Esperienza
Ho vissuto millenni
nella minaccia del
verbo ruggente
precipitando nel
baratro
della parola
mancata.
Ho oscillato e
sobbalzato
lungo l’arco
ambiguo del gesto
che non smette di
fendere
il vorticoso etere
del senso ancestrale.
Sono rimasta sepolta
sotto lastre di
silenzio
e raccontarmi
pensieri
senza parole
possibili
- il cuore convulso
e assottigliato -
- chiusa in un
tempo sterile-
come in una bara
vuota.
Mi sono ammaestrata
all’osmosi
presensoriale
con la terra e col
buio umido
dove fermenta il
senso.
Sono sgusciata
infine
dall’epicentro
fortunoso d’un sisma
come un lemure
incolore
per suggere col
corpo intorpidito
il veleno bruciante
del sole.
Per vivere e
vivermi.
Finché avrò guizzo
d’intelletto
soffio ossigenante
e cuore
- lucida intensione-
scaverò
segni/parole –mio sangue
già antico e
captivo -
con l’unghia della
mente
sulla silicea
sordità di questa
Babele planetaria
che frange in
pulviscolo il Presente
e uguaglia ai suoi
frammenti
ogni germe
di Futuro.
Bianca Mannu
da TRA FORI DI SENSO
Esperientzia
Apo bìvidu milli
annos
minetas de
chistiones uruladas
ruende in s'ispèrrumu
de sa paràula non nada.
Apo bantzigadu in assuconu
fatu s'arcu malignu de sa mossa
chi no acabbat de ferrer
mulinosas aeras de
sensu ancestrale.
So restada
interrada
suta lastras de mudore
e contende-mi pessos
chena paràulas adatas
-coro a bòrtulu e isfinigadu-
-tancada in unu tempus annòsigu-
comente unu baule bòidu.
Mi so domada
a su primu isolver sensoriale
cun sa terra e s'ùmidu iscuru
ue fremmentat su sensu.
So isdegada in
finis
dae coro tzentrale de donosu terremotu
che lèmure iscoloridu
pro suer cun carena sonnida
sa brujadora lua de su sole.
Biver e mi biver.
Fintzas chi ap'aer
iscoitu de sentidu,
sulu ossigenarzu e coro
- lutziga giagadura -
apo a iscavare/ paraulas - samben meu
gia antigu e afrancadore -
chin s'ungia de s'atile
subra granitica surdera de custa
Babele planetaria
chi firchinat in pruer su presente
e aparinat a sos biculos suos
donzi sirigu de su cras.
Torrada in
logudoresu de
Antonio
Altana
Nota
Esperienza /Esperientzia.
Due testi fratelli, anzi, no: due composizioni
sorelle. Il tema sembra uno, l’esperienza.
Quale
esperienza?
Eh,no; non si
tratta di una o due esperienze riferite
a connotazioni specifiche o determinate. Si tratta del faticoso e angoscioso processo con cui l’irrimediabile corporeità si sveglia in
volizione ancestrale ancora compressa e ostacolata dalla propria carenza d’essere,
che cerca annodarsi con barlumi di
immagini-pensiero ancora imbelli. Tra
collassi e riprese di vigore, è il senso che acchiappa le parole ungulate. È il
senso che corre fra i segni /linguaggio e
che irrora di intensità e vigore i nostri interiori nessi col mondo.
Quel nodo di senso e linguaggio può
diventare strumento duttile e forte a scalfire sembianza e sostanza dell’apparente
assolutezza della giostra mondana. Perché
è dell’uomo lasciare il segno e fare dei
suoi segni dominio e legge del branco;
ma è degli umani tentare di cambiare verso a quelle logiche.
In siffatta dimensione ogni persona
può riconoscersi in questa Esperienza/Esperientzia, in questa ricerca, talvolta solitaria e profonda d’assoluto, come un bisogno d’incontrare nell’altro,
in molti altri, la migliore parte di sé,
di modo che la costruzione di senso ci coinvolga tutti e non chiuda fuori più
nessuno .
Ed è per questa possibilità poco
evidente che il senso non staziona nei corpi pur avendo con essi stretta relazione, ma trapassa per la trama delle lingue e dei
linguaggi, si rimodula negli echi, nelle
vibrazioni, nelle particolari sonorità e persiste circolando tra accoglienti
diversità.
Sono felice che l’amico Antonio abbia riscritto Esperienza come Esperientzia in quella sua lingua
sardo-logudorese bellissima che io, campidanese imbarbarita e estraniata,
decifro con fatica, ma che rileggendo comprimo per farla risuonare dentro i
miei magri ricordi di viaggio nel Logudoro.
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