sabato 5 settembre 2015

Arbeit macht frei - Apologo inedito di Bianca Mannu

Nota -Cari amici lettori curiosi, oggi, adesso, propongo il quarto e ultimo pezzo di Arbeit macht frei. Ma prima ho necessità di spendere qualche parola. 
Il/la poeta non è sempre quell'essere leggero, e anche un po' enfatico, che guarda la propria anima bella o meno bella.Come tutti gli umani soffre di cose anche molto terrestri. Spesso il poeta, o chi vuole sentirsi tale, arriva tardi (Hegel lo diceva della filosofia) sugli eventi e piange o sorride quando tutto ha già avuto luogo in quel luogo controverso e difficile che è la"realtà". Spesso neppure si accorge - in senso squisitamente linguistico-poetico, preso com'è, sempre in sede poetante, dai suoi fantasmi intimi - che anche il suo dramma personale ha legami strettissimi coi drammi di tutti gli altri, dei diversi, degli incomprensibili, degli assurdi., e che ciò che dice prenderebbe senso se egli/ella si facesse intellettualmente e affettivamente carico di questo legame invisibile, ma profondissimo. 
Nell'usare quel motto come titolo, credo si capisca che ho voluto alludere, piuttosto che all'assurdità di esso in quell'orribile contesto di ostentato annientamento ora già inscritto negli annali della storia europea, ma all'effetto beffardamente sottile (ma non tanto) con cui risuona a fronte delle focalizzazioni che la parola - la mia, certo non esaustiva-  effettua sul contesto civile vivente, quello che tuttavia si autodefinisce e si proclama democratico e si fregia di voler vigilare sulla tutela dei diritti umani universali. 
Nel nome di questi diritti cominciò la nostra contemporaneità storica; ma è nella dimensione di questo  OGGI, -che si estende come un incubo nello spazio e nel tempo straniato, commisurato sul metro del profitto espropriabile - a essere posta in mortale pericolo la liberazione degli umani dal lavoro come coazione e come deprivazione, come controllo esteriore e assoggettamento, come  privilegio-diritto di alcuni di sancire la non-vita di altri, come perno su cui determinare  secondo "l'utile" l'autoannientamento  psicologico  degli individui "inutili".  B.M.

ARBEIT  MACHT FREI (ultima tranche)

Viste dal prisma sociopolitico

Ma dopo il secondo grande crack
a molte pance fatte vuote
la questione lavoro
puoi fargliela ingoiare
come liberalizzazione
come  nuovo senso del progresso 
come acquisto di speciale privilegio
come acquisito di merito… segreto 
Questa! la promozione
dell’individuo- risorsa
o dell’oggetto-lavoro
travestito da persona
Sostenga in cambio- con acquiescenza-
in tutti i micronesimi quozienti
di questo giorno biblico
della postindustrializzazione -
la libera lievitazione
del premiale frutto
in conto profitto
e in conto capitale
fino a che ne tracima tanto
quanto nella pancia di Moloch
ci può stare
e un poco -ma poco!- tracimare
sulle esistenze accidentali
dei nuovi disuniti proletari
Forse sarà meglio darne loro
 solo l’impressione -
per lubrificare a costo minimo
la sinergia degli apparati “strumentali”
produttivi dell’utile
in volatile forma di valore
E sia come la promessa
d’una nuova manna
avaramente misurata
sul nastro semovente
delle mense aziendali dismesse
per gli sciami ridotti
degli umani prescelti
studiatamente ammansiti  
politicamente aproblematici -
flessibili - comprimibili a vista
dell’interesse capitale.

Voci di coro
“Ascolta –o poeta –
come sia pacioso
l’ottimismo sotteso
nelle placide repliche
del futuro ipotetico
rinviabile ad libitum!”

Dramma del rentier 

Pure la fede prende a traballare
sulle scosse degli smagriti esiti
delle giocate finanziarie
tosto evaporate in fumus o vacuum
che - com’è noto – genera terrore
Neppure sospetti o ingenuo giocatore
che le tue quote di gioco
costate una fortuna e tante vite
abbiano subito - col medesimo gioco –
in più ameni siti altro trasloco
Ti brucia – o virtuale/o solido rentier-
quel segno meno che volta
in stupidi cartigli ogni tuo bene –
quello reale e il tanto perseguito.
Ti brucia come ferita viva sulla carne
l’effetto del miracolo mancato
lo senti come sangue che fugge
dalle tue magre  veglie sbalordite
l’avverti come sangue che suppura
nei tuoi fetidi incubi notturni
Torna in forma di doviziosa sorte
al tuo esultante figlioccio
questa tua pecuniaria“morte”.

Voci di coro
“Cosi sta scritto sotto
la “fraterna” morale
tra formiche e cicale.
Giosciua tentò elevarla
a spirito d’amore
ma sbagliò di gente
e morì forse per niente”.


Epilogo politico-giuridico

Ora il grifo basso sordamente
i tanti umani assiema
in troppo umani armenti
tra acredine violenta
e imbelle remissione
Siamo decisi a mutare ragione?
E invece – no.
E ricomincia la solita… canzone
del politico d’occasione

Voci di coro
 “Ma… e l’operaio?  il dipendente?
E quelli che l’assenza di lavoro
condanna all’impellenza?
A che pro cultura e scienza?”
- chiede il poeta balbuziente

Una faccia bolsa e quadra
che fa dei venti un vento e solo evento
alla luce d’una telecamera
davanti al servo microfono:
“Chi? Lui/lei/ciò?” ammicca
“Hanno mica voce
 e importanza ?-dileggia- quasi niente!
Mettiamo in mezzo
un fatto distraente
cablato stile “guerra fredda”
o anche il decrepito nuovo
tamtam con voto promissorio…
ci vuole niente a esser convincente”
Tutto esiste già come corrente
Lui parla e non inventa niente
Parla a mille echi
e a mille ripetenti
pasciuti e plaudenti
Sparacchia intorno con burbanza
alludendo a quelli della contraddanza
“Se per caso insistono a negare
e al creativo mio innovare
resistono volendo questionare -
con un colpo di penna
in codice di  legge
come regolare procedura esecutiva
statuirò che…
 non esistono!”


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