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venerdì 2 aprile 2021

Pesce d'aprile in dono: Piccola scaldasogni - inedita di Bianca Mannu


Piccola scaldasogni

 Sogni. Fabbricavo sogni

lungo la soglia degli occhi
intanto che il sonno tardava
Balzava di colpo
il sonno indolente
sui costrutti negletti:
incompiuti frammenti
lasciati all’addiaccio

 

Nell’ombra residua -
al risveglio - pungenti
avvertivo le loro distanti
sporgenze incompiute
Gremita - la coclea uditiva
di zirli impazziti scoppiava

 
Sbarravo la fuga

a un soffio di piume
a pinza brandendo
quel niente sgomento
col pollice e un dito
appostato in foresta
di miei lunghi capelli
 
Alcuni dei molti abbozzati
castelli infilavo tra coltri
e su diacci cuscini
per ritrovarli la sera
accosciati e imperfetti
nell’identico freddo
di obliate lenzuola
coi velli di seta
disposti a corona
 
Ma il sole insistente
chiamava anche me
come fuori dal nido
gli uccelli. Al solo
sobbalzo del buio
tornavo all’uso serale
dell’officina dei sogni
ma ero ancora
incapace di fare
quei sogni  volare

Imbevuto di riti
e di giorni coscritti
tornava a scaldare
il mio corpo bambino
dei sogni d’ieri
inizi e giacigli
precipizi fasulli
ascese modeste
atterraggi campestri
su letti di spini e ginestre

Non avevano volto distinto
i miei sogni così fabbricati
Non avevano odore né tinte
non avevano mani né pelle
facevano lunghi sbadigli
e il suono piccino d’uccelli
nel nido - quando la madre
li avvolge con lane e fuscelli …
  
Aveva breve gittata
il mio fiato bambino:
soffiava e soffiava
ma nemmeno riusciva
a scaldare sul fondo
profondo del materasso 
i miei due piedini -
di gomma  nel giorno -
la sera di sasso.
  Noticina-Dedicata a tutti i nessuno che sognano senza contenuti, sognano e basta, perché è il solo modo di sottolineare quel che resta della propria umanità.(BM) 


 


domenica 7 febbraio 2021

Rose rosse - testo da Il silenzio scolora - edito di Bianca Mannu

Rose rosse Rose rose rose ...

rosse rosse rosse rosse ...

                    ROSE ROSSE

Così fresche nel sole    

Recise – cinque – rosse
a fiammeggiare
per due sere o poco più
entro la presunta aureola
che il lume della lampada
verserebbe sull’intimo
drappeggio della tavola –
se sulle guance e in cuore
già non fossi accesa tu

Cinque rose rosse
a bagnare di porpora
un alone d’attesa
esposto tra la fronte
e l’ombra delle ciglia
dove trascorre appena
un guizzo ratto e lieve –
il ritmo del cuore
fa premura all’accidia
del tempo incatenato
alla parabola del sole

 Ma di cinque – come di molte
rose – l’ardore presto nereggia
Gualcisce la bella veste
e nell’onta della necrosi s’umilia

Cinque fulvo-vellutate rose
arrossarono un tenero richiamo
rutilarono appena una promessa
Tempo scaduto!
Hai gettato nel pattume
anche il ricordo?




 

sabato 19 dicembre 2020

Il sogno di una cosa - Bianca Mannu

IL SOGNO D’UNA COSA

 

Troppo chiaro il giorno:

raffiche di luce

sulla fatica di fare

e sull’occhio torbido

di tinte abituali.

Di qua dal mare aperto

e dai deserti

i duri prodigi

del bisogno stringente

orchestrano usuali

gesti e suoni

nell’alterno fuggire

e tornare del sole.

 

Persino gli orrori,

impastati

con pane e saliva,

abitano la bonomia

familiare dei nomi

gridati nei vicoli,

e quelli, additando,

ancora concertano

eventi d’uomini e cose

sempre – già detti

e un poco già vissuti.

 

Ma la notte …

solo la notte

ha occhi di stelle!

