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venerdì 1 maggio 2015

In un’altra serie - inedita di Bianca Mannu con breve nota

Oggi, Primo Maggio, impossibile festa. 
I tenaci si sono incontrati a Ragusa affratellandosi con quelli che arrivano dal Sud.
I più giovani s'ubriacano di musica e di chiasso nella primavera romana che non promette frutti.
A Milano l'Italia soddisfatta e tronfia di potere, di soldi, di goduria, celebra i suoi fasti ed esulta, come se il suo peso su tutti i deprivati fosse lieve, anzi come se quei tutti, schiacciati, non contassero; e anzi dovessero unirsi all'esultanza che li esclude.   
Ma a Milano lo schiaffo dello scialo fa rabbia. E la rabbia è una compagnia discutibile, certo. Ma chiediamoci: chi ha messo su il cantiere della rabbia, chi l'ha coltivato oltre i limiti? 
Perché i filosofi a contratto della TV sono così strabici da evitare
di connettere i problemi?
Dunque sono triste e vado a trovare coloro che sono stati o stanno per essere collocati 
In un'altra serie
Eri «io»  un attimo prima
del bando di sequestro –
prima dell’esplosione sabbiosa
nel cervello 
dove era già caduto
l’uranio impoverito del licenziamento.
Impossibile  «io»
nell’istantaneo tremito
di foglia
sull’assurda spoglia
dell’umano tempo.
Uscita dal senso
né viva né morta -
anche la rabbia
abortisce
con l’inutile sudore

Divelta e  muta
una vecchia canna
oscilli adesso
come cieco  avanzo d’alluvione
che scorrendo
ti prescrive aliena -
immondizia sulla proda. 
E stai
come se con le pinze
ti stipasse agonizzante
nella turpe sequela d’insepolti
ancora in cerca di recesso
per disfarsi.

Non sa di niente il nome
se non congiunto
al feroce attributo d’incapiente .
Questo pare non sporchi
il pensiero e la bocca
di chi ti cita in numero
per  indicare  una fraternità
piuttosto ingrata
che un giorno o un’ora avanti
avresti urlando denegata.
Ora - senza benvolere -
sei candidata ad occupare
il budello della gora
o a sbandare tra le pile
del ponte del  viadotto
come animale dannato
agli inferi cerchi
del “civile assetto”.

mercoledì 29 aprile 2015

Resistere /poetare

Resistere e lottare è pregiudiziale quando l’imminenza della situazione drammatica lo richieda.
Anche il/la poeta, la/lo scrittore, il /la pensatrice sono/è prima di tutto essere umano civile, che condivide i problemi e le ansie dei molti con la sensibilità che gli/le è propria. Soppesa senza troppo contarsi e sceglie il senso del suo esistere ora come uomo e in qualche modo sospende alla sua umana tensione  attuale ciò che  forse sarà materia di parola piena. Forse non ci potrà essere poesia senza questa profonda adesione all’umano.
Poesia è anche prassi etica? Sì e no. Ma è meglio sì. Perché, come sostiene Quasimodo, il poeta è assediato dalla società asservita al potere, essa vuole fregiarsi di lui e asseggettarvelo; ma,  nella misura in cui l’intensione poetica lo abita e lo motiva egli vi resiste. È e  resta eminentemente solo.  


Alle fronde dei salici

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.


Premio Nobel per la letteratura nel 1959