venerdì 26 gennaio 2018

Non avrò atteso invano / No ap’aer isetadu debadas" da Giuseppa Sicura e Antonio Altana

Nota - Ecco un nuovo e generoso gradimento di Antonio Altana nei confronti  di una poesia di Giuseppa Sicura, un'altra dei quattro autori di Sulla gobba del tempo.
Scrive Altana : "Poesia de Giuseppa Sicura: "No ap’aer isetadu debadas" - torrada in logudoresu dae su libru "Sulla gobba del tempo".
Il verso libero - con cui l'io poetante di G. Sicura intende allungare l'ultima sua boccata d'aria nella 
determinazione di godere, sia pure per qualche attimo, della propria emancipazione dall'imposta e sistemica schiavitù femminile - diviene incalzante cantata nel  logudorese di A. Altana, che, per via delle quartine a rime baciate alternate e incatenate, trasuda ironia sardonica. (B. M.)






Non avrò atteso invano

Non avrò atteso invano
se una boccata d’aria avrò ancora
da ingoiare

lentamente la sorbirò
per allungare l’ultimo respiro
quando leggera
come foglia ingiallita
mi staccherò dal ramo
(mia vita … mia prigione)
e planerò
in assenza di vento
con una danza
quieta
sull’umida terra
finalmente “io”
donna
col sangue libero nelle vene
per un istante
sentirò solo
il fruscio del volo
senza rumore di catene.

No ap’aer isetadu debadas
Non tedesser chi t’isetei debadas
si ariosu mossu a ingullidas
surzei e surzo como a pibinidas
pro illongare custas respiradas.

Cando lizera che foza ingroghida
ap’a istacare dae cussas naes
(sa bida chi fit mia… prejone estida)
Pro mi pasare che pumas de aes

chin una dassa a movidas lenas
subra s’umidu letu de sa trata
ue afines so deo fèmina fata
cun sàmben incubadu intro sas venas.

Pro un’atimu bivo de consolu
Intendende che cantos de sirenas
e in su frusciare de s’ultimu bolu
mi godo s’armonia chena cadenas

giovedì 25 gennaio 2018

In memoria di Giulio Regeni - da Bianca Mannu



Non ho una composizione pronta, ma desidero partecipare a questo discorso silenzioso che chiede verità e rispetto per la memoria di un giovane studioso che ci fa onore. Chi si riconosce in questo simbolo lo condivida con i suoi amici. Grazie. (B. M.)

venerdì 19 gennaio 2018

Messaggio dal poi / Missiva dae su poi Bianca Mannu e Antonio Altana

Nota - Pubblico qui una nuova tappa dell'incontro letterario Mannu-Altana. Il testo della poesia
«Messaggio dal poi» è pubblicato in Sulla gobba del tempo che racchiude anche le opere poetiche di M.T. Biggio, di Giuseppa Sicura e di Carlo Onnis.
Antonio Altana ha voluto tradurre in idioma sardo-logudorese il testo incipitario della sezione del libro a me riservata. Ma chiamarla traduzione mi sembra riduttivo per via della potenza creativa e della singolarità stilistica di Altana, che ringrazio per l'onore. Egli si esprime così e traduco letteralmente:"Rubata e volta in logudorese da «Sulla gobba del tempo», il nuovo libro..." erroneamente attribuito a me soltanto.  Mi scuso con Antonio e i suoi lettori per aver
allineato sulla destra, invece che sulla sinistra. Ritengo che nulla vada perduto e che anzi risulti più evidente la preziosa cadenza delle rime.(B.M.)


