venerdì 17 gennaio 2020
Pagine letterarie: Rosso
Pagine letterarie: Rosso: Eventi che cambiano il colore delle giornate: la strada difficile da percorrere di Bianca Mannu Arrossarono i giorni le bandier...
sabato 30 novembre 2019
biancamannu42@gmail.com
Tempesta - Poesia di Eugenio Montale
Con un suono di corno
il vento arrivò, scosse l’erba;
un verde brivido diaccio
così sinistro passò nel caldo
che sbarrammo le porte e le finestre
quasi entrasse uno spettro di smeraldo;
e fu certo l’elettrico
segnale del Giudizio.
Una bizzarra turba d’ansimanti
alberi, siepi alla deriva
e case in fuga nei fiumi
è ciò che videro i vivi.
Tocchi del campanile desolato
mulinavano le ultime nuove.
Quanto può giungere,
quanto può andarsene,
in un mondo che non si muove!
Noticina – Preziosa come un vaticinio, gelida e tagliente
come una gemma di cristallo. La dedico a me e a tutti gli Italiani, alacremente impegnati con il fango.
E al sole, che li sbeffeggia dal cielo e dall’acqua in turbamento, oppongono sonnambuli la fiamma del pollice acceso sulla fede di
abitare il bel paese.
come una gemma di cristallo. La dedico a me e a tutti gli Italiani, alacremente impegnati con il fango.
E al sole, che li sbeffeggia dal cielo e dall’acqua in turbamento, oppongono sonnambuli la fiamma del pollice acceso sulla fede di
abitare il bel paese.
giovedì 28 novembre 2019
Tempesta - Poesia di Eugenio Montale
Con un suono di corno
il vento arrivò, scosse l’erba;
un verde brivido diaccio
così sinistro passò nel caldo
che sbarrammo le porte e le finestre
quasi entrasse uno spettro di smeraldo;
e fu certo l’elettrico
segnale del Giudizio.
Una bizzarra turba d’ansimanti
alberi, siepi alla deriva
e case in fuga nei fiumi
è ciò che videro i vivi.
mulinavano le ultime nuove.
Quanto può giungere,
quanto può andarsene,
in un mondo che non si muove!
Noticina – Preziosa come un vaticinio, gelida e tagliente
come una gemma di cristallo. La dedico a me e a tutti gli Italiani, alacremente impegnati con il fango.
E al sole, che li sbeffeggia dal cielo e dall’acqua in turbamento, oppongono sonnambuli la fiamma del pollice acceso sulla fede di
abitare il bel paese. Eugenio Montale era ligure!
domenica 20 ottobre 2019
Vecchiaia - da Quot dies di Bianca Mannu
Sgranando i suoi dinieghi la vita
sgocciola l’oscenità del suo fondo
Nel lucido rigore che sovverte
impietoso le più mendaci speranze
la disubbidienza irriducibile del
corpo
sbeffeggia un “voglio” superstite
nel vacillante tragitto tra muri
e maniglie …
E partorisce il disgusto
del supremo recesso esperito
nell’azzardo mattutino sino al sofà
per leggere
ancora il tempo del niente
sulla rugiada dell’erba.
Nota - La vecchiaia: soggetto di elusione e di pronunciata mistificazione nella società contemporanea. Testo scritto nella penultima decade del secolo scorso, lo dedicavo mentalmente alla fase declinante della vita di mio padre, con quanto di doloroso comportava. Ora sta per dire di me e di quanti, espunti dalla vita produttiva e dalla vita di relazione, "aspettano Godot".
