venerdì 17 giugno 2022

Metafora per oggidì - Guerra ... purchessia - inedita di Bianca Mannu

 

Hai un cognome strano! –

 è un pretoriano d’oggidì

venuto ad apostrofarmi

da sotto i galloni del kepì

« Ecco …  - ride per allettarmi - 

ecco - una stellina gialla

t’appunto sul pastrano … »

 

Ed io: - Rifiuterei il galano

« Niente di personale – dice -

solo un piccolo segnale

per i distinti da implicare

in questa  - qui o là – semplice

 guerra universale -

impossibile glissare»

 

Sarò merla o gazza?

 - Ora con la stellina finto oro (!) -

e il nome un po’ balzano …

… in quale guerra m’insinuo

con gli attributi di razza?

« Aspetta un semestrino – dice -

ché ti spedisco a Gaza!»

 

Penso:- Con gli occhi a mandorla

e la pelle tinta d’Africa

potrei fingermi creola

ma penserei che la metrica

dell’idioma mio parlato

non corrisponda al fatto

 

Ecco - perciò stesso

sarò statua di gesso

davanti al quesito censorio

del milite littorio

Se fossi come non vorrei e sono

mi darebbero della poco di buono

sarei spinta giù con acribia

in fondo al rione Carestia 

E dopo – se un po’ ci pensi –

dubito che scamperei alla follia

d’esser preda della guerra a pezzi

o della guerra  … purchessia

 

È stato già:

per astratta remissione

nella seconda ventina

del secolo ventesimo -

meno che bambina

sullo scalino dell’ impossibile

privo di proporzione

e di coerenza matematica -

vi sono rimasta statica -

una briciola indefinibile -

un ente trascurabile

inviato per inerzia pulsante

ad arrestarsi sull’ orlo beante

del buco madornale

dell’irragione generale

apertasi nell’anno 1939:

bellicista arrogante!

 

Era greve  - armato

fino all’ultimo dente -

un rullo semovente -

 un’immane mitraglia

caricata per lasciare il niente

ed offrire la Terra alla gentaglia

 

Pure l’orrore procede

per respiri ed apnee:

bisogna che fino alla noia

ce lo raccontiamo – o mondo boia -

con molto suo contorno

il crollo all’inferno ed il ritorno

perché abbia anche senso

l’estremo nostro giorno. 

Noticina -Niente ricorso alle immagini. Bloccare la coazione a ripetere.  Trovare subito la breccia per il ritorno e negare possibilità alle riedizioni : bisogna espungere dal DNA bestiale dell'uomo la soluzione ultimativa e riprogettare il senso della coesistenza orientata alla risoluzione concordata dei conflitti politici e sociali, essendo figli d'una sola madre terra.(BM) 

domenica 22 maggio 2022

Fiaba triste - inedita di Bianca Mannu


 

Una mattina il sole fece l’occhietto

all’uomo con gli stracci e lui non si levò

Col suo più lungo raggio - il sole

frugò tra l’erba dell’aiola:

perché tinto di rosso  vide il sasso.

Con quel rosso il sasso si spiegò.

Arrivarono uomini in divisa:

confusione tanta anziché no.

Al sasso fu data la qualifica di arma:

ma chi nella notte quell’arma sollevò?

Interrogato - il vento rispose “niente so”.

Al sole né quesito né risposta

proprio razionale non sembrò.

Morta – per sé con voce calma

allungando i raggi commentò

 disponendosi a calare …

“Neppure il sole ci sta più con la testa!”

deplorò un brandello di straccio

rimasto a penzolare tra il cespo

di fiori bianchi dell’unico oleandro nano

che dava il suo amaro a una pattuglia d’api.

“La testa ci sta, ma è sbagliata la lettura

del commento: morta  è la verità

ancora prima del colpo di teatro”-

Così pareva che il sole rispondesse.

Ma era l’effetto d’un cirro agitato e scuro

che il vento lanciava sul disco allucinato.

Così fu stabilito e rubricato.

Eppure il guizzo della nuvoletta

con roco accento affiorante dalla pancia

sembrava a pochi umani sentenziare:

“Solo chi ha ben vissuto può morire

e muore vagliandone il perché.

Tanti di noi umani – svuotato il cranio

da ogni accurata riflessione -

tremiamo ad ogni schiocco -

ma morire non possiamo:

da sempre morti siamo!”

