Nota Introduttiva di
venerdì 26 febbraio 2016
lunedì 26 ottobre 2015
Storia senza storia - giocatina inedita di Bianca Mannu
Dentro
casa a porta chiusa-
mentre gatto fa le fusa -
mentre gatto fa le fusa -
una maga
fa le carte
Una radio
a onde corte
da
notizie dritte e storte
una radio
a onde medie
parla e
canta per le sedie
una radio
un suono irradia
modulando
sua frequenza
dalla
scansia della credenza.
In attesa
sta la maga
che le
paghino la paga
non
buscata col cristallo
ma sudata
su ogni callo
di pedoni
doloranti
restituiti
ai piedi santi
Con la
crisi in certi casi
si
sorvola e si fa stasi
Con la
stasi e il contenimento
ecco
pronto il licenziamento
Maga gioca
scarta e spera
“male” -
dice sua interna sfera
Or
l’attesa si prolunga
Maga teme
non le giunga
la sua
paga e già mugugna
Allora il
gioco lei prolunga
Lo
prolunga fino a notte
Eran
poche e son finite
le
provviste crude e cotte
Dite voi
che siete pronte
se la
storia trova ponte
o se
invece ricomincia
Quante
storie avete viste
come
questa vuota e triste?
-Maledetto sia il destino
che si veste da assassino!
Con solenne imprecazione
sminuisci la tensione
credi aver messo cavezza
alla strozza di salvezza.
alla strozza di salvezza.
Noticina
Non si può essere sempre tristi e seccati perché le difficoltà sociali aumentano, perché i politici fanno i comodi propri e tentano di governare dividendo la società in frammenti contrapposti. Si ha bisogno talvolta di giocare e sorridere, malgrado i lutti. L'uso della parola creativa, del segno grafico, rendono possibile interpretare aspetti reali in chiave fiabesca o mitica o paradossale, senza comode elusioni.
Qualcuno osserverà: " Ma questa non è poesia e non è arte figurativa". Sicuramente un po' di ragione ce l'ha. Ma non me ne faccio un problema vitale.
Non sono affatto una patita di Alloween. la "giocatina" in versi e rime è nata per suggerimento delle parole che andavano a richiamarsi a vicenda nel modo che vedete, in un tempo e contesto lontano da ogni riferimento ad Alloween. La difficoltà di trovare immagini adeguate alla canzoncina, senza quell'allegria di maniera, imposta dalla ricorrenza divenuta commerciale, mi hanno forzato a pasticciare nel modo che vedete.
In Gran Bretagna la ricorrenza non era nata con quest'impronta, ma come rito collettivo apotropaico.
Comunque buon Alloween a tutti. (B.M.)
sabato 17 ottobre 2015
Un pensiero di Nelo Risi e alcune sue poesie
Dunque la poesia può benissimo disporsi sul crinale tra la gioiosa fissazione contemplativa e l'impatto, con la stessa temerità con cui si prende atto di una ferita o del suo cicatrizzarsi, con ciò che ci pare esterno, legato al conoscere, al sentire il conoscere come cosa che ti concerne, ti chiama in causa, si presenta come tuo problema.
Nelo Risi, morto a 95 anni, nel 2015, è vivissimo. Eccone alcune.
Le muse sono stanche
Abbiamo la poesia che meritiamo
tutta di serie tutta di comodo
così servile! a portata di guanto
perché teme la stretta di mano,
sporca quel tanto che muova il censore
una poesia per signore sole
o vagamente maschile, che sopravvive
in un'era di rampe e di scosse.
Telegiornale
Stando nel cerchio d'ombra
come selvaggi intorno al fuoco
bonariamente entra in famiglia
qualche immagine di sterminio.
Così ogni sera si teorizza
la violenza della storia.