lunedì 23 settembre 2019
Fabulazioni - da Tra fori di senso - poesia - di Bianca Mannu
Come di
passi una fuga
lungo androni
di niente
sdrucciolano
fabulazioni -
senza memoria
di senso -
s’affrettano verso
fine e fini-
occlusi
oppure
no -
indefinibili
forse
-
fradice di razionali
forme
e fori
casualmente fuse
in croci
di ramaglie conturbate
da estasi
selvagge
sotto croste di licheni
ispessite
di stanca vecchiezza
esauste
sorde
ai richiami dei venti
singhiozzanti
nell’asmatico flusso
delle antiche
lune
affogate nei pozzi
o assiderate
nella brina
che martirizza i germogli
Noticina - Il testo non è recente, ma lì ritorno per l'afflizione del troppo dire fuori dal senso. Tuttavia la parola, con senso o senza senso, è condizione di esistenza umana. Ringrazio Wrog, laboratorio politico e zona freestyle per i suoi interessanti articoli su scrittura e temi letterari. mi sono permessa di usare l'immagine qua sopra, che trovo bellissima e... parlante! (BM)
domenica 4 agosto 2019
Étranges étrangeres = Strani stranieri - poesia di Jacques Prévert
Strani
stranieri
Uomini di paesi lontani
Cavie delle colonie
Dolci piccoli musicanti
Soli adolescenti di porta Italia
Bohémiens di porte Saint-Ouen
Apolidi d’Aubervilliers
inceneritori della grande immondizia
della città di Parigi
sbollenta tori delle bestie trovate
morte in piedi
nel bel mezzo delle strade
Tunisini di Grenelle
Reclutati debosciati
Manovali disoccupati
Polacchi del Marais di Temple di Rosiers
Ciabattini di Cordova carbonai di Barcellona
pescatori delle Baleari oppure del
Finisterre
scampati da Franco
e
deportati di Francia e di Navarra
per avere difeso in ricordo della vostra
la libertà degli altri
tormentati ed ammucchiati
ai bordi di un piccolo mare
dove poco vi bagnate
Schiavi neri di Fréjus
che ogni sera evocate
nei locali disciplinari
con una vecchia scatola di sigari
e qualche pezzo di fil di ferro
tutti gli echi dei vostri villaggi
tutti gli uccelli delle vostre foreste
e venite nella capitale
solo per festeggiare a passo cadenzato
la presa della Bastiglia il quattordici
luglio
Ragazzi del Senegal
esiliati espatriati e naturalizzati
Ragazzi indocinesi
giocolieri dai coltelli innocenti
che vendevate un tempo ai tavolini fuori
dei caffè
graziosi dragoni d’oro fatti di carta
piegata
Ragazzi troppo presto cresciuti e così
in fretta andati
che dormite oggi di ritorno al paese
col
viso nella terra
e con bombe incendiarie che arano le
vostre risaie
Vi è stata restituita
la moneta delle vostre carte dorate
vi sono stati resi
i vostri piccoli coltelli nella schiena
Strani stranieri
Appartenete alla città
appartenete alla sua vita
anche se ci vivete male
anche se morite.
Nota di B. Mannu
Autore poliedrico del Ventesimo, Prévert
fu molto popolare in Italia, più per i suoi film che per i suoi scritti. La sua
produzione poetica, imparentata alla fotografia e alla cinematografia, fu considerata di stampo realistico e affine al
neorealismo italiano, allora in auge da noi.
Lasciamo ai critici le collocazioni e i
limiti nel parterre storico letterario. La sua fama attuale sembra riguardare
principalmente le poesie d’amore, testi d’impatto immediato, canzoni senza
tempo. Quando, come da noi, tutto vacilla e promette buriane, l’amore, sia pure letterario, è
un ideale ombrello di fuga e di sognante asilo. Specialmente in tempi come il
nostro che d’«amor sui» e peste ad altrui si fa
gridata professione per voce sola e corali.
Invece rileggendo di Prévert certi testi
poetici e realistici, che chiamerei impegnati, trovo intera la forza incisiva,
ancora parlante. Oltre un secolo di storia, di migrazioni e di immigrati concentrata in questi versi. E mi domando: è Prévert
che ha scavalcato il suo giorno o il suo
giorno sta sopra noi e dura a tramontare? In ogni caso lui è grande ed è
presente al giorno, noi piccoli siamo un po’ anche morti.
giovedì 27 giugno 2019
De sos poetas e de su poetare - di Antonio Altana
Noticina - Trascrivo la secca presentazione di Antonio Altana per i Sardofoni e specialmente per gli innamorati del sardo-logudorese: "Una noa prella de Bianca Mannu Torrada in logudoresu.
