giovedì 17 marzo 2022

Corsa a scapicollo tra le tracce del femminismo - Bianca Mannu ( quarta e ultima tranche)

 

Bisognerà aspettare quasi un altro secolo per vedere i primi segni della lotta delle suffragette in Inghilterra, e poi un altro secolo per vedere la nascita, nel 1946,  di un libro di forte impatto politico e culturale ad opera di una intellettuale e filosofa francese, Simone De Beauvoir . Il secondo sesso s’intitola questo modo rivoluzionario di descrivere di nuovo la condizione femminile, di suggerire le chiavi unificatrici degli sparsi gruppi di femministe incerte e richiamare l’attenzione sulla possibilità di valutare l’anello di giunzione tra le sempre più vivaci lotte femministe e le molto combattive lotte degli operai, ma non così preparati, costoro, alla parità di genere nel sociale e nel giuridico, sorvolando sull’atteggiamento culturale che fortemente caratterizzava (e ancora qualifica) gli incontri ravvicinati dei sessi.

La legge per l’estensione del diritto di voto alle donne fu varata in Italia  nel 1945 ad opera dei partiti antifascisti del Governo Provvisorio (Parri), poi  inglobata nella Costituzione Repubblicana del 1946 insieme agli articoli sulla parità dei generi quindi all’eguaglianza dei diritti di tutti gli umani sul suolo italiano. Ma le leggi dei codici erano ( e sono rimaste nei fatti) ben lontane da quell’ideale.

Difatti – era il 1965 - una giovane donna, allora minorenne, Franca Viola, rifiutò di sposare il suo violentatore con un matrimonio riparatore. Il codice penale poneva lo specifico sotto la specie dei reati contro la morale. Con tale meccanismo la parte lesa poteva dichiararsi consenziente e, sposandolo, liberare il reo dalla condanna. Ma  Franca Viola rifiutò di sentirsi disonorata e rigettò il disonore sull’aggressore. Lui e i suoi complici furono condannati.

La legge fu abrogata nel 1981. Solo nel 1996 il reato di stupro fu ascritto come reato contro la persona. E la strada è ancora lunga. 

 


mercoledì 16 marzo 2022

Corsa a scapicollo tra le tracce del femminismo - Bianca Mannu (terza tranche)

 

Si dice che le nuove strade o quelle migliori siano aperte per opera dei coraggiosi … Attenzione! talora il coraggio è indicato come arma maschile, che nasconde bene l’aggressività egoistica, la furia competitiva che il maschio inocula nell’androgino, cioè nella femmina che assomiglia di più all’ideale maschile proiettato su di lei, nel modo che ho accennato. Il coraggio più autentico è quello che hanno sviluppato molte donne, proprio quelle che il fosso più profondo ha diviso da se stesse, dalla propria autonomia, ma che resistono alla pressione esercitata su di loro dai potenti per farne le suddite passive. In somma, sono i transfughi, anzi le transfughe a trasformare la mappa umana sul mondo.

Me le figuro quelle che si svegliano all’ultima aggressione padronale e dicono no. Lasciano il vecchio mondo che gira sui ruoli pietrificati, appena s’allenta per caso la stretta. Cercano altri varchi, consapevoli dei pericoli, della loro relativa debolezza fisica che è capace  di convertirsi in pensiero più acuto, in pratica logica e lavoro. Gli oppressi  si alleano e lasciano il nido del cuculo, cioè i regni che o non reggono o sono mostruosi. Con chi si accordano per la fuga e inventarsi una nuova vita? Donne con uomini della medesima condizione. È avvenuto così mille volte, ma la storia non ha registrato, ha spesso cancellato le donne …

Ex contadini ed ex serve di camera o di stalla, serve tuttofare hanno talora scelto la difficile ventura di mettere radici altrove e adattarsi a un precariato più libero. In Italia questo spappolarsi delle corti del feudatario-padre è avvenuto dopo il primo millennio dell’era cristiana Si formarono le repubbliche comunali:  vivere in comunità di simili, decidendo le nuove regole sociali nell’Arengo, lo spazio per le discussioni collettive.

Ma le donne questa partita la persero quasi subito. Dal tempo di San Paolo, guida delle comunità ristrutturate dopo le prime persecuzioni, le donne si erano piegate al silenzio, all’esclusione dalle cose pubbliche. Lavorarono senza aver parte, ma certo in casa non le mandavano a dire ai loro uomini presuntuosi e aggressivi!  Sono state lavandaie, guardiane di pollai, donne di fatica per i nuovi signori di città. I feudi si spopolano e collassano.