21 (da Pensieri elementari)
Quando il pensiero era ancora
buona moneta di scambio
Misier Marco Polo mercante di Vinegia
percorse con umiltà la Cina
curioso delle cose che sono pel mondo
e ne tenne massimo conto
Oggi che il pensiero
è trasformato in merce
anche un cretino può viaggiare
dichiarando al suo ritorno che ottocento
milioni di gialli o rossi (come la mettiamo?)
non sono poi da sottovalutare
20 (da Pensieri elementari)
Negare quello che sappiamo
come se non ci riguardasse,
non inquietare il prossimo
e tanto meno se stessi,
creare un diversivo
senza allarmi né scosse,
Non venire mai al punto -
perché in qualche modo si viva!
Ecco il comandamento nuovo.
venerdì 9 ottobre 2015
Da IL SILENZIO SCOLORA - silloge di poesie di Bianca Mannu
Rose rosse
a
fiammeggiare
per
due sere o poco più
entro
la presunta aureola
che
il lume della lampada
verserebbe
sull’intimo
drappeggio
della tavola –
se
sulle guance e in cuore
già
non fossi accesa tu
Cinque
rose rosse
a
bagnare di porpora
un
alone d’attesa
e
l’ombra delle ciglia
dove
trascorre appena
un
guizzo ratto e lieve –
il
ritmo del cuore
fa
premura all’accidia
del
tempo incatenato
alla
parabola del sole
Ma
di cinque – come di molte
rose
– l’ardore presto nereggia
Gualcisce
la bella veste
e
nell’onta della necrosi s’umilia
Cinque
fulvo-vellutate rose
arrossarono
un tenero richiamo
rutilarono
appena una promessa
Tempo
scaduto!
Hai
gettato nel pattume
anche
il ricordo?
domenica 4 ottobre 2015
Lo sguardo del poeta classico - inedita di Bianca Mannu
l’anima schietta e alma di natura
senza un eccesso colmo di sciagura?
Com’è che fra le dita e soave penna
ti nasce calmo incontro d’acqua e vento
che intreccia nodi di giocoso intento
invece d’evolversi in empio sconcerto ?
Com’è che il lustro canuto della luna
come prece muta travedi d’angeli
che sfuma? Infra stelle: quiete divina!
Un niente d’aria in figure s’accoglie
come vaghe trame d’ali e lune
carpite al nulla e tramutate in canto.
Noticina. Sonetto in endecasillabi sciolti.
Mi verrebbe voglia di chiedere all'eventuale lettore: "Dove sta l'intruso?"
martedì 29 settembre 2015
Rottamazioni di Bianca Mannu
Rottamazioni per ridere un po'.
Rottamazioni
Rottamazioni
…una
bocca che boccheggia
una
stringa che non stringe
una mano
che respinge
un motto
che motteggia
una ruota
che non ruota
un
quadrato che non quadra
un
partito che non parte …
Via!
mettili da parte
come
vecchie prove d’arte
da
spedire sopra Marte
Ma se Marte
ti martella
puoi
celarlo nella cella
e sia
rete reticente
tra
l’onesto e il delinquente
che
attraversi la tua mente
Metti ben
le cose a posto
se non
vuoi pagarne il costo
Se è
autunno pensa al mosto
che
ribolle dentro i tini
Ti
prepara aceti e vini
per
scaldare pancia e cuore
ben
sapendo che si muore
che si
muore di fatica
che si
muore di dolore
che si
muore di risate
che si
muore come capita –
è la vita
che precipita -
che si
muore con il cuore
che si
muore di tumore
che si
muore per scasezza
di
cibarie oppur d’amore
E si
muore di moria
per
troppo cuore tuttavia.
mercoledì 23 settembre 2015
Progenie di Ciclopi - di Bianca Mannu
Stralcio della raccolta ancora inedita Dove trasvola il falco
............................................................
............................................................
Io -
una di voi- ho mantecato
e cotto il “pane nostru sin' e sale”,
lo “
zichi”, e il “pane salìu”
ho
cotto del Campidano
e a
milioni le “spianate”
delle
cento città montane.
