venerdì 16 settembre 2016

Da DOVE TRASVOLA IL FALCO - Figlia di Liberti- Bianca Mannu


Le radici non stanno nella terra che casualmente ti ospita e che t'insegnano a chiamare Patria, cioè terra del Pater,che non è quasi mai il babbo, ma il Patriarca-padrone, il quale talvolta abita lussuosamente altri luoghi. Le radici sono le invisibili e spesso insapute/dimenticate connessioni storiche che ti assegnano il posto da cui spremere, tra sudore e paura, quel qualcosa che diventa energia, respiro. Se incroci il caso fortunato, occupi uno spazio e vivi in un modo che altri hanno sudato per te e che tu
spesso ignori
Questa. che ho enumerato in questi e altri versi liberi
è la mia genealogia e la mia parentela.
Sono sarda, ma i miei ascendenti e discendenti sono sparsi a faticare nel mondo


Figlia di liberti


Non so che cosa sia un chiuso -
un campo coltivato - un orto …
M’è ignota la terra che mi nutre.
Così delle sue viscere altro non so
se non che vi alberga la sorgente
di certi monili che attestano
la mia femminile schiavitù –
quella nuova – non meno di quella
che le antiche mie madri – tra un fiato
e l’altro del loro eterno faticare –
mettevano  in parola di conferma –
per l’infausta progenie femminile -
intorno al fuoco – avanzando sera.

M’è ignoto il sentore aspro della terra
ferita dal chiodo dell’aratro.
Bestia d’allevamento urbano –
lascio ad altri gli effetti corporali
del burbero e moderno
scotimento del trattore
e di quello mandibolare della
mietitrebbiatrice.

Non so il gusto del fango
che nutriva le patate
interrate nei terrazzamenti. 
E i suoi effetti non so
sulle “faldette” delle nonne
inginocchiate sul costone.
Diveniva – seccandosi sul tubero -
teca di conservazione
nell’interrato/stalla dove –
sullo stesso strame
della mucca figliata -
il ventre d’una mia ava 
partoriva il mio passato
come acconto in bianco
sulla futura carne.

Non ho abitato le case/covile
addosso alle falesie
né le capanne di legno vivo
e vive frasche
ho abitato - servo pastore
in tanche di costiera
o in quelle di bassura – in condominio
con l’ovina gente.

Non ho corso le onde
sui gusci di noce
per strappare alla vita –
con reti o con paranza-
la vita di creature
costrette a guizzare
il proprio morire di soffocamento
nel vento sordo
dei loro affannati giustizieri.

Neppure abitano le mie tante paure
le convulsioni dei fortunali  salsi
né i repentini viraggi d’acque
a complotto  coi nembi
gonfi di saette …
Perché – verme di terra bitumata –
le ho vissute al più come parola -
come emblema e figura
d’una Natura temibile e possente
ma ammansita e reclusa
entro il perimetro delle cartoline.

Né per scelta né per dovere
la  penso intimidita – la Natura -
dall’alta arroganza delle corazzate
o dalla goffa gravezza delle petroliere …
Neppure mi muove
la volgare illusione di ridurla alla mercé
della falsa apparenza di pingui crociere
in tour transoceanico …

No, non conosco l’immenso orrore
della solitudine
nel mare freddo e nero
che m’ inghiotta e mi sbatta
contro le paratie indifferenti
del vicino Continente -
contro i rocciosi tradimenti
del suo cuore umanitario
assoggettato alle cattive ragioni
del suo viscere
in formato capitale.


Noticina: La composizione continua nel prossimo post. (B.M.)

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