Seicento anni dopo anche i monarchi, cioè i patriarchi, accentratori dei feudi locali, diventando re assoluti, mandano in default lo stato. Troppe spese per guerre, bassa produzione, popolazioni affamate in rivolta per il pane. Il monarca vuole che il popolo gli risolva il problema: scoppia la rivoluzione e si erigono le ghigliottine. 

 Ed ecco che l’elemento femminile si rimette in moto, come genere e come persone speciali. Cito l’antesignana del femminismo quando questa parola non era stata ancora inventata. Marie Gouzes, trasformatasi da borghese in persona che si nobilita per essere presa sul serio, Olympe De Gouges,  si butta a fare un mestiere maschile. Ma è serissima, rivoluzionaria e anche scrittrice di drammi e saggi importanti. Scrive Dei diritti delle donne e delle cittadine, per ricordare ai rivoluzionari l’esistenza delle donne e il loro valore. E scrive anche  sui diritti degli uomini neri e degli uomini schiavi. Notare l’uso del linguaggio: schiavi e neri, ma uomini. A significare che lei, già 250  anni fa era antirazzista e antischiavista, quando persino fior di rivoluzionari pensavano di attivare la tratta degli schiavi, già fiorente e lucrosa, per rinsanguare l’erario statale.

 Olympe sosteneva questo: vale per tutti, anche per le donne, il diritto di salire sul patibolo, a patto che le stesse donne possano gridare in piazza la loro opinione, cioè partecipare attivamente alle decisioni pubbliche. Morì ghigliottinata nel 1793, quarto anno della Rivoluzione.

lunedì 14 marzo 2022

Corsa a scapicollo tra le tracce del femminismo - Bianca Mannu (seconda tranche)

 

Con le bambine è avvenuto e ancora avviene il gioco più perverso e in età precoce: quella pratica così oppressiva che anche i filosofi illuminati gabellavano per raffinata  educazione, cioè un misto di blandizie e di violenze utilizzate in ambito familiare e tribale per fabbricare nella loro psiche l’autopercezione negativa del loro essere e la passività costruita come tratti della natura femminile. In tal modo è stato possibile stigmatizzare quegli stessi tratti come vizi di natura per giustificare lo spazio di azione che il maschio occupa predando e violando, poi  spacciandosi come preda, preda della seduzione e della perfidia femminile.  

È preparata così la merce di scambio con cui un clan s’imparenta con l’altro. Ancora oggi è un sistema che si riproduce sotto le spoglie dell’amore/passione: dal lato femminile nel segno della subordinazione, ma anche del conseguimento dalla promozione sociale che il maschio sembra offrire, dal lato maschile come possesso, come “protezione escludente”, salvo eccezioni e per intervento di altri poteri, siano correttori o equilibratori o catastrofici, come denaro  o sua penuria, bellezza/ imbruttimento, successo/fallimento, popolarità/anonimato, ecc... 

Tralascio l’esemplificazione dei voti negativi dati dai maschi alle donne quando credono di parlare tra loro, anche se con un eloquio attuale ingentilito rispetto al passato, ma che ritorna arcaico e volgare quando si vuole umiliare la persona sulla base del sesso e della modestia sociale.: sessismo. Tuttavia il sessismo continua a mantenersi subdolo e inalterato e si esprime in modi altrettanto violenti. E bisogna sottolineare che la società dei consumi fornisce nuove opportunità all’espansione del sessismo: idolatria del corpo, uso strumentale di esso per prevalere e asservire, preminenza dei fatti emozionali su altre dimensioni psicologiche e intellettuali, sfaldamento delle remore etiche, svuotamento mentale per poter afferrare il momento godereccio...evidenziando con immagini e allusioni i tratti corporei delle persone allo scopo di esaltare gli effetti porno ...

domenica 13 marzo 2022

Corsa a scapicollo tra le tracce del femminismo - Bianca Mannu (prima tranche)

Ciò che vorrei significare con questa chiacchierata sul alcuni momenti essenziali delle lotte sociali e femministe è questo: nessun miglioramento, nelle condizioni di vita e nei rapporti sociali e fra i sessi, è possibile, se non preparato, progettato, accompagnato, reso pubblico e condotto dalle persone vive che usano tutti i mezzi disponibili per comunicare e organizzare. Questo insieme di mezzi lo chiamo per brevità letteratura, che comprende ciò che può essere registrato comunicato e trasmesso nello spazio e nel tempo per l’azione, il sentimento, il pensiero e la memoria a beneficio della collettività: parole d’ordine, regole d’azione, narrazioni, testimonianze, canti … tutto ciò che scalda il momento dinamico.   