Le mie
con le vostre mani –
officina
d'alimenti essenziali
e di
succedanei cibi
nelle
frequenti carestie.
Io con
voi - donne dei villaggi alti –
gli
uomini dietro le bestie
fra le
stoppie ardenti delle piane -
noi- a
scardassare ispide lane
a filare e a tingere - noi –
a disporre orditi e trame
per dar
voce alle spole
dei
silenti telai - noi sempre -
tessile
industria di sussistenza.
domenica 20 settembre 2015
Dal romanzo DA NONNA ANNETTA di Bianca.Mannu
Dal capitolo AROMA DI COTOGNE
Io non so se fu allora o dopo, se era autunno o altra stagione … Se il tavolo parato con luminosa tovaglia e vino rosso in caraffa era il tavolo apparecchiato per quella volta oppure no. So che nella mia mente esiste, al momento, un raccordo preferenziale e fluido tra quanto appena descritto e una seconda rete di percezioni e immagini; ma come se tutto il movimento, invece di essere definito e discreto, fosse durato e continuasse a durare indefinitamente …
Colpita da un odore penetrante e repentino che aveva invaso la “lolla”, mi
avvolgevo meglio nel drappo guardando dai buchi dei nodi che fissavano le
roselline. Snif snif; fango di gora e feccia di vino. Snif snif,
sigaro toscano e muffa. Snif snif, cacca di pecora e piscio di gatto … Dietro
zia Dora, che emergeva dalla mescita forbendosi le mani sui lembi della
pettorina e chiamando a gran voce la madre, sopraggiungeva lui, zio Ernesto.
Caracollava nello spazio libero, improvvisamente angusto della “lolla”, come un
cinghiale appena sbucato da una forra, volgeva attorno il suo muso scuro e
irsuto di setole rosse grugnendo a gran voce: “Bona festa, gomai Annetta!” e, adocchiata libera la colonnetta
portaoggetti, vi deponeva con inattesa delicatezza un piccolo cesto coperto di
frasche. Poi si voltava e vedendo il mio corpo infagottato bofonchiava: “Gesus! Unu pippiu dromìu” e, quasi di
scatto, senza aspettare risposta, con un rapido dietro-front si precipitava giù
per i gradini appena guadagnati. Zia Dora gli andava dietro strillandogli di
fermarsi, così che nonna Annetta, messa sull’avviso dal vocio, irrompeva da
sinistra per la porta della cucina marciando sulle sue alte polacche, una cocca
del grembiule sollevata su un fianco, pronta a bloccarlo. Dovendo inseguirlo,
lo chiamava a mezza voce in modo imperioso.
Lui s’arrestava di là, oltre il banco della mescita tra la vociante
compagnia dei bevitori, lei di qua, composta e severa davanti allo scaffale dei
liquori. E già gli allungava sul banco il bicchierino dell’Anisette, colmo.
Come magnetizzato, egli si voltava, si avvicinava al banco, curvava
religiosamente l’ispido capo sul bicchierino, poggiava i palmi delle sue zampe
ai lati del piccolo calice come un prete che officiasse e sorbiva socchiudendo
gli occhi e facendo tremolare i baffi. Poi, come volesse pigliare tra pollice e
indice le ali di una delicata farfalla, rapidamente afferrava e vuotava il
bicchiere arrovesciando il capo all’indietro. Ne seguiva un “grazias” e un goffo inchino. Mia nonna
riempiva ancora il calice. E intanto che lui ne sgargarozzava il contenuto
facendo scintillare i suoi occhietti, lei gli allungava ben avvolta in carta di
giornale una bottiglia di quello buono per
“gomai Delfina, chi de parti
nostra s’arregallidi”.
