, poi,
soffocare, ogni velleità di essere e di sentirsi essere.”
Dice Maria
Rosa Giannalia in una recensione “Le sei donne
protagoniste dei racconti scandagliano in profondità la consapevolezza delle
rispettive esistenze, in situazioni diverse, tutte legate dall'angoscia
della quotidianità che incalza le loro vite….. Scannerizzando le
proprie vite, apparentemente diverse, le sei protagoniste ricercano e trovano
il nucleo essenziale del proprio esistere. E fatalmente si accorgono di nonesistere o meglio di
esistere solo in quanto “che cosa” e non in quanto “chi”.
Dice Florio
Frau: “È il linguaggio che evoca e crea. E fa pur sì che le vicende siano
fantasmi di luce, vita di parole. E il linguaggio è il mare magnum in cui e con cui vive il nostro essere, si crea, si
manifesta. Più si è “bravi “ nel
servirsi della propria lingua in ogni fase, più sarà reale, credibile, il
nostro esser, linguisticamente, “veri”.
Dice Alessandro
Carta (in Gazzetta del Sulcis/Iglesiente): “Due sono gli elementi
che emergono in maniera evidente…:la figura della donna sempre dignotosa e
compassata; il pieno rispetto della grammatica … e del lettore, che non viene
avvinghiato ( negli stereotipi narrativi) ma lasciato libero di godersi una
sana lettura”.
Che cosa
dico io in veste di autrice?
Questi
racconti non sono nati in tempi ravvicinati fra loro e nemmeno in un passato
recentissimo. I più antichi hanno quasi trent’anni, i pù recenti tre o quattro
anni.E ciò potrebbe essere rilevato esaminando le temperature linguistiche e gli apporti culturali che vi
risultano involti. Sono donne le protagoniste.
Com’è
noto, dietro ogni personaggio si nasconde l’autore o l’ autrice col suo vissuto
e le sue problematiche, il suo modo di pensarsi vivere e di concepire il mondo:
un sostrato più o meno intriso di cultura, di esperienza e di idee che s’impasta,
si definisce, si altera, si complica e assume figura entro la logica del
meccanismo linguistico aprendosi alla condivisione quale messaggio narrativo.
Nel mio caso il narrare non insiste sulla
scena dell’azione, ma interroga e s’interroga, scavando nelle motivazioni e nella
natura dei contraccolpi psicologici e corporali che il vivere procura, e non
cerca di confezionar(si) facili consolazioni.
Come autrice
sono colpevole del fatto di concedere poco ai meccanismi della narrazione
filmica, degli intrecci e dei colpi di scena. Per conseguenza mi permetterò,
ribadendo i suggerimenti di chi mi ha esaminato e commentato, di indicare alcune chiavi
di lettura.
Il
protagonismo dei sei personaggi femminili si sviluppa nell’ambito di un
antagonismo col maschile, colto in certe apparenze morbide, recessivo
nell’intreccio narrativo. Ma il timbro della virilità autoritaria viene disteso
in sottofondo ed è offerto nelle impronte della propria incombenza tramite gli
elementi dati come oggettivi (il mondo
così come appare), quasi a mimarne una
condizione apparentemente neutra, entro la quale la protagonista gestisce la
propria fondamentale solitudine e un senso di sé ambivalente, incerto, persino faticoso e doloroso. Il
dialogo col partner (Altro, come custode del more solito) si sviluppa per lo
più come monologo interiore, dunque si svolge prevalentemente in modo virtuale e persino
sommesso, ma, proprio perciò, lucido.
Chi
vorrà leggere “I racconti” noterà anche che lo sfondo in cui ha modo di
svolgersi l’azione, o la sua rimemorazione, è quello di una coscienza che acquista
una certa trasparenza in situazioni in cui può sottrarsi, almeno parzialmente, ai
condizionamenti esterni (nel sogno, nella malattia, nello stato di
innamoramento, nel lutto, nella delusione amorosa), in quanto "luoghi" nei quali il
linguaggio subisce meno la censura del controllo morale, ius patri. Essa ricupera quei messaggi
del corpo e della psiche che sono portatori di istanze di verità, parzialmente
li traduce in considerazioni lucide o nell’aspirazione ad attingerle, sapendole
appena valide “per la comunicazione interna”, ma quasi prive di cittadinanza
fuori da quel contesto solitario.
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