Il femminismo è un atteggiamento per azioni e idee. Nasce come reazione alla supremazia maschile che dalla notte dei tempi  ha confinato le femmine della specie umana in una posizione subalterna, l’ha considerata incontrovertibile, in quanto conseguenza logica, sociale e politica della presunta minorità naturale delle donne e di certi gruppi sociali(schiavi). Il femminismo  e i movimenti ad esso simili, tuttora attivi con alterne sorti, incontrano limiti e ostacoli nella tenacia del potere nel rafforzare se stesso con  tutti i mezzi più solidi e più pervasivi: dall’organizzazione familiare in clan gerarchizzati e quasi separati per caste chiuse, a formazioni di classi teoricamente mobili, ma strutturate  sulla base dei poteri economici, di quelli giuridici e ideologici i cui meccanismi ostacolano i passaggi da un ceto inferiore a uno superiore; e si prefiggono di emarginare quella parte di umanità che, dopo essere stata espropriata delle sue qualità per continuato deprezzamento, per imposizioni lavorative devastanti,  viene connotata per caratteristiche esteriori ritenute negative:  colore della pelle, voce in falsetto, altri segni considerati di ordine magico religioso (povertà come demerito, mitezza come viltà, intelligenza come protervia, timidezza come falsità, vivacità come prepotenza, ecc.) Mentre le stesse caratteristiche unite al potere e alla ricchezza diventano virtù da esibire con molta  parsimonia, perché a temperarle è immancabile la durezza, la crudeltà, la furbizia, la malevolenza, la sospettosità... (Va da sé che difetti e virtù sono abbastanza ripartiti fra gli umani di ogni classe sociale, perché pescano sul fondo dell’insopprimibile animalità umana, ma il risultato psicologico individuale è opera storico sociale e il suo peso culturale – cioè l’effetto modello – è correlato col potere impersonato.)

mercoledì 2 marzo 2022

ARRAFFI - versi di Antonio Altana

la bella guerra                                                             



Né arraffi né graffi


 

       

                                                                   

Trapelano gli accordi per nazione

che all’energia pulita apran le braccia

riducendo il petrolio ed il carbone

perché grave è nei bronchi la minaccia

e inverte climi e muta le stagioni

privando i monti della bianca faccia.

Ma tal disagio solletica i baroni

e urgenza corre già per acquisire

i cieli, i mari, la carne, i covoni.

Brame si sa son madri del ghermire

esempio dato dalla sarda Ottana

che vende il gregge per un bel mentire

e adesso non ha più latte ne lana

carico di quei senza sulle spalle

e antichi riti di “Domus de Jana”

spingono alte redini vassalle

a far entrare armi forestiere,

uranio e di frisia le cavalle.

A noi restano i canti per le fiere

donne, con serenate a suono amaro

tra bellezze montane e le riviere.

Oggi purtroppo il veleno è chiaro

al costretto che deve macinare

le spighe con la polvere da sparo

poiché diamo la terra per testare

le nuove armi e la nostra misura

per zittire dei danni e sopportare.

Aggiungere potrei della stortura

all’ingordigia che si sta spargendo

ogni giorno di prezzo e di premura

ma non sia mai che sto difendendo

chi minaccia con l’arma nucleare

per mitigare quel che sta soffrendo

E l'elleboro non hanno per curare

l’epilessia con spasmi di fuoco

quando hanno dovuto raccontare

che il figlio di Biden in un gioco

ha messo giù le briscole ucraine

e pompa le risorse a poco a poco.

Noticina. La poesia o, se si preferisce, il verso  non può tacere oppure pifferare la vecchia musica. Le cateratte della retorica hanno sfondato le saracinesche. Cresce il numero di coloro (Stati, uomini rappresentativi e quelli che non contano) che si sgomitano per parere i più candidi e allontanare le colpe dell'interesse usuraio o della distrazione colposa. Invece, sotto traccia (ma neanche troppo sotto) corre il vecchio gioco del lucro e dell'inganno, per l'intermediazione della complicità.  Non vorremmo eroi morti, né vincitori padroni di raccontarla a loro modo. La sottigliezza di questo testo denuncia l'atteggiamento farisaico di quelle "piccole patrie" che si appiattiscono alle logiche del grande gioco come fossero, e non sono, fuori dalla triste mercatura, sobillatrice di conflitti. 

