giovedì 2 aprile 2015

Proposta per una interessante lettura: LA SOCIETÀ INDIVIDUALIZZATA di Z. Bauman

Riporto un breve passo dal capitolo Usi della povertà:
«Sappiamo che, svincolata dalle briglie della politica e dai condizionamenti locali, l’economia in via di rapida globalizzazionee sempre più extraterritoriale produce differenze di riccheza e di reddito sempre maggiori tra gli strati più ricchi e quelli più poveri della popolazione mondiale, così come all’interno di ogni singola società. Sappiamo anche che essa emargina fette sempre più consistenti della popolazione, le quali non solo sono costrette a vivere in povertà, miseria e indigenza, ma anche permanentemente espulse da quello che la società considera un lavoro economicamente razionale e socialmente utile, e in questo modo rese economicamente e socialmente ridondanti.»

Ecco sinteticamente quanto mi pare di aver capito di questa preziosa raccolta di saggi

Il mondo contemporaneo presenta una complessità inedita.  Esso prefigura destini orrendi per una parte rilevantissima di esseri  umani, se questa stessa umanità non si rende ragione dei meccanismi emarginanti in atto e s’imbestia nel restare prigioniera dell’idea che il gioco economico del profitto decide di tutto, e in forza di tale condizione, imposta dalla struttura di potere, tollera come conseguenza razionale che un gran numero di esseri umani risulti ridondante, ossia destinato al macero della condizione di povertà e depressione, come esito ineluttabile.
Questo, speriamo  eventuale, destino non è per nulla inscritto  nel così detto progresso tecnologico, né nel naturale egoismo degli umani e dei gruppi sociali che competono  per  mettere le mani sulle risorse- queste sono solo conseguenze di un meccanismo più pervasivo, anonimo e potente che imprime la sua logica a tutti gli aspetti della società. Il motore è la ricerca del massimo profitto  tramite il mercato, cioè lo scambio di ogni cosa usabile contro denaro reale o virtuale, il quale è esso stesso merce dematerializzata,  convertitore universale di ogni altra cosa o animale o persona o parti di essi in quanto merce.
Chi ha molto  denaro  può vendere denaro e fare grandissimo profitto, senza produrre qualità di valore aggiunto, con l’agio pagato dai compratori di denaro. Da me, per esempio, che chiedo il mutuo per la casa o per mettere su il mio laboratorio di sartoria o un’officina per riparazioni.
Che cosa avviene alle persone che entrano nel mercato come venditori di merce/lavoro non richiesto, non in corso o deprezzato? E a quelli stessi che per iniziare un’attività hanno acceso un prestito e poi non realizzano?
Pure i bambini lo sanno: costoro non possono accedere  allo stesso mercato in veste di compratori. Nello stesso tempo sia pure proponendosi come liberi venditori di abilità lavorative, non trovano chi voglia acquistarle. Ciò significa che tali soggetti rimangono ai margini del mercato o ne escono totalmente, vivendo molto precariamente di sussidi, finché i sussidi e supporti personali ci saranno.

La distribuzione delle risorse per accedere ai consumi  è dunque ineguale. Ma l’inegualglianza si è approfondita in misura abissale coinvolgendo una grande massa di persone – i poveri . Questa massa cresce e minaccia di non poter più essere riequilibrata, anzi è già divenuta strutturale.

Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che il meccanismo della necessaria ridistribuzione dei beni e dei servizi prodotti  è strutturato in un modo tale che la ricchezza continua  ad accumularsi in modo esponenziale, ma concentrandosi nelle mani di pochissimi, mentre il gruppo sociale che pure ha prodotto e produce risulta impoverito, ossia può contare su una quota minima dei beni prodotti. Per contro l’incremento della povertà chiama alle restrizioni delle fonti sociali di beni e servizi. Il livello politico amministrativo s’incarica di legiferare quelle medesime restrizioni: limita, privatizza, e restringe il ventaglio dei servizi garantiti, smette di prevedere e provvedere  forme di sostegno sociale dirette alla crescente massa dei poveri.
Anzi una società cosi diseguale tende a disfarsi, come orpelli dannosi, di parecchie forme di solidarietà sociale, di cura dei piccoli e degli anziani, dell’assistenza e della scolarità  universale, della salvaguardia delle diversità  e della dignità umana, insomma di tutto ciò che in qualche modo è stato il fiore all’occhiello dell’Occidente per qualche decennio del secolo scorso.

Il pericolo di un imbarbarimento irreversibile minaccia, secondo Bauman, non solo le macrostrutture, ma persino i rapporti interpersonali della vita quotidiana, lavorativa e sociale. A questo livello, messe all’angolo le ragioni della fondamentale uguaglianza nei diritti basilari, le ragioni del legame e della condivisione civile, il gruppo sociale si polverizza in individui impauriti e soli in un mondo cieco e sordo.

Sull’individuo vanno a scaricarsi  tutte le difficoltà , le tensioni  e le responsabilità, che sono invece il portato delle aporie strutturali. Ideologicamente si enfatizza la sua autonomia, la sua libera decisione e responsabilità, invece lo si rende a sua volta cieco, sordo e imbelle rispetto al proprio essere sociale. Lo si allontana dalla comprensione e volontà di azione politica in senso ampio e alto.

«…essere un individuo de iure significa… non poter cercare le cause delle proprie sconfitte al di fuori della propria indolenza e infingardaggine….Convivere quotidianamente con il rischio dell’autocensura e del disprezzo di sé non è facile…»

D’altra parte Bauman non si esime dall’indicare la  forte subordinazione della struttura politica esistente nei confronti  dei potentati economico–finanziari. La subalternità della politica nelle società postmoderne è non solo ideologica, ma funzionale perché  funge appunto da agenzia per il mantenimento dell’ordine pubblico, essendo la politica lenta e legata ad ambiti territoriali ristretti, fisicamente adeguata all’esercizio del controllo dissuasivo/repressivo  a garanzia della suprema mobilità dei capitali; mentre dovrebbe essere il meccanismo solerte ed efficace di regolazione dell’economia, garante della salvaguardia fisica e sociale dei cittadini, custode di quella ecologica e conservativa dei territori.

L’economia finanziarizzata in realtà, non solo  si libera da ogni ceppo territoriale, ma si slega da ogni responsabilità umana e sociale inseguendo senza più freni la valorizzazione crescente dei  suoi profitti, sussumendo sotto di sé ogni attività umana mercificabile e in prima istanza occupando le fonti e i percorsi dell’informazione e della formazione culturale,con cui garantirsi la relativa e universale tranquillità rispetto all’intangibilità del profitto.


«Il “principio dell’ordine” nel gergo politico dei nostri tempi significa poco più che lo smaltimento delle scorie sociali, dei relitti della nuova “flessibilità” della sopravvivenza e della vita stessa.»

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