 


giovedì 5 maggio 2022

Nientificazione / Soglia e soglie - poesia inedita di Bianca Mannu

 


Nientificazione

 

Sulla soglia d’un paesaggio

fintamente usuale

lievita spettrale

il suo fondo disastrato:

lì mi blocca lo sgomento

per il mio inutile cimento

per la mia onirica insistenza

nel tentare d’afferrare qualche istanza

su cui issarmi in trasparenza

dal mio caos esistenziale

 

Mi sveglio per abitudine ancestrale

sull’incipiente ritorno della luce

che – presumo a caso – cuce e ricuce -

raccolti dal pantano –

alcuni sensi laceri

d’un tempo precristiano

e intrugli di frantumi

in malsicuri barlumi

di cristianesimo nostrano

 

Cerco nell’orcio d’un antico garbuglio

la perdurante sodezza d’una parola d’ordine

che ripristini l’argine all’odierno subbuglio …

E invece mi tremano in disordine

voci straniere e insensate -

nella foresta vergine

di prode scalcagnate

 

Vivendo così dove gli enti

e i quadri del vedere –

parendo fedeli documenti

in date timbri e firme di accreditamenti -

mentono da filibustiere –

assumi per vero ed essenziale

solo il tuo ultimo raschio catarrale


In questa soglia di dormiveglia -

che a tratti mi nega la fede

anche sulla fisicità della soglia

sotto malfermo piede -

incappo nell’esperienza

della massima stranianza

 

Da qui ricade frammisto

di sudore all’umido fluente

oltre l’intimo abisso

questo residuo di niente.






Mininota - Beh, penso non sia necessario nessun commento: che mi riferisca all'oggi mi pare evidente, come risulti lapalissiana la propensione a negare cittadinanza a ogni ideologia minimizzante.(B.M.)


venerdì 29 aprile 2022

Non hanno lo stesso colore - versi inediti di Bianca Mannu - riproposta per il 1° Maggio


Come non tutti - lui lei omo ermafrodito o trans – voi -

col sudore che vi scorre lungo le sopracciglia a grotta

sopra gli occhi intenti dietro la mani laboriose -

avete nozione di come il tempo vi consumi

secondo motivi incompatibili?

Sì - voi che avete scaldato i banchi della scuola

e quelli della chiesa - alla messa e al Dies irae -

voi che avete ascoltato o letto il racconto

d’un ente misterioso: di un senzafaccia

sulle ossa bianche come calce apparire

in  forma di sincope o spavento a decretarvi

la fine della gita in faticosa valle – voi

fortunati morirete vecchi e umani 

sul vostro giaciglio abituale - col prete

in stola ad amministrarvi l’olio santo

e a convincervi in extremis – data improbabile

ogni altra soluzione - che un mondo di là

vi aspetta migliore di questo immiserito

all’insopportabile gravezza del respiro.

Succede invece ad altri - solerti e maledetti -

di sapere in un lampo che “vivere” è ben diverso

che aspettare l’oltraggio della maschera di Atropo sul letto.

Ecco per costoro i “compiti in classe” giornalieri:

sul campo con le falciatrici e i rostri del trattore –

in cantiere tra schiacciasassi betoniere e gru –

 in fabbrica a scherzare coi forni e con le trance

ma anche con rulli ed orditoi della gentile tessitura ...

Proditoria registra il tuo profitto un’infinita solitudine di luce:

bianca e netta da ogni sacramento – spogliata dal

dovere di conferire un supplemento di prova

o un iter di nuovo apprendistato.

Lei non verrà come Sorella Morte – lenta

e in gramaglie francescane – a segnare

il commiato dell’uomo  con l’umano.

Invece sarà bianca: un foro glauco

su una coscienza dislocata sulla tovaglia

immacolata di un banchetto vegano.

Nota - Parlare di morti bianche significa che l'ipocrisia è al potere. Significa che una società è incapace di riconoscere e attribuire le responsabilità per i modi con cui viene richiesto erogato e gestito il lavoro, il quale viene valutato e concepito come cosa contabile e commercialmente valutabile; come cosa scissa dalla persona che, per sua condizione sociale, non può gestire e controllare le logiche e i modi della sua erogazione e destinazione.(BM)

 La ripropongo come segno e memoria della Festa Internazionale del Lavoro. Tristemente il lavoro si tramuta spesso in situazione mortifera per il lavoratore. Ma oggi più che mai il lavoro più favorito sembra quello capace di mandare a morte migliaia di vite umane, mettere in discussione la civiltà dell'umana convivenza e mandare gambe all'aria ogni civile manufatto e ogni giusta preoccupazione risanatrice verso la Terra che ci ospita e che risulta molto devastata e a rischio grave. Credo che almeno la terza parte degli otto miliardi circa di viventi potrebbero - incrociando le braccia per un'ora - costringere i guerrafondai di ogni sito a sedersi - disarmati e senza divise - attorno a un tavolo per stabilire nell'immediato ogni conflitto armato e produrre un organismo terzo, senza possibilità di veti da parte di nessuno, che vigili e coordini le discussioni per un nuovo e diverso ordine mondiale. Dite che sogno? Sì; da ottant'anni. (B. M.) 