L'immagine prescelta polemizza con l'eccesso di iconografie belliche (B.M.)

domenica 27 febbraio 2022

NESSUNA FESTA -- di Bianca Mannu

 Tre primule, sì, o sorelle, ma nessuna festa.
Quanto è antico - mi chiedo - il seme del “femminismo”? C’è stata una sorta di “paleofemminismo”?- insisto.
Forse s’era formato di nascosto un seme storico, ma nessuno sapeva se esistesse davvero, se potesse dare frutti e riprodursi; tanto meno se si potesse attribuirgli un nome. Eppure, a leggere le tracce trasfuse nei racconti degli aedi, esperti frequentatori degli antichi clan di Aristoi greci e asiatici, qualcosa di paragonabile a un seme s’era forse formato e dormiva sonni pesanti da cui forse sarà schizzato per brevi e strani segnali sonnambolici. Gli indovini avranno certo preconizzato i suoi casuali episodi luttuosi per attribuirli all’ira d’una qualche deità scontenta. 
 
Ma il nome di questo  fantomatico seme dovette attendere forse più di tremila anni per catapultarsi, con varie piroette, dal dialetto medico, alle ironiche e sprezzanti battute scritte a stampa da un Autore, stimato grande penna, per andare a deporre qualche spora sul più fertile e inquieto universo storico-sociale dell’evo contemporaneo, quello che iniziava con l’assalto alla Bastiglia il 14 luglio del 1789.
Chi in quel momento occupava quel ribollente universo?
Nobili e alto clero, certamente e, si sa, i rappresentanti del Terzo e anche del Quarto Stato: Girondini, Giacobini, Foglianti e una miriade  di partiti anche in lotta acerrima fra loro, perché in quell’ombelico di mondo, che era la Francia, sembravano scaturite con urgenza vitale le condizioni per il sovvertimento dell’ordine cosmico.
Sì, c’erano tutti loro coi loro tragici compiti, nei quali si trovarono variamente implicate, e non meno arrabbiate, le cittadine francesi del Terzo e Quarto stato, les femmes.
Gli altri, les philosophes, gli illuministi già passati a miglior vita, antesignani del catastrofico mutamento,  avevano lavorato così bene il terreno per la Rivoluzione giuridica sociale e politica, ma avevano speso pochissimi pensieri e ancor meno inchiostro per la sorte del quinto stato, les femmes.
Invece lei, Marie, alias Olympe De Gouges, nel 1791 – in piena Rivoluzione pubblicò La dichiarazione dei  diritti della donna e della cittadina come prosecuzione della smemorata Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, rimasta muta sulla componente femminile. Ritenuta girondina, Olympe fu ghigliottinata nel 1793.
Com’è noto, i movimenti giovani sono gracili e devono mordere molta polvere prima di divenire passabilmente maturi. Nei momenti di stanca scompaiono dalle superfici e tornano al nutrimento placentare.

Ma noi, ora viventi, che siamo il loro non proprio felice futuro, ancora sentiamo sul collo il fiato pesante del padre despota, sia pure ammorbidito, perché costretto periodicamente ad allentare le maglie del castello.
Eh, sì, la guerra di Troia ritorna di continuo all’ordine del giorno, come brutalmente  siamo appena stati informati. E allora, alt!, maschi alle armi, femmine alla più difficile cura di tutti, e a sostituirli nelle officine, nei campi, negli uffici. Chi pagherà il salatissimo conto, comunque vada? 
Per via della poca luce che lo sguardo riesce a posare sul buio dell’antico, si può credere di captare sporadici sentori di Paleofemminismo. (Ecco mi sono presa questa libertà!) Paleofemminismmo recessivo e cortigiano nelle vicende mitiche dell’arcaismo greco, arrivate a noi tramite l’epopea omerica e il teatro tragico antico. E mi sembra che il cordone ombelicale, tra quello e l'attuale oligarca,  resista.
Ancora adesso che il patriarcato globale è dovuto scendere a patti con frange meno timide di femminismo,  oscilliamo tra lealtà semiconscia per l’usato e volontà di rivolta contro, tra acquiescenza e insofferenza verso l’ambiguità insistente e immanente del potere patriarcale.

