Resistenza è virtù delle persone che - mentre stanno subendo
decisioni altrui, dunque imposte, o che scontano esiti del proprio consenso magari
sbagliato oppure quasi estorto con inganni - contrastano, agiscono ostacolando quelle
decisioni.
Resistenza è opporsi delle persone (così dette semplici che
semplici non sono) col loro vivere/fare quotidiano a un sistema che, per
perpetuare il suo potere, innesca/ha innescato un processo che impazzisce e
che, pur di conservarsi il potere, diviene perno di scontro insanabile tra i suoi
stessi cittadini, mettendo a rischio mortale la sopravvivenza dell’intero
gruppo sociale.
Resistenza è risorsa e risposta
alternativa di popolazioni solitamente inermi, laboriose, capaci di logica pratica,
ma destituite di potere politico e giuridico, esposte al ricatto e alla marginalizzazione/esclusione
dalle decisioni che i centri del potere confiscano per sé, infrangendo ogni
limite.
Ecco
perché è stata chiamata Resistenza la
reazione, ormai storicamente definita a partire dall’8 settembre 1943, di una
parte non maggioritaria di italiani contro il governo Repubblichino (di Salò) e
l’occupazione tedesca.
Certo,
senza le Forze Alleate, la situazione italiana avrebbe conosciuto l’abisso. Ma
le decisioni prese all’unisono da gruppi politicamente e territorialmente
diversi della Penisola e disposti a correre i massimi rischi, ha incoraggiato ampie
frazioni della popolazione civile a schierarsi dalla loro parte aiutandoli, sostenendoli,
riconoscendosi nel loro operato e cooperando apertamente per cacciare i
tedeschi dai nostri territori metropolitani. Un esempio per tutti, le Giornate
di Napoli.
In
quel modo, quella parte di cittadini si è assunta la responsabilità, a prezzo
di tante vite e sofferenze durissime, di restituire al popolo italiano la sua
compromessa dignità e ha reso poi necessaria e reale la costituzione dello Stato
Italiano democratico.
Dovremmo
però rimanere consapevolmente distanti dalle celebrazioni “d’ufficio” gonfie di
retorica. La retorica falsifica e sminuisce l’apporto smisurato da parte di chi
si sacrificò allora e di chi anche oggi si espone al sacrificio del proprio
personale interesse, pur non avendo rilevanza pubblica, per difendere principi di
giustizia sociale e morale. La resistenza
dovrebbe essere un atteggiamento permanente contro lo strapotere di chiunque pretenda di erigere baluardi e steccati sociali e razziali contro qualcuno o
gruppi. La resistenza è efficace quanti più cittadini vi partecipano, quanta
maggiore consapevolezza sorregge quei comportamenti che sono l’essenza di vera
inclusione e crescita civile.
Mi
piace perciò ospitare in questa pagina una poesia di Alfonso Gatto tratta da «La
storia delle vittime».
Le
vittime
La
storia fosse scritta dalle vittime
altro
sarebbe, un tempo di minuti,
di
formiche incessanti che ripullulano
al
nostro soffio e pure ad una ad una
vivide
di tenacia, intende d’essere.
Gli
inermi che si scostano al passaggio
delle
divise chiedono allo sguardo
dei
propri occhi la letizia ansiosa
d’essere
vinti, il numero che oblia
la
tua sabbia infinita nel crepuscolo.
Dei
vincitori, ai ruinosi alberghi
del
loro oblio, più nulla.
Rimane
chi disparve nella sera
dell’opera
compiuta, sua la mano
di
tutti e il fare che è del fare il tenero.
È
il nostro soffio che gli crede, il dubbio
Di
perderlo nel numero, tra noi.
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