È la gemella, per dir così, di quella del post precedente. Come non compiacersi!?
De sos poetas e de su poetare
Zentamine de “eo” sun sos poetas
zente isparta e pèrdida continu
intro de aposentos a pisinu
in mare de pabiros e retzetas
zente isparta e pèrdida continu
intro de aposentos a pisinu
in mare de pabiros e retzetas
tra sas intragnas de telecanales
imbarcados tra remos e tra velas
o subra parastazos lamentelas
de giojas e anneos virtuales.
imbarcados tra remos e tra velas
o subra parastazos lamentelas
de giojas e anneos virtuales.
Apostorzados in antologîas
che pumatas restadas in sas manos
o in pischeddos de sos ortulanos
resende contos in burgadas ghias
che pumatas restadas in sas manos
o in pischeddos de sos ortulanos
resende contos in burgadas ghias
de eddias, caldanas e dolores
de tocasanas cun ervas e chimas
resadas cun sos dicios o cun rimas
o poesia in fumu chena ardores
ch’atraessant sos versos tessidores
cun nuscu lebiu… de lanzas madias.
de tocasanas cun ervas e chimas
resadas cun sos dicios o cun rimas
o poesia in fumu chena ardores
ch’atraessant sos versos tessidores
cun nuscu lebiu… de lanzas madias.
Zentamine de “eo” sun sos poetas
e onz’unu solu - pro costitussione –
Intro buscica de su Sé ch’impone
Curende ninfas pro notas perfetas
e onz’unu solu - pro costitussione –
Intro buscica de su Sé ch’impone
Curende ninfas pro notas perfetas
E orchidare in ervas ois e tuncios
cun ramuzos in padru leterariu
ue cosmu grascia, e feu umanitariu
ispuntant in sos pasculos furuncios.
cun ramuzos in padru leterariu
ue cosmu grascia, e feu umanitariu
ispuntant in sos pasculos furuncios.
Custos imbarzos dulches de surzire
cun aundadas de licos enzimas
de disizos e de avilimentu
in modu chi su se nadu retentu
leet de deus sas prus altas chimas
e pro modestia, su “deo” bestire
cun aundadas de licos enzimas
de disizos e de avilimentu
in modu chi su se nadu retentu
leet de deus sas prus altas chimas
e pro modestia, su “deo” bestire
Mancari cun metafora carrale
De su verbu aldiante
Cale siat un’oju universale.
De su verbu aldiante
Cale siat un’oju universale.
Unu “eo” – usuale a sos poetas –
chi bidet giaras sas cosas atesu
e sensos dae libros at ispresu
cun meda coro e passiones netas
chi bidet giaras sas cosas atesu
e sensos dae libros at ispresu
cun meda coro e passiones netas
poi pranghent s’esser solu islacanadu
cun sos amores in bida torrados
e un’astiu ferale rinnegadu.
cun sos amores in bida torrados
e un’astiu ferale rinnegadu.
Ispiant cussu “tue” chi in issos mancant
e cando no impitadu
che iscrannu abbratzadu
in chilciu de lugherra lebiu tancant.
e cando no impitadu
che iscrannu abbratzadu
in chilciu de lugherra lebiu tancant.
E sa poeta! Apoi osservassiones
e pianghida onzi movida de coro!
poi de meda declarare issoro
de tocasanas pro sas passiones…
e pianghida onzi movida de coro!