Non sappiamo, (io di certo non lo so) come sia avvenuto che il gruppo maschile della parentela arcaica abbia strappato per sé tutto il privilegio concepibile allora, inventato e volto a suo favore la pratica esoterica dell’accumulare, escludere custodire e usare memoria collettiva e  beni, amministrare sacro e profano secondo  criteri, ambiti e false garanzie  con cui le donne furono di sicuro raggirate e presto  immolate alla loro (e ancora nostra)  pochezza, gabellata come  nativa e insormontabile. Così il loro corpo (cioè nostro), solerte macchina umana di produzione di beni e di prole per via della potente e temibile fertilità, segnata da mestrui doglie e puerperi,  è stato violato e costretto a una gestione subordinata. Persino il pensiero femminile – umiliato alla stregua di neghittoso e mendace artifizio - fu sempre inquisito e abitato da altra voce, voce d’uomo o di deità misteriose. Così mi figuro sia stato stabilito lo statuto sacrificale dall’ordine maschile sul femminile.
E allora oggi penso a come sia stato agevole, nel chiuso dei piccoli clan, insinuare confini interni, regole diseguali e castighi, gerarchie di ruoli segreti, fingendoli  emanazioni di un “sotto” o di un “sopra” insondabile, deificato
Di sicuro le femmine parteggiavano, spesso  le une avverse alle altre, secondo la regola divide et impera del pater; ed altre ancora - malgrado i timori – stringere congiura per mandare ad effetto rivolte o delitti risolutori, talora sventati e soppressi nel sangue, “dimenticati.”
Il Paleofemminismo? Si può appena ipotizzarlo come episodica valvola  di sfogo.
Ma  continuo a domandarmi: « Perché  le donne si sono convinte di essere costituzionalmente minori, pur avendo sperimentato resistenza e prove di tante loro capacità? »
Mi rispondo: «Ammesso che ci sia stato un inizio, esso avrà avuto le stigmate della particolarità legata al gioco contestuale dei tempi e delle geografie…  Sappiamo oggi, “esperti ed esperte” di ruoli razziali e di classi, che il potere organizzato organizza a sua volta, servendosi dello stillicidio educativo precoce, della casualità favorevole  e della dissuasione violenta. 
E la dissuasione violenta si accompagna alla pregiudiziale magica, unita a importanti contrappesi di persuasione premiale verso le componenti alleate. L’elemento femminile con l’avanzare dell’età e la scomparsa del mestruo risulta alleabile all’uomo del potere. Il conseguimento di briciole di autorità  in sottordine, da parte di componenti escluse per casta dal potere apicale, diventa realizzazione del massimo grado di ruolo personale possibile: quello di comandare, controllare  e distribuire benefici e castighi in posizione vicaria sopra la servitù e gli immaturi. E a colmare la motivazione può configurarsi la possibilità di influenzare l’apice dell’autorità costituita.» (Non vi pare che tutto ciò accada sotto il nostro naso? Lo sguardo mi cade sullo specchio che il nostro Parlamento ci ha offerto la settimana scorsa !)
Leggendo gli antichi miti desumo briciole di vero: «La valvola di sfogo del dissenso femminile  – certamente parziale e sottoposta al pericolo di delazione – era attivabile, e forse più usata di quanto si racconta, mediante la disubbidienza delittuosa, l’inganno sentimentale, l’orditura complice di vendette e omicidi contro i capi del clan indeboliti. Ma a causa dell'inesperienza e per necessità di forze, si promuoveva la combutta coi maschi cadetti, e quindi ci si rassegnava all’immancabile ritorno del potere personale maschile».

Questa mia parabolica corsa retroattiva (facile!, per la verità) me la consente Omero e i tragici greci. Ripenso alla condizione di Penelope, sotto lo scacco dei pretendenti accaniti sulle sue sostanze. Lei che arzigogola l’inganno della tela e organizza la reggenza  clandestina del maschio Telemaco, inviato a sostenere 
l'esame di maturità e di attitudine al comando da parte di quelli che contavano al momento: di un Saggio e di due re sul trono. Paragoniamola con la situazione di Clitennestra decisa a vendicare l’immolazione fraudolenta di sua figlia Ifigenìa per mano di Agamennone, marito e padre della fanciulla, generale in capo della spedizione verso Troia. E costui, tornato troppo sicuro di sé, pensa a godere il possesso delle sue schiave favorite … L'azione politica non si presenta disunita da relazioni di ordine sessuale ...  Oreste farà strage della famiglia allargata e, unico, sopravvivrà.
Continuo la mia corsa. Di nuovo a Itaca. Ecco Odisseo, reduce di guerra e clandestino in patria. Con quale circospezione si maschera, e solo con grandissima cautela si rivela alla sua stessa moglie! Col figlio promosso all’esame di maturità governativa (nell’incontro segreto con i personaggi di spicco, tra cui Nestore/Atena) e  i servi più fidi ordisce le sequenze  d’avvio al tentativo di riprendersi il potere e sbarazzarsi dei Proci.