Messaggio dal poi

Era l’annuncio d’un prodigio
Era cominciato
col sole che salutava alto
la stagione
Era cominciato  sulla soglia disuguale
dell’istante irrefutabile
che primo s’insediò  - come ci fosse nato -
nella forza motrice d’un vivente
sparata dentro lo sciame nebuloso d’evenienze

Senza disegno - che non fosse quel suo prodursi
inarrestabile e cieco – era/è sapiente cecità -
quella che vive spegnendosi
sull’imposta cronologia
del tempo

Così: - E' stato – dici

E quel sole
- che incendiò l'istante perso
e ne chiamò in presenza e in coda
forse mille di mille
in forma di elettroni -
splende spettrale
nel cielo nominale
del teorema volto a ritroso
che - nel parlare -
del morto tempo dice
« Adesso »

Missiva dae su poi

Isteit un’imbasciada
de un’ispantu raru
comintzadu de botu a sole altu
cando gia comintzada
s’istajone che faru
in sa pedriscia de divessu ismaltu
chi coglidu s’istante
si bi setzeit pesante
coment’aperet de nàschid’apaltu
e cun motu fortzadu
 isparadu in sas nèulas de su fadu.

Chena mancu dissignu
chi no esseret brotu
de se mantessi tzegu si ch’iscudet
 forsis sàbiu e dignu
 bivende mal’annotu
e in giannile de tempus ch’istudet
sas annales improntas.
Asie isteit; mi contas:
 Est cussu sole chi s’istante mudat
e allutu lu perdeit
e a conca e coa àteros giameit
 forsis cun milli brajas
forsis balu prus meda
in forma numerosa d’eletrones
 subra chelu che majas, pantasimas de seda i
in sas nomadas chelanas ijones
de unu teorema ch’insegus bortat tema
e contende sos tristos suos sermones
de custu tempus mortu 
narat es “como” cun su pilu isortu.
Noterella in limba di Altana- Furada e bortada in logudoresu dae “SUBRA SA GOBBA DE SU TEMPUS” Su libru nou de BIANCA MANNU
"Pilu isortu = look della prefica nelle sue funzioni"


venerdì 22 dicembre 2017

Un racconto che non conta - rimette inedite di Bianca Mannu




Dedica: A tutti i cari e meno cari «Amici vicini e lontani» (ricordate, voi come me anziani, l’apostrofe radiofonica del buon Nunzio Filogamo?). La poco nota Bianca Mannu dal suo modestissimo blog  Vi invia in questa forma saluti e auguri natalizi con la speranza che dai non-sens, qui raccolti e rimati, possiate ricavare tutto il senso reale e l’ironia possibile, con cui osservare  un po’ la nostra scalcinata quotidianità, decorata di  inconsistenti e distraenti lumini.


Un racconto che non conta


Trasmette  senza dire
come cosa che si nega
come piega che non spiega
come cerchio che si chiude
come strada che preclude
come vena che si svena
come fiato che non sfiata
come vento che non sventa 
come forma che si sforma
come credo che miscrede
come lama che lamenta
di soppiatto sordamente
come fede che si fonde
oppure fulmina all’impatto:
ecco un re che regge il moccolo
alla povertà del popolo
agli affari del governo
che cucina in pieno inverno
ribollita con il broccolo
per la gente col bernoccolo
di sventare l’ammennicolo
cucinato per il popolo
per serbare a lor signori
pesce e carni sugli allori.
Una legge un poco regge
all’impiego di lusinga
all’usura di paura:
chiama a guardia le alabarde
stocchi e spade longobarde.
Chiude e inchioda varchi e usci
a impedir che alcuno sgusci
dalla cima o dalla coda
dalla media e dalla moda.
Un drappello armato e forte
sta al recinto che recinge
il cortile della corte
per fermare sulle porte
l’invadenza della morte.
Ma la Moira se la ride –
un po’ nicchia con la nicchia-
un po’ impazza sulla massa -
alla lunga poi decide
che ogni lunga o corta sorte
sta nel braccio della morte.
Tanto vale che alla lesta
come fronda e come onda
si sommuova sommamente
e ai padreterni guasti la festa



Approfitto dell'occasione per ricordare a chi è interessato l'uscita della silloge quadrigemina (Biggio-Mannu-Onnis- Sicura) SULLA GOBBA DEL TEMPO con prefazione di Giuseppe Roberto Atzori (b.m.)

lunedì 27 novembre 2017

Biggio- Mannu - Onnis - Sicura - 4 autori - SULLA GOBBA DEL TEMPO - Edizioni grafica del Parteolla