poi de meda declarare issoro
de tocasanas pro sas passiones…
e onzi solitu visciu cunclamadu
pro cantu regulare l’at ammissu
apende faladorzas traessadu
e pro d’nz’unu disanimu fissu
isparghet a modellu universale
compudu cun medida catastale…
pro cantu regulare l’at ammissu
apende faladorzas traessadu
e pro d’nz’unu disanimu fissu
isparghet a modellu universale
compudu cun medida catastale…
poi d’aer pintu frisos iscuridos –
in longu e largu e fintzas de traessu –
sos mazores ispantos coloridos –
regoglidos a fortza in donzi essu
de su “eo” poeticu cumbessu
in s’arcana natura remonidos
e in sas supesadas de cussentzia
chi litzitu isciarit sa parfentzia
in longu e largu e fintzas de traessu –
sos mazores ispantos coloridos –
regoglidos a fortza in donzi essu
de su “eo” poeticu cumbessu
in s’arcana natura remonidos
e in sas supesadas de cussentzia
chi litzitu isciarit sa parfentzia
de su proite asie no frecuente
reguardu a cussu “eo” esistentziale
de poeta ch’isbotat de repente
puru in antipoeticu sinzale -
e in parte bonucoro o sindigale
de cussu nois prus pagu aparente –
chena su cale bene non bi campat
perune – ma est neune si li mancat?
reguardu a cussu “eo” esistentziale
de poeta ch’isbotat de repente
puru in antipoeticu sinzale -
e in parte bonucoro o sindigale
de cussu nois prus pagu aparente –
chena su cale bene non bi campat
perune – ma est neune si li mancat?
giovedì 20 giugno 2019
Dei poeti e del poetare da "Tra fori di senso" di Bianca Mannu
Dei poeti e del poetare
Una folla di io sono
i poeti.
Una folla sparsa e persa
dentro chiuse stanze
su spianate di carte
a bordo di velieri
nominali
di virtuali scaffali di doleances
di minimali gioie
di virtuose paranoie.
Assiepati stanno nelle antologie
come invenduti pomi
nelle ceste dei fruttaioli
di periferia
scandendo stagioni
scoprendo meteopatie verbali
proponendo meteo terapie
in rima e in libera caduta.
Ivi la poesia – un fumo
o forse meno – traversa i versi
con un vago sentore … di scansia.
Una folla di io sono
i poeti.
Ciascuno è solo - per costituzione -
dentro la vescica del
suo Sé
a gestire il demone del canto
a grufolare tra l’erba delle parole/pianto
a ruminare sulle pampas letterarie
dove Natura Bella
e umanità meschine
fioriscono in pascolo ferace.
Questi gli alimenti da metabolizzare
con i fluenti enzimi
del desiderio e della frustrazione
di modo che il Sé - nato piccino -
prenda statura da Dio
e per modestia
prenda nome di io –
magari sottinteso nella persona
del verbo contemplante
che funge da occhio universale.
Un io – quello
dei poeti –
dallo sguardo ipermetrope
e molti libreschi sensi
molto cuore e altri
debordanti sentimenti.
E piangono i poeti
la loro sublime solitudine
i loro oltretombali amori
i loro feroci e denegati odi.
Spiano quel tu che
a loro manca.
E – quando non
usabile
a guisa sgabello –
lo stringono – in
effigie –
nel cerchio
della loro flebile lucerna.
Il/la poeta! Dopo aver
sperimentato e pianto
ogni specie – consentita! –
di emozione …
Dopo molte dichiarate
antalgiche passioni
e ogni conclamata smania -
regolamentare! –
avendo percorso clivi
di personale scoramento
e averli estesi a modelli universali
di catasto e di visura …
Dopo aver dipinto in fregi neri -
Chiudere fuori un problema è restare prigionieri del proprio pregiudizio. Un poeta è niente, se resta sordo ai triboli dei suoi simili. |
per lungo per largo e per traverso -
le più colorate sensazioni –
raccolte in forza
della specifica
entratura
dell’Io poetico
nei misteri della Natura
e nell’ascesi della Psiché -
lecito è domandarsi
“Ma perché
risulta così inusuale
che l’Ego esistenziale
del Poeta
si scopra e si
dichiari –
magari in forma antipoetica -
parcella solidale e sindacante
di quel noi meno
formale –
senza di cui bene ci campa
alcuna gente -
ma senza di cui si è … niente?”
sabato 8 giugno 2019
Quot dies - poesia edita di Bianca Mannu nella raccolta omonima
QUOT DIES
Processione di
giorni crocifissi
alla fretta
meridiana del pasto
che nulla
concede a melopèe
conviviali di
drammi abusati.