«Però - ribadisco fra me - la battaglia delle femmine era pur cominciata. Magari l’arte letteraria l’avrà rielaborata sul profilo del mito e della tensione narrativa, magari avrà enfatizzato la possibilità delle sue  sconfitte, ma quell’arte stessa ci racconta con spirito di verità che la determinazione battagliera delle donne era già germinata».

Però non riesco a gioire del presente o a sperare sul tempo prossimo: molte guerre di Troia sono in corso; e altre, che sembrano finite, continuano oltre la  procurata sordità da Primo Mondo. L’ultimo attacco, con i favori della pandemia, irrompe a scena aperta nel nostro centralissimo proscenio globale … Attivi e insolventi, diversi patriarchi di molto ambigue patrie ripetono antichi e minacciosi detti. Le madri costrette nei caveaux, le donne si ritrovano coriste di  piazza: unisono indistinguibile …Vorrei, credo che vorremmo celebrare quel famoso memoriale festivo che abbiamo pagato e ripagato con ripetute sofferenze e rovine … Memoriale, sì, dobbiamo sottolinearlo. Ma festa, no; non possiamo!  

 




domenica 2 gennaio 2022

Bianca Mannu e Antonio Altana: unità tematica in due lingue per SOGNARE D'AUTUNNO






Un’atera poesia de Bianca chi dat s’adiosu a cust’ateru annu chi si tancat pintu cun immazine atunzina e chi perdurat tantu longa cantu est bistadu s’annu intreu.
Custu istile poeticu sou no istuzigat ebbia s’italianu ma mi custringhet cun donosu piaghere a chilcare frasarios originales chi arrichint cuntzetos pagu impitados de su sardu.
Antoni Altana
[Questo suo stile poetico non stuzzica solamente l’italiano ma mi costringe piacevolmente alla ricerca di frasi originali che arricchiscono concetti non abusati nella parlata sarda.]
Brotare bisos che fàlina foza
chi palpidat in soglias de s’eddia
de una curtza die de Sant’Andria
chi ruet e solvet in umbras sa oza
Coglit in cussa fune inumidida
paraulas surdas de filos tirados
-che rundines pro bolu oriolados-
chi negat a bividu s’ingroghida.

Sognare d’autunno - inedita di Bianca Mannu
Sogni. Gemmare sogni come foglie
decidue - palpitanti sulle soglie
d’un giorno breve di novembre
che riverso si scioglie nelle ombre
Raccoglierli inumiditi sulle corde
dei fili tesi tra le parole sorde -
quasi rondini in procinto di partire -
per negare al vissuto d’ingiallire.

giovedì 30 dicembre 2021

Sognare d’autunno - inedita di Bianca Mannu

Sogni. Gemmare sogni come foglie

decidue - palpitanti sulle soglie

d’un giorno breve di novembre

che riverso si scioglie nelle ombre


Raccoglierli inumiditi sulle corde

dei fili tesi tra le parole sorde -

quasi rondini in procinto di partire -

per negare al vissuto d’ingiallire.





 

mercoledì 15 dicembre 2021

Quasi favola - apologo di Bianca Mannu


Per flâneurs e flâneuses, la Natura – questo cerchio che ci sovrasta e comprende – è fonte di meraviglie e sorprese, anche perché noi, gente di scuola, siamo (fortunatamente per noi) esonerati dal misurarci con lei dal lato lavorativo. Prendiamo la penna e non il vomere, per non citare che un esempio. La Natura, anche quando la sappiamo violata e ferita, si riprende i suoi spazi, se lasciata all’immensa memoria della sua temporalità. Così ci pare e ci fa  comodo credere.                                                                                                                      

Ti svegli un mattino e trovi la rugiada sulle vecchie stoppie degli sterri. E non vedi ancora la peluria verdolina che contende d’un niente la preminenza del giallo ocra delle dure zolle, che l’estate usava come lenti ustorie per comunicare al mondo il suo governo. Talvolta  l’autunno – persino troppo generoso – ci regala/propina piogge e piovaschi. E ci lava del ricordo sbracato del solleone – assunto al tempo (impersonale magia del mercato e dei suoi agenti!) come promotore di spot pubblicitari di marine azzurrissime, popolate di fanciulle con l’ombelico all’aria e finanche coi capezzoli ventosi, al cielo erti. ( Si avverte che i commissionari – forse anonimi come il padronato delle multinazionali– siano certamente maschi? O sono femmine per maschi? Il focus è sicuramente maschiocentrico.)