NOTA Traduco nell'ordine le espressioni in idioma sardo-campidanese
Bona festa...= buona festa, comare Annetta
Gesus,unu pip....= Gesù, un bimbo che dorme! Go
....chi de parti nostra s'arregallidi = per comare Delfina da parte nostra perché si prenda cura di sé.
venerdì 18 settembre 2015
I RACCONTI DI BIANCA di Bianca Mannu- brano
Fiela
Quando era apparsa sopra di me la faccia di
Suora Santina, avevo sentito che potevo girare gli occhi da una parte
all’altra, ma non muovevo lingua e bocca, e non muovevo mani ed ero solo occhi.
Invece udivo: Fiela, Fiela, e ho visto la mano, mano che toccava la mia fronte,
le mie labbra. E a un certo punto sentivo la fronte, le labbra, le guance, la
lingua, che cominciano a muoversi e comincio a sentire qualcosa di tiepido, un
qualcosa che mi piace, un sapore, un sapore che fa il giro della stanza dove
sta la lingua e poi comincia a scendere e a toccare luoghi lontani che non
sapevo e saliva anche verso il naso – questo lo so dove sta. Ecco c’era il naso
che annusava ciò che veniva da dentro e quella cosa che annusavo saliva piano
piano dentro la testa e si spargeva dappertutto … Ah, ah, oh, oh, come sull’altalena, quando ho
imparato a salirvi senza paura. Mi stavo, mi stavo … “scongelando”!
Allora non avrei saputo come dirlo, ma dopo
ogni volta, uscendo dal buio e dalla trappola, è stato come vedere e sentire il
solletico che fa il ghiaccio che si scioglie. E’ stato bello. Mi piaceva essere
Fiela e abitare tutto il mio spazio dentro: mi allungavo, mi allargavo, andavo
verso l’alto con un po’ di fatica per provare il piacere di scendere in fondo e
appiattirmi sul luogo dove stavo poggiata. Stavo su un letto. E Suora Santina
spariva e riappariva e poi altre facce,
altre mani, altri odori. Per quel che ne so, credo di essere nata così. E da lì
sono scesa per andare nel refettorio, nel cortile, nella cappella, dove Suor
Maria e Suora Annunziata cantavano e ancora cantano il rosario con una voce che faceva e
fa addormentare.
"Mediante l’ampio uso del monologo interiore e del
flusso di coscienza, interiorizzata e fatta propria la lezione della narrativa
novecentesca, da Svevo a Pirandello, a Joyce a Proust, i personaggi, e con loro
l’autrice, procedono in una continua ricerca di trasformare in meglio il
senso della propria vita."- Prefazione di Katia Deborah Melis
mercoledì 16 settembre 2015
Voglio cullarti - Da IL SILENZIO SCOLORA di Bianca Mannu
Voglio cullarti nel grembo del cuore -
Intanto che le spire il tempo avvolge -
Rapaci - sulle nostre albe veloci.
Gemma ai piedi del tuo silenzio e -
Inattesa - sorge … altra primavera?
Le nostre cime appaia. Di bianco poi
Infiora - come se di mandorli antichi
Ospiti prodighi fossimo di vita.
*Ho cercato di riposare dopo una certa fatica compositiva. E allora mi son detta che avrei postato qualcosa di leggero e di antico, cioè qualche verso allusivo di una stagione archiviata come un tempo felice dell'innamoramento.
Sorpresa! Non esiste. Il sentimento che abita questi versi vagheggia il suo possibile corrispettivo, ma s'imbatte in un silenzio che allude alla sua impossibilità. B. M.
sabato 5 settembre 2015
Arbeit macht frei - Apologo inedito di Bianca Mannu
Nota -Cari amici lettori curiosi, oggi, adesso, propongo il quarto e ultimo pezzo di Arbeit macht frei. Ma prima ho necessità di spendere qualche parola.