Il libro si apre con un breve saggio introduttivo di
Giuseppe Roberto Atzori, nel quale, fra l'altro, si legge: 
"... lavorano sulla parola come elemento che, a prescindere dal suo peso semantico,ha un ruolo estetico, per cui scelta della forma e del suono sono qualità necessarie per il raggiungimento del risultato ricercato."
 " ... la loro produzione dimostra quanto la poesia abbia ancora al giorno d'oggi un'opportunità concreta, come essa possa perseguire un compito storico e sociale denso di significati e riesca al contempo a regalare al lettore opere dotate di una freshezza sorprendente dal punto di vista estetico e formale,"



Come già rilevato da G. R. Atzori, una delle tematiche che funge da filo conduttore fra le personali elaborazioni è quella del tempo. Mi permetto di estrapolare un breve testo di ogni autore per darne prova e varietà di declinazioni


Se fosse d’incanto di Mariatina B. Biggio 

Se fosse d'incanto
il mio risveglio
allungando la mano
sul cuscino
           potrei
accarezzando
            trovare
la pienezza di un giorno
             che divide
              i sogni
anche quelli che stanno
              al confine
               del tempo. 

                       Disincanto di Carlo Onnis

Non si può
riempire di voci
una stanza vuota.
Salta la solitudine
opinando ancora
la veste strappata.
Come freccia
puntata alle tempie
il ricatto del tempo.
A noi resta soltanto
la falsa partenza
 d’un viaggio
tentato nel cuore.

Ogni risveglio di Giuseppa Sicura

Ogni risveglio
è un colpo secco
alla testa
la fine di una corsa
a gambe ingrippate
il parto sudato d’affanno
di un incubo
senza odore di vita
l’approdo ad un crocevia
privo di segnaletica
e di altarino
in cui barattare col santo
un consiglio
con un rosario. 
                            Problema? di Bianca Mannu

Fluttuo a tempo di vento
appesa sulla forca            
dei miei dubbi esistenziali

Penzolo dall’unica certezza
che non mi salva
e non mi assolve

Mi evolve

Si assottiglia della pienezza
il filo che mi tiene sospesa
sul fosso dentato
della dissoluzione in corso
da cui storno la mente
punta da antico rimorso

È la vita
a rosicchiarmi da sé
senza predire luogo e tempo
dell’atto di compimento

Mi risolverà


Nota -Va sottolineato che la bellezza della copertina deriva dall'inserto, minuscola e fedele copia del fantastico dipinto di Gabriele Olla , per generosa concessione del Pittore. 

martedì 14 novembre 2017

ARBEIT MACHT FREI - Versione sardo-logudorese di Antonio Altana

Nota-Ho corretto frai (trascrizione della pronuncia) con frei, com'è giusto in tedesco. Nella nota del post precedente, a proposito dello stile di Antonio Altana, ho parlato di quartine rimate. Mi sono sbagliata: in realtà, come mi faceva notare lo stesso Altana, ogni Gassa (ballata) è stata  sviluppata secondo una sequenza di sonetti, cioè successione di 14 versi assemblati in 2 quartine e  2 terzine. La Gassa de sas oras III, per esempio, si dipana per cinque sonetti completi perfettamente rimati e termina con una coda di due quartine. Devo confessare che non mi ero resa pienamente conto di questo suo gioco, anche perché nel trasferire la composizione da un file all'altro col copia e incolla, alcune strofe si erano compattate e io, meravigliata per la bellezza delle rime e del loro intreccio, senza pensarci e senza avere la freschezza mentale necessaria per verificare, le ho di nuovo distaccate, non perché avessi notato la regolarità specifica, ma perché  mi guidava il ritmo delle rime. Con la terza gassa/ballata si conclude il lavoro di Antonio, come ho già scritto nella nota al post precedente. Per i sardi non logudoresi o divenuti, come me, balbuzienti in lingua sarda e parlanti la lingua del colonizzatore, accludo la versione originale della Ballata delle ore III, in lingua italiana, appunto   