Sono le autunnali baruffe d’aria a farci trovare altra misura. Con tuoni gioviali o con refoli sottili sciamanti dalle rotonde nuvolette, l’autunno (concetto molto mobile) ci conduce, per successive velature e tramite un solicello saltellante, al suo colpo di teatro: fondali e quinte da sogno ospitano défilé che s’imbevono di trasparenze blu.

Non è trascorsa un’era eppure cercherai invano di scorgere l’ocra gialla dell’enfasi solare … Son nate case intanto, sì, coi tetti nuovi ed i camini pretenziosi, ma in mezzo a orti di erbe nuove e senza nome, tenere e felici come spose.

Case nuove, sì, ma in assenza di bambini neri o giallini, in presenza – forse virtuale – di pochi bianchini inviati in culla a stare chiusi in asili sorvegliati.  Così il silenzio nel giorno spalancato è pressoché assoluto e garantito. E i cani – solitari dentro le stole d’erba inglese – si sentono oberati dall’eccesso di quiete. Si chiamano allora l’un l’altro, sia pure flebilmente (perché, quando il silenzio è troppo grande, persino i cani stanno a cuccia intimiditi!) per essere sicuri di essere vivi, benché con l’obbligo di guardia.

E le auto? Dall’alba all’aurora in fuga verso i parcheggi cittadini – scivolano silenziose sull’asfalto sdraiato, per gusto e per modestia, sotto i pini e all’ombra chiara degli ulivi. Dopo di ciò detta Natura - tramite stormi di merli e di cornacchie che, con una corte infinita di passeri e fringuelli, non disdegnano di frequentare in comunella i campi - si impadronisce dello spazio e del suo compatto silenzio.

E non voglia il cielo che un giorno o una sera, questa Natura, tramite la sua immensa corte d’alberi, d’uccelli, d’insetti e di cani alla catena, sbarri la strada ai pendolari di ritorno proibendo loro l’ingresso perché sprovvisti di greenpass. 






 

giovedì 25 novembre 2021

Tu, bijou - inedita di Bianca Mannu - Per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.





                                      Tu, bijou

 

Caramellina, hm! Caramellina mia!

Già inventata e vestita come lui 

crede di volere fin da ieri

quando succhiava al seno

col latte di sua madre

il gusto del futuro desiderio 

Tu- invece - “sans souci”

tu - che dicono mancante di concetto -

tu - nata per dispetto alla madre

sognante una procura

col sigillo d’un re –

un re di nobile casato –

sia pure d’orizzonte limitato …

Tu – nata contro la voglia del padre

di guardarsi nello specchio replicato

da un Delfino vergato

che ascenderà rampante

a un trono più  … importante!

Tu -  entità mutante

 in bestiola seducente -

già loquace sgambetti

– perle/ rose/confetti -

tra le braccia di papà.

Incredibilmente fresca –

spuntata a sorpresa

dal riso d’una nuvola –

tu mattutina allodola -

tu goccia curiosa

del mondo di quaggiù -

sognavi e ancora sogni

   che il Destino oppure il Fato

t’abbia scelto e designato

da sempre  e per l’eterno

sulla Terra e nell’Averno

   al ruolo vivente di bijou.

Molto bene ora sai tu

come finisce il decoro

     che decorare non può più.  



 Nota - La cultura dell'immagine. Le donne, specialmente giovani e belle, diventano oggetti decorativi. Quasi inavvertitamente si finisce per cancellare nell'immagine la donna reale. Talora la stessa donna reale mostra, in vari casi, di aver difficoltà a distinguere il suo essere reale, nodo di problemi e relazioni complesse, con l'immagine fissa, depurata della fisicità e della psiche viventi. L'immagine raggruma ed eccede. A ben riflettere è la proiezione astratta di desideri, concezioni, finalità, costruiti altrove e per scopi anche molto diversi da quelli che le immagini sembrano rappresentare. 

Che cosa volevo significare partendo dalle immagini che invadono lo sfondo fisico in cui ci muoviamo? Volevo far notare che siamo tanto colpiti stravolti e contemporaneamente anche attratti dall'orrore per l'irreversibilità dell'atto di violenza, che culmina con l'aggressione fisica, da avere difficoltà a ravvisare il filo tenace della continuità che collega quell'atto alle negazioni, alle denigrazioni e omissioni di rispetto quotidiani, reiterati in un' atmosfera di tolleranza silenziosa che rasenta la rassegnazione e la cecità.     