 

lunedì 25 aprile 2022

Unda e ispunda di Antonio Altana postata a cura di Bianca M.

 Unda e ispunda


Sa pedra sempre trastu a morte posta
non dat signu de bòidu fitianu
su distratu non l’idet cosa tosta
si non b’iscudet forte s’ossu umanu
Ma pro chie in eremu b’at sosta
o chie no at tèula ne cabanu
est balu unu pedrone de su nodu
o prima fortilesa de s’aprodu

in tremulosu sinu ‘e congiuntura
e intimidade fisica impressida
tra apretadas e istabilidura
in fundu de una forsi iscadriada –
fuida a dotes de sa congetura –
giogat vida tra sicas e undada
chi t’enit dae me e torrat poi …
cal’est motivu chi s’achidat goi

dae sogetu a benner ogetu
si no fit pro efetu diferente
de calecunu tribuladu apretu?
Ma chie mai detzidit repente
de leare de fossile s’aspetu
ue vida isfiorat frecuente
ispinghende continu cale unda
como in custa poi s’atera ispunda.







Noticina - Propongo il post precedente come traduzione di questa fisicamente parlante. Buona lettura a coloro che un po' s'azzardano a compitare il Logudorese. B. M. 

giovedì 21 aprile 2022

Onda e sponda - inedita di Bianca Mannu

La pietra  - oggetto

sempre pensato morto –

non dà segno di vuoto

per chi incurante passi -

non dà segno di pieno

se non c’inciampa

l’altrui vivente  osso.

Ma per l’anacoreta

o l’uomo senza tetto

era áncora - il sasso - ed è

la principiante sodezza dell’approdo

nel malfermo grembo della contingenza -

è l’immediata fisica intimità

tra pulsione e fissità.


Sul fondo sdrucciolevole

dell’eventualità - sfuggita

al civile imperio della causalità -

la vita si gioca nella secca di vortice

che va da me a te - da te a me …

Che cosa cambia il turno

del soggetto e dell’oggetto  

se  non l’effetto diseguale

d’un fortunoso impatto?

Ma chi farà mai da fossile

dove la vita lambisce

pulsando  come onda

or l’una or l’altra sponda?


giovedì 17 marzo 2022

Corsa a scapicollo tra le tracce del femminismo - Bianca Mannu ( quarta e ultima tranche)

 

Bisognerà aspettare quasi un altro secolo per vedere i primi segni della lotta delle suffragette in Inghilterra, e poi un altro secolo per vedere la nascita, nel 1946,  di un libro di forte impatto politico e culturale ad opera di una intellettuale e filosofa francese, Simone De Beauvoir . Il secondo sesso s’intitola questo modo rivoluzionario di descrivere di nuovo la condizione femminile, di suggerire le chiavi unificatrici degli sparsi gruppi di femministe incerte e richiamare l’attenzione sulla possibilità di valutare l’anello di giunzione tra le sempre più vivaci lotte femministe e le molto combattive lotte degli operai, ma non così preparati, costoro, alla parità di genere nel sociale e nel giuridico, sorvolando sull’atteggiamento culturale che fortemente caratterizzava (e ancora qualifica) gli incontri ravvicinati dei sessi.

La legge per l’estensione del diritto di voto alle donne fu varata in Italia  nel 1945 ad opera dei partiti antifascisti del Governo Provvisorio (Parri), poi  inglobata nella Costituzione Repubblicana del 1946 insieme agli articoli sulla parità dei generi quindi all’eguaglianza dei diritti di tutti gli umani sul suolo italiano. Ma le leggi dei codici erano ( e sono rimaste nei fatti) ben lontane da quell’ideale.