Dassa de sas oras III

Oras de ammaestru a cuntrastare
sos arriscos de chie no at bessidas
in probabiles dannos o fuidas
dae pontegios in fogu o trabagliare

subra turres cun bentos a isfidas.
Ammuntonadas oras pro criare
s'umana brama a fagher trajinare
che tilingiones in calas timidas

de sas mineras pro dare s'imbarzu
a sos immurzos de sos chi sunt susu.
Oras ordidas bene che telarzu

pro cantu raras in tzelladu fusu
de galera l'as as o in su chivarzu
de militares fortza-carrabusu             1

chi bortant brocia a segundu chizu
minetosu o puru cumpiaghente
cun chie ischit chi est gia potente.
Oras de trabagliu a biu fastizu

pro trascurare artes de repente
abbandonadas ca non bident fizu.
Sutzedit chi carenas in apizu
falant a pare a modu dolente.

Oras penosas presentidos males
pro poberos custrintos a campare
de mestieris pesantes o mortales

cuados dae fatzadas pro mustrare
fingidas iscalinas e sinzales
de su retzer ispissu chena dare.   2

Oras mannas passadas pro ischire
de politicu reu chi s'increjurat,
de afetos e neos in su chi curat
tra màchinas e manos de unire

chi prima garanteit e como murat
agnanghende pedine pro cundire
sa mancàntzia de soddu in su partire,
fintzas chi s'impresariu s'aventurat

de che sutzare in ateros cabijos.
Oras pro si cumbincher chi no ana
in trabaglios diritos e ispijos

ma atzetare giambos chi ti dana
a segundu s'edade e sos apijos
de cussu bentu chi furat sa gana.    3

e dae funtzione de intrada
faghet torrare a merdefraile
cun giambos de zente e de istile
e cun lota oramai globalizada.

E tando mi a isse-issa umile
suende oras de buja impreada
pro s'acontzare intro s'acheddada
terachias politicas de vile

o acudire a s'istrochidura
e campare de pidigu lugore
dae frutos de ricatos, dae fura,

maniale de màfia o de astore
o de malu sicàriu a manu dura.
Oras passadas de calculadore     4

pro non bordire dissignu mazore
comente fagher a fagher intanos
de zorronadas cun martzidos ranos
siat puru de pudidu esatore

a usurajos e a rufianos.
O puru mi, polìticu vigore
de rundas in cussorzas de lugore
prontos a mossigare sos umanos

bituleris in giru chena letu
bestidos de su mìndigu bisonzu
chi de botu si parant in su tretu.

Estinu de miseria pro s'agonzu
in sas biddas cun lotas e dispetu
e fagher festa a chie dat truvonzu  5

tranchiglizende su maluguvernu,
dende mossos a ossos rosigados.
Oras d'impreu pro esser allenados
e prontos a lassare cuadernu

de sos machines gia impelegados
de su mantessi andamentu eternu
guasi de morrer subra cussu pernu
pro supèria de anneos ammuntonados.