Tempo contratto
sul filo di bava:
crinale che
incide e sutura
i due lobi
coscritti del giorno.
Giorni
somiglianti ad altri giorni
come chiodi ad
altri chiodi
alla bocca
della stessa chiodaia.
E, inospiti,
sgranano …
Sorti agli
estremi taglienti …
… degli orli.
Una pace
cattiva li esala
e li intesse di
silenzi petrosi
con l’ansito
assiduo degli occhi
inselvati in un
“oltre” profano.
lunedì 20 maggio 2019
Macchinismo - inedita di Bianca Mannu
Macchinismo
una statale appena - sognandosi autostrada -
ferocemente scuoia i suoi budelli …
Avvolge di furia indietro
la sua di piombo lunga
faccia in stato di fusione
Tra rombi e strida
la sua mascella si mantiene
ortogonale
ai raggi della stella meridiani
ostentando proterva la squisita
insegna
dell’artificio umano
Nessuna affinità con l’innocenza
assassina
dell’acqua stravolta e senza sguardo
figlia di terra che strapiomba
in teoremi d’obliato senso
Scroscia e stride indiscussa
l’arroganza piena d’occhi invece
del nostro familiare manufatto
che ci traveste da dei
pronti al misfatto.
Scroscia e stride vellicando
il fondo del diaframma viscerale
sulle nostre paure addormentate
dentro i crani disattivi
blindati in credenze … d’arredo
Sbraita oltre gli orli degli sperefundos [1]
l’arroganza – gasata e tronfia –
del Divus Tecnologicus –
pastore di customer senz’anima
Suonano ignote in quei baratri
delle nostre sciagure multiformi sirene
e di cani abbandonati arbitrarie
echeggiano canee
allo scoccare d’ogni solstizio estivo
Svegliarsi – addormentarsi - svegliarsi
ri-addormentarsi e ri-svegliarsi
(orribile nenia pendolare) nella gola degli urti
tra i fumi dell’attrito e il singhiozzo
dei clacson –
tra ermetici silenzi e il pulsare dei
fari –
tra le sirene perforanti e l’intervallo
infetto
trafitto da voci – quasi pigolii pungenti
di atterrati moribondi e redivivi gementi
L’archiviazione postuma procede segnando
sul conto delle funeste coincidenze
l’ennesimo misfatto - quasi che
un possente vulnus - forse più
ineluttabile
della gagliarda perfidia personale -
sia fatalmente inscritto nell’umano come
tale
Così ogni figlio di madre bipede –
senza più domande – impara sul campo
a scassare gli ingranaggi della vita
a spostarli sul gaudioso menù
dell’idiozia
e ad archiviare esiti simili perversi
quali prodotti di detta variabile
spettrale
che cade pronta da un cielo sempre
verticale
a imprimere il suo definitivo ruggito
a calcoli … già perfetti! – … A meno che
Allah -
o chi ne ostenti la procura -
se ne attribuisca cura e “merito”!
Notarella -Non ho l’abitudine né la presunzione di
commentare in versi la cronaca del giorno. Ma come ogni poeta/scrittore o, se preferite,
battitore libero (Quanto mai suddita d’un
genere, la lingua!), battitore libero di testi, tasti ed erbe di brughiera,
esposta (bando alla concordanza!) al
cipiglio di scettrati e coronati, degna
del segno meno - con cui si decorano “les femmes” d’ogni classe – sono porosa a quanto vortica d’intorno,
specialmente agli effetti di certi meccanismi.
Oggi apprendendo svolgimento ed esito,
debitamente filmati e postati sui social, della folle corsa di due ultratrentenni
Peter Pan, sono tornata a questo mio testo, il cui senso mi auguro venga colto
nella sua allusiva esorbitanza dal gesto richiamato. (BM)
domenica 21 aprile 2019
Mitica Resistenza - inedita di Bianca Mannu
Da bambina
la conobbi in foto
che
sorrideva – mitica –
a una
primavera in grigio
Di lei –
si diceva – s’erano innamorati
come di
una bella Circe
sciami di
giovani che chiusero la guerra
Alquanti
perciò dormivano
eterni
ragazzi
sotto alle
croci nella terra
Di lei si
malignò per lungo tempo
come di
una bella indocile
che a
tanti disse no
Ora si
curva il mio canuto capo
sull’impietrito
onore
ma non
trova asilo
nel più
antico rancore.
