Leggo di voi sull’etichetta cifrata
che occhieggia sulla ressa
dal vetro del vostro barattolo
accuratamente chiuso
contro l’evaporazione
Marcate in verbi piani
certi incroci stellari
come se vi abitaste e – quasi aveste
sott’occhio
il centro della galassia - sens souci
la calpestaste al modo del chiasso
viscido
in cui siete cresciuti alla cattiva
scuola
che ai vostri demiurghi tornava buona
Vi
addebito un coefficiente
di millanteria pentagonale - sì
a voi a stelle e strisce imparentati
Vi guardo frenare in ritardo
certe vostre fughe ascensionali
su mongolfiere di verbi riscaldati …
Verbi che in quota vagano scollati
a farcirsi di grevità banali e perciò
destinati
a franare di sotto
nei liquami abituali
Aggrappato a questo masso che mi fu
culla
il mio io di sabbia secerne ventose da
patella
e sta in ascolto di ciò che volteggia e
ciò che cade
Qui sconta un po’ per caso
un po’ per deciso contrappasso
l’angustia diversa del vivere monadico
e graffia su questo bordo periferico
le rune della sua solitudine amica dell’umano
inchiodata ai bordi della convessità cosmica
Questa battigia – ove empia d’unto
si sbatte l'onda vostra -
mi spiattella ciò che resta sulla piazza
quando si chiudono i mercati
e la notte vi coglie accovacciati
a calcolare sugli smartphone
quanti nano-dollari pesa in borsa
Un’aria grassa di dispetto
aspetta dietro l'angolo
e ignara fa delle parole vento
Quelle parole - che di vita traeste
per crederle gettate riluttanti nella
fiera -
sonnambulano da morte finta leggerezza
empiendovi l’attimo di mendace ebbrezza
Poche
ne senti crepitare di superstite
sussulto - rare le trasudanti fato
come quelle che Ulisse bevve
alla morta bocca di Tiresia
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e stanno eterne
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