Ballata delle ore
III
Ore per addestrarti a contrastare -
a rischio della vita
di chi non ha divera uscita -
ogni sorta di probabili danni
su piattaforme con sviluppo di fiamme
sopra tralicci e sotto torri  esposti
a trombe di vento e ogni altro evento
Si ammassano ore e ore
per realizzare l’umana vocazione
a  strisciare come lombrichi
nelle miniere cupe
per portare e condire  in superficie
micidiali zuppe
Ore di lavoro stabile le trovi-
benché rare - nelle  patrie galere
nelle disparate schiere
dei corpi militari degli stati
bifronti e multifaccia
secondo che prevalga
il ciglio repressivo - il volto astratto
l’ambiguo aspetto compiacente
con chi già è potente
Ore di lavoro a ore per i comodi
di  chi ha soldi da spendere
Ore di lavoro a disapprendere
mestieri e professioni
divenuti eccedenti
non più “remuneranti”
Succede in tal frangente
che la vita dei corpi risulti
un gravissimo accidente
per chi non ha niente
Ore penose presagenti mali
per i cristi costretti a campare
di mansioni impossibili o mortali
celate dai muri delle officine
dissimulate in scale e tabelle
a credito di parametri fasulli
Ore di lavoro
passate a indagare
per il politico menefreghista
affezioni e morbi di lunga gittata 
d’un ‘ergonomia lucrosa
dapprima garantita
ora inservibile e degradata
Ore di lavoro
con aggiunta di ansia
per paventata  imminente mancanza
del corrispettivo in moneta che canta:
l’uomo d’impresa non era contento
ha dislocato di produzione
 e in altro palmento
Ore di lavoro a convincersi
di non meritare diritti al lavoro
intelligente e retribuito
di dover accettare il cambiamento-
secondo l’anagrafe e il vento -
dal ruolo di risorsa comprimibile
al ruolo di “scoria” incompatibile
coi ricicli aziendali
e con la disputa globale
Allora ecco un lui-lei
a spremere ore d’impiego
per riciclarsi come gregario
come fattorino del politico
oppure mimetizzarsi “al nero nel nero”
da ladro o da bandito
da picciotto di mafia
o  da lurido sicario
Ore di lavoro per abituarsi
a non lavorare ad architettare
su come fare a fare a meno
di un marcio salario 
sia pure da fetido esattore
del ruffiano o dell’usuraio
Oppure ecco un lavoro
 d’impatto politico: scorrazzare
in branchi a ronda del territorio
Diconsi pronti ad azzannare
umani randagi senza paese
incalzati da mortale indigenza
che si presentino nei paraggi  
È il destino dei miserabili
tornare di moda nelle metropoli
farsi la guerra con le baruffe
dare spettacolo ai benpensanti:
tranquillizzare i malgovernanti
prendersi a morsi per ossi spolpati
Ore di lavoro c’è chi infine le spende
ad allenarsi presto a desistere
ad affondare in paranoie
del sempre uguale
e poi schiattare
per eccesso di noia.

sabato 4 novembre 2017

ARBEIT MACHT FREI - versione sardo-logudorese di Antonio Altana

Nota - A causa di una quantità di problemi di ordine personale, ho dovuto interrompere l'iniziata pubblicazione su questo blog delle tre ballate dell'apologo menzionato nel titolo, volte da Antonio Altana in sardo logudorese. Dico "volte" come se si trattasse di una traduzione. In realtà A. Altana, più che tradurre, ha dato una sua forma peculiare. Intanto,di tutto il lavoro, ha scelto le cosi dette ballate, che chiama DASSAS, ha formato quartine di versi col respiro dell'endecasillabo e ha affidato il gioco del ritmo alla rima incatenata: ciò che conferisce al tutto una maggiore morbidezza di toni e "umanizza"- per così dire - il flusso descrittivo. Ha risposto così, con una specifica efficacia poetica, alla mia idea di mettere in versi la difficile, noiosa, faticosa vita, colma di pericoli di ansie di frustrazioni e mortificazioni dei lavoratori. Il mio accanimento descrittivo doveva impedire che tali situazioni fluissero verso la costruzione di psicologie e particolarità individuali dirette alla costruzione di personaggi, invece esprimessero quella spersonalizzazione che sola vediamo scaturire dalla condizione di totale mercificazione del lavoro e del suo erogatore in ogni momento della sua vita, nella sua personale espressività e perfino dei suoi affetti. Per tale motivo ho chiamato "apologo" - cioè parabola, allegoria - il mio apologo, malgrado che il suo realismo si palesi ruvido e acido qual è. Ma perciò stesso non poteva rimanere allo stadio rigidamente descrittivo, doveva articolarsi in una sorta di rappresentazione, sia pure elementare, dei meccanismi sociopolitici produttori delle situazioni ossessivamente descritte nelle ballate. Antonio non mi ha seguito in tale avventura, difficile e rischiosa per il modo di concepire e dover esprimere certi scarti delle temporalità storiche e sociali, e comunque tale da costituire un serio baluardo al controllo della misura del verso, dunque del ritmo e dell'eventuale musicalità, oltre che del senso.  Mi corre l'obbligo di dire che ARBEIT MACHT FREI è apparso su questo blog, ancora grondante di prosa e con ritmo assai diseguale e spezzato. E' mia intenzione lavorarci ancora, ma con quali esiti al momento non so. Userò la versione originale limitatamente alle ballate, da accostare agli elaborati sardo-logudoresi di Antonio.