Ma la notte,

notte del Sud,

nascendo vetrosa

dalla spenta luce,

s’ingravida di prodigi

orfani dei bagliori

accecanti del giorno;

e sosta in attesa

sulla soglia degli occhi,

davanti alla bocca

di miele inatteso …

E il sogno,

concrezione spettrale

di speranze tenaci,

insiste sul fondo scuro

della luce assente.

 











 

venerdì 27 marzo 2020

LA PISCINA INCANTATA - da Dove trasvola il falco - silloge edita di B. Mannu


La piscina incantata

Sm … ar – smar …  ri – i … ta a a…
prima per sorte
e poi per scelta.
                                                
…Mi sono smarrita…
tra le radiografie
dove già sono scheletro.

…Mi sono smarrita…
tra le ricette crittografate
tra le «impegnative»
che sciupano
il tessuto sottile
dei miei contatti umani
che sfibrano
la mia esistenza sociale.

… Mi ero assopita …
tra le voci del corpo
come fossero liberi suoni
privi di destino e di scopo.
Ma erano oscuri richiami
trasfusi in un vento
oblioso e sicario.

Campane a martello
-idioma perduto-
traversano la mia storditezza.
Costretta.

All’ufficio protesti
riscuoto -con tassa di mora-
avvisi inerti e negletti.
M’imbatto nei miei malumori -
strinata e straniata in frammenti -
senza potermi incontrare.

Li bagno e li assemblo
con liquide liane
adoprando l’umore smorfioso
d’una piscina deserta.

Fingo affogare il mio male
nell’acqua clorata
in quel suo tepore uterino
che
chiude fuori il vento
e il malcontento
del giorno invernale.

Tento
 il brivido dell’annegamento
con immersioni fasulle
in un metro di fondo
equamente spartito
tra mattonelle celesti.

E mi volto – supina -
tempestando l’acqua sorniona
con le mie pale scomposte
per
respirare a bocconi
un’aria liquida di sapore basico
per
tossire e tossire
un’aspirazione di luce
in una geometria sfocata.

Il cielo resta - irraggiungibile
come vestigio di sogno resuscitato -
a sfumare oltre i lucernai
oltre
la trascendenza dei cirri.

La mente sbologna
nel dorso corporeo
le sue paure
fidando nella tenuta
di superfici stagne

Ora sto -

quale una/uno
che gode ancora di briciole
di prosperità in declino -
a galleggiare dondolando
come su una culla -
così cedevole -
così benignamente inaffidabile -
ma così
assolutamente morbida
da escludere il concetto di angolo
a profitto di quello di seno
che accoglie - senza reggerle -
le deprecate mollezze -
slavine morali su cedimenti d’ossa.

Pupille invaghite dello zenit
vanno a pesca di nuvole filiformi
assurdamente intrappolate
nella scacchiera dei lucernai
- incongruità degli spazi.

Il sole vive a tratti.
Ed è subito fantasma cilindrico
teso a congiungere poligoni di cielo
con le geometrie cavernose
di questo bagno lustrale.

Qui - al di sopra dei tropici -
l’acqua sciaborda ancora
nei centri di modesto benessere.
Anche in questo prisma
- che scimmiotta
la fresca cilestrità di fonti inviolate -
l’acqua gloglotta nei tubi -
genio romano antico docet.

Acqua
-mansuefatta in vasca-
ha pretese da specchio
Ma chioccola - cortese -
per impulso di corpi alieni.
E appanna per essi
la fragile sua limpidezza.

Lasciata alla piana
sua solitudine inerziale
si distende – adagio - a dormire
ciangottando ai raggi devitalizzati
d’uno spettro di sole.

Fusi di corpuscoli accesi
- tremanti per memoria di vita -
cedono i frantumi
alla rete diafana
d’una sinuosa nebbiolina
ch’evolve senza suono
a piangere
addosso alle vetrate di gelo
addosso alle facce dei muri
inutilmente dipinti di atmosfere celesti

Qui e ora
io
- fascio di sensi che di me
come di nessun altro dice -
qui mi congiungo
con la mia stanchezza precoce.

