giovedì 22 settembre 2016

Da DOVE TRASVOLA IL FALCO - Figlia di Liberti- Bianca Mannu - Seconda parte

Seconda parte


Dell’altoforno so per verbi scialbi
l’arsione – altrimenti feroce –
del suo fiato.
E solo per procura dei media
la sibilante pazzia conosco
dei fuochi e degli acciai

sfuggiti alle ragioni e prigioni
tecnologiche
per causa degli imprevisti colpi –
si mitizza - della malasorte
su malfatati Efesto di caduca sostanza -
appesi a un salario
magro e morganatico.

Conosco per sentito dire
le bocche delle trance - delle tramogge
delle pompe a risucchio e a cremagliera –
 spalancate – avide –
dentate – semoventi –
con voci di tuono
e stridenti di ferraglia …

Di debolezza si mormora
a carico di uccelli giganteschi e implumi –
forgiati in gelidi metalli  e vetri –
di gru fradice - si dice - di bufera
e d’altri scempi … 
E di stantuffi matti – si narra ancora –
colti a sfiatare in faccia
micidiali vapori al diavolaccio 
che – per motivi - si disse –
di razziale ascendenza –
di scarsa intelligenza-
per nera pelle o bianca o
d’indecidibile colore -
all’incanto s’è posto – oggi lo si ammette! -
per obbligo di economica natura
d’ “impar condicio” storico-sociale
e di altri – (sempre per malasorte!)
non solo ideologici - tormenti.

E  io ?… In quale – di detti registri  –
sono inscritta? 
Sono forse sfuggita di mano
al mio più duro destino?
Però sono dovunque
dovunque hanno lasciato ossa
e pelle gli antenati e miei parenti
e altri ritenuti alieni d’oltremare.
Contro quel destino
mi sono evoluta stranamente
e in un modo che
certo ha del sorprendente.

Sento di vegetare adesso
un po’ torpidamente
nel dubbio di un clima … di frontiera.
Tra pioggia e vento  confido
allargarmi sulla roccia  avara
e scaldarmi di sole generoso …
Respiro – respiro
respiro a tempo di risacca.
E respirando sopravvivo.
Sono lichene e sul mio sasso
scrivo!

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