Dal
titolo originariamente estrapolato dal file salvato nel PC - da nonna
Annetta - al seguente, che ritengo
più rappresentativo dei movimenti e delle situazioni relative ai due circondari
umani della Sardegna, investiti dalle due guerre, 1^ e 2^, mondiali,
Ciò
che resta per i ritorni
Perché? Perché così
possono configurarsi le diaspore di molti Sardi: le loro partenze obbligate (servizio di leva, galera, confino, chiamata
alle armi per belligeranza) o le partenze “spontanee” (renitenza alla leva, fuga, ricerca di lavoro, di terra da dissodare o scavare),
con i loro amari ritorni colmi di
memorie, di lutti e nuove precarietà che sembrano non poter mai tramontare.
Sinossi
dell’opera (poco meno di 500pp)
Il
tempo reale dal quale prende l’abbrivio questa storia è di soli otto
mesi. Ma, come sa bene chi ha letto un buon numero di racconti, il tempo ha
diversi registri e comprende quello degli antefatti prossimi e meno prossimi, quelli
più lontani di cui si ha qualche certezza, quello mitico di antefatti seriali che
trapassano da bocca a orecchio con la sequela degli intermediari e dei falsari,
il tempo dei futuri probabili o improbabili di cui si parla per divinazione di
segni da uno sperone di tempo reale, oppure quello che da immaginabile si è
materializzato in fatti, invecchiamento e morte dei suoi agenti.
Il
tempo di otto mesi (un anno scolastico), che ho indicato sopra, è il tempo di
permanenza di D.illa.(madre) con le sue due figlie (Pal. E Vio) presso la sua
famiglia d’origine (genitori e fratelli) a G, in Trexenta. Lo scopo di D.illa è
riuscire ad ottenere in solido il diritto di partecipare in modo uguale al
patrimonio familiare cresciuto nel tempo col lavoro e la collaborazione di tutti i suoi membri: maschi e femmine. D.illa
denuncia e rifiuta la disparità di trattamento ottenuta dai maschi nei
confronti delle femmine coniugate e specialmente nei suoi confronti. Lei rimase
impegnata fino ai 33 anni nell’assumere lavori e incarichi domestici, ma anche sociali,
ad esclusivo beneficio dell’intera famiglia. In quello spazio di tempo, oltre un
ventennio, fu ostacolata nel suo desiderio di conseguire una formazione professionale autonoma. Su
tale nodo si articola e si espande il conflitto familiare, non solo tra genitori e figli, ma tra figli e figlie, e infine tra figlie nubili dedite
all’accumulazione finanziaria e figlie
andate spose con doti irrisorie.
AM,
capo della famigliola ospite e marito di D.illa non è presente, perché, avendo
ceduto alle pressioni di sua moglie, è andato a cercare un lavoro specializzato
da dipendente per ottenere uno stipendio assai ridotto, con parvenza di
regolarità, presso le scalcagnate e sperdute imprese minerarie sarde. Secondo
la moglie, invece, quella minima garanzia
avrebbe consentito un regolare risparmio utile per l’acquisto di una
casa di proprietà ed evitare le spese per l’affitto. Secondo il marito, il
calcolo risultava sbagliato perché la diaspora della famiglia M, non solo
appariva subito dannosa per tutti i suoi membri, ma comportava un aggravio di
spese per via dei due tronconi che dovevano comunque sopravvivere
separatamente, non mettendo in conto altri effetti negativi per disagi
scolastici, educativi e motivazionali conseguenti alla perdita della coesione familiare.
Questo,
il dramma centrale. Esso risulta praticamente irrisolvibile, per l’indifferenza
opposta da tutto il clan rimasto unito sotto il Patriarca e consorte, restio a
farsi carico di problemi “esterni”, la cui responsabilità va addebitata alle
femmine che, uscite per matrimonio fuori dal naturale cerchio familiare, non
abbiano saputo sbrigarsela individualmente con coniuge agiato. Quanto ai
maschi, bisogna siano capaci di dominare i venti contrari scegliendo anche
mogli facoltose o capaci.