E lei - l’acqua prigiona -
risponde con brevi gocciolii
al proprio affrancamento dal mio peso
che invece mi ritorna addosso
come una maledizione.


Nota – Sono stata a lungo indecisa se riproporla al pubblico, in un momento, come questo, tragico al punto che la condizione di solitudine e di isolamento, faticosissima, è presupposto imprescindibile di senso solidale, in mancanza di ogni  comfort, anche minimamente affettivo esplicito. Inoltre sono stata a lungo indecisa se postarne solo uno stralcio,quello iniziale, nel quale si fa più aperto riferimento agli effetti della patologia. Ma poi ho considerato che la seconda parte  è metafora dell’allora imminente progressivo tracollo economico e sociale con l’incremento del senso di abbandono e di stanchezza dell’individuo che incontra solo la propria impotenza.   
 Il testo in oggetto è nato durante una sorta di convalescenza, successiva a un evento di difficoltà sanitaria personale che peraltro coincideva con i primi contraccolpi della crisi finanziaria del 2008, in cui si vivevano guai collettivi e personali, in un silenzio generale, dimentico di ogni concretezza, nello sgretolamento delle garanzie economiche e sanitarie prima conosciute. Per contro permaneva assordante e depistante il ben noto estetismo e l’altrettanto nota ideologia solipsista secondo cui ognuno deve egoisticamente badare a se stesso con le proprie risorse economiche e morali.Ma queste si rivelavano per i più sempre più inadeguate e più inutili rispetto alla dilagante solitudine dei momenti difficili, in assenza di operante solidarietà strutturata, quasi che l'individuo colpito fosse anche il solo colpevole e censurabile per le sue difficoltà.    
Il titolo della poesia fa esplicito riferimento al capolavoro di Tomas Mann, La Montagna incantata. In qualche modo la malattia o le difficoltà del corpo tracciano un solco tra l’individuo e il corpo sociale. Il disagio raggiunge inarrestabilmente anche individui sensibili che fanno parte delle classi agiate e che non hanno remore economiche nel cercare e trovare le migliori terapie. Stranamente, però, queste terapie non funzionano.
Vale anche il contrario, e cioè che le lacerazioni economiche sociali ed etiche (per esempio guerre, gravi disastri naturali, epidemie) provocano scosse psicologiche così gravi da rendere gli individui indifesi agli attacchi delle malattie e alle conseguenze depressive. Si assiste a una resa collettiva alla morte, morte sociale, morte fisica, tracollo culturale: decadenza generale, ma senza che si manifesti chiaramente l'emersione di qualche salutare consapevolezza. BM


lunedì 23 settembre 2019

Fabulazioni - da Tra fori di senso - poesia - di Bianca Mannu


Come di passi una fuga
lungo androni
di niente
sdrucciolano fabulazioni -
senza memoria
di senso -
s’affrettano  verso
fine e fini-
occlusi oppure
no -
indefinibili
forse -
fradice di razionali
forme
e forre
e fori
casualmente fuse
in croci
di ramaglie conturbate
da estasi
selvagge
sotto croste di licheni
ispessite
di stanca vecchiezza
esauste
sorde
ai richiami dei venti
singhiozzanti
nell’asmatico flusso
delle antiche lune
affogate nei pozzi
o assiderate
nella brina
che martirizza i germogli

Noticina - Il testo non è recente, ma lì ritorno per l'afflizione del troppo dire fuori dal senso.  Tuttavia la parola, con senso o senza senso, è condizione di esistenza umana. Ringrazio Wrog, laboratorio politico e zona freestyle per i suoi interessanti articoli su scrittura e temi letterari. mi sono permessa di usare l'immagine qua sopra, che trovo bellissima e... parlante! (BM) 



giovedì 27 giugno 2019

De sos poetas e de su poetare - di Antonio Altana

Noticina - Trascrivo la secca presentazione di Antonio Altana per i Sardofoni e specialmente per gli innamorati del sardo-logudorese: "Una noa prella de Bianca Mannu Torrada in logudoresu.
È la gemella, per dir così, di quella del post precedente. Come non compiacersi!?