Difatti – era il 1965 - una giovane donna, allora minorenne, Franca Viola, rifiutò di sposare il suo violentatore con un matrimonio riparatore. Il codice penale poneva lo specifico sotto la specie dei reati contro la morale. Con tale meccanismo la parte lesa poteva dichiararsi consenziente e, sposandolo, liberare il reo dalla condanna. Ma  Franca Viola rifiutò di sentirsi disonorata e rigettò il disonore sull’aggressore. Lui e i suoi complici furono condannati.

La legge fu abrogata nel 1981. Solo nel 1996 il reato di stupro fu ascritto come reato contro la persona. E la strada è ancora lunga. 

 


mercoledì 16 marzo 2022

Corsa a scapicollo tra le tracce del femminismo - Bianca Mannu (terza tranche)

 

Si dice che le nuove strade o quelle migliori siano aperte per opera dei coraggiosi … Attenzione! talora il coraggio è indicato come arma maschile, che nasconde bene l’aggressività egoistica, la furia competitiva che il maschio inocula nell’androgino, cioè nella femmina che assomiglia di più all’ideale maschile proiettato su di lei, nel modo che ho accennato. Il coraggio più autentico è quello che hanno sviluppato molte donne, proprio quelle che il fosso più profondo ha diviso da se stesse, dalla propria autonomia, ma che resistono alla pressione esercitata su di loro dai potenti per farne le suddite passive. In somma, sono i transfughi, anzi le transfughe a trasformare la mappa umana sul mondo.

Me le figuro quelle che si svegliano all’ultima aggressione padronale e dicono no. Lasciano il vecchio mondo che gira sui ruoli pietrificati, appena s’allenta per caso la stretta. Cercano altri varchi, consapevoli dei pericoli, della loro relativa debolezza fisica che è capace  di convertirsi in pensiero più acuto, in pratica logica e lavoro. Gli oppressi  si alleano e lasciano il nido del cuculo, cioè i regni che o non reggono o sono mostruosi. Con chi si accordano per la fuga e inventarsi una nuova vita? Donne con uomini della medesima condizione. È avvenuto così mille volte, ma la storia non ha registrato, ha spesso cancellato le donne …

Ex contadini ed ex serve di camera o di stalla, serve tuttofare hanno talora scelto la difficile ventura di mettere radici altrove e adattarsi a un precariato più libero. In Italia questo spappolarsi delle corti del feudatario-padre è avvenuto dopo il primo millennio dell’era cristiana Si formarono le repubbliche comunali:  vivere in comunità di simili, decidendo le nuove regole sociali nell’Arengo, lo spazio per le discussioni collettive.

Ma le donne questa partita la persero quasi subito. Dal tempo di San Paolo, guida delle comunità ristrutturate dopo le prime persecuzioni, le donne si erano piegate al silenzio, all’esclusione dalle cose pubbliche. Lavorarono senza aver parte, ma certo in casa non le mandavano a dire ai loro uomini presuntuosi e aggressivi!  Sono state lavandaie, guardiane di pollai, donne di fatica per i nuovi signori di città. I feudi si spopolano e collassano.

Seicento anni dopo anche i monarchi, cioè i patriarchi, accentratori dei feudi locali, diventando re assoluti, mandano in default lo stato. Troppe spese per guerre, bassa produzione, popolazioni affamate in rivolta per il pane. Il monarca vuole che il popolo gli risolva il problema: scoppia la rivoluzione e si erigono le ghigliottine. 

 Ed ecco che l’elemento femminile si rimette in moto, come genere e come persone speciali. Cito l’antesignana del femminismo quando questa parola non era stata ancora inventata. Marie Gouzes, trasformatasi da borghese in persona che si nobilita per essere presa sul serio, Olympe De Gouges,  si butta a fare un mestiere maschile. Ma è serissima, rivoluzionaria e anche scrittrice di drammi e saggi importanti. Scrive Dei diritti delle donne e delle cittadine, per ricordare ai rivoluzionari l’esistenza delle donne e il loro valore. E scrive anche  sui diritti degli uomini neri e degli uomini schiavi. Notare l’uso del linguaggio: schiavi e neri, ma uomini. A significare che lei, già 250  anni fa era antirazzista e antischiavista, quando persino fior di rivoluzionari pensavano di attivare la tratta degli schiavi, già fiorente e lucrosa, per rinsanguare l’erario statale.