Siamo
nel 1949, la guerra, benché persa, è finita da un pezzo e i vecchi crediti –
presumibilmente contratti con promesse verbali in casa S. – d’imperio sono
dichiarati non più esigibili. La gelida postura dei S. fa franare fiducia,
affetti e prove di solidarietà tra rami familiari che apparivano
affettuosamente coesi.
La
figlia maggiore novenne della coppia M, capace di osmosi simpatetica,
affettuosamente legata a tutti i parenti e sensibile alle ragioni diverse dei
suoi genitori, assistendo alle fasi croniche della diatriba e scoprendo alcuni
meccanismi della realtà sociale, esce
velocemente dalla mitologia infantile e
procede a un proprio ordinamento del mondo in progressiva rivelazione. E
tuttavia il bisogno di fiaba permane come nostalgia del babbo e delle sue
capacità affabulatrici, modo non banale da lui praticato, di insegnare dal vivo
alle figlie la dialettica dell’essere col dover essere.
In
realtà la grettezza sottostante allo sfoggio di prodigalità degli anziani S. si
era ben alimentata della liberalità del genero AM, macchinista strangiu, antifascista e pericolosamente
comunista, privo di avidità e capace lavoratore, però esposto alle conseguenze
della guerra, alla crisi economica, alle interposizioni negative dei poteri
politici, agli anatemi clericali..
Sì
perché la storia della diatriba ha i suoi antefatti nel 1940, anno in cui AM ,
meccanico istruito, arriva a G. come macchinista dell’unica trebbiatrice in
contratto per la raccolta del grano, base economica dell’autarchia mussoliniana.
Ivi conosce la sua futura moglie D.illa, figlia maggiore di AS, indiscusso patriarca della famiglia. Tutti
sembrano innamorarsi dell’affabilità e generosità di AM, fino al momento in cui
egli apertamente dichiara al prete la sua posizione atea e chiede il rito matrimoniale
disgiunto per rispetto della religiosità della Promessa. Il prete acconsente e
accoglie il generoso obolo di AM. Poiché egli dimostra disinteresse verso denaro
e potere, tutti i S dicono di lui meraviglie e affettuosità, tanto più perché
la rinuncia degli sposi al banchetto di nozze significa un grosso e insperato
risparmio e lo stesso AM non fa una grinza sulla miseria della così detta dote
di D.illa. Quasi gli perdonano la professione di fede politica comunista.
Ma
con la ripresa della politica in chiave confessionale, i S vogliono situarsi in
modo conveniente nel nuovo panorama: cancellare la vecchia e pur fruttuosa
inclusione nel clima fascista e rientrare a pieno titolo (tramite le fortune
commerciali esclusive ed escludenti) tra i fedeli del sistema in auge, marcando
il loro ferreo distacco verso la presunta uguaglianza stalinista di AM. Figlia
e genero, rampolli inclusi, sono la vivente pericolosità di Belzebù.
.D.illa
lancia l’esca agli altri fratelli, ormai vicini alla condizione proletaria, A
suo tempo aiutati e beneficiati maternamente da lei, cancellano ogni accenno
alla promessa solidarietà. La filosofia imperante dentro casa S rimane quella
dell’individualismo egoista o da congrega.
La
famigliola M si ricompone dopo lo strappo inutile; torna a V. e ritrova i
problemi precedenti, acuiti dall’impoverimento unito a un feroce controllo
ideologico e confessionale, da parte di diversi poteri locali.
D.illa
continua a ragionare secondo la vecchia mentalità della sua famiglia,
attribuisce al marito tutte le responsabilità dello stato di disagio e le
diatribe si rinnovano tra coniugi. Tanto più accese in quanto AM, si vede
moralmente costretto a dare asilo e sostegno economico ai suoi vecchi genitori
rimasti soli con pochissime risorse e con un figlio demente a carico. Li
richiama a sé da Sinar.. Né è pensabile
rivolgersi ai fratelli: tutti dispersi tra Sardegna e Continente, se non anche
già morti, come Pietrino, fante della Prima, come Agl.a morta di tisi nel
Lazio, come Lorenzo, morto dello stesso male nel nord Sardegna, o spariti come
Adel. di cui non si conosce la sorte, come Cristoforo, suo marito. Resta unico
e impoverito, AM, anche lui reduce del 1° conflitto mondiale, reduce da una
fine disastrosa della sua permanenza
lavorativa nella penisola.
