I tenaci si sono incontrati a Ragusa affratellandosi con quelli che arrivano dal Sud.
I più giovani s'ubriacano di musica e di chiasso nella primavera romana che non promette frutti.
A Milano l'Italia soddisfatta e tronfia di potere, di soldi, di goduria, celebra i suoi fasti ed esulta, come se il suo peso su tutti i deprivati fosse lieve, anzi come se quei tutti, schiacciati, non contassero; e anzi dovessero unirsi all'esultanza che li esclude.
Ma a Milano lo schiaffo dello scialo fa rabbia. E la rabbia è una compagnia discutibile, certo. Ma chiediamoci: chi ha messo su il cantiere della rabbia, chi l'ha coltivato oltre i limiti?
Perché i filosofi a contratto della TV sono così strabici da evitare
di connettere i problemi?
Dunque sono triste e vado a trovare coloro che sono stati o stanno per essere collocati
In un'altra serie
Eri
«io» un attimo prima
del
bando di sequestro –
prima
dell’esplosione sabbiosa
nel
cervello
dove era già caduto
l’uranio
impoverito del licenziamento.
Impossibile «io»
nell’istantaneo
tremito
di
foglia
sull’assurda
spoglia
dell’umano
tempo.
Uscita
dal senso
né
viva né morta -
anche
la rabbia
abortisce
con
l’inutile sudore
Divelta
e muta
una
vecchia canna
oscilli
adesso
come
cieco avanzo d’alluvione
che
scorrendo
ti
prescrive aliena -
immondizia
sulla proda.
E
stai
come
se con le pinze
ti
stipasse agonizzante
nella
turpe sequela d’insepolti
ancora
in cerca di recesso
per
disfarsi.
Non
sa di niente il nome
se
non congiunto
al
feroce attributo d’incapiente .
Questo
pare non sporchi
il
pensiero e la bocca
di
chi ti cita in numero
per indicare
una fraternità
piuttosto
ingrata
che
un giorno o un’ora avanti
avresti
urlando denegata.
Ora
- senza benvolere -
sei
candidata ad occupare
il
budello della gora
o
a sbandare tra le pile
del
ponte del viadotto
come
animale dannato
agli
inferi cerchi
del
“civile assetto”.
Nessun commento:
Posta un commento