 Olympe sosteneva questo: vale per tutti, anche per le donne, il diritto di salire sul patibolo, a patto che le stesse donne possano gridare in piazza la loro opinione, cioè partecipare attivamente alle decisioni pubbliche. Morì ghigliottinata nel 1793, quarto anno della Rivoluzione.

lunedì 14 marzo 2022

Corsa a scapicollo tra le tracce del femminismo - Bianca Mannu (seconda tranche)

 

Con le bambine è avvenuto e ancora avviene il gioco più perverso e in età precoce: quella pratica così oppressiva che anche i filosofi illuminati gabellavano per raffinata  educazione, cioè un misto di blandizie e di violenze utilizzate in ambito familiare e tribale per fabbricare nella loro psiche l’autopercezione negativa del loro essere e la passività costruita come tratti della natura femminile. In tal modo è stato possibile stigmatizzare quegli stessi tratti come vizi di natura per giustificare lo spazio di azione che il maschio occupa predando e violando, poi  spacciandosi come preda, preda della seduzione e della perfidia femminile.  

È preparata così la merce di scambio con cui un clan s’imparenta con l’altro. Ancora oggi è un sistema che si riproduce sotto le spoglie dell’amore/passione: dal lato femminile nel segno della subordinazione, ma anche del conseguimento dalla promozione sociale che il maschio sembra offrire, dal lato maschile come possesso, come “protezione escludente”, salvo eccezioni e per intervento di altri poteri, siano correttori o equilibratori o catastrofici, come denaro  o sua penuria, bellezza/ imbruttimento, successo/fallimento, popolarità/anonimato, ecc... 

Tralascio l’esemplificazione dei voti negativi dati dai maschi alle donne quando credono di parlare tra loro, anche se con un eloquio attuale ingentilito rispetto al passato, ma che ritorna arcaico e volgare quando si vuole umiliare la persona sulla base del sesso e della modestia sociale.: sessismo. Tuttavia il sessismo continua a mantenersi subdolo e inalterato e si esprime in modi altrettanto violenti. E bisogna sottolineare che la società dei consumi fornisce nuove opportunità all’espansione del sessismo: idolatria del corpo, uso strumentale di esso per prevalere e asservire, preminenza dei fatti emozionali su altre dimensioni psicologiche e intellettuali, sfaldamento delle remore etiche, svuotamento mentale per poter afferrare il momento godereccio...evidenziando con immagini e allusioni i tratti corporei delle persone allo scopo di esaltare gli effetti porno ...

domenica 13 marzo 2022

Corsa a scapicollo tra le tracce del femminismo - Bianca Mannu (prima tranche)

Ciò che vorrei significare con questa chiacchierata sul alcuni momenti essenziali delle lotte sociali e femministe è questo: nessun miglioramento, nelle condizioni di vita e nei rapporti sociali e fra i sessi, è possibile, se non preparato, progettato, accompagnato, reso pubblico e condotto dalle persone vive che usano tutti i mezzi disponibili per comunicare e organizzare. Questo insieme di mezzi lo chiamo per brevità letteratura, che comprende ciò che può essere registrato comunicato e trasmesso nello spazio e nel tempo per l’azione, il sentimento, il pensiero e la memoria a beneficio della collettività: parole d’ordine, regole d’azione, narrazioni, testimonianze, canti … tutto ciò che scalda il momento dinamico.   

Il femminismo è un atteggiamento per azioni e idee. Nasce come reazione alla supremazia maschile che dalla notte dei tempi  ha confinato le femmine della specie umana in una posizione subalterna, l’ha considerata incontrovertibile, in quanto conseguenza logica, sociale e politica della presunta minorità naturale delle donne e di certi gruppi sociali(schiavi). Il femminismo  e i movimenti ad esso simili, tuttora attivi con alterne sorti, incontrano limiti e ostacoli nella tenacia del potere nel rafforzare se stesso con  tutti i mezzi più solidi e più pervasivi: dall’organizzazione familiare in clan gerarchizzati e quasi separati per caste chiuse, a formazioni di classi teoricamente mobili, ma strutturate  sulla base dei poteri economici, di quelli giuridici e ideologici i cui meccanismi ostacolano i passaggi da un ceto inferiore a uno superiore; e si prefiggono di emarginare quella parte di umanità che, dopo essere stata espropriata delle sue qualità per continuato deprezzamento, per imposizioni lavorative devastanti,  viene connotata per caratteristiche esteriori ritenute negative:  colore della pelle, voce in falsetto, altri segni considerati di ordine magico religioso (povertà come demerito, mitezza come viltà, intelligenza come protervia, timidezza come falsità, vivacità come prepotenza, ecc.) Mentre le stesse caratteristiche unite al potere e alla ricchezza diventano virtù da esibire con molta  parsimonia, perché a temperarle è immancabile la durezza, la crudeltà, la furbizia, la malevolenza, la sospettosità... (Va da sé che difetti e virtù sono abbastanza ripartiti fra gli umani di ogni classe sociale, perché pescano sul fondo dell’insopprimibile animalità umana, ma il risultato psicologico individuale è opera storico sociale e il suo peso culturale – cioè l’effetto modello – è correlato col potere impersonato.)