Qui
il tempo della memoria compie una inversione a U e riacchiappa le vicende
familiari della famiglia paterna di AM a Sinar. Una famiglia di giovani
intelligenti e lavoratori. Scoppia la1^ Guerra Mondiale. 1916: morte di Pietro
al fronte e insorgere della malattia mentale del fratello più giovane SM,
allievo geniale di una raffinata falegnameria. I genitori dubitano che il
ragazzo sconti una sorta di trauma forse prodotto da uno spavento o dalla paura
provocata da compagni più attempati e dediti a giochi pericolosi. La famiglia
intera vive una specie di lutto perenne. I medici di psichiatria non sono in
grado di fare prognosi e offrire terapie.
Il
carattere del ragazzo muta e comincia a straparlare, a reagire stranamente, a
evitare il lavoro a chiudersi in camera, dire cose spaventose e rifiutare ogni
forma di comunicazione con chicchessia. Malgrado la situazione difficile, le due
figlie maggiori, dei coniugi Ces. e Magdal. M di Sinar. si sposano e partono
coi rispettivi mariti nel Continente. Nel frattempo il maschio maggiore AM
viene chiamato al fronte e subito dopo il fratello mediano VM. Questi finisce
in trincea, mentre AM alle officine. 1918, pronunciato l’armistizio, AM deve
accorrere al capezzale del fratello quasi moribondo. Mesto rientro di entrambi
in Sardegna. AM ritorna nell’officina di Montop. Poco tempo dopo Adel. e Cristof.
scrivono ad AM pregandolo di raggiungerli: possibilità di lavoro e altre opportunità.
Questi accetta e si fa assumere nell’officina
della ferriera di Tor. Ma AM vuole
crescere professionalmente e culturalmente. Frequenta un istit. Tecnico serale.
Si diploma. Notizie da casa non buone: il minore SM sembra che risulti
invischiato in un delitto(Erriu). Il ragazzo viene scagionato, ma scappa da
casa sperando di essere internato nel manicomio. Il fosso dei maiali di Sinar. restituisce
un altro corpo di persona sconosciuta. Il piccolo SM viene ritrovato e di nuovo
scagionato. Con difficoltà un brigadiere alla soglia della pensione riesce a
trovare il vero nome dell’annegato, figlio d’un avvocato del capoluogo. Il
scioglimento del mistero sarà incerto e lungo:” un po’ di pazienza, caro
lettore !”
AM
a Napoli s’innamora seriamente di una
giovane donna, e pensa a un modo onesto di entrare nelle grazie dei suoi
familiari per annunciare loro le sue serie intenzioni. Ma dentro di sé avverte
il peso della difficoltà. Ciononostante continua a sognare di sposarla. Di
punto in bianco lei decide di far dono di sé al giovane serio prigioniero dei suoi
stessi onesti dubbi. I due fidanzati cominciano a muoversi nella città, a
dormire talvolta insieme, forti delle ben condite bugie di G.na. Ma dopo l’ultimo
incontro, AM viene convocato in un posto di polizia, minacciato di provvedimenti
accusatori da cui non potrà discolparsi. Meglio sparire da Napoli con l’ultima
busta paga.