Il/la poeta non è sempre quell'essere leggero, e anche un po' enfatico, che guarda la propria anima bella o meno bella.Come tutti gli umani soffre di cose anche molto terrestri. Spesso il poeta, o chi vuole sentirsi tale, arriva tardi (Hegel lo diceva della filosofia) sugli eventi e piange o sorride quando tutto ha già avuto luogo in quel luogo controverso e difficile che è la"realtà". Spesso neppure si accorge - in senso squisitamente linguistico-poetico, preso com'è, sempre in sede poetante, dai suoi fantasmi intimi - che anche il suo dramma personale ha legami strettissimi coi drammi di tutti gli altri, dei diversi, degli incomprensibili, degli assurdi., e che ciò che dice prenderebbe senso se egli/ella si facesse intellettualmente e affettivamente carico di questo legame invisibile, ma profondissimo.
Nell'usare quel motto come titolo, credo si capisca che ho voluto alludere, piuttosto che all'assurdità di esso in quell'orribile contesto di ostentato annientamento ora già inscritto negli annali della storia europea, ma all'effetto beffardamente sottile (ma non tanto) con cui risuona a fronte delle focalizzazioni che la parola - la mia, certo non esaustiva- effettua sul contesto civile vivente, quello che tuttavia si autodefinisce e si proclama democratico e si fregia di voler vigilare sulla tutela dei diritti umani universali.
Nel nome di questi diritti cominciò la nostra contemporaneità storica; ma è nella dimensione di questo OGGI, -che si estende come un incubo nello spazio e nel tempo straniato, commisurato sul metro del profitto espropriabile - a essere posta in mortale pericolo la liberazione degli umani dal lavoro come coazione e come deprivazione, come controllo esteriore e assoggettamento, come privilegio-diritto di alcuni di sancire la non-vita di altri, come perno su cui determinare secondo "l'utile" l'autoannientamento psicologico degli individui "inutili". B.M.
ARBEIT MACHT FREI (ultima tranche)
Il/la poeta non è sempre quell'essere leggero, e anche un po' enfatico, che guarda la propria anima bella o meno bella.Come tutti gli umani soffre di cose anche molto terrestri. Spesso il poeta, o chi vuole sentirsi tale, arriva tardi (Hegel lo diceva della filosofia) sugli eventi e piange o sorride quando tutto ha già avuto luogo in quel luogo controverso e difficile che è la"realtà". Spesso neppure si accorge - in senso squisitamente linguistico-poetico, preso com'è, sempre in sede poetante, dai suoi fantasmi intimi - che anche il suo dramma personale ha legami strettissimi coi drammi di tutti gli altri, dei diversi, degli incomprensibili, degli assurdi., e che ciò che dice prenderebbe senso se egli/ella si facesse intellettualmente e affettivamente carico di questo legame invisibile, ma profondissimo.
Nell'usare quel motto come titolo, credo si capisca che ho voluto alludere, piuttosto che all'assurdità di esso in quell'orribile contesto di ostentato annientamento ora già inscritto negli annali della storia europea, ma all'effetto beffardamente sottile (ma non tanto) con cui risuona a fronte delle focalizzazioni che la parola - la mia, certo non esaustiva- effettua sul contesto civile vivente, quello che tuttavia si autodefinisce e si proclama democratico e si fregia di voler vigilare sulla tutela dei diritti umani universali.
Nel nome di questi diritti cominciò la nostra contemporaneità storica; ma è nella dimensione di questo OGGI, -che si estende come un incubo nello spazio e nel tempo straniato, commisurato sul metro del profitto espropriabile - a essere posta in mortale pericolo la liberazione degli umani dal lavoro come coazione e come deprivazione, come controllo esteriore e assoggettamento, come privilegio-diritto di alcuni di sancire la non-vita di altri, come perno su cui determinare secondo "l'utile" l'autoannientamento psicologico degli individui "inutili". B.M.