mercoledì 2 marzo 2022

ARRAFFI - versi di Antonio Altana

la bella guerra                                                             



Né arraffi né graffi


 

       

                                                                   

Trapelano gli accordi per nazione

che all’energia pulita apran le braccia

riducendo il petrolio ed il carbone

perché grave è nei bronchi la minaccia

e inverte climi e muta le stagioni

privando i monti della bianca faccia.

Ma tal disagio solletica i baroni

e urgenza corre già per acquisire

i cieli, i mari, la carne, i covoni.

Brame si sa son madri del ghermire

esempio dato dalla sarda Ottana

che vende il gregge per un bel mentire

e adesso non ha più latte ne lana

carico di quei senza sulle spalle

e antichi riti di “Domus de Jana”

spingono alte redini vassalle

a far entrare armi forestiere,

uranio e di frisia le cavalle.

A noi restano i canti per le fiere

donne, con serenate a suono amaro

tra bellezze montane e le riviere.

Oggi purtroppo il veleno è chiaro

al costretto che deve macinare

le spighe con la polvere da sparo

poiché diamo la terra per testare

le nuove armi e la nostra misura

per zittire dei danni e sopportare.

Aggiungere potrei della stortura

all’ingordigia che si sta spargendo

ogni giorno di prezzo e di premura

ma non sia mai che sto difendendo

chi minaccia con l’arma nucleare

per mitigare quel che sta soffrendo

E l'elleboro non hanno per curare

l’epilessia con spasmi di fuoco

quando hanno dovuto raccontare

che il figlio di Biden in un gioco

ha messo giù le briscole ucraine

e pompa le risorse a poco a poco.

Noticina. La poesia o, se si preferisce, il verso  non può tacere oppure pifferare la vecchia musica. Le cateratte della retorica hanno sfondato le saracinesche. Cresce il numero di coloro (Stati, uomini rappresentativi e quelli che non contano) che si sgomitano per parere i più candidi e allontanare le colpe dell'interesse usuraio o della distrazione colposa. Invece, sotto traccia (ma neanche troppo sotto) corre il vecchio gioco del lucro e dell'inganno, per l'intermediazione della complicità.  Non vorremmo eroi morti, né vincitori padroni di raccontarla a loro modo. La sottigliezza di questo testo denuncia l'atteggiamento farisaico di quelle "piccole patrie" che si appiattiscono alle logiche del grande gioco come fossero, e non sono, fuori dalla triste mercatura, sobillatrice di conflitti. 

L'immagine prescelta polemizza con l'eccesso di iconografie belliche (B.M.)

domenica 27 febbraio 2022

NESSUNA FESTA -- di Bianca Mannu

 Tre primule, sì, o sorelle, ma nessuna festa.
Quanto è antico - mi chiedo - il seme del “femminismo”? C’è stata una sorta di “paleofemminismo”?- insisto.
Forse s’era formato di nascosto un seme storico, ma nessuno sapeva se esistesse davvero, se potesse dare frutti e riprodursi; tanto meno se si potesse attribuirgli un nome. Eppure, a leggere le tracce trasfuse nei racconti degli aedi, esperti frequentatori degli antichi clan di Aristoi greci e asiatici, qualcosa di paragonabile a un seme s’era forse formato e dormiva sonni pesanti da cui forse sarà schizzato per brevi e strani segnali sonnambolici. Gli indovini avranno certo preconizzato i suoi casuali episodi luttuosi per attribuirli all’ira d’una qualche deità scontenta. 
 