Vaga
per un po’ in Toscana con l’idea d’incontrare Adel. E Crist. Sono partiti verso
il Nord Italia. Scende nel Lazio per incontrare Agl. che gestisce un puerperio
difficile. Lei cerca di rivelargli il mistero di SM nell’incontro con una
prostituta, per l’interposizione dello sconsiderato VM. Ma AM ascolta senza ben
capire: è come smemorato e molto rattristato per la condizione fisica e morale
di questa sua sorella. Va verso Genova e poi punta su Torino, una Torino
gelida. Trova lavoro specializzato alla FIAT Lingotto;, ma nell’inverno si
ammala e riceve una prognosi preoccupante. Forse può guarire se lascia il
lavoro e torna in Sardegna. Scampato alla morte e all’infezione tubercolare,
tenta riposizionarsi col lavoro da elettricista, ma l’azienda viene militarizzata
dal regime. Lui è antifascista senza tentennamenti.
È
come se le conseguenze delle due guerre si fossero abbattute e continuassero a vessare
gli stessi individui che la vita non aveva ancora ucciso. AM lasciato
Sinar. migra verso il Parteolla, per
ricominciare un’esistenza possibile, accettando il ruolo di conduttore e
meccanico di macchine agricole per la raccolta dei cereali. In tale
contingenza, intreccia una specie di matrimonio Morganatico con una ex
fidanzata di Sinar.. Il legame va a monte perché segnato dalla morte di un
figliolino. Così si ritrova solo a quarant’anni superati.
Giunto
a G per la trebbiatura, s’innamora di nuovo: pensa a una simbiosi amorosa con D.illa.
Lei lo ama, pare, ma la loro non è corrente di pensiero e d’anima. Pur
continuando ad essere innamorata di lui, col tempo lei non riesce a conciliare
quel sentimento con i sacrifici imposti dal peggiorare della crisi. Non perdona
a lui i disagi economici della famiglia e
l’inevitabile discesa dal livello sociale di riferimento.
In
brevissimo tempo la situazione familiare a Vi diviene insostenibile: muore il
vecchio padre CM e allora bisogna dare asilo diretto alla moglie e al figlio
disastrato rimasto vivo. Il conflitto tra nuora e suocera degenera per causa
del figlio ingovernabile e dell’assottigliarsi dei già insufficienti proventi economici.
In
tal modo la storia drammatica di SM s’impone nei suoi aspetti peggiori e D.illa
non avverte nell’immediato il dovere morale del sacrificio economico e
assistenziale ulteriore. I manicomi sono chiusi per legge e mancanza di fondi.
Alle
soglie della rottura con la moglie, AM prende una decisione difficilissima: nega
l’ospitalità al fratello e lo costringe a trovare una soluzione utilizzando il
proprio mestiere (falegname intarsiatore) sotto il controllo di persone cui il
suo lavoro torna utile. La soluzione si rivela decisiva e rasserenante per la
vita dello stesso squilibrato. Ed è questa la circostanza che obbliga ancora i
due coniugi a rifare il percorso storico in cui si è configurata la disfunzione
mentale dello sfortunato ragazzo.
Ma
la serenità desiderata non arriva solo perché se ne sente assoluto bisogno;
arriva il tempo che induce a guardare di qua della siepe per compiangere chi
non è sopravvissuto, ma a scorgere, oltre la cortina dell’incertezza, il varco,
sia pure faticoso, da compiere in vista di
un modo meno particolaristico di fabbricarsi un futuro di condivisione
sociale,
I
ritorni sono il segno della parziale sconfitta personale e di classe, ma sono
anche il luogo del ripensamento e del riesame, sono il momento del fare i conti
con la possibilità dell’errore assoluto, ma anche la rivincita dell’umana
ragione sulle atroci chiusure particolaristiche.
Presentato
così lo scheletro della lunga storia, qualcuno potrebbe credere che il romanzo
sia una relazione di carattere sociologico. Invece no. Il racconto riguarda le
angosce e le fatiche di persone vive: molti sono i personaggi che interpretano il tempo difficile del loro e
nostro vivere, racconta come più persone incontrino ostacoli a fare famiglia e
a difenderla dalla miseria, racconta di persone umili capaci di considerazioni
inclusive e pacifiche, di donare tempo attenzione e partecipazione umana a coloro che soffrono di disagi di
natura profonda come quelli che colpirono SM e specialmente i suoi disperati
genitori.
Bianca
Mannu
09/09/2024