A me era
dato un tempo
che aveva
il fiato corto
della
fatica giornaliera
dell’andare
avanti
calciando
sassi contundenti
d’una
assonnata compassione
che
procedeva torpida
ed anche
un po’ puttana
pronta al
baratto
di pezzi
d’anima e lumi di cervello
Sessant’anni
di niente
per andare
a cavallo d’una pertica
dal niente
al nulla
come se
avessi da sempre
vissuto dormendo
tra gli
stracci della culla
Nota - Perché mitica? Perché ero piccola ed ero sarda: un lichene su una costa d'arenaria. Mitica malgrado i libri di storia, mitica per via delle riduzioni, mitica per il suo cuore ideale ed etico-politico testimoniato dal tributo di sacrifici e di sangue, mitica per le immancabili aderenze con la sporca guerra alla quale fascismo e nazismo costrinsero i popoli. Mitica perché di nuovo i negazionisti sembrano avere il fiato degli addormentati sul cuscino deì leaderismi più sbracati, mitica perché "il prima noi" fa paio col "prima io" a giustificazione razionale (falsa razionalità!) ed etica perversa delle abissali differenze sociali, e si unisce a spregio della salvaguardia del pianeta. Mitica perché il sogno di Olimpia viene frequentemente tradito negli stadi. Mitica perché lo spirito gregario e semplicistico attraversa molti gangli istituzionali e la così detta "opinione pubblica" sembra avere sussurri di fronda e grondare fede mitologica in chi urla :io voglio, io faccio, io per tutti. E ogni riferimento a 360° non è casuale. (b.m)
Nota II, riferibile a quest'autunno postelettorale del 2022 e dopo aver dovuto sopportare lo sconcertante e perfino buffonesco teatrino messo su da una nutrita parte dei politici nazionali. Come infinite altre volte, ho assistito alla commedia degli inganni, in cui parole e gesti risultano merci di scambio per la messa in scena successiva. Cari comunicatori e non onesti chiosatori, inamidati Commessi istituzionali, siete l'immagine speculare d'un popolo confuso e incolto, al quale continuate a dare "circenses" al posto dell'essenziale. Ma nemmeno un popolo ingannato può considerarsi e dirsi innocente. (b. m.)
giovedì 18 aprile 2019
Pagine letterarie: Metafisica
Pagine letterarie: Metafisica: L’arsura della terra e la lontananza del cielo: così rarefatto è il grido del singolo, pellegrino claudicante di Bianca Mannu Per...
domenica 24 marzo 2019
Ve lo dico in versi - messaggio in bottiglia di Bianca Mannu
Non c'è abbastanza forza, non c'è abbastanza animo e perizia di parola, non posso contare su una dialettica capace di graffiare l'irta superficie di questo presente che ci vuole tutti innamorati della parola definitiva dall'apparenza secca che si svende (e tu l'accatti come una pepita regalata dalla dea bendata) e che invece - ma senza inganno, perché così ingenuo non sei - esibisce schizzi e sbrendoli di visceri... Niente ti pare più autentico d'un viscere che parla! E ti sembra che parli proprio a te e per tuo conto: ah! Un contatto diretto con la verità in persona... Sì, sta scritto in tutti gli spot, in quasi tutti i post dei social, in maree di soap opere e di films, di articoli di stampa e di pubblicazioni online, sta scritto che la verità alberga nel buco più profondo d'uno sfintere capace di vellicare all'azione le mani, i piedi, la bocca, e i loro prolungamenti meccanici. Sentirsi vendicato e nutrito, anche per un solo istante di sogno!