Ma il nome di questo  fantomatico seme dovette attendere forse più di tremila anni per catapultarsi, con varie piroette, dal dialetto medico, alle ironiche e sprezzanti battute scritte a stampa da un Autore, stimato grande penna, per andare a deporre qualche spora sul più fertile e inquieto universo storico-sociale dell’evo contemporaneo, quello che iniziava con l’assalto alla Bastiglia il 14 luglio del 1789.
Chi in quel momento occupava quel ribollente universo?
Nobili e alto clero, certamente e, si sa, i rappresentanti del Terzo e anche del Quarto Stato: Girondini, Giacobini, Foglianti e una miriade  di partiti anche in lotta acerrima fra loro, perché in quell’ombelico di mondo, che era la Francia, sembravano scaturite con urgenza vitale le condizioni per il sovvertimento dell’ordine cosmico.
Sì, c’erano tutti loro coi loro tragici compiti, nei quali si trovarono variamente implicate, e non meno arrabbiate, le cittadine francesi del Terzo e Quarto stato, les femmes.
Gli altri, les philosophes, gli illuministi già passati a miglior vita, antesignani del catastrofico mutamento,  avevano lavorato così bene il terreno per la Rivoluzione giuridica sociale e politica, ma avevano speso pochissimi pensieri e ancor meno inchiostro per la sorte del quinto stato, les femmes.
Invece lei, Marie, alias Olympe De Gouges, nel 1791 – in piena Rivoluzione pubblicò La dichiarazione dei  diritti della donna e della cittadina come prosecuzione della smemorata Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, rimasta muta sulla componente femminile. Ritenuta girondina, Olympe fu ghigliottinata nel 1793.
Com’è noto, i movimenti giovani sono gracili e devono mordere molta polvere prima di divenire passabilmente maturi. Nei momenti di stanca scompaiono dalle superfici e tornano al nutrimento placentare.

Ma noi, ora viventi, che siamo il loro non proprio felice futuro, ancora sentiamo sul collo il fiato pesante del padre despota, sia pure ammorbidito, perché costretto periodicamente ad allentare le maglie del castello.
Eh, sì, la guerra di Troia ritorna di continuo all’ordine del giorno, come brutalmente  siamo appena stati informati. E allora, alt!, maschi alle armi, femmine alla più difficile cura di tutti, e a sostituirli nelle officine, nei campi, negli uffici. Chi pagherà il salatissimo conto, comunque vada? 
Per via della poca luce che lo sguardo riesce a posare sul buio dell’antico, si può credere di captare sporadici sentori di Paleofemminismo. (Ecco mi sono presa questa libertà!) Paleofemminismmo recessivo e cortigiano nelle vicende mitiche dell’arcaismo greco, arrivate a noi tramite l’epopea omerica e il teatro tragico antico. E mi sembra che il cordone ombelicale, tra quello e l'attuale oligarca,  resista.
Ancora adesso che il patriarcato globale è dovuto scendere a patti con frange meno timide di femminismo,  oscilliamo tra lealtà semiconscia per l’usato e volontà di rivolta contro, tra acquiescenza e insofferenza verso l’ambiguità insistente e immanente del potere patriarcale.