Dassa de sas oras II

Oras de pitzinninu ordinzu buju -
a chelu abertu continu istratzadas
in birgonzosu ardire guvernadas
tra arguenas de famine ruju

cun sensales saturnias arcanadas
dae cumplitzes isfrutos de s'ancuju
dant tra dentes chijinas de restuju
che oras a iscopu chiliradas.

Isciucant a su boja pro incantu
crispas de chiza chi negant sisinas
intro calascios sagros de su santu


e fissant tra sas manos opalinas
babbu de patria cun pedrosu mantu
chi l'insignit medaglias prus ladinas.

Oras de trabagliu a isperdisciu,
oras de duru impreu manizadas
cun ricatu a timores cabarradas
in subrapaltos e afitu misciu.

Oras mastrinas, oras sueradas
a sorte postas de gherradu visciu
bastet chi frutet soddos pro allisciu
a chie pagu, a chie multiplicadas

chi cussu pagu si faghet bastare
passende de balente coragiosu
e de altu valore in su pesare

de s'iscarsu isvilupu terrorosu
cussos chi traent frutu in su fizare
dae s'antigu nostru aspru imposu.

Adatu trastu chi pro un'andare
est bonu pro iscartu o superadu,
ateru fatu nou, modernizadu
si a milites de gherra nucleare

non torrat contu - preju cuntratadu
est interru de istadu e pintzionare
muzere e fizos. Eroe pro dare
a medagliere patriu, sambenadu

pro s'ammentu non longu de s'istòria
chi non cheret continu veridade.
Oras pro fagher bojas de sa glòria

atatos de abbètia identidade,
armados aldianos ue bòria
porrint pro sos arriscos de tzitade.

Oras impreadas pro imparare
a fingher d'aer pessos o pedida
de sensos giaros pro cuss'acudida
in sulcios bujos de s'anzenu andare.

Ballata delle ore
II

Ore di lavoro minorile e nero -
a cielo aperto estratte
oscenamente governate
tra le faringi aperte del bisogno
e i misteri saturnei dell’intermediazione –
per correità se ne patisce in molti
e si mastica cenere tra i denti!-
Sono ore davvero speciali!
Nettano come per incanto
la mutria all’aguzzino
che non paga ammenda
e sulla sua intonsa finanziera
fissano per le mani opaline
d’un marmoreo padre della patria
la borchia del commenda
Ore di lavoro a perdere
ore di lavoro estorte
col ricatto e la paura
Ore di lavoro a caparra
per lavoro in affitto e subappalto
Ore di lavoro da fanti e da artiglieri
alla roulette della “buona guerra”
buona finché drena qualunque cosa
diventi poi denaro –
per chi di più - per chi di meno
che con meno si contenta
e passa da uomo di forte coraggio
e di maggior valore quanto più
di quei “sottosviluppati” ammazza
Quelli figliando traggono
buon frutto  bravamente
da ripetute lezioni ed esperienza
della nostra secolare violenza -
versatile congegno che una volta
è buono da rimosso o superato
altra come arma efficace e rinnovata 
Se al milite delle nostre tecnoguerre
torna male - il prezzo è stabilito -
funerali di Stato - pensione per gli eredi -
eroe sul nome e un posto
alla memoria nel medagliere patrio
che ha vita breve e non ama
i veridici documenti della storia
Ore di lavoro per fare i boia
nutriti di aggressiva e trafficona ideologia
armati  e prezzolati  a guardia
dei nomadismi padronali
contro i sovversivi sparsi in ogni dove
Ore di lavoro per imparare
a fingere di non pensare
a non domandare senso
a fare irruzioni nei solchi bui
delle vite altrui