Oppure? Oppure dubita di questo tutto, che certo è molto incattivito perché ha dimenticato l'Origine, la grande Ragione originaria che aveva per ogni cosa il ruolo e la parola giusta, una, quella del re, del papa, del principe, del signore locale, quella dello sgherro, che tanto avevano in un dio silenzioso e cifrato il Disegno, e non c'era da sbagliare. Lo sbaglio è avvenuto, sarebbe avvenuto, - costoro non usano tanto volentieri i dubitativi - per colpa di chi, indisciplinato, ha provato a progettare un altro ordine con altri indisciplinati. Così, è nata la confusione generale, dicono certi signori - pure accademici titolati - i quali si stanno riunendo a consesso per rimettere le cose a posto, al modo del bel mondo antico del rispetto e della pace!
A ben guardare questi due corsi si connettono bene fra loro, perché nulla vieta all'uomo del buon tempo antico e alla donna della casa di sentirsi appellati da dio tramite i propri visceri, tutti assemblabili sotto il nome di anima. Il Lui di turno sarà magari una grande Anima, ma lei resterà sempre un po' più piccola, indicabile con la lettera minuscola.
Essendo un po' disperata per lo stato terreno e celeste, io, qualche mia perplessità, ve la dico in versi estrapolati da mie diverse composizioni con cui non mi consolo.
Nel
Web
Oppure? Oppure dubita di questo tutto, che certo è molto incattivito perché ha dimenticato l'Origine, la grande Ragione originaria che aveva per ogni cosa il ruolo e la parola giusta, una, quella del re, del papa, del principe, del signore locale, quella dello sgherro, che tanto avevano in un dio silenzioso e cifrato il Disegno, e non c'era da sbagliare. Lo sbaglio è avvenuto, sarebbe avvenuto, - costoro non usano tanto volentieri i dubitativi - per colpa di chi, indisciplinato, ha provato a progettare un altro ordine con altri indisciplinati. Così, è nata la confusione generale, dicono certi signori - pure accademici titolati - i quali si stanno riunendo a consesso per rimettere le cose a posto, al modo del bel mondo antico del rispetto e della pace!
A ben guardare questi due corsi si connettono bene fra loro, perché nulla vieta all'uomo del buon tempo antico e alla donna della casa di sentirsi appellati da dio tramite i propri visceri, tutti assemblabili sotto il nome di anima. Il Lui di turno sarà magari una grande Anima, ma lei resterà sempre un po' più piccola, indicabile con la lettera minuscola.
Essendo un po' disperata per lo stato terreno e celeste, io, qualche mia perplessità, ve la dico in versi estrapolati da mie diverse composizioni con cui non mi consolo.
In marcia
Torme di
umani in marcia: miseria generale.
Ciascuno
si sente infetto del problema personale.
Il dorso
sopra i visceri contratto a inutile difesa.
Sibillina o mortifera circola anonima –
in
agguato- mista alle polveri - l’offesa
nel vento detonante.
Si sosta
in cunicoli e in anfratti di muri per sfuggirle –
si veglia
in bilico sul piede della fuga
si
trattiene il respiro sopra il lume cieco
della vita
afflosciato sul suo minimo
dentro il
sistema limbico …
Si sposta
con le torme dei fuggiaschi
una
miseria fetida di morte.
Di morte
in morte riaffiora
aggrappata
alla creatura puntata sul resistere.
Spiaggiata
in corpi esausti - arranca verso
gli angoli
d’un mondo che la teme
come se
già non ci dormisse insieme …
Involta
nelle pieghe ora più fruste
di vesti
scombinate da molteplici accidenti
tuttavia
dilaga oscenamente maschia
nel sole
dei giardini
s’infratta
nei timidi cespugli
quasi a
voler scansare l’evidenza
che impone
del derelitto la familiarità con l’indecenza.
La città
nobile scioglie nel frizzo mattutino
tra
eleganti palazzi il traffico operoso
e fluisce
umanamente babelica
intorno al
suo epigastrio.
Ma a sera
espone l’opulenza dei lumi
esulta di
colori e di profumi
spumeggia
di movida espone sul passeggio
l’indifferenza
ferina dei carini e il loro futile corteggio.