Non sappiamo, (io di certo non lo so) come sia avvenuto che il gruppo maschile della parentela arcaica abbia strappato per sé tutto il privilegio concepibile allora, inventato e volto a suo favore la pratica esoterica dell’accumulare, escludere custodire e usare memoria collettiva e  beni, amministrare sacro e profano secondo  criteri, ambiti e false garanzie  con cui le donne furono di sicuro raggirate e presto  immolate alla loro (e ancora nostra)  pochezza, gabellata come  nativa e insormontabile. Così il loro corpo (cioè nostro), solerte macchina umana di produzione di beni e di prole per via della potente e temibile fertilità, segnata da mestrui doglie e puerperi,  è stato violato e costretto a una gestione subordinata. Persino il pensiero femminile – umiliato alla stregua di neghittoso e mendace artifizio - fu sempre inquisito e abitato da altra voce, voce d’uomo o di deità misteriose. Così mi figuro sia stato stabilito lo statuto sacrificale dall’ordine maschile sul femminile.
E allora oggi penso a come sia stato agevole, nel chiuso dei piccoli clan, insinuare confini interni, regole diseguali e castighi, gerarchie di ruoli segreti, fingendoli  emanazioni di un “sotto” o di un “sopra” insondabile, deificato
Di sicuro le femmine parteggiavano, spesso  le une avverse alle altre, secondo la regola divide et impera del pater; ed altre ancora - malgrado i timori – stringere congiura per mandare ad effetto rivolte o delitti risolutori, talora sventati e soppressi nel sangue, “dimenticati.”
Il Paleofemminismo? Si può appena ipotizzarlo come episodica valvola  di sfogo.
Ma  continuo a domandarmi: « Perché  le donne si sono convinte di essere costituzionalmente minori, pur avendo sperimentato resistenza e prove di tante loro capacità? »
Mi rispondo: «Ammesso che ci sia stato un inizio, esso avrà avuto le stigmate della particolarità legata al gioco contestuale dei tempi e delle geografie…  Sappiamo oggi, “esperti ed esperte” di ruoli razziali e di classi, che il potere organizzato organizza a sua volta, servendosi dello stillicidio educativo precoce, della casualità favorevole  e della dissuasione violenta. 
E la dissuasione violenta si accompagna alla pregiudiziale magica, unita a importanti contrappesi di persuasione premiale verso le componenti alleate. L’elemento femminile con l’avanzare dell’età e la scomparsa del mestruo risulta alleabile all’uomo del potere. Il conseguimento di briciole di autorità  in sottordine, da parte di componenti escluse per casta dal potere apicale, diventa realizzazione del massimo grado di ruolo personale possibile: quello di comandare, controllare  e distribuire benefici e castighi in posizione vicaria sopra la servitù e gli immaturi. E a colmare la motivazione può configurarsi la possibilità di influenzare l’apice dell’autorità costituita.» (Non vi pare che tutto ciò accada sotto il nostro naso? Lo sguardo mi cade sullo specchio che il nostro Parlamento ci ha offerto la settimana scorsa !)
Leggendo gli antichi miti desumo briciole di vero: «La valvola di sfogo del dissenso femminile  – certamente parziale e sottoposta al pericolo di delazione – era attivabile, e forse più usata di quanto si racconta, mediante la disubbidienza delittuosa, l’inganno sentimentale, l’orditura complice di vendette e omicidi contro i capi del clan indeboliti. Ma a causa dell'inesperienza e per necessità di forze, si promuoveva la combutta coi maschi cadetti, e quindi ci si rassegnava all’immancabile ritorno del potere personale maschile».

Questa mia parabolica corsa retroattiva (facile!, per la verità) me la consente Omero e i tragici greci. Ripenso alla condizione di Penelope, sotto lo scacco dei pretendenti accaniti sulle sue sostanze. Lei che arzigogola l’inganno della tela e organizza la reggenza  clandestina del maschio Telemaco, inviato a sostenere 
l'esame di maturità e di attitudine al comando da parte di quelli che contavano al momento: di un Saggio e di due re sul trono. Paragoniamola con la situazione di Clitennestra decisa a vendicare l’immolazione fraudolenta di sua figlia Ifigenìa per mano di Agamennone, marito e padre della fanciulla, generale in capo della spedizione verso Troia. E costui, tornato troppo sicuro di sé, pensa a godere il possesso delle sue schiave favorite … L'azione politica non si presenta disunita da relazioni di ordine sessuale ...  Oreste farà strage della famiglia allargata e, unico, sopravvivrà.
Continuo la mia corsa. Di nuovo a Itaca. Ecco Odisseo, reduce di guerra e clandestino in patria. Con quale circospezione si maschera, e solo con grandissima cautela si rivela alla sua stessa moglie! Col figlio promosso all’esame di maturità governativa (nell’incontro segreto con i personaggi di spicco, tra cui Nestore/Atena) e  i servi più fidi ordisce le sequenze  d’avvio al tentativo di riprendersi il potere e sbarazzarsi dei Proci.

«Però - ribadisco fra me - la battaglia delle femmine era pur cominciata. Magari l’arte letteraria l’avrà rielaborata sul profilo del mito e della tensione narrativa, magari avrà enfatizzato la possibilità delle sue  sconfitte, ma quell’arte stessa ci racconta con spirito di verità che la determinazione battagliera delle donne era già germinata».

Però non riesco a gioire del presente o a sperare sul tempo prossimo: molte guerre di Troia sono in corso; e altre, che sembrano finite, continuano oltre la  procurata sordità da Primo Mondo. L’ultimo attacco, con i favori della pandemia, irrompe a scena aperta nel nostro centralissimo proscenio globale … Attivi e insolventi, diversi patriarchi di molto ambigue patrie ripetono antichi e minacciosi detti. Le madri costrette nei caveaux, le donne si ritrovano coriste di  piazza: unisono indistinguibile …Vorrei, credo che vorremmo celebrare quel famoso memoriale festivo che abbiamo pagato e ripagato con ripetute sofferenze e rovine … Memoriale, sì, dobbiamo sottolinearlo. Ma festa, no; non possiamo!