De sos poetas e de su poetare

Zentamine de “eo” sun sos poetas
zente isparta e pèrdida continu
intro de aposentos a pisinu
in mare de pabiros e retzetas
tra sas intragnas de telecanales
imbarcados tra remos e tra velas
o subra parastazos lamentelas
de giojas e anneos virtuales.
Apostorzados in antologîas
che pumatas restadas in sas manos
o in pischeddos de sos ortulanos
resende contos in burgadas ghias
de eddias, caldanas e dolores
de tocasanas cun ervas e chimas
resadas cun sos dicios o cun rimas
o poesia in fumu chena ardores
ch’atraessant sos versos tessidores
cun nuscu lebiu… de lanzas madias.
Zentamine de “eo” sun sos poetas
e onz’unu solu - pro costitussione –
Intro buscica de su Sé ch’impone
Curende ninfas pro notas perfetas
E orchidare in ervas ois e tuncios
cun ramuzos in padru leterariu
ue cosmu grascia, e feu umanitariu
ispuntant in sos pasculos furuncios.
Custos imbarzos dulches de surzire
cun aundadas de licos enzimas
de disizos e de avilimentu
in modu chi su se nadu retentu
leet de deus sas prus altas chimas
e pro modestia, su “deo” bestire
Mancari cun metafora carrale
De su verbu aldiante
Cale siat un’oju universale.
Unu “eo” – usuale a sos poetas –
chi bidet giaras sas cosas atesu
e sensos dae libros at ispresu
cun meda coro e passiones netas
poi pranghent s’esser solu islacanadu
cun sos amores in bida torrados
e un’astiu ferale rinnegadu.
Ispiant cussu “tue” chi in issos mancant
e cando no impitadu
che iscrannu abbratzadu
in chilciu de lugherra lebiu tancant.
E sa poeta! Apoi osservassiones
e pianghida onzi movida de coro!
poi de meda declarare issoro
de tocasanas pro sas passiones…
e onzi solitu visciu cunclamadu
pro cantu regulare l’at ammissu
apende faladorzas traessadu
e pro d’nz’unu disanimu fissu
isparghet a modellu universale
compudu cun medida catastale…
poi d’aer pintu frisos iscuridos –
in longu e largu e fintzas de traessu –
sos mazores ispantos coloridos –
regoglidos a fortza in donzi essu
de su “eo” poeticu cumbessu
in s’arcana natura remonidos
e in sas supesadas de cussentzia
chi litzitu isciarit sa parfentzia
de su proite asie no frecuente
reguardu a cussu “eo” esistentziale
de poeta ch’isbotat de repente
puru in antipoeticu sinzale -
e in parte bonucoro o sindigale
de cussu nois prus pagu aparente –
chena su cale bene non bi campat
perune – ma est neune si li mancat?

giovedì 17 gennaio 2019

Rimorso - in "SULLA GOBBA del TEMPO" di Biggio - Mannu - Onnis - Sicura

  di Bianca Mannu  

Rombi - se solo d’anima  - rotolano
dalla Inquietudine malsana dei parlanti
Se liquidi - Mutano suono come moribondi
soliloqui divini. Se Ossi - svegliano zanne dentro
fauci di svernanti felini. Rigori coscienziali stillano
morali tossine dentro radici oSsificate - rimaste
graniticamente aggrappate a dei mOmenti inutili
   


         


