lunedì 27 aprile 2015

Resistenza - Commento con poesia di Alfonso Gatto

Resistenza è  virtù delle persone che - mentre stanno subendo decisioni altrui, dunque imposte, o che scontano esiti del proprio consenso magari sbagliato oppure quasi estorto con inganni - contrastano, agiscono ostacolando quelle decisioni.
Resistenza  è opporsi delle persone (così dette semplici che semplici non sono) col loro vivere/fare quotidiano a un sistema che, per perpetuare il suo potere, innesca/ha innescato un processo che impazzisce e che, pur di conservarsi il potere, diviene perno di scontro insanabile tra i suoi stessi cittadini, mettendo a rischio mortale la sopravvivenza dell’intero gruppo sociale.
Resistenza è risorsa e risposta alternativa di popolazioni solitamente inermi, laboriose, capaci di logica pratica, ma destituite di potere politico e giuridico, esposte al ricatto e alla marginalizzazione/esclusione dalle decisioni che i centri del potere confiscano per sé, infrangendo ogni limite.
Ecco perché è stata chiamata Resistenza la reazione, ormai storicamente definita a partire dall’8 settembre 1943, di una parte non maggioritaria di italiani contro il governo Repubblichino (di Salò) e l’occupazione tedesca.
Certo, senza le Forze Alleate, la situazione italiana avrebbe conosciuto l’abisso. Ma le decisioni prese all’unisono da gruppi politicamente e territorialmente diversi della Penisola e disposti a correre i massimi rischi, ha incoraggiato ampie frazioni della popolazione civile a schierarsi dalla loro parte aiutandoli, sostenendoli, riconoscendosi nel loro operato e cooperando apertamente per cacciare i tedeschi dai nostri territori metropolitani. Un esempio per tutti, le Giornate di Napoli.
In quel modo, quella parte di cittadini si è assunta la responsabilità, a prezzo di tante vite e sofferenze durissime, di restituire al popolo italiano la sua compromessa dignità e ha reso poi necessaria e reale la costituzione dello Stato Italiano democratico.
Dovremmo però rimanere consapevolmente distanti dalle celebrazioni “d’ufficio” gonfie di retorica. La retorica falsifica e sminuisce l’apporto smisurato da parte di chi si sacrificò allora e di chi anche oggi si espone al sacrificio del proprio personale interesse, pur non avendo rilevanza pubblica, per difendere principi di giustizia sociale  e morale. La resistenza dovrebbe essere un atteggiamento permanente contro lo strapotere di chiunque pretenda di erigere baluardi e steccati sociali e razziali contro qualcuno o gruppi. La resistenza è efficace quanti più cittadini vi partecipano, quanta maggiore consapevolezza sorregge quei comportamenti che sono l’essenza di vera inclusione e crescita civile.
Mi piace perciò ospitare in questa pagina una poesia di Alfonso Gatto tratta da «La storia delle vittime».


 Le vittime

La storia fosse scritta dalle vittime
altro sarebbe, un tempo di minuti,
di formiche incessanti che ripullulano
al nostro soffio e pure ad una ad una
vivide di tenacia, intende d’essere.

Gli inermi che si scostano al passaggio
delle divise chiedono allo sguardo
dei propri occhi la letizia ansiosa
d’essere vinti, il numero che oblia
la tua sabbia infinita nel crepuscolo.

Dei vincitori, ai ruinosi alberghi
del loro oblio, più nulla.
Rimane chi disparve nella sera
dell’opera compiuta, sua la mano
di tutti e il fare che è del fare il tenero.
È il nostro soffio che gli crede, il dubbio
Di perderlo nel numero, tra noi.


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