La violenza si alimenta di quotidianità malate che si vivono come questioni banali che, forse, non bisogna enfatizzare e forse - crediamo - di poter anche ignorare per evitarci il dolore, la mortificazione che salta fuori di brutto quando interroghiamo dappresso la nostra quotidianità relazionale.

 

venerdì 29 ottobre 2021

Pagine letterarie: Madame Hardie (1)

Pagine letterarie: Madame Hardie (1): Ad alta voce come fossi solo di Bianca Mannu ( angelo perrone ) Uomini e donne dai nomi allusivi dialogano benevolmente tra loro, in realtà ...

martedì 19 ottobre 2021

Imbisitas de Antropo - trasposizione in ottave logudoresi - ad opera di Antonio Altana - del testo in versi Visite di Atropo di B. Mannu

Noticina- M'incorono di Logudorese. Tento una "libera" traduzione in italiano della bellissima strofa di

presentazione. La piazzo in coda, chiedendo scusa ad Antonio per l'imprecisione. Ringrazio l'Autore del ritratto di Atropo.

Sa morte cale ultima cumpanza

in custos versos guasi carignada

Bianca in nieddu l’at pintada

ma mai la cunsiderat istranza.

Asie in custos versos collocada

deo puru su sale de una ranza

apo agnantu cale siat oro

cun sas otavas de su logudoro.


Imbisitas de Antropo 

 

A fregura niedda e imberritada

cun tremores pitzinnos nos istigat

cando a giannitos cun nois corcada

unu male indetzisu chi s’impigat

a bantzigos e nenias resada:

Non como, no – su tempus no nos ligat

e dende puntas dulches proe de sonnu

birbante nos cumandat cale donnu.

Ma cun mortale istratzos fala e piga

torrat in oru de sas pibiristas

cando sa vida mudat in fadiga

su pasare in istoja a tramas tristas

poi de una die prus nemiga

ch’intontonida su connotu pistas.

Chi de s’andanta tua su lugore

mudat in umbra totu su vigore

chi astrat alfabetos in pedriscias

e insegus fues brincos de s’ingannu

pro chi su giogu sas noderas liscias

isolvet de uraganu assurdu dannu :

che trista marioneta bramas friscias

in isoladu cras bentosu afannu

chena divessa logica e ladinu

de bessire dae tempus che felinu

illonghende su murru a sos galanos

e prus pretzisos eternos momentos

de sos tebios rajos solianos

o in su bafu ch’at perdidu alentos

iscalcheddadu cun ammentos vanos

ue frazat picados sos intentos

e d’esister a impositu fortzadu

in donzi interpellantzia marcadu.


Presentazione tradotta

 La morte – ultima compagna –

in questi versi quasi vezzeggiata

Bianca l’ha dipinta in nero

ma mai la considera un’intrusa

Come ritratta in questi versi

anche io – piccola scaglia di sale –

la vesto - come fossero d’oro -

con le ottave del Logudoro.  

martedì 12 ottobre 2021

Visite di Atropo - inedita di Bianca Mannu


 Visite di Atropo

 

Incappucciata e in veste nera se la figura ognuna/o

tremando infantilmente al ritorno del mitico profilo

quando  - compagno di letto - uggiola come noia

un male indeciso e pellegrino  che ninnando vocalizza:  

“Non ora - c’è tempo – c’è … tempo – ancora … non è l’ora …”

E sul frizzo birichino più dolce signoreggia il sonno.

 

Ma più funereo straccio torna  a claudicare

sui bordi semispenti delle ciglia

quando la vita inclina alla fatica

dello stare in giaciglio incattivito

dopo il più cattivo giorno capovolto:

così straniata/o che non ti riconosci più.

 

Sulla tua china trascolora la luce

ancor di più verso un livore d’ombra 

che gela gli alfabeti sulla soglia.

Tu fuggi all’indietro sulla capriola

dell’inganno - ma il gioco scioglie le corde

 all’uragano degli assurdi: triste

saltimbanco di volizioni postume.   

Non c‘è rimedio a questa solitudine ventosa –

non altra logica se non questa:

di uscire dal tempo nel singolare

modo del gatto – allungarsi del muso

a cogliere l’attimo unico ed eterno

di tepore in una traccia di sole

o in un baffo sbiadito di memoria

dove dilegua il tuo graffito d’esistenza

con la prescrizione assoluta

d’ogn’ istanza.

 

 

 

Noticina- Ringrazio di cuore i siti che mi hanno permesso di usare le immagini