Nota - Ho postato  questa composizione per fare un piccolo discorso sulla tecnica compositiva e sui contenuti, che sono registrazioni di eventi sensibili interiori o esteriori, magari singoli, puntiformi o a macchia o flusso. Va da sé che l'atteggiamento iniziale non può essere lo stesso che guida le tue operazioni quando compili una ricevuta o un sollecito di pagamento, benché niente, neppure la tua nota/spese è da ritenere avulsa dalle tue abissali volizioni.   
E' indifferente che il materiale contenutistico, per dir così, preesista o si formi in itinere, trovando anche, in corso d'opera, una sua plausibile unità. In genere il senso unitario o, se preferisci,la connessione discorsiva è frutto d'un pensiero profondo, quasi sotterraneo, che lavora trascegliendo l'andamento fraseologico e lessicale, suggerendo le commessure fra gli enunciati. Un modo di sentirsi nel mondo e di avere anche delle idee su di esso. Senza un siffatto tessuto connettivo, si può comporre anche qualcosa di gradevole, di sonoro, ma come disanimato.
E fin qui ci si è occupati del che cosa , affidato alla libertà di scelta, al gioco dell'estro e della sensibilità.
E adesso, il come, cioè il risultato visivo e sonoro. Nel caso presentato, la composizione è  un acrostico che in diagonale con le lettere in grassetto compone il senso o il titolo dell'intero testo; ma potrebbe evidenziare il nome di un dedicatario o riportare una parola simbolo o una frase intera. L'intento ritmico e figurale impone una ricerca più attenta ai suoni e alla lunghezza degli elementi linguistici deputati a sostenere il gioco e il ritmo prescelto, che può seguire la verticale o l'onda o i vertici di una figura geometrica o una figura meno strutturata. Ma, nello stesso tempo, se non vuoi limitarti a un semplice rebus. devi aver cura  della significazione complessiva, sia nelle forme allusive che in quelle metaforiche o metonimiche o allegoriche. Perché non è la presunta somiglianza con l'evidente o il saputo che rende poetica la pretesa poetica.    
Per esempio, il lessema rombi,  prescelto o forse suggerito da un suono o da un oggetto, ha trovato un legame inusuale con l'inquietudine e l'anima dei parlanti (che potrebbe alludere al mio farneticare interiore o al cicaleccio mio e altrui che  mi suona dentro, ed è sintomo di fuga, di elusione, ma anche di simulazioni fluviali con cui giustificare la viltà di gruppo). Mediante la liquidità mutevole dei nostri comportamenti chiamiamo a testimoni dei morti, cioè quelle esistenze spettrali e imperiose che, come dei o feticci, sono emanazioni delle nostre ambivalenze, ma anche del senso comune che  ci pressa come la verità in persona, lasciando gocciare nel nostro animo l'infernale bruciore di colpe o problemi insoluti che ci rifiutiamo di  riconoscere.
Nell'accezione appena  descritta, il mio acrostico è anche una poesia (speriamo!) ermetica, perché non espone in chiaro il suo significato.
Uno dei più grandi poeti ermetici italiani è (stato) Giuseppe Ungaretti. 

Ermetici? Da Hermes, dio  greco protettore dei poeti, inventore della lira.


                 

martedì 20 novembre 2018

INCOMPIUTA - Quot dies (poesie) Bianca Mannu



Ci sono me
come chiodi aguzzi.
S’insinuano
tra pelle e pelle  ….            e l’offesa sopravvive,
                                                           sopravvive alla durata.
Ci sono me
già iridescenti.
Sgranano sfere
di molle opacità:
me conchiusi, …                 cuscinetti per spilli,
                                                           senza germe di futuro.
Ci sono me,
ponti di filigrana
rampanti verso …
… sponde sognate :                                   tenui contorni
                                                           in dissolvenza.
Ci sono me;
neri tralicci,
irti, svettanti: …….                        irrisione incompiuta
                                                           alla fragilità del tempo.
Scarnificanti me
inastati         ……….           alle garitte del cuore
e me stillanti          
vischiosa linfa                     di spazio liquefatto.

Me abortiti
che      …….                                      l’insonne notte
                                                           ha raggelato e roso
                                                           in frammenti inutili.
Magmatici me
che      …….                                      insipienza d’alba
                                                           rapprende intorno
                                                           a occhiaie illividite.
Ma poi verrà
quel me ……….                              inenarrabile forma
                                                           di confitta certezza
                                                           nelle carni dell’alea.
Del suo compimento
narrerò …                                        in una prossima vita?
 




Nota- Le immagini sono opera di due artisti amici: L'incompiuta in alto (ovvero giorno e notte) è di Salvatore Piras. Foto in basso: ritratti (mostra del 2005) sono sculture di Liliana Corona. Ringrazio i due Autori. BM