Fare e subire turismo erano fino a ieri destino e virtù condivise
quasi globalmente . Virtù economiche (anche molto redditizie, se da scrivanie e
non da carrelli, se presso grandi Hotel e meno se presso sbrigativi ed esosi
paninari ), virtù sociali, culturali … col pericolo incombente del
declassamento logistico … Transenne! Tasse di accesso! Difesa del decoro! Ricordate?
Faceva agio la “democrazia turistica”. Unico argine: azionare la ganascia
pecuniaria per contenere le orde dei visitatori al risparmio. Ma ora: indietro
tutta!.
A guardare il fatturato del turismo (persino sottostimato
per interessata omissione) si direbbe fosse attività primaria. A differenza dei meno
stimati settori produttivi di beni, ci
ha lasciato subito alla canna del gas. Senza contare che i suoi imprenditori
rivendicano dallo Stato, cioè da noi tutti, un immediato risarcimento pecuniario;
non si sa bene se per riconvertirsi o per
continuare l’andazzo precedente, appena possibile. Come se non avessero saputo che questo settore
pur appartenendo al settore dei servizi, lo è sui generi s, e che in date circostanze risulta, come si
vede, tranquillamente superfluo rispetto a necessità di base.
L’agricoltura (per dirne una) al confronto? La
cugina povera e sdrucita, “costretta”(dall’esosa voglia, nel Sud e nelle Isole,
di buon rapido profitto quasi “pulito”) a un capitalismo becero e straccione,
che spreme gli umani come frutti da macero, ma si fregia di nomi e luoghi che, apparentemente ripuliti dello
schiavismo a cielo aperto, brillano nella classifica degli scaffali.
Ora anche la parola TURISMO si connota in rosso, comunque. È il
colabrodo più lasco della pandemia . Adesso, pur praticato con grande cautela, magari
vissuto elaborato e proposto con stile letterario, non pare più tanto appetibile
per i palati grossolani. Lavora per l’eccitazione delle contaminazioni, anche
se di genere sottile. Ma già non va più bene, perché si vorrebbero chiudere
tutti gli spifferi, anche mentali, come insegnano le mascherine malamente abbrancate
per spaventare i nostri, o le frasi e le
“voci dal sen -patriottico - fuggite”, a riprova di quanto siano spessi i nuovi apicali copertoni dell’ignoranza e della volgarità.
Il problema urgente è arginare, circoscrivere, bloccare gli
inconsapevoli ospiti del Covis19 perché - voglia Iddio ! - muoia lui dentro il suo
ospite vivo! Intanto non si sa più chi resti rinchiuso e chi rimanga fuori. Il
gioco è a chi ride per ultimo sulle rovine altrui e indovinare in quale religione lo farà. La carità di
patria distingue sempre tra il proprio cortile (caro /bello) da quello altrui (Puh!),
salvo dover ripassare ogni strame.
Ma la scoperta più sensazionale è che il Turismo, il nostro
turismo, il nostro cretinismo petrolifero, decade di colpo; sì, come una moda di
poca presa. E, salvo mugugni da parte
dei fissati della libera clandestinità, si sfalda dolorosamente con tutto l’ambaradan
che lo motiva e lo rinfocola, con tutta
la messe di spiccioli e stock Exchange! Come cenere. E non resta niente che sia
fruibile durante la magra forzosa: tutto
il meccanismo e macchinismo diventa esoso, orpello ridondante. In realtà si vende(va) meno Tiziano o Canaletto e assai di più cornici d’ogni foggia,
da cui “immortalare” la nostra banale presenza
nei luoghi “in”, acqua alta permettendo o rischio incluso. Si sono venduti a
caterve i “c’ero anch’io” in foto per la combriccola dei social, dove si
affaccia(va)no e si imbroglia(va)no reciprocamente i patiti delle
comparsate di massa ai grandi Eventi.
Stiamo vivendo e assistendo in prima fila – a qualcuno di noi
capita di caderci dentro di brutto - a una congiuntura che taglia di netto questa forma di economia, la quale cresce(va) parassitariamente sul manufatto già
creato e archiviato, bilanciandosi su quelle alterazioni furbe che alimenta(va)no in ogni persona l’illusione di poter attingere alla bellezza artistica e naturale di ogni luogo e cultura senz’altre
mediazioni che l’organizzazione dei mezzi e la disponibilità del proprio portafogli. Stiamo constatando
in questo momento già difficile che la forma più capillare di turismo, organizzato su scala mondiale e locale con una
densità non corrispondente ad alcuna necessità reale, non è affatto la via
maestra capace di drenare capitali a favore della conservazione dei beni
storico-artistici e naturali nei luoghi in cui si sono manifestati, bensì il
modo più lineare rapido e lucroso di corrispondere agli appetiti voyeristici e consumistici dell’incolto spettatore con il correlativo imprenditore dell’ospitalità,
l’uno e l’altro sbrigativi, mancanti di vera sensibilità conservativa. Volendo davvero
espandere la capacità fruitiva delle persone, unitamente ad approfondimenti di
natura storico-culturale ed educativa, ci si potrà giovare, invece, e con
grandissima efficacia, della rete telematica a costi minimi, per il tempo in
cui sarà superata l’attuale crisi sanitaria. Ne trarrà beneficio l’aria di
tutti.
Allo stesso modo dovremmo considerare cosa saggia tenere efficiente
e disponibile la sanità pubblica, dotarla di strumenti d’avanguardia e di
personale altamente impegnato (CNR ) ad affrontare eventi ignoti che la
circolazione globale, di uomini merci idee tecnologie e virus, ci proporranno. Strategie simili dovranno essere progettate e
attuate in campo scolastico a cominciare dalle istituzioni pubbliche dedicate
alla maternità e alla prima infanzia, alle scuole secondarie e università, alla
condizione carceraria, oggi sottoposta a ulteriori limitazioni nei contatti
sociali primari. L’attuale ricorso frenetico
a tamponare i buchi macroscopici del SSN
non dovrà riproporsi in nessun campo che
concerna la vita sociale. Questo dovremmo imparare tutti e disimparare la
sciocca idea che il guadagno, maledetto e subito, valga sempre la candela.
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