Ecco
l’immagine di copertina.
Ma - come
la notte avanza incontro alle ore piccoline –
s’attenuano
le luci e i belli
tornano ad
abitare i lussuosi ostelli.
Allora
sono le ombre dei porticati e degli androni
a riempirsi
di sbadigli sussurri e strabalzoni …
È l’altra
umanità che – suo malgrado –
occupa la
lista d’ombra della quinta –
che
l’ultimo galoppino delle pizze
annusa
fuggendo verso il suo fastigio
gravido
d’un domani che – già se lo figura –
riserva
solo appena qualche sfumatura di grigio.
Luci basse
in quarta di copertina.
Solita storia
Che cos’altro ti pare
rimanga da fare
per noi figlie sempre obbedienti
al femminino perentorio
fabbricato all’esterno
indi importato come legge
del paterno romitorio.
..........................................
Che cos’altro resta da fare
dopo l’amore voltato in dovere
dopo i bambini da partorire
dopo le pappe da confezionare
dopo le febbri da curare
appresso agli infanti da sorvegliare
agli scolari con cui compitare
e alla morale da impartire –
insostituibile vicaria fedele
dell’ostinata griffa patriarcale?
Resta forse un pezzo di vita:
esser presenti al finale di partita.
Avendo vissuto – o donna oscura -
l’altrui vita per procura
da protagonista or puoi recitare
il tuo atto unico di grande bravura
e
ancor prima del tuo requie
disporre per altri funebri esequie.
Se sul finire del tuo tragitto
ti
resta un raggio d’intelletto
puoi tracciare un rigo netto
e segnare in verbo asciutto
d’avere fatto quasi tutto:
ma negli annali della Storia
di te ben poco resta in memoria.
la tua legge è rimasta questa:
in prima istanza la famiglia
con la carriera del marito
fonte di grano concupito.
Il matrimonio della figlia
è una meta e l’occasione
di alzare l’asta della magione.
La politica e la burocrazia
son per il pargolo la giusta via.
.....................................................
Ma quivi giunta forse la vita
ti regala stizzoso un prurito
di celebrarti con lo scritto
poiché bazzicasti a lungo la scuola
e sai compitare qualche parola
Lo scritto in versi l’avevi nel sangue
il tema è pronto e da tempo langue
nel tuo diario dove – ibernato -
giace il tuo cuore innamorato.
Innamorato e di nuovo fremente
per quel giovane avvenente
che imperversò nella tua vita
lasciandoti sola e impoverita.
Se ancora vivo e con l’aterosclerosi
non può godersi l’apoteosi.
… lungo le strade del Web
sulle piazze del web
certi menestrelli
privi di pappagalli
distribuiscono a tutti i naviganti
miracolose ricette volanti
ghermite in angoli dispersi –
smarrite perle - diresti –
secondo cui – volendo - potresti
conseguire con facilità
gioie tante
dolori scarsi
comunque cosparsi
di polveri esilaranti
e
di finta felicità …
In
rivolta
Tracima
in rivolta
fino al bianco degli occhi
il mio sangue
a sballottare un pensiero
incapace di farsi
parola.
Quale parola?
Forse questa che posa
disponibile
sulla soglia più esposta
al passaggio di chiunque
o l’altra più in là
moralista
che occupa un’ampolla
che pare di vetro
e quasi sta … di pietra?
Né ampolla né vetro
ma l’erompere
in colposa trasparenza
come rrrabbbia:
montante gorgoglio dell’erre
scagliata sull’«a»
di repentino acciaio
erta a comprimere il fiato
verso la fessura orale
in tenuta semistagna
per effetto di inavvertiti
argini labiali –
innesco meccanico
definitivo scatto in fuori -
sparo di senso
in mezzo all’aria esterna
che si sposta stupita
e già stanca.
Il nome della rabbia
è il ricordo spettrale
del sangue agli occhi
del lampo assassino
nelle iridi incassate
come fucilieri pronti
dietro le feritoie
dell’immaginazione.
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