ARBEIT MACHT FREI (ultima tranche)
Viste
dal prisma sociopolitico
Ma dopo
il secondo grande crack
a molte
pance fatte vuote
la
questione lavoro
puoi
fargliela ingoiare
come
liberalizzazione
come nuovo senso del progresso
come
acquisto di speciale privilegio
come
acquisito di merito… segreto
Questa!
la promozione
dell’individuo-
risorsa
o
dell’oggetto-lavoro
travestito
da persona
Sostenga
in cambio- con acquiescenza-
in tutti
i micronesimi quozienti
di questo
giorno biblico
della
postindustrializzazione -
la libera
lievitazione
del
premiale frutto
in conto
profitto
e in
conto capitale
fino a
che ne tracima tanto
quanto
nella pancia di Moloch
ci può
stare
e un poco
-ma poco!- tracimare
sulle
esistenze accidentali
dei nuovi
disuniti proletari
Forse
sarà meglio darne loro
solo l’impressione -
per
lubrificare a costo minimo
la
sinergia degli apparati “strumentali”
produttivi
dell’utile
in
volatile forma di valore
E sia
come la promessa
d’una
nuova manna
avaramente
misurata
sul nastro semovente
delle
mense aziendali dismesse
per gli
sciami ridotti
degli umani
prescelti
studiatamente
ammansiti
politicamente
aproblematici -
flessibili
- comprimibili a vista
dell’interesse
capitale.
Voci
di coro
“Ascolta
–o poeta –
come
sia pacioso
l’ottimismo
sotteso
del
futuro ipotetico
rinviabile
ad libitum!”
Dramma
del rentier
Pure la
fede prende a traballare
sulle
scosse degli smagriti esiti
delle
giocate finanziarie
tosto
evaporate in fumus o vacuum
che -
com’è noto – genera terrore
Neppure
sospetti o ingenuo giocatore
che le
tue quote di gioco
costate
una fortuna e tante vite
abbiano
subito - col medesimo gioco –
in più
ameni siti altro trasloco
Ti brucia
– o virtuale/o solido rentier-
quel
segno meno che volta
in
stupidi cartigli ogni tuo bene –
quello
reale e il tanto perseguito.
Ti brucia
come ferita viva sulla carne
l’effetto
del miracolo mancato
lo senti
come sangue che fugge
dalle tue
magre veglie sbalordite
l’avverti
come sangue che suppura
nei tuoi
fetidi incubi notturni
Torna in
forma di doviziosa sorte
al tuo
esultante figlioccio
questa
tua pecuniaria“morte”.
Voci
di coro
“Cosi
sta scritto sotto
la
“fraterna” morale
tra
formiche e cicale.
Giosciua
tentò elevarla
a
spirito d’amore
ma
sbagliò di gente
e
morì forse per niente”.
Epilogo
politico-giuridico
Ora il
grifo basso sordamente
i tanti
umani assiema
in troppo
umani armenti
tra
acredine violenta
e imbelle
remissione
Siamo
decisi a mutare ragione?
E invece
– no.
E
ricomincia la solita… canzone
del
politico d’occasione
Voci
di coro
“Ma…
e l’operaio? il dipendente?
E quelli che l’assenza di lavoro
condanna all’impellenza?
A che pro cultura e scienza?”
- chiede il poeta balbuziente
Una
faccia bolsa e quadra
che fa
dei venti un vento e solo evento
alla luce
d’una telecamera
davanti
al servo microfono:
“Chi? Lui/lei/ciò?” ammicca
“Hanno mica voce
e
importanza ?-dileggia- quasi niente!
Mettiamo
in mezzo
un fatto
distraente
cablato stile
“guerra fredda”
o anche
il decrepito nuovo
tamtam
con voto promissorio…
ci vuole
niente a esser convincente”
Tutto
esiste già come corrente
Lui parla
e non inventa niente
Parla a
mille echi
e a mille
ripetenti
pasciuti
e plaudenti
Sparacchia
intorno con burbanza
alludendo
a quelli della contraddanza
“Se per
caso insistono a negare
e al
creativo mio innovare
resistono volendo questionare -
con un
colpo di penna
in codice
di legge
come regolare procedura esecutiva
statuirò
che…
non esistono!”
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